"Costruirai un altare per bruciarvi sopra l'incenso", ha ordinato il Signore a Mosé, nella stessa occasione in cui gli ha consegnato le Tavole della Legge. Lo stesso Dio ha indicato come doveva essere fatta questa mistura di essenze odorifere.
Chi non si rallegra nel vedere, nelle solennità liturgiche, innalzarsi dagli incensieri quelle onde che impregnano di soave profumo tutto il recinto sacro? Perfetta immagine della preghiera che sale come oblazione di gradevole odore fino al trono di Dio, nelle Sacre Scritture incenso e preghiera sono presentati come termini reversibili uno nell'altro: "Come incenso salga a te la mia preghiera" (51141, 2). Sulla stessa linea, si legge nel libro dell'Apocalisse: "Poi venne un altro angelo e si fermò all'altare, reggendo un incensiere doro. Gli furono dati molti profumi perché li offrisse insieme con le preghiere di tutti i santi bruciandoli sull'altare d'oro, posto davanti al trono di Dio" (Ap. 8, 3-4).
Una storia di più di tremila anni
L’utilizzazione di questa essenza nel culto divino proviene da una prescrizione fatta dal Signore a Mosé, nella stessa occasione in cui Questi gli consegnò, sul Monte Sinai, le tavole della Legge. Lo stesso Dio gli indicò come doveva essere fatto: "Procurati balsami: storace, onice, galbano come balsami e incenso puro: il tutto in parti uguali. Farai con essi un profumo da bruciare, una composizione aromatica secondo l'arte del profumiere, salata, pura e santa. Ne pesterai un poco riducendola in polvere minuta e ne metterai davanti alla Testimonianza, nella tenda del convegno, dove io ti darò convegno. Cosa santissima sarà da voi ritenuta. (Es 30,34-36).
Dio non lascia il minimo dubbio che questa essenza odorifera dovrebbe essere usata esclusivamente per lo splendore del culto divino: "Chi ne farà di simile per sentirne il profumo sarà eliminato dal suo popolo" (Es 30, 38).
Così, obbedendo a ciò che Dio ha determinato a Mosé, il popolo eletto ha bruciato per vari secoli, di mattina e di sera, in omaggio al Signore un incenso dalla soave fragranza.
Nel Nuovo Testamento, esso compare già nei primi giorni del Bambino Gesù. Entrando i Re Magi nella casa dove Egli stava con sua Madre, si sono prostrati e Lo hanno adorato, in seguito hanno aperto i loro tesori e gli hanno offerto oro, incenso e mirra. "L’incenso era per Dio, la mirra per l'Uomo e l'oro per il Re", dice San Leone Magno (Sermone n. 31). Pertanto, dei tre doni offerti quello di maggior valore simbolico era l'incenso.
Al servizio dello splendore della Liturgia
Per il fatto che i popoli pagani avevano l'abitudine di bruciare ogni tipo di profumi nei loro culti idolatrici, per cautela la Chiesa ha impiegato un certo tempo ad ammettere il suo utilizzo nelle cerimonie liturgiche.
Non appena, tuttavia, la Liturgia ha cominciato a svilupparsi, esso ha fatto la sua comparsa. Così, nelle prime decadi del quarto secolo, l'Imperatore Costantino ha offerto alla Basilica del Laterano due incensieri, tutti in oro puro, che probabilmente permanevano fissi nei loro posti ed erano usati per profumare il luogo santo.
Il Papa Sergio 1 (687-701) ha fatto appendere nella chiesa un grande incensiere d'oro affinché, "durante le Messe solenni, l'incenso e l'odore di soavità si elevassero più abbondantemente a Dio Onnipotente".
Apparve poi il turibolo, ma, all'inizio, la sua utilizzazione consisteva solo nell'essere portato dal suddiacono di fronte al corteo liturgico, profumando il percorso del celebrante all'entrata e all'uscita della Messa, e nella processione del Vangelo.
Col passare del tempo, con il perfezionamento delle celebrazioni, si è istituito l'incensamento nel momento del Vangelo, poi nell'Offertorio e, infine, nel sec. XIII, nell'elevazione dell'ostia e del calice.
Attualmente l'incensamento durante la Messa è facoltativo, potendo essere fatto durante la processione dell'entrata, all'inizio della Celebrazione, nella proclamazione del Vangelo, nell'Offertorio, e nella elevazione dell'ostia e del calice dopo la Consacrazione (cf. IGrMR, 235).
Effetti e finalità
Il celebrante mette l'incenso nel turibolo e lo benedice con il segno della croce. Questa benedizione lo rende sacramentale, cioè, un "segno sacro" mediante il quale, imitando in certo modo i sacramenti, "sono significati principalmente effetti spirituali che si ottengono con supplica della Chiesa" (CIC n° 1166).
Uno di questi effetti può essere verificato nel motivo dell'incensamento dell'altare e delle offerte, nella Messa. Si incensa l'altare per purificarlo da qualsiasi azione diabolica, e le offerte per renderle degne di essere utilizzate nel Mistero Eucaristico.
L’incenso è primordialmente un atto di omaggio a Dio, a Nostro Signore Gesù Cristo, come pure agli uomini e agli oggetti consacrati al culto divino.
Secondo San Tommaso d'Aquino, l'incensamento ha due finalità. La prima è fomentare il rispetto al sacramento dell'Eucaristia, visto che essa serve per eliminare, con un profumo gradevole, i cattivi odori che potrebbero esserci nel luogo. La seconda, rappresentare la grazia, dalla quale, come un buon aroma, Cristo era pieno.
Infine, il carbone acceso nel turibolo ed il profumo che si sprigiona servono anche ad avvertirci che, se vogliamo vedere le nostre preghiere salire così fino al trono di Dio, dobbiamo sforzarci di avere il cuore ardente del fuoco della carità e della devozione.
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