lunedì 30 dicembre 2013

A Betlemme



Maria: Sto male... Ho bisogno di riposarmi. 
Giuseppe: Coraggio, siamo arrivati! Alla prima osteria chiederemo asilo... Oh, eccone proprio una! 
...«TOC, TOC» 
Oste: Chi è a quest’ora? 
Giuseppe: Siamo due pellegrini che cercano ospitalità. 
Oste: Questo non è posto per voi: io non ospito che signori! 
Giuseppe:Ma vi pagheremo. Dateci almeno una soffitta per dormire. Siamo così stanchi! 
Oste: Non ci sono posti liberi. Poco più giù c’è un’altra osteria, provate lì. 
Giuseppe: Andiamo, Maria, ancora un po’ di coraggio... Ecco, ci siamo. 
...«TOC, TOC» 
Ostessa: Chi è? Che cosa volete? 
Maria: Da dormire. Veniamo da tanto lontano e siamo stanchi! 
Ostessa: Mi dispiace, poveretti, ma l’albergo è tutto pieno. C’è gente arrivata da ogni paese e ci sono 
perfino gli astronomi, perché pare che debba passare nel cielo una stella cometa. Aspettano la nascita del 
Messia. Ma buona notte: debbo andare... 
Maria: Non resisto più, Giuseppe. Mi coricherò sulla neve. 
Giuseppe: Ancora un po’ di coraggio... Dio ci aiuterà. Guarda, laggiù c’è una stalla, forse potremo 
entrarvi... Ecco, la porta è aperta! 
Mucca: Muuu... muuu... 
Giuseppe: C’è anche una mucca, c’è della paglia pulita in terra e c’è caldo. Vieni, Maria, e distenditi, 
mentre io metto al coperto anche questo povero asinello. 
Stella Cometa: Debbo correre se voglio arrivare alla capanna a mezzanotte. 
Coro di Angeli: Gloria a Dio nel più alto dei Cieli, e pace in Terra agli uomini che Egli ama! 
La povera capanna si illumina di una luce radiosa. Brilla su di essa la stella cometa. Gesù, il Messia, il Re 
dei Re è nato! Donne, bambini e pastori si recano ad adorarlo.
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La quattro candele del pastorello Daniele



Era una giornata grigia e cupa; la nebbia copriva tutte le cose ed oscurava il sole. Fu così che il padrone
ordinò ai suoi due pastori, Giovanni e Daniele, di condurre le pecore lontano dalla nebbia, in cima alla
montagna, là dove splendeva il sole. Il piccolo Daniele, che aveva appena nove anni, stava sempre alle
calcagna di Giovanni perché aveva paura della nebbia. E Giovanni, che era grande e forte, proteggeva
volentieri il piccolo compagno di lavoro. Un agnellino, bianco come la neve, si mise un giorno a saltellare
tra loro e a belare come se piagnucolasse. Allora, Giovanni disse a Daniele: “Mi raccomando, bada che
non si perda, perché è il nostro agnello più giovane!”.
Daniele era molto contento di assolvere a quel compito di fiducia, e non lo perdeva mai di vista; durante
la notte, se lo stringeva al petto per riscaldarlo. Un giorno, preso dalla fatica, Daniele smarrì
l’agnellino: si mise allora a cercarlo senza posa finché lo ritrovò; si sedette sotto un fico e si
addormentò con l’agnello rannicchiato accanto a lui. Fu allora che un delizioso profumo di rose, di gigli
e di fiori di mandorlo pervase l’aria tutto attorno. Daniele tentò di aprire gli occhi ma le palpebre gli
si chiusero in preda alla stanchezza. Durante quella notte gli sembrò di sentire un canto che proveniva da
molto lontano. Poi, tutto tacque e Io stesso profumo svanì nel nulla. Quando finalmente Daniele riuscì ad
aprire gli occhi, balzò in piedi, chiamò e richiamò l’agnellino, ma senza successo: dell’animale non vi
era più alcuna traccia.
Il proprietario del gregge, quando lo venne a sapere, ebbe uno scatto d’ira e disse al piccolo pastore: “Hai
combinato proprio una sciocchezza! Invece di dormire, il tuo compito era quello di vegliare!”. E
quantunque la notte fosse molto buia rimandò Daniele alla ricerca dell’agnellino smarrito. Giovanni,
provando dispiacere per il suo piccolo compagno, si recò nella sua stanza alla ricerca della lanterna che
un viandante gli aveva dato un giorno, dicendogli che quell’oggetto era in grado di aiutare ogni persona
che si trovasse in difficoltà. Si trattava di una lanterna con quattro candele, e Giovanni raccomandò a
Daniele di averne la massima cura. Con quella lanterna, che gli dava una certa sicurezza, Daniele partì
alla ricerca della bestiola.
Cercò durante tutta quella notte e durante il giorno successivo, ma non trovò traccia
dell’agnellino. Era sul punto di rinunciare quando, ad un tratto, udì un rumore dietro ad una
roccia. “Agnellino, mio piccolo agnellino!”, urlò. Gli rispose una voce tonante: “Che cosa mai vai
cercando? Un agnello?”, e in quel mentre gli si piazzò dinanzi un uomo alto e robusto. Daniele
cercò di nascondersi, ma l’uomo gli disse con voce rassicurante: “Non temere! Ho sentito che
desideri ritrovare il tuo agnellino: ne ho visto uno piccolo e bianco come la neve proprio là, presso
quell’oliveto”.
Daniele si accese di gioia improvvisa e disse: “Che bello! Hai trovato il mio agnellino! Ti ringrazio
molto! Per dimostrarti la mia gratitudine desidero fare qualcosa per te”. “Nessuno mi può aiutare,
brancolo nel buio”. “Non dire questo”, fu la pronta risposta di Daniele, mentre porgeva una delle sue
quattro candele all’uomo. “Prendila! Ti darà luce. Che cosa me ne faccio di quattro candele, mentre tu
non ne hai nemmeno una! Tre mi sono più che sufficienti”. “Faresti questo per me? Proprio per me, che
sono un ladro? Tu sei il primo essere al mondo che mi regala qualcosa. Grazie tante!”. Il giorno stava
per volgere al termine. Daniele si affrettò a raggiungere l’oliveto dove avrebbe ritrovato il suo agnello.
Vide qualcosa che si muoveva presso una grotta: vi si precipitò, ma con sua grande sorpresa si trovò
dinanzi ad un lupo. Si arrestò improvvisamente ed il lupo gli azzannò il mantello. Tutto tremante,
Daniele tentò di liberarsi dal morso: il lupo mollò la presa e si mise ad ululare. Daniele si accorse che la
zampa dell’animale sanguinava e non ebbe più paura. Strappò un lembo del suo mantello e fasciò con
cura la zampa del lupo. “Adesso sta’ buono e tranquillo, così guarirai”. Stava per andarsene quando il
lupo gli azzannò di nuovo il mantello. “Vuoi che rimanga con te?”, gli domandò Daniele, e si mise ad
accarezzarlo. “Non posso rimanere in questo luogo, devo andare in cerca dei mio agnellino: lo sai bene
che gli agnelli hanno timore dei lupi come te. Non posso fermarmi qui a farti compagnia: anche il mio
agnellino avrà bisogno di aiuto”.
Daniele si fermò un attimo a riflettere, poi decise che avrebbe lasciato una candela al lupo, perché non
avesse paura del buio. “Tieni, questa candela ti riscalderà e non ti farà sentire più solo. Due candele mi
sono più che sufficienti!”. Il lupo osservò Daniele con occhi pieni di gratitudine, ed il fanciullo si
incamminò nuovamente alla ricerca del suo agnellino. Vagò per tutta quella notte; era l’alba quando giunse alle porte di una piccola città. Gli si avvicinò uno di
quegli uomini addetti all’accensione delle lampade poste sulle strade: era vecchio, vestito poveramente e
chiese un po’ di elemosina al fanciullo. “Non ho nulla, non sono che un povero pastorello in cerca del mio
agnellino”. “Un agnello?”, gli chiese il vecchio. “Sì, lo hai per caso intravisto?”. “Io non vedo che
povertà e miseria. Non ho casa e trovo riparo presso quella cavità, là in basso”. “Allora, prendi questa
candela, è tutto quello che ho, ma sono certo che ti farà compagnia, con il suo calore e la sua luce”. Il
vecchio prese la candela e ringraziò il fanciullo; dopo di ché lo salutò e gli augurò di ritrovare il suo
agnellino. Daniele trascorse di nuovo tutta la giornata a cercare il suo agnellino, ma nessuno
l’aveva visto. Ormai scoraggiato, si mise a bighellonare un po’ in giro. Strada dopo strada giunse
dinanzi ad un grande edificio con una grande torre. Erano circa le dieci e mezza della sera.
Daniele vi entrò.
In quel luogo era riunita una nutrita folla di persone, tra le quali vi erano molti fanciulli: avevano
tutti un’aria piuttosto simpatica. Forse, Daniele avrebbe ritrovato il suo agnellino proprio in quel
luogo. Fu così che si rivolse ad un suo coetaneo: “Non hai per caso visto il mio agnellino? Sono
tre giorni che lo cerco senza successo!”. “Non ci sono agnelli in questo luogo”, gli rispose il
fanciullo. “Anche noi, però, cerchiamo qualcosa: si tratta di una luce che ci è stata promessa, e
che ci deve guidare lungo la strada. Sono ben quattro settimane che cerchiamo quella luce, ma
non ce n’è traccia alcuna!”. “Una luce?! Tieni questa: è la sola che possiedo, non ne ho altre,
eccola! Ve la dono volentieri, prendetela. In verità, io sto solo cercando il mio agnellino”. E porse
la candela al fanciullo. Proprio in quel momento, Daniele risentì nell’aria attorno a lui quel
meraviglioso profumo di rose, di gigli e di fiori di mandorlo. Ed ecco che echeggiarono di nuovo
canti di gioia. Daniele seguì il suono di quella musica e presto intravide una stalla che
assomigliava stranamente alla sua; vi si accostò ed entrò. Dapprima non vide nulla, poi,
d’improvviso, si accorse di una macchia bianca: era il suo agnellino, il suo amato agnellino che
aveva smarrito pochi giorni prima!
“Avvicinati”, gli disse una dolcissima voce. Daniele, muto di stupore, obbedì. Fu in quel
momento che accanto al suo agnellino scorse un neonato, adagiato sulla paglia. Daniele si
inginocchiò e in quel mentre la stalla si illuminò come in pieno giorno: oltre al suo agnellino
scorse la presenza del ladro, del lupo e del vecchio.
dal web

sabato 21 dicembre 2013

Maria Vergine: Icona della fede obbediente



Nel cammino dell’Avvento, la Vergine Maria occupa un posto particolare come Colei che in modo unico
ha atteso la realizzazione delle promesse di Dio, accogliendo nella fede e nella carne Gesù, il Figlio di
Dio, in piena obbedienza alla volontà divina. Oggi vorrei riflettere brevemente con voi sulla fede di Maria
a partire dal grande mistero dell’Annunciazione.
“Chaîre kecharitomene, ho Kyrios meta sou”, “Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te” (Lc 1, 28).
Sono queste le parole - riportate dall’evangelista Luca - con cui l’Arcangelo Gabriele si rivolge a Maria.
A prima vista il termine chaîre, “rallegrati”, sembra un normale saluto, usuale nell’ambito greco, ma
questa parola, se letta sullo sfondo della tradizione biblica, acquista un significato molto più profondo.
Questo stesso termine è presente quattro volte nella versione greca dell’Antico Testamento e sempre
come annuncio di gioia per la venuta del Messia (cfr Sof 3, 14; Gl 2, 21; Zc 9, 9; Lam 4, 21). Il saluto
dell’Angelo a Maria è quindi un invito alla gioia, ad una gioia profonda, annuncia la fine della tristezza
che c’è nel mondo di fronte al limite della vita, alla sofferenza, alla morte, alla cattiveria, al buio del male
che sembra oscurare la luce della bontà divina. È un saluto che segna l’inizio del Vangelo, della Buona
Novella.
Ma perché Maria viene invitata a rallegrarsi in questo modo? La risposta si trova nella seconda parte del
saluto: “il Signore è con te”. Anche qui per comprendere bene il senso dell’espressione dobbiamo
rivolgerci all’Antico Testamento. Nel Libro di Sofonia troviamo questa espressione “Rallégrati, figlia di
Sion, …Re d’Israele è il Signore in mezzo a te… Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore
potente» (3, 14-17). In queste parole c’è una duplice promessa fatta ad Israele, alla figlia di Sion: Dio
verrà come salvatore e prenderà dimora proprio in mezzo al suo popolo, nel grembo della figlia di Sion.
Nel dialogo tra l’Angelo e Maria si realizza esattamente questa promessa: Maria è identificata con il
popolo sposato da Dio, è veramente la Figlia di Sion in persona; in lei si compie l’attesa della venuta
definitiva di Dio, in lei prende dimora il Dio vivente.
Nel saluto dell’Angelo, Maria viene chiamata “piena di grazia”; in greco il termine “grazia”, charis, ha la
stessa radice linguistica della parola “gioia”. Anche in questa espressione si chiarisce ulteriormente la
sorgente del rallegrarsi di Maria: la gioia proviene dalla grazia, proviene cioè dalla comunione con Dio,
dall’avere una connessione così vitale con Lui, dall’essere dimora dello Spirito Santo, totalmente
plasmata dall’azione di Dio. Maria è la creatura che in modo unico ha spalancato la porta al suo Creatore,
si è messa nelle sue mani, senza limiti. Ella vive interamente della e nella relazione con il Signore; è in
atteggiamento di ascolto, attenta a cogliere i segni di Dio nel cammino del suo popolo; è inserita in una
storia di fede e di speranza nelle promesse di Dio, che costituisce il tessuto della sua esistenza. E si
sottomette liberamente alla parola ricevuta, alla volontà divina nell’obbedienza della fede.
L’Evangelista Luca narra la vicenda di Maria attraverso un fine parallelismo con la vicenda di Abramo.
Come il grande Patriarca è il padre dei credenti, che ha risposto alla chiamata di Dio ad uscire dalla terra
in cui viveva, dalle sue sicurezze, per iniziare il cammino verso una terra sconosciuta e posseduta solo
nella promessa divina, così Maria si affida con piena fiducia alla parola che le annuncia il messaggero di
Dio e diventa modello e madre di tutti i credenti.
Vorrei sottolineare un altro aspetto importante: l’apertura dell’anima a Dio e alla sua azione nella fede
include anche l’elemento dell’oscurità. La relazione dell’essere umano con Dio non cancella la distanza
tra Creatore e creatura, non elimina quanto afferma l’apostolo Paolo davanti alle profondità della sapienza
di Dio: “Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!” (Rm 11, 33). Ma proprio colui
che - come Maria - è aperto in modo totale a Dio, giunge ad accettare il volere divino, anche se è
misterioso, anche se spesso non corrisponde al proprio volere ed è una spada che trafigge l’anima, come
profeticamente dirà il vecchio Simeone a Maria, al momento in cui Gesù viene presentato al Tempio (cfr
Lc 2, 35). Il cammino di fede di Abramo comprende il momento di gioia per il dono del figlio Isacco, ma
anche il momento dell’oscurità, quando deve salire sul monte Moria per compiere un gesto paradossale:
Dio gli chiede di sacrificare il figlio che gli ha appena donato. Sul monte l’angelo gli ordina: “Non
stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo
figlio, il tuo unigenito” (Gen 22, 12); la piena fiducia di Abramo nel Dio fedele alle promesse non viene
meno anche quando la sua parola è misteriosa ed è difficile, quasi impossibile, da accogliere. Così è per
Maria, la sua fede vive la gioia dell’Annunciazione, ma passa anche attraverso il buio della crocifissione
del Figlio, per poter giungere fino alla luce della Risurrezione. Non è diverso anche per il cammino di fede di ognuno di noi: incontriamo momenti di luce, ma
incontriamo anche passaggi in cui Dio sembra assente, il suo silenzio pesa nel nostro cuore e la sua
volontà non corrisponde alla nostra, a quello che noi vorremmo. Ma quanto più ci apriamo a Dio,
accogliamo il dono della fede, poniamo totalmente in Lui la nostra fiducia - come Abramo e come Maria -
tanto più Egli ci rende capaci, con la sua presenza, di vivere ogni situazione della vita nella pace e nella
certezza della sua fedeltà e del suo amore. Questo però significa uscire da sé stessi e dai propri progetti,
perché la Parola di Dio sia la lampada che guida i nostri pensieri e le nostre azioni.
Vorrei soffermarmi ancora su un aspetto che emerge nei racconti sull’infanzia di Gesù narrati da San
Luca. Maria e Giuseppe portano il figlio a Gerusalemme, al Tempio, per presentarlo e consacrarlo al
Signore come prescrive la legge di Mosé: “Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore” (cfr Lc 2,
22-24). Questo gesto della Santa Famiglia acquista un senso ancora più profondo se lo leggiamo alla luce
della scienza evangelica di Gesù dodicenne che, dopo tre giorni di ricerca, viene ritrovato nel Tempio a
discutere tra i maestri. Alle parole piene di preoccupazione di Maria e Giuseppe: “Figlio, perché ci hai
fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo”, corrisponde la misteriosa risposta di Gesù:
“Perché mi cercavate? Non sapevate che devo essere nelle cose del Padre mio?” (Lc 2, 48-49). Cioè nella
proprietà del Padre, nella casa del Padre, come lo è un figlio. Maria deve rinnovare la fede profonda con
cui ha detto “sì” nell’Annunciazione; deve accettare che la precedenza l’abbia il Padre vero e proprio di
Gesù; deve saper lasciare libero quel Figlio che ha generato perché segua la sua missione. E il “sì” di
Maria alla volontà di Dio, nell’obbedienza della fede, si ripete lungo tutta la sua vita, fino al momento più
difficile, quello della Croce.
Davanti a tutto ciò, possiamo chiederci: come ha potuto vivere Maria questo cammino accanto al Figlio
con una fede così salda, anche nelle oscurità, senza perdere la piena fiducia nell’azione di Dio? C’è un
atteggiamento di fondo che Maria assume di fronte a ciò che avviene nella sua vita. Nell’Annunciazione
Ella rimane turbata ascoltando le parole dell’angelo - è il timore che l’uomo prova quando viene toccato
dalla vicinanza di Dio -, ma non è l’atteggiamento di chi ha paura davanti a ciò che Dio può chiedere.
Maria riflette, si interroga sul significato di tale saluto (cfr Lc 1, 29). Il termine greco usato nel Vangelo
per definire questo “riflettere”, “dielogizeto”, richiama la radice della parola “dialogo”. Questo significa
che Maria entra in intimo dialogo con la Parola di Dio che le è stata annunciata, non la considera
superficialmente, ma si sofferma, la lascia penetrare nella sua mente e nel suo cuore per comprendere ciò
che il Signore vuole da lei, il senso dell’annuncio. Un altro cenno all’atteggiamento interiore di Maria di
fronte all’azione di Dio lo troviamo, sempre nel Vangelo di san Luca, al momento della nascita di Gesù,
dopo l’adorazione dei pastori. Si afferma che Maria “custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo
cuore” (Lc 2, 19); in greco il termine è symballon, potremmo dire che Ella “teneva insieme”, “poneva
insieme” nel suo cuore tutti gli avvenimenti che le stavano accadendo; collocava ogni singolo elemento,
ogni parola, ogni fatto all’interno del tutto e lo confrontava, lo conservava, riconoscendo che tutto
proviene dalla volontà di Dio. Maria non si ferma ad una prima comprensione superficiale di ciò che
avviene nella sua vita, ma sa guardare in profondità, si lascia interpellare dagli eventi, li elabora, li
discerne, e acquisita quella comprensione che solo la fede può garantire. È l’umiltà profonda della fede
obbediente di Maria, che accoglie in sé anche ciò che non comprende dell’agire di Dio, lasciando che sia
Dio ad aprirle la mente e il cuore. “Beata colei che ha creduto nell’adempimento della parola del Signore”
(Lc 1, 45), esclama la parente Elisabetta. È proprio per la sua fede che tutte le generazioni la chiameranno
beata.

Benedetto XVI, Udienza Generale, mercoledì, 19 dicembre 2012

Maria, donna gestante



“Rimase con lei circa tre mesi. Poi tornò a casa sua”.
Il Vangelo stavolta non dice se vi tornò “in fretta”, come fu per il viaggio di andata. Ma c’è da supporlo.
Da Nazaret era quasi scappata di corsa, senza salutare nessuno. Quell’incredibile chiamata di Dio l’aveva
sconvolta. Era come se, improvvisamente, all’interno della sua casetta si fosse spalancato un cratere e lei
vi camminasse sul ciglio in preda alle vertigini. E allora, per non precipitare nell’abisso, si era aggrappata
alla montagna.
Ma ora bisognava tornare. Quei tre mesi di altura le erano bastati per placare i tumulti interiori. Vicino a
Elisabetta aveva portato a compimento il noviziato di una gestazione di cui cominciava lentamente a
dipanare il segreto. Ora bisognava scendere in pianura e affrontare i problemi terra terra a cui va incontro
ogni donna in attesa. Con qualche complicazione in più. Come dirglielo a Giuseppe? E alle compagne con
cui aveva condiviso fino a poco tempo prima i suoi sogni di ragazza innamorata, come avrebbe spiegato il
mistero che le era scoppiato nel grembo? Che avrebbero detto in paese?
Sì, anche a Nazaret voleva giungere in fretta. Perciò accelerava l’andatura, quasi danzando sui sassi.
Oltretutto, su quei sentieri di campagna, vi si sentiva sospinta come dal vento, di cui, però, le foglie degli
ulivi e i pampini delle viti non lasciavano percepire la brezza, nell’immota calura dell’estate di Palestina.
Per placare il batticuore, che pure tre mesi prima non aveva provato in salita, si sedette sull’erba.
Solo allora si accorse che il ventre le si era curvato come una vela. E capì per la prima volta che quella
vela non si issava sul suo fragile scafo di donna, ma sulla grande nave del mondo per condurla verso
spiagge lontane. Non fece in tempo a rientrare in casa, che Giuseppe, senza chiederle neppure che
rendesse più esaurienti le spiegazioni fornitegli dall’Angelo, se la portò subito con sé. Ed era contento di
starle vicino. Ne spiava i bisogni. Ne capiva le ansie. Ne interpretava le improvvise stanchezze. Ne
assecondava i preparativi per un Natale che ormai doveva tardare.
Una notte, lei gli disse: “Senti, Giuseppe, si muove”.
Lui, allora, le posò sul grembo la mano, leggera come battito di palpebra, e rabbrividì di felicità.
Maria non fu estranea alle tribolazioni a cui è assoggettata ogni comune gestante. Anzi, era come se si
concentrassero in lei le speranze, sì, ma anche le paure di tutte le donne in attesa. Che ne sarà di questo
frutto, non ancora maturo, che mi porto nel seno? Gli vorrà bene la gente? Sarà contento di esistere? E
quanto peserà su di me il versetto della Genesi: “Partorirai i figli nel dolore”?
Cento domande senza risposta. Cento presagi di luce. Ma anche cento inquietudini. Che si intrecciavano
attorno a lei quando le parenti, la sera, restavano a farle compagnia fino a tardi. Lei ascoltava senza
turbarsi. E sorrideva ogni volta che qualcuna mormorava: “Scommetto che sarà femmina”.

Santa Maria, donna gestante, creatura dolcissima che nel tuo corpo di vergine hai offerto all’Eterno la
pista d’atterraggio nel tempo, scrigno di tenerezza entro cui è venuto a rinchiudersi Colui che i cieli non
riescono a contenere, noi non potremo mai sapere con quali parole gli rispondevi, mentre te lo sentivi
balzare sotto il cuore, quasi volesse intrecciare anzi tempo colloqui d’amore con Te.
Forse in quei momenti ti sarai posta la domanda se fossi Tu a donargli i battiti, o fosse Lui a prestarti i
suoi.
Vigilie trepide di sogni, le tue. Mentre al telaio, risonante di spole, gli preparavi con mani veloci
pannolini di lana, gli tessevi lentamente, nel silenzio del grembo, una tunica di carne. Chi sa quante volte
avrai avuto il presentimento che quella tunica, un giorno, gliel’avrebbero lacerata. Ti sfiorava allora un
fremito di mestizia, ma poi riprendevi a sorridere pensando che tra non molto le donne di Nazaret,
venendoti a trovare dopo il parto, avrebbero detto: “Rassomiglia tutto a sua madre”. Santa Maria, donna
gestante, fontana attraverso cui, dalle falde dei colli eterni, è giunta fino a noi l’acqua della vita, aiutaci ad
accogliere come dono ogni creatura che si affaccia a questo mondo. Non c’è ragione che giustifichi il
rifiuto. Non c’è violenza che legittimi violenza. Non c’è programma che non possa saltare di fronte al
miracolo di una vita che germoglia.
Mettiti, ti preghiamo, accanto a Marilena, che, a quarant’anni, si dispera perché non sa accettare una
maternità indesiderata. Sostieni Rosaria, che non sa come affrontare la gente, dopo che lui se n’è andato,
lasciandola col suo destino di ragazza madre. Suggerisci parole di perdono a Lucia, che, dopo quel gesto
folle, non sa darsi pace e intride ogni notte il cuscino con lacrime di pentimento.

dal web

Il lupo di Betlemme


C’era una volta un lupo. Viveva nei dintorni di Betlemme. I pastori lo temevano tantissimo e vegliavano
l’intera notte per salvare le loro greggi. C’era sempre qualcuno di sentinella, così il lupo era sempre più
affamato, scaltro e arrabbiato. Una strana notte, piena di suoni e luci, mise in subbuglio i campi dei
pastori. L’eco di un meraviglioso canto di angeli era appena svanito nell’aria. Era nato un bambino, un
piccino, un batuffolo rosa, roba da niente. Il lupo si meravigliò che quei rozzi pastori fossero corsi tutti a
vedere un bambino. “Quante smancerie per un cucciolo d’uomo” pensò il lupo. Ma incuriosito e
soprattutto affamato com’era, li seguì nell’ombra a passi felpati. Quando li vide entrare in una stalla si
fermò nell’ombra e attese. I pastori portarono dei doni, salutarono l’uomo e la donna, si inchinarono
deferenti verso il bambino e poi se ne andarono. Gli occhi e le zanne del lupo brillarono nella notte: stava
per giungere il suo momento. L’uomo e la donna stanchi per la fatica e le incredibili sorprese della
giornata si addormentarono. “Meglio così” pensò il lupo, “comincerò dal bambino”. Furtivo come sempre
scivolò nella stalla. Nessuno avvertì la sua presenza. Solo il bambino. Spalancò gli occhioni e guardò
l’affilato muso che, passo dopo passo, guardingo ma inesorabile si avvicinava sempre più. Gli occhi erano
due fessure crudeli. Il bambino però non sembrava spaventato. “Un vero bocconcino” pensò il lupo. Il suo
fiato caldo sfiorò il bambino. Contrasse i muscoli e si preparò ad azzannare la tenera preda. In quel
momento una mano del bambino, come un piccolo fiore delicato, sfiorò il suo muso in una affettuosa
carezza. Per la prima volta nella vita qualcuno accarezzò il suo ispido e arruffato pelo, e con una voce,
che il lupo non aveva mai udito, il bambino disse: “Ti voglio bene, lupo”. Allora accadde qualcosa di
incredibile, nella buia stalla di Betlemme. La pelle del lupo si lacerò e cadde a terra come un vestito
vecchio. Sotto, apparve un uomo. Un uomo vero, in carne e ossa. L’uomo cadde in ginocchio e baciò le
mani del bambino e silenziosamente lo pregò. Poi l’uomo che era stato un lupo uscì dalla stalla a testa
alta, e andò per il mondo ad annunciare a tutti: “È nato il bambino divino che può donarvi la vera libertà!
Il Messia è arrivato! Egli vi cambierà!”.
don Bruno Ferrero

venerdì 20 dicembre 2013

Contemplazione della maternità di Maria


 Contemplazione della maternità di Maria
La Vergine è pallida e guarda il bimbo con meraviglia ansiosa. Perché il Cristo è suo
figlio, la carne della sua carne e il frutto delle sue viscere … E sul momento la tentazione
è così forte che dimentica che è Dio. Lo stringe tra le braccia e gli dice: "Piccolo mio!". Ma
in altri momenti resta interdetta e pensosa: Dio è là, ed è presa da timore religioso per
questo Dio che non parla, per questo bambino che incute timore …
Ma io penso che vi sono anche altri momenti rapidi e fuggevoli in cui lei
sente al tempo stesso che il Cristo è suo figlio, il suo piccolo, e che è Dio.
Lo guarda e pensa: "Questo Dio è il mio bambino. Questa carne divina è la
mia carne. Egli è fatto di me, ha i miei occhi, e questa forma della bocca è
la forma della mia, mi assomiglia: Egli è Dio e mi assomiglia".
E nessuna donna ha avuto il suo Dio per sé sola, un Dio piccolino che si
può prendere tra le braccia e coprire di baci, un Dio tutto caldo che
sorride e che respira, un Dio che si può toccare e che ride …
(Jean Paul Sartre, dal racconto Bariona)





JEAN-PAUL SARTRE - Bariona o il figlio del tuono
 Racconto di Natale per cristiani e non credenti

“Bariona” è un originalissimo racconto scritto da Sartre nel Natale del 1944
per i suoi compagni di prigionia nel campo Treviri. Sartre ebbe modo allora
di conversare a lungo con i preti detenuti, discutendo in fraterna sincerità di
fede e teologia. E’ forse alla luce di questa nuova esperienza che Sartre
scrisse un testo teatrale sul mistero del Natale. Lo compose in sei settimane,
scelse gli attori, assistette a tutte le prove, creò la messa in scena ed i
costumi e lui stesso vi partecipò come attore nella parte del Re Magio
Baldassarre. Il racconto ruota intorno alla figura di Bariona (dal curioso
soprannome di “figlio del tuono”), capo di un villaggio vicino a Betlemme.
La storia è ambientata nell’epoca in cui la Giudea era oppressa dai Romani
e vessata da continue richieste di tributi. Alla visione di Gesù Bambino
Bariona abbandona ogni diffidenza verso il Messia e si impegna nella
realizzazione del progetto di liberazione del suo popolo.
Il racconto si offre al lettore come l’immagine di un’esperienza religiosa e
raggiunge il suo apice nella descrizione, poetica e pittorica nello stesso
tempo, del rapporto di intimità che lega la Madonna al Bambino.
Questo testo era dettato anche dall’esigenza di creare aggregazione e
solidarietà tra prigionieri credenti e non credenti e, nella chiara allusione
alla Francia occupata dai Tedeschi, per sollecitare la resistenza dei suoi
compagni di prigionia contro gli invasori. Progetto, questo, assolutamente nuovo e singolare per Sartre, notoriamente
riconosciuto come l’esponente di un esistenzialismo ateo; lui stesso non ha esitato a dichiarare di aver avuto sempre un
rapporto difficile ed impossibile con Dio. Oggi la lettura di quest’opera offre l’occasione di ripensare l’ateismo di
Sartre e la sua filosofia dell’esistenza.

Jean-Paul Sartre (1905-1980) è forse l’esponente più rappresentativo dell’esistenzialismo ed uno degli intellettuali
francesi contemporanei più noti nel mondo. Versatile e poliedrico, la sua attività ha attraversato vasti campi del sapere:
dalla filosofia alla letteratura, dal teatro al cinema, dal giornalismo alla politica. Tra le sue maggiori opere ricordiamo,
per la filosofia, L’essere e il nulla e la Critica della ragione dialettica e, per la narrativa, La nausea. Nel 1964 fu insignito del
premio Nobel per la letteratura, che rifiutò.
dal web

La candela che non voleva bruciare



Questo non si era mai visto: una candela che rifiuta di accendersi. Tutte le candele dell’armadio
inorridirono. Una candela che non voleva accendersi era una cosa inaudita! Mancavano pochi giorni a
Natale e tutte le candele erano eccitate all’idea di essere protagoniste della festa, con la luce, il profumo,
la bellezza che irradiavano e comunicavano a tutti. Eccetto quella giovane candela rossa e dorata che
ripeteva ostinatamente: “No e poi no! Io non voglio bruciare. Quando veniamo accesi, in un attimo ci
consumiamo. Io voglio rimanere così come sono: elegante, bella e soprattutto intera”. “Se non bruci è
come se fosse già morta senza essere vissuta”, replicò un grosso cero, che aveva già visto due Natali. “Tu
sei fatta di cera e stoppino ma questo è niente. Quando bruci sei veramente tu e sei completamente
felice”. “No, grazie tante”, rispose la candela rossa. “Ammetto che il buio, il freddo e la solitudine sono
orribili, ma è sempre meglio che soffrire per una fiamma che brucia”. “La vita non è fatta di parole e non
si può capire con le parole, bisogna passarci dentro”, continuò il cero. “Solo chi impegna il proprio essere
cambia il mondo e allo stesso tempo cambia se stesso. Se lasci che la solitudine, buio e freddo avanzino,
avvolgeranno il mondo”. “Vuoi dire che noi serviamo a combattere il freddo, le tenebre e la solitudine?”.
“Certo”, ribadì il cero. “Ci consumiamo e perdiamo eleganza e colori, ma diventiamo utili e stimati.
Siamo i cavalieri della luce”. “Ma ci consumiamo e perdiamo forma e colore”. “Sì, ma siamo più forti
della notte e del gelo del mondo”, concluse il cero. Così anche la candela rossa e dorata si lasciò
accendere. Brillò nella notte con tutto il suo cuore e trasformo in luce la sua bellezza, come se dovesse
sconfiggere da sola tutto il freddo e il buio del mondo. La cera e lo stoppino si consumarono piano piano
ma la luce della candela continuò a splendere a lungo negli occhi e nel cuore degli uomini per i quali era
bruciata.

don Bruno Ferrero


venerdì 13 dicembre 2013

IL GESÙ BAMBINO DI GLONN IN BAVIERA

O Mamma, io corro verso la tua immagine,
il tuo sguardo è come uno scudo raggiante.

Tu sei la Madre che tutto comprende,
ed invano nessuno t’invoca.
Tu il dono che a noi il tuo morente Figlio lasciò,
Il Suo Cuore era pieno d’Amore, nonostante il peccato e le beffe.

Perciò sei per l’anima il pegno più santo,
e a chi giunge smarrito tu porgi la mano.

Tu conosci questa terra e ogni suo bisogno:
preservaci, o Madre, dalla morte eterna.

Abbi di noi pietà: orsù, china il tuo sguardo,
aiutaci a trovare la Grazia, cambia il nostro destino.

Tu Rifugio dei peccatori, oh celeste Ornamento,
dona amore a Gesù e a noi la tua Purezza.

Tu mi guidi per le vie da Dio stabilite,
sei tu la Madre mia ed io il tuo bimbo.

E se anche si fa buio, non avrò paura,
perché davanti alla tua immagine, lì ritorna la Luce.

giovedì 12 dicembre 2013

RACCONTO DI NATALE-LA PECORA NERA



C'era una volta una pecora diversa da tutte le altre.
Le pecore, si sa, sono bianche; lei invece era nera, nera come la pece. Quando passava per i campi tutti la deridevano, perché in un gregge tutto bianco spiccava come una macchia di inchiostro su un lenzuolo bianco, alcune dicevano : «Guarda una pecora nera! Che animale originale; chi crede mai di essere? »
Altre compagne pecore le gridavano dietro: «Pecora sbagliata, non sai che le pecore devono essere tutte uguali, tutte avvolte di bianca lana?» La pecora nera non ne poteva più, quelle parole erano come pietre e non riusciva a digerirle.
E così decise di uscire dal gregge e andarsene sui monti, da sola: almeno là avrebbe potuto brucare in pace e riposarsi all'ombra dei pini. Ma nemmeno in montagna trovò pace. ... «Che vivere è questo? Sempre da sola!» Una sera, vide lontano una grotta illuminata da una debole luce e disse : «Dormirò là dentro » e si mise a correre. Correva come se qualcuno la attirasse. Una voce appena fu entrata le domandò : «Chi sei?» rispose la pecora nera : «Sono una pecora che nessuno vuole: una pecora nera! Mi hanno buttata fuori dei gregge».
La voce continuò : «La stessa cosa è capitata a noi ! Anche per noi non c'era posto con gli altri nell'albergo. Abbiamo dovuto ripararci qui, io Giuseppe e mia moglie Maria. Proprio qui ci è nato un bel bambino. Eccolo!». La pecora nera era piena di gioia.
Prima di tutte le altre poteva vedere il piccolo Gesù e disse : «Avrà freddo; lasciate che mi metta vicino per riscaldarlo!». Maria e Giuseppe risposero con un sorriso. La pecora si avvicinò stretta stretta al bambino e lo accarezzò con la sua lana.
Gesù si svegliò e le bisbigliò nell'orecchio: «Proprio per questo sono venuto: per le pecore smarrite!». La pecora si mise a belare di felicità.

Lo Specchio rotto



Uno specchio cadde e si ridusse in tanti minuscoli frammenti.

Tutti finirono in un mucchio di rifiuti e naturalmente cominciarono a lagnarsi del loro crudele destino.

«Ahi noi! Che fine infame!», si lamentavano.
«Eravamo il riflesso di volti graziosi e sorrisi attraenti!
Ora invece!». «Chi ci spolvererà?».

«Chi ci laverà con il detersivo profumato?».

I pezzetti di specchio caddero in una profonda depressione.

Ma un giorno, la mano paffuta di una bambina afferrò uno dei frammenti e cominciò a giocarci.
Catturò un po' di sole e lo diresse in una fessura del muro, scoprendo che là viveva un minuscolo fiorellino azzurro.
Le sembrò che tremasse di felicità.
Raccolse un altro raggio di sole e lo inviò nello scantinato buio dove lavorava Giovanni il calzolaio. Giovanni sorrise.

La bambina continuò fino a sera divertendosi a illuminare gli angoli bui dove il sole non brillava mai:
buche profonde, crepacci, ripostigli….

A cena il papà le chiese:
«Che cosa hai fatto, oggi?»,

la bambina rispose: «Ho inventato un gioco bellissimo!».

Il nostro “sole” è Cristo e illuminare i recessi più oscuri del cuore umano riflettendo la Sua luce è il gioco più bello della vita.

lunedì 9 dicembre 2013

DEVOZIONE DELLE MILLE AVE MARIA ALLA MADONNA


La devozione delle Ave Maria risale a S. Caterina da Bologna. La Santa era solita recitare mille Ave Maria la notte del Natale. Nella notte del 25 dicembre 1445 era assorta nella contemplazione dell'ineffabile mistero e nella sua pia pratica. Quando le apparve la Vergine SS., che le porse il Bambino Gesù, Caterina lo intrattenne fra le sue purissi­me braccia - come lei stessa si esprime - per lo spazio di una quinta parte di un'ora... 
A ricordo del prodigio, le figlie della Santa nel Monastero del Corpus Domini, ogni anno, nella notte santa, ripetono le mille Ave Maria, devozio­ne entrata ben presto nella pietà dei fedeli. A rendere più facile il pio esercizio, le mille Ave Maria vengono recitate - quaranta ogni giorno - nei 25 giorni che precedo­no il Santo Natale, dal 29 novembre al 23 dicembre. 
Il ripetersi del saluto angelico alla Vergine SS. con la meditazione del mistero riuscirà, per le ani­me devote, preparazione efficace al Santo Natale.
 Nel nome del Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo. Amen. Ad imitazione di S. Caterina loderemo la gran Madre di Dio per il suo sacro parto, con queste quaranta salutazioni angeliche per otte­nere da lei protezione in vita ed assistenza nella morte, affinché da questa terra di pellegrinaggio possiamo giungere agli eterni luoghi del Paradiso.
 PRIMA DECINA - In primo luogo, recitando dieci Ave Maria, ed altrettante benedizioni, considereremo l'ineffabile mistero della Incarnazione del Verbo, e la gran dignità della Vergine nell'essere stata eletta Madre dell'Altissimo. Ave Maria... Sia benedetta, o Maria, l'ora nella quale fosti scelta come Madre di Dio. 
SECONDA DECINA - In secondo luogo, recitando dieci Ave Maria, ed altrettante benedizioni, mediteremo l'umiltà del re del cielo, che elesse una vile abitazione per il suo Natale, e la gioia che ebbe Maria nel vedere l'unigenito del Padre da lei nato nel presepio. Ave Maria... Sia benedetta, o Maria, l'ora nella quale divenisti Madre del Figliuol di Dio.
 TERZA DECINA - In terzo luogo, recitando dieci Ave Maria ed altret­tante benedizioni, attentamente ci ricorderemo della perfetta diligenza di Maria Vergine, quando adempì gli uffici di Marta e di Maddalena, nel con­templare il suo figliuolo Redentore a servizio ed assisterlo ancora tenero bambino. Ave Maria... Sia benedetto, o Maria, il primo palpito materno che provasti per il Figliuol di Dio. QUARTA DECINA - In quarto luogo, recitando dieci Ave Maria, ed altrettante benedizioni, considereremo la grande riverenza, con la quale Maria, più al cuore, che al seno, abbracciava, stringeva, baciava e adorava il suo e nostro Dio, fatto uomo per nostro amore. Ave Maria... Sia benedetto, o Maria, il primo bacio che desti al Figliuol tuo e Figlio di Dio.
 L’ULTIMA SERA (23 DICEMBRE): Sia lode per sempre a Dio, poiché ad imitazione della nostra Santa, abbiamo compiuto questo devoto eserci­zio: e preghiamo la Regina degli Angeli che, come frutto particolare, si degni essa, la Madre di Gesù e Madre nostra, di ottenerci, in vita, un vero pentimento dei nostri peccati, e la etema salvezza dell'anima, alla nostra morte. PREGHIAMO: O Dio, concedi a noi tuoi fedeli di essere sostenuti dall'intercessione di Santa Caterina, dalle cui virtù noi siamo attratti lieti verso i tuoi misteri.

Preghiera alla madonna di Guadalupe



(da recitare ogni 9 del mese)

Vergine Immacolata di Guadalupe, Madre di Gesù e Madre nostra, vincitrice del peccato e nemica del demonio, Tu ti manifestasti sul colle Tepeyac in Messico all'umile e generoso contadino Giandiego. Sul suo mantello impri­mesti la Tua dolce Immagine come segno della Tua presenza in mezzo al popolo e come garanzia che avresti ascoltato le sue preghiere e addolcito le sue sofferenze. Maria, Madre amabilissima, noi oggi ci offriamo a te e con­sacriamo per sempre al tuo Cuore Immacolato tutto quanto ci resta di questa vita, il nostro corpo con le sue miserie, la nostra anima con le sue debolezze, il nostro cuore con i suoi affanni e desidèri, le preghiere, le sofferenze, l'agonia. O Madre dolcissima, ricòrdati sempre dei tuoi figli. Se noi, vinti dallo sconforto e dalla tristezza, dal turbamento e dall'angoscia, dovessimo qualche volta dimenticarci di te, allora, Madre pietosa, per l'amore che porti a Gesù, ti chiediamo di proteggerci come figli tuoi e di non abbandonarci fino a quando non saremo giunti al porto sicuro, per gioire con Te, con tutti i Santi, nella visione beatifica del Padre. Amen.

Salve Regina



AMA



Più si ama, meno si osserva dall'alto. Più si ama, meno si giudica. Più si ama, più si perdona. Più si ama, più si ascolta e meno si parla. più si ama e più si diventa roccia, appoggio, sicurezza per l'altro. Più si ama, più si è veri!
(S.Agostino)


UNA STORIA VERA


Un sacerdote fu chiamato, nel dicembre del 1945 ad assistere una donna moribonda. Ella si confessò e gli consegnò una lettera di dodici fogli affinché la rendesse pubblica e la facesse conoscere a tutte le madri di famiglia. In essa diceva che si era sposata nel 1914 con un buon uomo e che aveva avuto una bambina, ma non aveva voluto avere altri figli ed aveva abortito sette volte.
Una notte udì una voce che le diceva: «Mamma, Mamma». Questo accadde diverse volte, finché una notte le dissero: «Siamo noi, mamma, i figli che tu hai abortito e che non hai voluto avere». E vide sette lucine intorno a sé. Si confessò e volle riparare il suo peccato, adottando sette bambini pagani, che fece battezzare ed educare in un istituto missionario. I bambini non tornarono più a farsi sentire da lei, poiché sentirono che erano stati accolti dalla loro madre come parte della famiglia.

PADRE ANGEL PENA


venerdì 6 dicembre 2013

PREGHIERE DI FIDUCIA


di p. Jean Galot S. J.
I. Fonti della fiducia

I. IL PADRE

Dirti: Padre!
O Dio così grande, che gioia poterti dire: Padre!
Eppure come sono timido e lento a trarre profitto da questa gioia!
Il nome che Cristo ti ha attribuito e col quale ci ha parti­colarmente invitati a rivolgerci a te nelle nostre preghiere, io lo pronuncio troppo raramente.
Che tu sia nostro Padre è una verità così stupenda, una grazia così meravigliosa che faccio fatica ad accoglierle!
Malgrado tutto quello che tuo Figlio ci ha raccontato di te, ho ancora paura e rimango sulla soglia di questa verità immensa, non osando immergermi in essa e saziarmene come tu vorresti.
Poiché tu sei così buono, attirami sempre più al tuo cuore paterno, incoraggiami a considerarti davvero come un Padre, a venerarti e ad amarti con cuore filiale!
Fa' trionfare in me la fiducia, affinché mi abbandoni final­mente senza reticenze alla gioia di avere un Padre in cielo! Che io vi attinga conforto nelle difficoltà, e vi trovi sempre uno stimolo all'amore!
Rivolgendomi a te come Padre, che io possa amarti come tu desideri, con tutto il mio cuore, con tutta la mia anima, con tutte le mie forze!


Nella tua mano

Tu mi tieni interamente nella tua mano, Padre del cielo.
Questa mano è così grande, così vigorosa che potrebbe schiacciare la piccola creatura che io sono; ma la tua mano è una mano paterna, che protegge gelosamente quelli che ha creato.
Sono poca cosa nel cavo della tua mano, ma sono munito della tua potenza divina, avvolto da una immensa bontà.
Che cosa diverrei se fossi abbandonato in mezzo a un uni­verso sconosciuto, lanciato alla deriva tra i flutti di un'esi­stenza cosparsa di imprevisti?
Avrei tutto da temere, e l'av­venire sarebbe pieno di minacce, di sgradite sorprese, di una fatalità inesorabilmente capricciosa: sarei lo zimbello degli eventi.
Ma nella tua mano, la mia vita riposa fiduciosa.
Quale sor­presa o quale fatalità potrebbe prevalere contro la tua mano?
Nulla può accadermi, che non sia dato da questa mano.
È la mano di un Padre che ama follemente suo figlio e che può prodigargli soltanto del bene.
Mi lascio dunque portare dalla tua mano patema, ovun­que mi condurrà.
Che gioia e che sicurezza affidarmi semplicemente alla tua mano sempre fedele, vivere, soffrire, morire in essa, per ri­manervi in eterno!


La tua Provvidenza ha sempre ragione!

Mai la tua bontà si concede riposo, o Padre; mai la tua sapienza è colta alla sprovvista; mai la tua vigilanza è in di­fetto.
Mai ci privi del tuo amore; non metti limiti alla tua solle­citudine e la tua benevolenza ci accompagna sempre.
Ti accusiamo spesso, perché non ti comprendiamo.
Ti ac­cusiamo di severità, d'indifferenza e anche di crudeltà, so­prattutto nelle nostre prove.
Ma la tua Provvidenza non si smentisce mai, e molto spes­so, a cose fatte, dobbiamo riconoscere che aveva ancora ra­gione!
Da te riceviamo solo benefici; il tuo cuore di Padre po­trebbe darci altra cosa?
Il dolore che ci mandi è una grazia destinata a renderci migliori.
Suscita in noi una fiducia illimitata nella tua Provvidenza, una fiducia che accetta di non capire tutto e che crede, no­nostante tutto, alla tua suprema e immutabile bontà.
Poiché la tua Provvidenza ha sempre ragione, noi abbiamo sempre torto quando manchiamo di fiducia; degnati di dila­tare la nostra troppo povera fiducia secondo la dimensione del tuo amore così ricco!


La tua bontà è ovunque

La tua bontà è ovunque, Padre universale, sulla terra come in cielo.
La tua bontà è ovunque, in tutti gli esseri del mondo, che ci sono dati.
La tua bontà è ovunque, nel fiore che si schiude e ci ine­bria col suo profumo, nel frutto che matura e ci soddisfa col suo sapore.
La tua bontà è ovunque, nei raggi del sole, nella luce del giorno e nel mistero della notte, nella speranza della prima­vera come nella profusione dell'autunno, nell'ardore dell'e­state come nel letargo dell'inverno.
La tua bontà è ovunque, nei grandiosi paesaggi di monta­gna, nell'orizzonte pacifico delle pianure, nella guglia ardita delle cattedrali.
La tua bontà è ovunque, in tutto ciò che contribuisce al nostro benessere e in tutti gli amici che ci dai da amare.
La tua bontà è ovunque, nel lavoro col quale ci vuoi nobi­litare e nel dolore col quale vuoi elevarci.
La tua bontà è ovunque, nella buona salute che ti ignora e nella malattia che ci riconduce a te, nelle innumerevoli gioie di cui è cosparsa la nostra esistenza, nelle pesanti croci e nelle grandi felicità.
La tua bontà è ovunque, in tutti gli avvenimenti della no­stra vita e nel nostro cuore, formato a immagine del tuo!


2.-IL CRISTO

O Verbo fatto carne

Con la tua Incarnazione ti sei fatto talmente vicino a noi che non abbiamo più alcun motivo di starti lontano.
Superando l'infinito che separa Dio dall'uomo, hai voluto far cadere tutte le barriere del nostro timore. Avvicinandoti e mescolando la tua vita alla nostra, hai vo­luto prevenire i nostri paurosi ripiegamenti.
Tu non hai esitato a incarnarti nel seno di una donna, per stabilire con noi la più completa intimità.
Ti sei presentato a noi come un bambino, per attirare maggiormente su di te uno sguardo di tenerezza e di familia­rità.
Hai condotto un'esistenza umana simile alla nostra, esclu­dendo tutto ciò che poteva allontanarti da noi.
Ispiraci dunque più fiducia a venire verso te, ad avvici­narci il più possibile a te.
Rallegraci col tuo sguardo posato su di noi, poiché è uno sguardo di fraternità, di solidarietà, di comprensione. Colmaci di quella fiducia che esige la tua amicizia, una fi­ducia che giunga fino al più completo abbandono.
Facci vivere intimamente con te, perché possiamo darci a te come tu ti sei dato a noi!


Sei così buono!

Sei così buono che la tua potenza si mette a mio servizio.
Sei così buono che mi apri il tuo cuore senza riserve.
Sei così buono che non distogli mai da me il tuo sguardo.
Sei così buono che mi ami anche dopo le mie cadute.
Sei così buono che dimentichi ciò che perdoni.
Sei così buono che mi stimi malgrado le mie mancanze.
Sei così buono che il tuo soccorso mi è offerto incessante, mente.
Sei così buono che mi proteggi senza lasciarlo vedere.
Sei così buono che accogli tutte le mie confidenze.
Sei così buono che non resisti alle mie preghiere.
Sei così buono che vuoi possedere il mio cuore tutto per te.
Sei così buono che mi lasci la libertà dell'amore.
Sei così buono che chiedi tutta la mia generosità.
Sei così buono che vuoi esaudire i miei più profondi desideri.
Sei così buono che la tua gioia nulla trascura per rendermi felice.
Sei così buono che la mia fiducia è sempre inadeguata nel rispondere alla tua bontà!


Signore, che mi avvolgi nella tua bontà

Fammi scoprire, nella mia vita quotidiana, la delicatezza del tuo amore.
Aiutami a riconoscere, ogni giorno, le molteplici attenzioni della tua amicizia, i segni costanti del tuo interessamento per me!
Rivelami più chiaramente la perseveranza della tua prote­zione, la fermezza della tua vigilanza, l'universalità della tua sollecitudine, la generosità dei tuoi favori!
Fammi sentire o intuire più profondamente le manifesta­zioni della tua tenerezza, le prove della tua benevolenza.
Fortifica la mia fede, perché io creda di più'alla tua pre­senza amorosa di ogni istante, allo sguardo di simpatia che volgi su di me, alla mano affettuosa che guida tutti gli evènti della mia vita.
Rendimi felice di essere immerso in un amore così grande e sviluppa in me un delicato affetto che risponda al tuo, una sollecitudine di piacerti in tutte le cose, poiché da tutte le cose mi viene il dono del tuo cuore.


Perché mi sorridi?

Perché mi sorridi, Signore, se non perché mi ami?
Perché mi sorridi, Bambino del presepio che tendi le brac­cia al mondo, se non per offrirmi tutta la freschezza del tuo amore?
Perché mi sorridi nel tuo insegnamento di Maestro, se non perché la tua dottrina, così esigente, mi promette la felicità?
Perché mi sorridi, Signore che guarisci i malati e risusciti i morti, se non perché i tuoi miracoli vogliono seminare una gioia traboccante?
Perché mi sorridi persino nel supplizio della croce, se non perché la tua sofferenza mi dona la pace della coscienza e una vita migliore?
Perché mi sorridi umilmente nella gloria della tua risurre­zione, se non perché vuoi condividere con me il tuo trionfo?
Perché mi sorridi in ogni grazia che mi accordi, se non perché vuoi metterci la tua profonda benevolenza?
Perché mi sorridi, mentre così spesso ti ho contrariato, meritando uno sguardo severo, se non perché vuoi amarmi nonostante tutto?
Perché mi sorridi, se non per donarmi il tuo cuore e pren­dere il mio nella risposta del mio sorriso?


Signore che vinci col tuo sacrificio

La messa sia per me una fonte sempre nuova di fiducia!
La messa è il segno dell'infinita generosità del tuo amore, che si dona senza mai stancarsi: che tale generosità mi renda più sicuro della tua protezione, più convinto del tuo amore!
La messa sale verso il Padre come un'offerta perfetta, poi­ché tu offri te stesso e ci conduci con te, con tutte le nostre imperfezioni e impotenze, in questa offerta ideale: che la partecipazione alla messa mi ispiri la fiducia di poter offrire tutto al Padre, nelle tue mani!
La messa attesta la tua vittoria sul male, perché tutti i pec­cati del mondo, per quanto innumerevoli e mostruosi siano, vengono cancellati dal tuo sacrificio; dalla celebrazione euca­ristica ci viene il perdono meritato sul Calvario: che la fede in questa efficacia mi renda più ottimista, più persuaso del trionfo del bene!
La messa rende presente, con l'immolazione del Calvario, gli eventi gloriosi della Risurrezione e della Ascensione; che l'ingresso in questo mistero di gioia dilati il mio entusiasmo!


Signore generoso

Poiché nell'Eucaristia vuoi farti mio cibo, infondimi una forza che renda la mia fiducia invincibile.
Poiché nella comunione ti doni al mio essere nell'intimo più profondo per assimilarlo al tuo, con questa fusione do­nami la tua energia trascendente.
Poiché dalla sacra mensa ti porto con me, dammi il corag­gio di compiere con fervore tutti i miei doveri.
Poiché la tua venuta nel mio cuore mi conferma la gran­dezza della tua amicizia, dissipa tutti i miei timori e fammi vivere serenamente nella tua familiarità.
Poiché la comunione fa penetrare in me l'amore del tuo sacrificio per impregnarne tutta la mia esistenza, rendimi ca­pace di affrontare risolutamente tutte le prove e di trasfor­marle in offerta.
Poiché il banchetto nel quale ti doni a me, mi garantisce la tua assistenza e la tua protezione, custodiscimi nella cer­tezza di questo amore, e dilata la mia gioia di affidarti sem­pre più il mio destino.


O Cristo glorioso

Poiché sei risorto, non voglio agire come se tu fossi prigio­niero della morte, lasciandomi andare al pessimismo e allo scoraggiamento.
Come ti sei rialzato irresistibilmente dalla tomba, fammi uscire dal mio abbattimento, rianima senza posa il mio co­raggio!
A seguito della tua vittoria, ravviva la mia fiducia quando è sul punto di venir meno, e fammi ricominciare con più slancio.
Tu mi vuoi testimone della tua risurrezione; comunicami il dinamismo di questa vita nuova che supera tutti gli ostaco­li.
Soltanto mediante la forza sovrana della risurrezione, po­trò portare la croce: non posso offrire pienamente il mio sa­crificio se non vivo il trionfo della Pasqua!
Non permettere che si affermi nel mio animo una menta­lità di vinto, poiché tu sei vincitore; non lasciarmi cadere nella tristezza e nella malinconia, poiché tu mi hai meritato la gioia!
Fammi vivere da discepolo ed erede di un Maestro risor­to!


3.-LO SPIRITO SANTO

 Spirito d'amore

Facendo scendere nel nostro cuore l'amore divino, au­menti sempre più la nostra fiducia.
Insegnaci a credere più fermamente a questo amore, poi­ché non è fuori di noi, e abbiamo la gioia di possederlo.
Tu fai penetrare l'amore divino in tutta la nostra vita uma­na, in modo che tutta la nostra condotta ne riceva sicurezza e slancio.
Tu rendi l'amore dell'Onnipotente inseparabile dal nostro essere così debole e piccolo, e con ciò doni alla nostra fidu­cia una base incrollabile.
Spirito Santo, che ci fai portare continuamente l'amore al quale dobbiamo credere e fai dimorare in noi la sorgente di questo amore, il Padre e il Figlio, infondici una fiducia che nulla possa turbare o scoraggiare.
Fa' che viviamo nell'entusiasmo di questa presenza d'amo­re, di questa meraviglia intima: il possesso abituale del cuore di Dio!



La tua grazia non manca mai

Soltanto la tua grazia, Signore, mi tiene in piedi, e se ve­nisse a mancarmi, la caduta sarebbe inevitabile.
Ma la tua grazia non mi manca mai, e posso continuare la mia strada senza cadere.
La tua grazia è sempre presente, perché sei fedele, una fe­deltà senza eclissi né assenze.
Quando la lotta si fa violenta, la tua grazia mi sostiene sino alla fine e mi conduce alla vittoria.
Quando la tentazione si fa così forte da sembrare irresisti­bile, la tua grazia mi offre un baluardo che nulla può demo­lire.
Quando la sofferenza si fa così acuta da sembrare intolle­rabile, la tua grazia mi rende capace di sopportarla coraggio­samente come una croce.
Nessuna prova è al di sopra delle mie forze, perché la tua grazia, sempre sufficiente, viene in soccorso alla mia debo­lezza.
Non solo la tua grazia non manca mai, ma ce la doni con abbondanza, perché il tuo amore è infinitamente generoso. Poiché mi assicuri la tua grazia ad ogni istante, fa' che la mia fiducia non venga mai meno!


5.-LA MADONNA

Signore, ci hai dato una Madre

Signore amorevole e buono,
Per stimolare la fiducia nel tuo amore, ci hai dato una ma­dre, la tua, diventata anche nostra.
Sulla via della grazia che scende su di noi, hai voluto met­tere un volto materno, il più puro, il più bello dei volti di donna, e un cuore materno, il più perfetto dei cuori di ma­dre.
Nella bontà e nella tenerezza della Vergine Maria hai vo­luto che si esprima, in un modo più adeguato ai nostri senti­menti umani, l'ineffabile amore divino.
Nella sua sollecitudine e nella sua indulgenza verso i pec­catori, hai voluto farci percepire la Provvidenza e la miseri­cordia del Padre.
Fa' che a questo volto materno messaggero discreto e sor­ridente di una bontà superiore, risponda il nostro sguardo fi­liale.
Fa' che in Maria sentiamo maggiormente la forza e la dol­cezza del tuo amore, e che scopriamo più profondamente la tenerezza divina!
A questa madre ideale che ci avvolge col suo affetto e la sua premura, aiutaci ad aprirci volentieri, ad abbandonarci con una fiducia commossa e fedele!


Vergine a noi vicina

Tutti i racconti delle tue apparizioni non riuscirebbero a farci comprendere fino a che punto sei presente nel nostro mondo.
Non sei presente solo di tanto in tanto e in pochi luoghi; la tua presenza è assicurata ovunque a ciascuno dei tuoi figli.
Come potrebbe una madre così premurosa rima­nere lontana da coloro che le vengono affidati?
Tu ci sei ac­canto, prendi parte alla nostra vita interiore, ai nostri pensie­ri, ai nostri sentimenti.
Ci assisti nelle difficoltà più nascoste e la dolcezza del tuo conforto s'insinua nelle nostre soffe­renze più segrete.
Sei sempre presente per suggerire buone idee e azioni generose, per accogliere le nostre suppliche, proteggerci nei pericoli.
La tua è una presenza d'amore ma­terno, che ci avvolge col suo calore e ci prodiga simpatia in tutte le occasioni.
Non c'è gioia, non c'è dolore dei tuoi figli che non trovi una eco nel tuo cuore sempre aperto, e non susciti un moto di affettuosa solidarietà.
Sei presente ad ogni nostro passo, per custodire ogni recesso dell'anima nostra.
Nulla sfugge alla tua vigilanza.
Tutta la nostra vita è guidata dai tuoi interventi, dalle tue invisibili apparizioni, e quando arriveremo nell'al di là, ci stupiremo di averti già vista e in­contrata tante volte sul nostro cammino terreno, ma di non averti abbastanza riconosciuta.
Aiutaci, o Madre a noi cos? vicina, a riconoscerti più spesso, a scoprire e a venerare la presenza del tuo fedele e tenero amore!


II. Parole del Vangelo

«Il Signore è con te»
« Il Signore è con te! Va innanzi attraverso tutto!
Non lasciarti impressionare dalle difficoltà del tuo compi­to, perché il Signore è con te e conduce a buon fine la tua missione.
Non lasciarti turbare dalle tue insufficienze e dalle tue de­bolezze, perché il Signore è con te, supplisce alle tue man­chevolezze e ripara i tuoi errori.
Non lasciarti inquietare dalla tentazione, perché il Signore è con te, e ti dona la forza di resistere in pace.
Non lasciarti sconvolgere dalla prova, perché il Signore è con te, ti rende capace di tutto sopportare tutto soffrire, tutto offrire.
Non lasciarti sconcertare dall'insuccesso, perché il Signore è con te, e farà riuscire per altre vie i tuoi sforzi falliti.
Non lasciarti distogliere da un'audace impresa apostolica, perché il Signore è con te, e raddoppierà la tua audacia con la sua.
Non lasciarti abbattere dalla stanchezza del cammino, per­ché il Signore è con te e vuole sostenerti fino alla fine!
Non lasciarti spaventare dalla morte, perché il Signore è con te, e ti farà passare in un mondo più felice! »


«Sono io. Non temete»
«Il Dio di maestà, colui che ha ogni potere su di voi, sono io. Non temete!
Il Signore del cielo e della terra, è questo Gesù che vi parla come un amico, sono io. Non temete!
La guida che vi traccia la via e vi conduce attraverso sen­tieri a volte tortuosi e scoscesi, sono io. Non temete!
Il confidente che a sera accoglie la vostra stanchezza con tutto il peso delle mancanze della giornata, sono io. Non te­mete!
Il Giudice che riceve la vostra domanda di perdono e vi apre le braccia della misericordia, sono io. Non temete! Quando avete la gioia e temete di perderla, sono io.
Non temete!
Quando arriva la sofferenza e il dolore si presenta improv­viso, sono io.
Non temete!
Quando vorreste amarmi e sentite nel vostro cuore un vuoto desolante, sono io.
Non temete!
Quando desiderate pregare e trovate solo un'assenza, sono io.
Non temete!
Quando nell'ora della morte qualcuno vi chiamerà e vi ac­coglierà in un altro mondo, sono io. Non temete!»


«Abbiate fiducia. Io ho vinto il mondo! »
«Abbiate fiducia, anche quando siete deboli e impotenti, perché mediante la debolezza della croce, io ho vinto il mondo e ottenuto ogni potere.
Abbiate fiducia, anche se vi sentite materialmente sprovve­duti, diseredati, inferiori, perché è moralmente e spiritual­mente che ho vinto il mondo.
Abbiate fiducia, anche quando le prove si moltiplicano, perché attraverso la sofferenza ho vinto d mondo e portato la gioia all'umanità.
Abbiate fiducia, anche quando la mia Chiesa è terribil­mente perseguitata, perché proprio con la mia condanna a morte ho vinto il mondo e trionfato sui miei avversari.
Abbiate fiducia, anche se constatate che taluni miei fedeli mi abbandonano, perché con la mia solitudine ho vinto il mondo e attiro a me tutti gli uomini.
Abbiate fiducia, anche quando il mio regno sembra subire rovesci e siete testimoni di sconfitte, perché con il fallimento del Calvario ho vinto il mondo, e riportato una vittoria nel­l'al di là.
Abbiate fiducia, anche quando vedete trionfare l'ingiusti­zia, perché attraverso un processo ingiusto ho vinto il mondo e ristabilito la giustizia.
Abbiate fiducia, nonostante tutto, perché la mia vittoria è definitiva! »


«Uomo di poca fede, perché hai dubitato?»
«Io ti dò la forza di camminare sulle acque; ti presto la mia stessa potenza, ti sostengo soprannaturalmente.
Ti accordo il potere di sfidare e attraversare illeso tutte le tempeste; ti basta venire incontro a me.
Non ti chiedo altro che la fede: fidati e appoggiati a me.
Perché hai dubitato, perché hai lasciato vacillare la tua fede?
Da questo momento hai cominciato ad affondare nel mare.
Perché ti sei lasciato spaventare dalla violenza del vento e dall'impeto delle onde, quando un gesto della mia mano ba­sta a calmare tutto?
Perché, piuttosto, non hai fissato il tuo sguardo su di me, sulla tranquilla sicurezza con la quale domino i flutti?
Perché ti sei lasciato prendere dal panico constatando la tua debolezza, quando sai che la mia onnipotenza è a tua di­sposizione?
Perchè non hai perseverato nello slancio della tua audacia, e non hai creduto sino alla fine alla mia parola?
Non essere più un uomo di poca fede: ti farò varcare ben altri abissi.
Non dubitare mai più: ti farò trionfare su tutte le burra­sche e tenendoti per mano ti condurrò alla meta».


«Tutto è possibile a chi crede»
«Voi dite che tutto mi è possibile, perché sono Dio e posso fare tutto, come disfare.
lo vi rispondo: tutto è possibile a chi crede. Perché metto la mia potenza divina a disposizione degli uomini, a condi­zione che si aprano ad essa mediante la fede.
La vostra scarsa fede mi rende difficile concedervi tutti i doni che vorrei accordarvi.
La vostra mancanza di fiducia mi paralizza, m'impedisce di arricchirvi secondo il mio desiderio.
Quando la mia generosità incontra un'anima di fede ar­dente, essa può operare tutto, compiere miracoli.
Tutto è possibile a chi crede. Non metto limiti a questa possibilità; sforzatevi dunque a non mettere limiti alla vostra fede.
Tutto è possibile, anche quello che vi sembra impossibile, perché questa possibilità non è a misura d'uomo, ma a mi­sura di Dio.
Tutto è possibile: credetelo, perché l'incredibile possa operarsi in voi».


«La tua fede ti ha salvato! »
«Mi hai dimostrato la tua fiducia e io ti ho dimostrato che essa è sempre esaudita.
L'esaudisco anche con sovrabbondanza, perché a chi mi chiede la salute del corpo dono ancor più la salvezza dell'a­nima.
Da solo saresti incapace di guarirti e di salvarti; non riu­sciresti a curare le tue piaghe, ancora meno a procurarti una vita nuova.
Ma la tua fiducia in me ti libera dalla tua impotenza, e ri­cevi gratuitamente ciò che non avresti potuto acquistare a prezzo di molti sforzi: la guarigione, il perdono delle tue col­pe, un rinnovamento totale del tuo essere.
Rídonami incessantemente la tua fede e io ti ridarò la sal­vezza senza stancarmi: credi sempre di più per essere salvato sempre più.
Sembra facile credere, e tuttavia la fede nasconde un grande merito, perché esige un dono profondo dell'anima, un abbandono nell'oscurità, un rischio a gettarsi nell'invisibi­le.
Abbandonati al mio mistero, gettati nell'incognita del mio . amore, e sarai trasformato nella mia vita divina!»


« Sia fatto secondo la tua fede! »
« Nelle tue preghiere puoi chiedermi tutto ciò che deside­ri, ma fallo con fede!
Non ascolto soltanto la tua domanda; leggo nel tuo cuore la fiducia, da cui è animata, e secondo la misura di questa fi­ducia, soddisfo le tue aspirazioni.
Voglio che, per la tua fede, meriti di ricevere quello che ardentemente desidero donarti.
Basta che tu creda alla mia potenza ed essa agirà in tuo favore.
Basta che tu creda al mio amore, e questo amore si river­serà su di te.
Più credi fermamente, più sei sicuro di vedere adempiuto ciò che desideri.
Più credi arditamente, più ottieni le meraviglie che hai osato sperare.
Non lasciarti sconcertare da un apparente rifiuto; non per­dere la fiducia quando voglio metterla alla prova.
Persevera ostinatamente nella tua fede e non sarai mai de­luso.
La mia bontà, pronta a dare tutto, ti ripete: sia fatto se, condo la tua fede!»


III. Atteggiamenti di fiducia

Signore infinitamente buono

Suscita in me l'immensa fiducia che merita il tuo immenso amore,
una fiducia piena di fede, ardente nel credere alla tua as­soluta benevolenza,
una fiducia animata da una viva speranza, sicura di otte­nere ciò che hai promesso e già mi doni,
una fiducia audace, che non teme di chiederti i più grandi favori,
una fiducia serena, tranquillamente appoggiata sulla tua protezione di ogni istante,
una fiducia incrollabile, ancorata nella convinzione che non cessi di amarmi e di sostenermi,
una fiducia entusiastica, piena di ammirazione per l'ab­bondanza dei tuoi benefici e la bellezza del mio destino, una fiducia perseverante, che non si lascia scuotere da dubbi e si fortifica nella prova,
una fiducia generosa, disposta a donarsi interamente nell' abbandono al tuo,amore,
una fiducia completa, nella gioia di sapermi guidato dalla tua bontà!


Credo, Signore, ma aiuta la mia poca fede!»

Signore che esigi una fede totale

Credo, ma la mia fede è ancora troppo debole, troppo in­certa nelle sue convinzioni.
Credo, ma sostieni una fede che troppo spesso si lascia scuotere dal dubbio.
Credo, ma la mia fede rimane timida, scoraggiata davanti alle difficoltà.
Vieni in aiuto alla mia fede, perché si rafforzi e si conso­lidi nelle circostanze critiche.
Credo in teoria, ma trascuro di vivere questa fede, di met­terla in pratica.
Aiuta la mia fede a tradursi in comportamenti sinceri e profondi, in gesti concreti, in autentica testimonianza.
Credo, ma la mia fede non è sufficientemente una fede nel tuo amore.
Conduci la mia fede all'intimità con te, alla fiducia nel tuo amore.
Credo, ma la mia fede non ha ancora afferrato il fondo della mia anima per potertelo offrire.
Sprona la mia fede a impadronirsi del mio spirito e del mio cuore per portarli verso di te.
Speranza


Io spero in te!

Spero in te, Signore, con la certezza che la mia speranza non può essere delusa.
Spero in te, perché la tua potenza non conosce limiti e su­pera tutto ciò che posso immaginare.
Spero in te, perché il tuo amore mi avvolge da ogni parte, e domina il passato, il presente, l'avvenire.
Spero in te, perché hai promesso di darmi tutto, e la tua fedeltà mantiene ogni promessa.
Spero in te, perché hai cominciato a realizzare in me que­ste promesse, e posseggo già ciò che spero.
Spero in te, perché venendo ad abitare in me, mi hai dato tutte le tue ricchezze.
Spero in te,.non soltanto per me stesso ma per tutta l'u­manità, alla quale offri la felicità suprema di possederti. Spero in te per la tua Chiesa, nella convinzione che pro­gredirà nel corso dei secoli fino al compimento della sua missione nel mondo.
Spero in te per tutti gli uomini, chiamati a condividere la tua vita, il tuo amore, la tua gioia divina.
Rendi la mia speranza più ferma, più profonda, più desi­derosa di perfezionare lassù l'intima unione cominciata quag­giù!


Ottimismo

Padre sapiente e buono

Poiché hai organizzato tutto e disponi tutto per il nostro bene e la nostra felicità, rendici profondamente ottimisti. Non permettere che dubitiamo della sapienza con la quale governi il mondo, né della bontà con cui guidi la nostra vita. Imprimi nella nostra mente una visione ottimistica dell'u­niverso, nella prospettiva di uno stadio finale in cui tu stesso, Dio, sarai tutto in tutte le cose.
Metti innanzi ai nostri occhi la splendida vocazione dell'u­manità, chiamata ad essere la comunità d'amore, nella quale i tuoi figli sono uniti nel Cristo.
Volgi il nostro sguardo al di là dello spettacolo del male; fa' che comprendiamo la potenza superiore della grazia, il rinnovamento che essa opera in un mondo peccatore.
Fa' che crediamo alla vittoria del Salvatore, all'efficàcia del suo sacrificio che ha conquistato per tutti gli uomini la forza di liberarsi dalle loro passioni e di agire per amore.
Fa' che crediamo all'avanzata conquistatrice della Chiesa che progressivamente si estende nell'universo e raggiunge sempre più le diverse nazioni, fino al giorno in cui le avrà convertite tutte al Vangelo!


Coraggio

Dio onnipotente

Donaci il vero coraggio, che non è vanagloria o ricerca di stima, ma saldezza di una fiducia riposta pienamente in te. Donaci un coraggio intrepido, che non indietreggi di fronte ad alcun ostacolo quando si tratta di fare il bene, di seguire la tua volontà, di piacerti.
Donaci un coraggio silenzioso, che eviti ogni vanteria e preferisca tenere nascosto quanto gli concedi di compiere. Donaci un coraggio instancabile, che non si lasci abbattere da alcuna prova, logorare da alcuna fatica, disarmare da al­cuna delusione.
Donaci un coraggio generoso, che vada senza esitare fino all'eroismo, perché aspetta da te tutta la sua forza.
Donaci un coraggio fedele, che non ceda al rilassamento e perseveri tranquillamente sulla retta via.
Donaci un coraggio sempre deciso a riacquistare la padro­nanza di sé dopo un momento di debolezza o di smarrimen­to, pronto a riprendere il cammino.
Donaci un coraggio pieno di slancio, capace di elevarsi in­cessantemente verso di te.


Audacia

Vergine dalla fiducia audace

Al momento dell'Annunciazione, tu non hai esitato a cre­dere all'impossibile, ad una maternità verginale.
Alle nozze di Cana, hai osato chiedere a Gesù il suo primo miracolo, facendogli anticipare l'ora della sua rivelazione. Sul Calvario non hai perso la speranza, e, contemplando il tuo Figlio morto, sei stata tanto audace da credere nella sua risurrezione.
Questa fiducia assoluta, sempre ricompensata dai fatti, è piaciuta particolarmente al Signore come un omaggio del tuo cuore alla sua bontà.
Conduci anche noi sulla via di un'audacia che spinga all'e­stremo la nostra fiducia; ispiraci la convinzione che tale au­dacia è gradita a Dio.
Mostraci come solo quest'audacia può rispondere alla im­mensità dell'amore divino, così audace nei suoi disegni. Insegnaci a chiedere tutto, ad avere il coraggio di credere che il Signore è disposto a compiere cose mirabili per noi. Che la nostra audace fiducia possa rendere onore, come la tua, a una bontà senza limiti.


Entusiasmo

Signore così potente nell'attirarci a te

Suscita in noi l'entusiasmo del tuo amore, perché la nostra fiducia ti rende giustizia solo quando diventa entusiastica.
Illumina questo entusiasmo facendoci scoprire le meravi­glie della tua bontà per il mondo e per noi.
Rendi più profondo questo entusiasmo, radicandolo non soltanto nel nostro sentimento ma nella nostra volontà.
Eleva questo entusiasmo al di sopra delle variazioni del nostro umore, a un livello soprannaturale dal quale domini le impressioni passeggere.
Sostieni questo entusiasmo nelle ore difficili, nella oscurità delle prove, nella stanchezza della lotta.
Fa' sopravvivere questo entusiasmo a tutte le delusioni; senza un appoggio terreno gli rimane il tuo incrollabile so­stegno.
Stimola questo entusiasmo col desiderio di fare cose grandi per te.
Rendi fecondo questo entusiasmo, suscitando generosità e zelo apostolico.


Perseveranza

Spirito Santo, costante nel tuo amore

Tu conosci la mia incostanza, la mia tendenza a lasciarmi scoraggiare dagli ostacoli o dalle sconfitte.
Rendimi perseverante, in una fedeltà soprannaturale che domini ogni instabilità.
Che questa perseveranza sia il frutto di una fiducia totale nella bontà del Salvatore!
Che possa corrispondere all'instancabile perseveranza del Padre, che vuole rendermi felice!
Che lungi dall'essere un attaccamento ostinato alle mie idee e ai miei desideri, la mia perseveranza sia un'ostinazione nello sperare tutto da Cristo!
Sostieni la mia perseveranza quando gli eventi sembrano opporsi si miei progetti, come hai sostenuto la speranza di Maria a Cana, la sua insistenza nel chiedere il miracolo an­che dopo la risposta poco favorevole di Gesù.
Ispirami una perseveranza che si appoggi interamente sul tuo aiuto di ogni istante, per portare a termine i compiti e le iniziative che ispiri.
Rendimi perseverante nella preghiera, nell'attività apostoli­ca, negli sforzi per la carità, nelle lotte interiori.
Poiché mi offri un amore instancabile, sostieni sino alla fine la mia perseveranza!


Generosità

Signore che mi chiami col tuo amore

La mia mancanza di fede paralizza troppo spesso la mia generosità: esito ad amarti, perché non credo abbastanza al tuo amore.
Con una maggiore fiducia nella bontà che guida la mia esi­stenza, fa' che possa donarmi senza timore, piegarmi di fronte a tutte le tue esigenze, aprirmi a tutte le tue ispirazio­ni!
Ammirando la forza e la seduzione del tuo amore, che non faccia più attenzione né alla mia debolezza né alle seduzioni terrene!
Ponendomi volentieri di fronte all'immensità del tuo amo­re, voglio perdermi in esso, abbandonarmi, essere felice di dimenticare me stesso per pensare soltanto a te!
Considerando la fedeltà del tuo amore, voglio appog­giarmi e perseverare in esso con la sola garanzia di sapere che non cesserai mai di amarmi, di guidarmi, di sostenermi!
Aumenta sempre più la mia fiducia, perché cadano tutte le riserve, tutte le restrizioni nel dono di me stesso!


Pace

Signore che doni la pace

Con la fiducia nel tuo amore, stabilisci la mia anima nella pace.
Poiché mi ami e il tuo amore è più forte di qualsiasi cosa al mondo, non devo cedere ad alcuna paura, non devo te­mere alcun evento.
Poiché mi ami e perdoni volentieri tutte le colpe di cui mi pento,, non posso acconsentire a nessuna inquietudine ri­guardo al passato, perché tu hai riparato tutto, hai rimesso tutto in ordine.
Poiché mi ami e vedi la mia buona volontà come le mie debolezze, ti offro tranquillamente quello che posso, mo­mento per momento, sapendo che supplisci alla mia impo­tenza.
Poiché mi ami e mi assisti nel mio lavoro, voglio compiere il mio dovere con serenità, senza lasciarmi turbare da eventi imprevisti che domini col tuo sguardo.
Poiché mi ami e mi proteggi da ogni pericolo, mi basta andare tranquillamente incontro alle incognite del mio avve­nire, che tu conosci bene.
Poiché mi ami e desideri vedermi soddisfatto nel tuo amo­re, dissipa i miei turbamenti e i miei timori, e custodiscimi accanto a te in una pacifica intimità.
Poiché mi ami, non permettere che io abbia paura di te: la pace del mio cuore risponda sempre al sorriso del tuo amore!


IV. Occasioni particolari di fiducia

Nella preghiera di domanda

Signore sempre pronto a donare!

Quando ti rivolgo una preghiera di domanda, riempi la mia supplica di una immensa fiducia!
Poiché hai promesso di aprire la porta a chi bussa, fammi credere a questa promessa, e inculcami la convinzione che ogni preghiera viene esaudita.
Conserva in me questa convinzione, anche quando sembra che tu non ascolti la mia preghiera; poiché tu non esaudisci le domande secondo le mie vedute umane, ma secondo il tuo piano divino, e quando, per l'amore che porti a me o ad al­tri, non puoi darmi ciò che vorrei, mi concedi qualcosa di meglio, più conforme alle mie aspirazioni più profonde.
.Che tutte le mie domande salgano a te con una fede vi­brante e piena, nella certezza che non puoi resistere all'as­salto della nostra fiducia, perché il tuo amore ci apre total­mente il tuo cuore.
Rendi la nostra fiducia sempre più ardente, sempre più perseverante, perché le nostre domande possano meritare più favori!


Nell'orazione

Signore misteriosamente presente

Quando nell'orazione non trovo che la tua assenza, nel vuoto di me stesso, fa' della mia preghiera un grande atto di fede e di fiducia.
Vorrei cogliere la tua presenza, sentire il calore della tua intimità, lasciarmi infiammare dall'ardore del tuo amore; quando tutto questo mi sembra rifiutato, fammi credere più intensamente alla tua presenza inafferrabile, alla tua intimità misteriosa, al tuo amore trascendente.
Vorrei esprimerti la mia devozione, l'affetto con cui desi­dero aderire a te con tutto il cuore; quando non vi riesco, fammi comprendere che l'intenzione ti basta, e che completi tu stesso quello che io non riesco ad esprimerti.
Che l'aridità della mia orazione, privandomi di tutti gli ap­poggi che trovo nelle mie parole o nei miei sentimenti, mi porti a porre la mia fiducia unicamente in te, al di là di ogni parola e di ogni sentimento!
Nel buio della mia preghiera, insegnami ad abbandonarmi a te, con una fede più pura, più spoglia, affidando la mia mi­seria e la mia incapacità alla tua azione onnipotente!

Nella tentazione

Poiché mi sei vicino, Signore!

Poiché mi sei vicino, sono capace di resistere a un avversa­rio molto più forte di me!
Poiché mi sei vicino, sapienza infinita, sono in grado di smascherare le insidie con le quali Satana vorrebbe trasci­narmi al male.
Poiché mi sei vicino, verità luminosa, posso sfatare tutte le menzogne delle promesse diaboliche, l'illusoria felicità che mi propongono.
Poiché mi sei vicino, potenza invincibile, ho la forza di dominare la violenza delle passioni, che il tentatore vorrebbe scatenare.
Poiché mi sei vicino, alleato invincibile, posso stare tran­quillo, mentre sperimento la mia debolezza, perché non sono solo.
Poiché mi sei vicino, protezione inattaccabile, so che nulla può togliermi la mia libertà, e che tutti gli assalti del demo­nio rimarranno impotenti se io non cedo volontariamente.
Poiché mi sei vicino, amore seducente, voglio lasciarmi dominare sempre più da te, per essere meno accessibile alle sollecitazioni ingannevoli del tuo nemico.
Poiché mi sei vicino, bontà incoraggiante, conto sul tuo aiuto per riportare la vittoria, e in mezzo alle tentazioni vo­glio rimanere nella fiducia e nella pace.


Dopo il peccato

Signore di una bontà senza limiti

Dopo averti offeso, preservami da un'altra offesa ancora più grave, lo scoraggiamento che dispera del tuo amore.
Dopo il peccato, fammi tornare a te, con una fiducia più grande nella tua bontà che perdona.
Fammi credere al perdono che mi viene accordato appena lo chiedo, e cancella integralmente la mia colpa.
Fammi riprendere subito la via di una maggiore generosi­tà, facendomi sentire il tuo richiamo a un amore più perfet­to.
Più ho sperimentato la mia debolezza, più m'inviti a porre in te tutta la mia fiducia, a cercare in te tutto l'appoggio di cui ho bisogno.
Pur ispirandomi un sincero pentimento per le mie offese, mostrami come possono essere occasione di progresso spiri­tuale, e rendimi lieto dell'umiliazione che mi permette di ab­bandonarmi più profondamente alla tua bontà, di implorare più insistentemente il tuo soccorso.
Dopo averti offeso con il peccato, ispirami di rallegrarti con una fiducia più viva!

Nella prova

Tu sei il mio rifugio, Signore!

Quando suona l'ora della sofferenza, volgi ancora più la mia fiducia verso la tua bontà: tu sei il mio rifugio.
Quando ho l'impressione di essere sommerso dalla vio­lenza della prova, m'impedisci di perdermi d'animo, perché sei il mio rifugio, un rifugio che mi offre la pace in mezzo alla tempesta.
Quando tutto si fa buio intorno a me e l'orizzonte mi ap­pare nero, tu sei il mio rifugio, un rifugio di chiarezza, in cui i miei occhi, attraverso le tenebre, possono scorgere la luce che illumina tutte le cose.
Quando mi sento solo e senza appoggio nelle difficoltà, tu sei il mio rifugio, un rifugio in cui trovo una compagnia con­fortevole, un sostegno più solido.
Quando la croce mi sembra troppo pesante per le mie spalle, impossibile da portare, tu sei il mio rifugio, un rifugio che non può mancarmi, dal quale ricevo la più calda simpa­tia, la più delicata comprensione.
Nessuna prova può togliermi la gioia di averti come rifu­gio!

Nel lavoro

Signore così potente nel tuo aiuto

A te chiedo la forza per compiere il mio lavoro e da te aspetto i risultati dei miei sforzi: tutta la mia fiducia è posta in te.
In questo lavoro, tu vuoi che utilizzi i talenti che mi hai dati, e impieghi tutti gli accorgimenti messi a mia disposizio­ne.
Tuttavia tu conosci anche i difetti miei, le mie negligenze e sai che posso cadere in errore. Perciò ti supplico di guidare il mio lavoro con le tue mani più esperte delle mie, con la tua intelligenza più lucida e più vasta.
Conto sulla tua assi­stenza invisibile per condurre a buon fine il mio compito.
Ispirami la via più rapida e più efficace, sostieni il mio co­raggio nelle difficoltà e, nei miei problemi, orientami verso la soluzione migliore.
Pongo soprattutto in te la mia speranza, perché tu animi il mio lavoro di spirito soprannaturale; insegnami a farne un'offerta obbediente e di amore al Padre celeste, e un servi­zio al prossimo e all'umanità.

Nell'apostolato

Tu solo, Signore!

Tu solo, Signore, puoi rendere feconda la mia attività apo­stolica, tu solo puoi toccare le anime e trasformarle. Affidandomi una missione, tu sapevi che ero incapace di condurla a buon fine da solo, ma mi hai dato la forza dello Spirito Santo, che mi rende capace di tutto.
Sei dunque tu solo, Signore, che parlerai e agirai quando io parlerò e agirò; in te solo pongo tutta la mia fiducia. Tu mi,hai scelto come tuo collaboratore, e mi chiedi di consacrare all'apostolato tutte le mie capacità umane, tutte le forze di cui dispongo; voglio farlo, dedicarmi a fondo a que­st'opera, ma sperando da te solo i frutti dei miei sforzi, per­ché tu solo condurrai a termine le opere che m'ispiri.
Tu solo, Signore, puoi adattare ad ogni anima quello che faccio e dico; tu solo puoi riparare i miei sbagli, ed ho la cer­tezza che lo farai.
Se non fossi tu solo a dirigere il-mio apostolato, avrei tutto da temere; ma poiché è opera tua, e tu solo sei perfetto, la mia fiducia è totale!



NON SCENDO DALLA CROCE Di Fulton j Sheen,vescovo

Ero uscito di casa per saziarmi di sole.Trovai un uomo che

si dibatteva nel dolore della crocifissione.Mi fermai

e gli dissi:"Permetti che ti aiuti"?Lui rispose:

Lasciami dove sono.

Non scendo dalla croce fino a quando sopra vi

spasimano i miei fratelli.

fino a quando per staccarmi

non si uniranno tutti gli uomini.

Gli dissi"Che vuoi che io faccia?"

Mi rispose:

Và per il mondo e di a coloro

che incontrerai che c è un uomo

che aspetta inchiodato alla croce.