venerdì 21 gennaio 2011

Momenti di preghiera di coppia



Mimmo e Lina Pennino 
L'amore coniugale è la comunità di vita origine della  famiglia cristiana.  Una sola carne (Gen.2,4)
Canto
Salmo 34

Beato l'uomo che teme il Signore e cammina nelle sue vie.

Vivrai del lavoro delle tue mani, sarai felice e godrai d'ogni bene.
Beato l'uomo che teme il Signore

La tua sposa come vite feconda nell'intimità della tua casa;
I tuoi figli come virgulti d'ulivo intorno alla tua mensa.
Beato l'uomo che teme il Signore

Cosi sarà benedetto l'uomo povero grida e il Signore lo ascolta, che teme il Signore.
Ti benedica il Signore da Sion!
Beato l'uomo che teme il Signore

Possa tu vedere la prosperità di Gerusalemme per tutti i giorni della tua vita.
Possa tu vedere i figli dei tuoi figli. Pace su Israele!
Beato l'uomo che teme il Signore

Tracce di contemplazione
Il sì degli sposi è un patto di alleanza che lega l'uno all'altro, ma è soprattutto un "amen" di entrambi al disegno di Dio, che li vuole amministratori di  beni preziosi affidati alla loro responsabilità. Essere una sola carne significa reciproca responsabilità, per una comunione totale di pensieri, sentimenti e vita, così da passare dall'attrazione reciproca al totalizzante ed esclusivo sincero dono di sé all'altro. Nell'intima comunità di vita e di amore che coinvolge non solo il presente, ma tutto il futuro, e in quell'unione particolare ed esclusiva che si vede come "una sola carne", ci è dato di intuire, anche se velatamente, qualcosa del grande mistero dell'Alleanza di Cristo con l'umanità attraverso il suo corpo che è la Chiesa.

Tutti: Rendici,  Signore, un cuore solo ed una sola carne, segno del mistero di unità nella carità che sgorga da Te fonte di ogni Unità e Sommo Bene.

Il mistero dell’amore coniugale è un mistero di ordine naturale e soprannaturale, cosi ci svela il disegno di Dio l’Apostolo Paolo: “Mariti amate le vostre mogli come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa…Così anche i mariti hanno il dovere di amare  le mogli come il  proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama sé stesso” (Cfr. Ef. 5,23-25). Questa realtà soprannaturale è per noi motivo di costante stupore per la presenza dello Spirito Santo che agisce in noi e, e attraverso di noi nella Chiesa e nell’umanità. Realmente anche se misteriosamente, mediante il nostro essere una sola carne, veniamo conformati a Cristo. Siamo infatti chiamati “ ad aiutarci reciprocamente a raggiungere la santità” (LG 11), cosicchè, gradualmente, attraverso gli sposi cristiani continua a manifestarsi nella storia l’ Amore sponsale  di Cristo per l’umanità, riconoscibile dagli uomini.

Tutti: Signore Gesù sposo indissolubile della Chiesa,  sul talamo della croce, donaci la fecondità dell’amore nel dono dello Spirito

In quanto sposi cristiani siamo stati investiti con una specialissima grazia sacramentale di un compito e di una responsabilità, sia sul piano civile che sul piano ecclesiale. Il matrimonio non è un fatto che riguarda noi soli, infatti la riuscita del nostro  matrimonio ricade beneficamente su tutta la comunità e così il nostro destino coinvolge tutti. Dove la libertà è scissa dalla verità, sono corrosi i riferimenti ai valori e ai principi della natura umana, posta in essere dal creatore, la vita sociale si avventura nelle sabbie mobili di un relativismo totale. Allora tutto è convenzionale, tutto è negoziabile: anche il primo dei diritti fondamentali, quello alla vita. L’unità della coppia è certo dono e impegno, grazia e responsabilità, da qui la necessità e il coraggio di impegnarsi in un cammino di conversione al Signore, di ascolto della parola di Dio e di preghiera per la crescita personale come marito e moglie.

Tutti: Signore Gesù, Via, Verità e Vita dona alle coppie cristiane la grazia della perseveranza nell’unità del vincolo matrimoniale.

Canto
Lettura: Dalla lettera alle Famiglie di S.S. Giovanni Paolo II.
Quell’amore a cui l’apostolo Paolo ha dedicato un inno nella I lettera ai Corinzi - quell’amore che è «paziente», «beni­gno» «tutto sopporta» (l Cor 13,4.7) -  è certamente un amore esigente. Ma proprio in questo sta la sua bellezza: nel fatto di esse­re esigente, perché in questo modo costituisce il vero bene del­l’uomo e lo irradia anche sugli altri. Il bene infatti, dice san Tom­maso, è per sua natura «diffusivo».3> L’amore è vero quando crea il bene delle persone e delle comunità, lo crea e lo donaagli altri. Soltanto chi, nel nome dell’amore, sa essere esigente con se stes­so, può anche esigere l’amore dagli altri. Perché l’amore è esigen­te. Lo è in ogni situazione umana; lo è ancor più per chi si apre al Vangelo. Non è questo che Cristo proclama nel «suo» comanda-mento? Bisogna che gli uomini di oggi scoprano questo amore esi­gente, perché in esso sta il fondamento veramente saldo della fa­miglia, un fondamento che è capace di «tutto sopportare». Secon­do l’Apostolo, l’amore non è in grado di «sopportare tutto», se ce­de alle «invidie», se «si vanta», se «si gonfia», se «manca di rispet­to» (cf. l Cor 13,5-6). Il vero amore, insegna san Paolo, è diverso: «tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» ( l Cor 13,7). Proprio questo amore «tutto sopporterà». Agisce in esso la potente forza di Dio stesso, che «è amore» ( l Gv 4,8.16). Vi agisce la potente forza di Cristo, redentore dell’uomo e salvatore del mondo. Meditando il capitolo 13 della I lettera di Paolo ai Corinzi, ci incamminiamo sulla via che in modo più immediato e incisivo ci fa comprendere la verità piena circa la civiltà dell’amore. Nessun al­tro testo biblico esprime tale verità in modo più semplice e pro­fondo dell’inno alla carità. I pericoli che incombono sull’amore costituiscono una minac­cia anche alla civiltà dell’amore, perché favoriscono quanto è in grado di contrastarla efficacemente. Si pensi anzitutto all’egoi­smo, non solo all’egoismo del singolo, ma anche a quello della coppia o, in un ambito ancora più vasto, all’egoismo sociale, p. es. di classe o di nazione (nazionalismo). L’egoismo, in ogni sua for­ma, si oppone direttamente e radicalmente alla civiltà dell’amore. Si vuol dire, forse, che l’amore è da definirsi semplicemente come «anti-egoismo»? Sarebbe una definizione troppo povera e in defi­nitiva solo negativa, anche se è vero che per realizzare l’amore e la civiltà dell’amore debbono essere superate varie forme di egoi­smo. Più giusto è parlare di «altruismo», che è l’antitesi dell’egoi­smo. Ma ancor più ricco e completo è il concetto di amore illustra­to da san Paolo. L’inno alla carità della I lettera ai Corinzi rimane come la magna charta della civiltà dell’amore. In esso non è que­stione tanto di singole manifestazioni (sia dell’egoismo che dell’al­truismo), quanto dell’accettazione radicale del concetto di uomo come persona che «si ritrova» attraverso il dono sincero di se stes­so. Un dono è, ovviamente, «per gli altri»; è questa la dimensione più importante della civiltà dell’amore. Entriamo così nel nucleo stesso della verità evangelica sulla li­bertà. La persona si realizza mediante l’esercizio della libertà nel­la verità. La libertà non può essere intesa come facoltà di fare qualsiasi cosa: essa significa dono di sé. Di più: significa interiore disciplina del dono. Nel concetto di dono non è inscritta soltanto la libera iniziativa del soggetto, ma anche la dimensione del dovere. Tutto ciò si realizza nella «comunione delle persone». Siamo così nel cuore stesso di ogni famiglia. Siamo anche sulle orme dell’antitesi tra l’individualismo e il personalismo.L’amore, la civiltà dell’amore si collega con il per­sonalismo. Perché proprio col personalismo? Perché l’individuali­smo minaccia la civiltà dell’amore? Troviamo la chiave della rispo­sta nell’espressione conciliare: un «dono sincero». L’individuali­smo suppone un uso della libertà nella quale il soggetto fa ciò che vuole, «stabilendo» egli stesso «la verità» di ciò che gli piace o gli torna utile. Non ammette che altri «voglia» o esiga qualcosa da lui nel nome di una verità oggettiva. Non vuole «dare» a un altro sul­la base della verità, non vuole diventare un «dono sincero». L’in­dividualismo rimane pertanto egocentrico ed egoistico. L’antitesi col personalismo nasce non soltanto sul terreno della teoria, ma ancor più su quello dell’ethos. L’«ethos» del personalismo è al­truistico: muove la persona a farsi dono per gli altri e a trovare gioia nel donarsi. È la gioia di cui parla Cristo (cf. Gv 15,11; 16,20.22). Occorre pertanto che le società umane, e in esse le famiglie, che vivono spesso in un contesto di lotta tra la civiltà dell’amore e le sue antitesi, cerchino il loro fondamento stabile in una giusta vi­sione dell’uomo e di quanto decide della piena «realizzazione» della sua umanità. Certamente contrario alla civiltà dell’amore è il cosiddetto «libero amore», tanto più pericoloso perché proposto di solito come frutto di un sentimento  “vero”. mentre di fatto di­strugge l’amore. Quante famiglie sono andate in rovina proprio per il «libero amore»! Seguire in ogni caso il «vero» impulso affet­tivo in nome di un amore «libero» da condizionamenti, significa, in realtà, rendere l’uomo schiavo di quegli istinti umani che san Tommaso chiama «passioni dell’anima».  Il «libero amore» sfrut­ta le debolezze umane fornendo loro una certa «cornice» di nobil­tà con l’aiuto della seduzione e col favore dell’opinione pubblica. Si cerca così di «tranquillizzare» la coscienza, creando un «alibi morale». Non si prendono però in considerazione tutte le conse­guenze che ne derivano, specialmente quando a pagarle sono, ol­tre al coniuge, i figli, privati del padre o della madre e condannati a essere di fatto orfani di genitori vivi. Alla base dell’utilitarismo etico, come si sa, c’è la continua ri­erca del «massimo» di felicità, ma di una «felicità utilitaristica», intesa solo come piacere, come immediato soddisfacimento a van­taggio esclusivo del singolo individuo, al di fuori o contro le ogget­tive esigenze del vero bene.  Il programma dell’utilitarismo, fondato su di una libertà orientata in senso individualistico, ossia una libertà senza respon­sabilità, costituisce l’antitesi dell’amore, anche come espressione della civiltà umana considerata nel suo insieme. Quando tale con­cetto di libertà trova accoglienza nella società, alleandosi facil­mente con le più diverse forme di umana debolezza, si rivela ben presto come una sistematica e permanente minaccia per la fami­glia. Si potrebbero citare, al riguardo, molte conseguenze nefaste documentabili a livello statistico, anche se non poche di esse ri­mangono nascoste nei cuori degli uomini e delle donne, come feri­te dolorose e sanguinanti.
L’amore dei coniugi e dei genitori possiede la capacità di cura­re similiferite, se le insidie ricordate non lo privano della sua forza di rigenerazione, tanto benefica e salutare per le comunità uma­ne. Tale capacità dipende dalla grazia divina del perdono e della riconciliazione, che assicura l’energia spirituale di iniziare sempre di nuovo. Proprio per questo i membri della famiglia hanno biso­gno di incontrare Cristo nella Chiesa mediante il mirabile sacra­mento della penitenza e della riconciliazione.
In questo contesto ci si rende conto di quanto sia importante la preghiera con le famiglie e per le famiglie, in particolare per quelle minacciate dalla divisione. Bisogna pregare perché i coniu­gi amino la loro vocazione, anche quando la strada diventa diffici­le o conosce tratti angusti e in salita, apparentemente insuperabi­li; pregare affinché anche allora siano fedeli alla loro alleanza con Dio.
«La famiglia è la via della Chiesa». In questa lettera desUeria­mo professare e annunziare insieme questa v’la, che attraverso la vita coniugale e familiare conduce al Regno dei cieli (cf. Mt 7,14). È importante che la «comunione delle persone» nella famiglia di­venti preparazione alla «comunione dei santi». Ecco perché la Chiesa confessa e annunzia l’amore che «tutto sopporta» (lCor 13,7), vedendo in esso, con san Paolo, la virtù «più grande» (lCor
13,13). L’Apostolo non pone limiti a nessuno. Amare è vocazione di tutti, anche dei coniugi e delle famiglie. Nella Chiesa, infatti, tutti sono ugualmente chiamati alla perfezione della santità (cf. Mt 5,48).

Adorazione del S. S. Sacramento.

Momento simbolico (i coniugi ripetono insieme): " Io... prendo Te... e prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia,e di amarti e onorarti per tutti i giorni della mia vita" Signore Gesù custodiscici  nel  tuo amore. Amen.

Canto

Insieme: Affidiamo alla Madre di Dio il mistero dell’unità dell’amore e della vita.
O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi, affidiamo a te la causa della vita guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere, di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall’indifferenza o da una presunta pietà.
Fa’ che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo
Il Vangelo della vita. Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo. la gioia di celebrano con gratitudine in tutta la loro esistenza e il coraggio ditestimoniano con tenacia operosa, per costruire, insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell’amore. A lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.

Preghiamo
Signore Dio, re del cielo e della terra, guida, santifica e custodisci il nostro corpo e il nostro spirito, sentimenti, parole e opere, nell’amore della tua legge, a servizio della tua volontà, perché oggi e sempre con il tuo aiuto procediamo nella via della salvezza. Amen 

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NON SCENDO DALLA CROCE Di Fulton j Sheen,vescovo

Ero uscito di casa per saziarmi di sole.Trovai un uomo che

si dibatteva nel dolore della crocifissione.Mi fermai

e gli dissi:"Permetti che ti aiuti"?Lui rispose:

Lasciami dove sono.

Non scendo dalla croce fino a quando sopra vi

spasimano i miei fratelli.

fino a quando per staccarmi

non si uniranno tutti gli uomini.

Gli dissi"Che vuoi che io faccia?"

Mi rispose:

Và per il mondo e di a coloro

che incontrerai che c è un uomo

che aspetta inchiodato alla croce.