sabato 21 dicembre 2013

Maria, donna gestante



“Rimase con lei circa tre mesi. Poi tornò a casa sua”.
Il Vangelo stavolta non dice se vi tornò “in fretta”, come fu per il viaggio di andata. Ma c’è da supporlo.
Da Nazaret era quasi scappata di corsa, senza salutare nessuno. Quell’incredibile chiamata di Dio l’aveva
sconvolta. Era come se, improvvisamente, all’interno della sua casetta si fosse spalancato un cratere e lei
vi camminasse sul ciglio in preda alle vertigini. E allora, per non precipitare nell’abisso, si era aggrappata
alla montagna.
Ma ora bisognava tornare. Quei tre mesi di altura le erano bastati per placare i tumulti interiori. Vicino a
Elisabetta aveva portato a compimento il noviziato di una gestazione di cui cominciava lentamente a
dipanare il segreto. Ora bisognava scendere in pianura e affrontare i problemi terra terra a cui va incontro
ogni donna in attesa. Con qualche complicazione in più. Come dirglielo a Giuseppe? E alle compagne con
cui aveva condiviso fino a poco tempo prima i suoi sogni di ragazza innamorata, come avrebbe spiegato il
mistero che le era scoppiato nel grembo? Che avrebbero detto in paese?
Sì, anche a Nazaret voleva giungere in fretta. Perciò accelerava l’andatura, quasi danzando sui sassi.
Oltretutto, su quei sentieri di campagna, vi si sentiva sospinta come dal vento, di cui, però, le foglie degli
ulivi e i pampini delle viti non lasciavano percepire la brezza, nell’immota calura dell’estate di Palestina.
Per placare il batticuore, che pure tre mesi prima non aveva provato in salita, si sedette sull’erba.
Solo allora si accorse che il ventre le si era curvato come una vela. E capì per la prima volta che quella
vela non si issava sul suo fragile scafo di donna, ma sulla grande nave del mondo per condurla verso
spiagge lontane. Non fece in tempo a rientrare in casa, che Giuseppe, senza chiederle neppure che
rendesse più esaurienti le spiegazioni fornitegli dall’Angelo, se la portò subito con sé. Ed era contento di
starle vicino. Ne spiava i bisogni. Ne capiva le ansie. Ne interpretava le improvvise stanchezze. Ne
assecondava i preparativi per un Natale che ormai doveva tardare.
Una notte, lei gli disse: “Senti, Giuseppe, si muove”.
Lui, allora, le posò sul grembo la mano, leggera come battito di palpebra, e rabbrividì di felicità.
Maria non fu estranea alle tribolazioni a cui è assoggettata ogni comune gestante. Anzi, era come se si
concentrassero in lei le speranze, sì, ma anche le paure di tutte le donne in attesa. Che ne sarà di questo
frutto, non ancora maturo, che mi porto nel seno? Gli vorrà bene la gente? Sarà contento di esistere? E
quanto peserà su di me il versetto della Genesi: “Partorirai i figli nel dolore”?
Cento domande senza risposta. Cento presagi di luce. Ma anche cento inquietudini. Che si intrecciavano
attorno a lei quando le parenti, la sera, restavano a farle compagnia fino a tardi. Lei ascoltava senza
turbarsi. E sorrideva ogni volta che qualcuna mormorava: “Scommetto che sarà femmina”.

Santa Maria, donna gestante, creatura dolcissima che nel tuo corpo di vergine hai offerto all’Eterno la
pista d’atterraggio nel tempo, scrigno di tenerezza entro cui è venuto a rinchiudersi Colui che i cieli non
riescono a contenere, noi non potremo mai sapere con quali parole gli rispondevi, mentre te lo sentivi
balzare sotto il cuore, quasi volesse intrecciare anzi tempo colloqui d’amore con Te.
Forse in quei momenti ti sarai posta la domanda se fossi Tu a donargli i battiti, o fosse Lui a prestarti i
suoi.
Vigilie trepide di sogni, le tue. Mentre al telaio, risonante di spole, gli preparavi con mani veloci
pannolini di lana, gli tessevi lentamente, nel silenzio del grembo, una tunica di carne. Chi sa quante volte
avrai avuto il presentimento che quella tunica, un giorno, gliel’avrebbero lacerata. Ti sfiorava allora un
fremito di mestizia, ma poi riprendevi a sorridere pensando che tra non molto le donne di Nazaret,
venendoti a trovare dopo il parto, avrebbero detto: “Rassomiglia tutto a sua madre”. Santa Maria, donna
gestante, fontana attraverso cui, dalle falde dei colli eterni, è giunta fino a noi l’acqua della vita, aiutaci ad
accogliere come dono ogni creatura che si affaccia a questo mondo. Non c’è ragione che giustifichi il
rifiuto. Non c’è violenza che legittimi violenza. Non c’è programma che non possa saltare di fronte al
miracolo di una vita che germoglia.
Mettiti, ti preghiamo, accanto a Marilena, che, a quarant’anni, si dispera perché non sa accettare una
maternità indesiderata. Sostieni Rosaria, che non sa come affrontare la gente, dopo che lui se n’è andato,
lasciandola col suo destino di ragazza madre. Suggerisci parole di perdono a Lucia, che, dopo quel gesto
folle, non sa darsi pace e intride ogni notte il cuscino con lacrime di pentimento.

dal web

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NON SCENDO DALLA CROCE Di Fulton j Sheen,vescovo

Ero uscito di casa per saziarmi di sole.Trovai un uomo che

si dibatteva nel dolore della crocifissione.Mi fermai

e gli dissi:"Permetti che ti aiuti"?Lui rispose:

Lasciami dove sono.

Non scendo dalla croce fino a quando sopra vi

spasimano i miei fratelli.

fino a quando per staccarmi

non si uniranno tutti gli uomini.

Gli dissi"Che vuoi che io faccia?"

Mi rispose:

Và per il mondo e di a coloro

che incontrerai che c è un uomo

che aspetta inchiodato alla croce.