martedì 25 gennaio 2011

L'Incenso


"Costruirai un altare per bruciarvi sopra l'incenso", ha ordinato il Signore a Mosé, nella stessa occasione in cui gli ha consegnato le Tavole della Legge. Lo stesso Dio ha indicato come doveva essere fatta questa mistura di essenze odorifere.
Chi non si rallegra nel vede­re, nelle solennità liturgi­che, innalzarsi dagli incen­sieri quelle onde che im­pregnano di soave profu­mo tutto il recinto sacro? Perfet­ta immagine della preghiera che sale come oblazione di gradevo­le odore fino al trono di Dio, nel­le Sacre Scritture incenso e pre­ghiera sono presentati come ter­mini reversibili uno nell'altro: "Come incenso salga a te la mia preghiera" (51141, 2). Sulla stessa linea, si legge nel libro dell'Apocalisse: "Poi venne un altro angelo e si fermò all'altare, reggendo un incensiere doro. Gli furono dati molti profumi perché li offrisse insie­me con le preghiere di tutti i san­ti bruciandoli sull'altare d'oro, posto davanti al trono di Dio" (Ap. 8, 3-4). 

Una storia di più di tremila anni

L’utilizzazione di questa es­senza nel culto divino provie­ne da una prescrizione fat­ta dal Signore a Mosé, nella stessa occasione in cui Que­sti gli consegnò, sul Monte Si­nai, le tavole della Legge. Lo stesso Dio gli indicò come do­veva essere fatto: "Procurati balsami: storace, onice, galbano come balsami e incenso puro: il tutto in parti uguali. Farai con essi un profumo da bruciare, una composizione aromatica secondo l'arte del profumiere, salata, pura e san­ta. Ne pesterai un poco riducendola in polvere minuta e ne metterai davanti al­la Testimonianza, nella tenda del conve­gno, dove io ti darò convegno. Cosa san­tissima sarà da voi ritenuta. (Es 30,34-36).
Dio non lascia il minimo dubbio che questa essenza odorifera dovrebbe essere usa­ta esclusivamente per lo splen­dore del culto divino: "Chi ne farà di simile per sentirne il pro­fumo sarà eliminato dal suo po­polo" (Es 30, 38).
Così, obbedendo a ciò che Dio ha determinato a Mosé, il         popolo eletto ha bruciato per vari secoli, di mattina e di sera, in omaggio al Signore un in­censo dalla soave fragranza.
Nel Nuovo Testamento, esso compare già nei primi giorni del Bambino Gesù. Entrando i Re Magi nella casa dove Egli stava con sua Madre, si sono prostra­ti e Lo hanno adorato, in segui­to hanno aperto i loro tesori e gli hanno offerto oro, incenso e mir­ra. "L’incenso era per Dio, la mir­ra per l'Uomo e l'oro per il Re", dice San Leone Magno (Sermo­ne n. 31). Pertanto, dei tre doni offerti quello di maggior valore simbolico era l'incenso. 

Al servizio dello splendore della Liturgia

Per il fatto che i popoli pagani ave­vano l'abitudine di bruciare ogni tipo di profumi nei loro culti idolatrici, per cautela la Chiesa ha impiegato un cer­to tempo ad ammettere il suo utilizzo nelle cerimonie liturgiche.
Non appena, tuttavia, la Liturgia ha cominciato a svilupparsi, esso ha fatto la sua comparsa. Così, nelle pri­me decadi del quarto secolo, l'Impe­ratore Costantino ha offerto alla Ba­silica del Laterano due incensieri, tutti in oro puro, che probabilmen­te permanevano fissi nei loro posti ed erano usati per profumare il luo­go santo.
Il Papa Sergio 1 (687-701) ha fat­to appendere nella chiesa un grande incensiere d'oro affinché, "durante le Messe solenni, l'incenso e l'odore di soa­vità si elevassero più abbondantemente a Dio Onnipotente".
Apparve poi il turibolo, ma, all'ini­zio, la sua utilizzazione consisteva so­lo nell'essere portato dal suddiacono di fronte al corteo liturgico, profuman­do il percorso del celebrante all'entra­ta e all'uscita della Messa, e nella pro­cessione del Vangelo.
Col passare del tempo, con il perfe­zionamento delle celebrazioni, si è isti­tuito l'incensamento nel momento del Vangelo, poi nell'Offertorio e, infine, nel sec. XIII, nell'elevazione dell'ostia e del calice.
Attualmente l'incensamento duran­te la Messa è facoltativo, potendo es­sere fatto durante la processione del­l'entrata, all'inizio della Celebrazio­ne, nella proclamazione del Vangelo, nell'Offertorio, e nella elevazione del­l'ostia e del calice dopo la Consacra­zione (cf. IGrMR, 235). 

Effetti e finalità

Il celebrante mette l'incenso nel tu­ribolo e lo benedice con il segno della croce. Questa benedizione lo rende sa­cramentale, cioè, un "segno sacro" me­diante il quale, imitando in certo mo­do i sacramenti, "sono significati princi­palmente effetti spirituali che si ottengo­no con supplica della Chiesa" (CIC n° 1166).
Uno di questi effetti può essere ve­rificato nel motivo dell'incensamento dell'altare e delle offerte, nella Mes­sa. Si incensa l'altare per purificarlo da qualsiasi azione diabolica, e le offerte per renderle degne di essere utilizzate nel Mistero Eucaristico.
L’incenso è primordialmente un at­to di omaggio a Dio, a Nostro Signore Gesù Cristo, come pure agli uomini e agli oggetti consacrati al culto divino.
Secondo San Tommaso d'Aqui­no, l'incensamento ha due finalità. La prima è fomentare il rispetto al sacra­mento dell'Eucaristia, visto che es­sa serve per eliminare, con un profu­mo gradevole, i cattivi odori che po­trebbero esserci nel luogo. La secon­da, rappresentare la grazia, dalla qua­le, come un buon aroma, Cristo era pieno.
Infine, il carbone acceso nel turibo­lo ed il profumo che si sprigiona servo­no anche ad avvertirci che, se vogliamo vedere le nostre preghiere salire così fino al trono di Dio, dobbiamo sforzar­ci di avere il cuore ardente del fuoco della carità e della devozione.
dal web

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NON SCENDO DALLA CROCE Di Fulton j Sheen,vescovo

Ero uscito di casa per saziarmi di sole.Trovai un uomo che

si dibatteva nel dolore della crocifissione.Mi fermai

e gli dissi:"Permetti che ti aiuti"?Lui rispose:

Lasciami dove sono.

Non scendo dalla croce fino a quando sopra vi

spasimano i miei fratelli.

fino a quando per staccarmi

non si uniranno tutti gli uomini.

Gli dissi"Che vuoi che io faccia?"

Mi rispose:

Và per il mondo e di a coloro

che incontrerai che c è un uomo

che aspetta inchiodato alla croce.