martedì 15 febbraio 2011

Dove nasce la bestemmia?


 di Don Enzo Boninsegna
Tutto nell'uomo è concatenato: ogni virtù puntella le altre virtù ogni vizio favo­risce gli altri vizi. Questo vale anche per la bestemmia, che non viene dal nulla, ma è generata o favorita da alcune situazioni (interne ed esterne all'uomo), che la prece­dono e la facilitano.
In altre parole, la bestemmia non è or­fana, ha padre e madre, anzi, ha molti padri e molte madri. Un uomo retto su tutto il resto... non bestemmia e se bestemmia questa è la prova che in lui non tutto è retto, che nella sua vita ci sono altre cre­pe. Non può germogliare una spiga se non da un seme. Così non può esplodere una bestemmia se non da un altro male che la precede e le spiana la strada.

A - IL DIAVOLO: IL PRIMO ISTI­GATORE

Per circa trecento volte il Nuovo Testa­mento ci parla di spiriti angelici corrotti e corruttori, ribelli a Dio e nemici dell'uo­mo. Sono i demóni, che, per certi presunti teologi non esisterebbero neppure, ma che la parola di Dio ci mostra all'opera con im­pegno instancabile, dall’inizio dei secoli e fino alla fine del mondo. Non perdono col­pi, non sono mai stanchi, sanno ciò che vo­gliono e come ottenerlo. Oggi, poi, hanno ben pochi ostacoli sul loro cammino e pur­troppo hanno molti alleati, fuori e anche dentro la Chiesa, in basso e anche in alto.
Il diavolo - dice la Bibbia - ha istigato Adamo ed Eva alla ribellione contro Dio. Per quella prima colpa, che ha infettato tutta l'umanità, causando tra l'altro in ogni uomo una debolezza congenita che lo in­clina al peccato, il diavolo può essere considerato, almeno indirettamente, il primo ispiratore di ogni peccato. Gesù lo definisce "padre della menzogna e omi­cida fin da principio" (Gv 8, 44). Dunque, se è padre della menzogna e padre della morte, perché non anche padre dell'ingiu­stizia, padre della violenza, padre della lussuria, padre dell'odio, padre di ogni al­tro vizio e padre anche della bestemmia?
Scrive un Vescovo jugoslavo: "La be­stemmia trova la sua ispirazione nell'odio di Satana. I bestemmiatori portano in sé qualcosa di quella belva dell’Apocalisse: Aprì la bocca per proferire bestemmie contro Dio, per bestemmiare il suo nome e la sua dimora, contro tutti quelli che abi­tano in cielo (Ap 13,6).
Mentre la preghiera fa risuonare nel cuore umano, nella famiglia, nell'umani­tà, nella Chiesa, la parola del Cielo, la be­stemmia fa tuonare il gorgogliare del­l'inferno" (+ Franj o Kuharic).
Durante un esorcismo, il diavolo, per bocca dell'indemoniato, ha cantato vittoria con queste parole: "Io ho distrutto la Fe­de: il Papa stesso l'ha detto parlando della crisi della Fede. Ho distrutto la morale: i miei demoni impuri trionfano dappertutto. Ho distrutto la religione: le Chiese si svuo­tano e le bestemmie sostituiscono le pre­ghiere. Ho distrutto la famiglia: la prosti­tuzione è generale e gli innocenti vengono massacrati con l'aborto", (da "La Cate­chesi di Satana" di Pellegrino Emetti).
Non ogni bestemmia è ispirata dal dia­volo, ma sicuramente ogni bestemmia è a lui gradita e fa il suo gioco. Se con la lode a Dio diventiamo imitatori di Gesù, con la bestemmia si diventa imitatori di Satana.

B - SPINTE PROVENIENTI DAL DI FUORI

Il cattivo esempio - Non c'è bestem­miatore che non abbia avuto uno o più maestri nell'arte della bestemmia. C'è chi ha imparato a bestemmiare dai compagni di gioco, c'è chi ha imparato a scuola, c'è chi ha imparato sul lavoro, c'è chi ha impa­rato durante il servizio militare, c'è chi ha imparato nelle ore di svago passate con gli amici, e c'è chi ha imparato in famiglia dai genitori. "Quante anime, in tenera età, ri­mangono scandalizzate già nella propria casa dai discorsi osceni e dalle bestem­mie!" (Episcopato della Jugoslavia). Una cosa è certa: tutti hanno imparato per­ché qualcuno ha insegnato.
E quasi tutti i bestemmiatori hanno im­parato da giovani, nell'età in cui si è più malleabili, cioè più inclini a copiare dal­l'ambiente in cui si vive, a lasciarsi pla­smare dalla mentalità, dal linguaggio, da­gli esempi di chi ci sta intorno. Come da piccoli si copia per imitazione, quasi inav­vertitamente, la cadenza dialettale della terra in cui si vive, così quasi senza accor­gersene si corre il rischio di assorbire e di ripetere le espressioni che più spesso si sentono sulla bocca della gente. Non è raro che dei bimbi della scuola materna, qual­che volta bestemmino; la gravissima colpa è degli adulti che li addestrano a questo pes­simo linguaggio col loro cattivo esempio.
È tremenda la responsabilità che questi "loschi figuri" si assumono davanti a Dio!
La diffusa immoralità - Quanto più Dio perde importanza nella considerazio­ne degli uomini, tanto più cresce il peccato e quanto più cresce il peccato tanto più ca­la il senso del peccato e quanto più cala il senso del peccato tanto più il peccato di­laga: si pecca sempre di più e con sempre meno rimorsi; il peccato diventa sistema di vita. In questo clima di straripante im­moralità viene a mancare la bussola: si confonde il male col bene, si va a ruota libera e non funziona più alcun freno.
Se questa non è l'esatta fotografia del nostro tempo, è comunque la meta verso la quale stiamo andando. La perdita del sen­so del peccato e l'immoralità che ne deriva sono il terreno più adatto a far germinare la bestemmia. Come i toponi di fogna tanto più crescono e prolificano quanto più sporco trovano intorno, così la bestem­mia tanto più cresce e dilaga quanto più il mondo, per aver rinnegato Dio, la sua legge, le sue promesse e le sue minacce, si trasforma in una fogna. Dove regna il peccato non può mancare la bestemmia!
La mancata correzione fraterna - Se alle tante spinte che orientano verso la be­stemmia si contrapponesse una spinta in direzione opposta, forse qualche cosa cambierebbe. Purtroppo invece manca in molti il coraggio di intervenire, di richia­mare e di correggere fraternamente e questo contribuisce a lasciar i bestemmiatori nel loro stato di incoscienza. Io sono con­vinto che almeno metà dei bestemmia­tori non riceva mai, in tutta la vita, il do­no della correzione fraterna. Un dono che spesso è difficile fare, ma che non pos­siamo non fare, per il loro bene e perché non gravi sulla nostra coscienza un pecca­to di omissione.
La paura non deve prevalere in noi, perché, come afferma l'apostolo San Pao­lo: "Dio non ci ha dato uno spirito di timi­dezza, ma di forza" (2Tm 1,7). E valgono anche per noi le parole di incoraggiamento che il Signore disse al profeta Geremia: "Non temerli, perché io sono con te per proteggerti " (Ger 1, 8).

C - SPINTE PROVENIENTI DAL DIDENTRO

La superbia - Ne siano consapevoli o no, molti bestemmiatori arrivano alla be­stemmia perché spinti dalla superbia: mal sopportano chi sta al di sopra di loro. Que­sta superbia si manifesta spesso, se si tratta di giovani, in un conflitto sistematico con i genitori, di cui non accettano l'autorità; si manifesta, nei confronti del prossimo, ab­bassando chi sta più in alto con la calunnia; soprattutto si manifesta e si fa concreta, contro Dio, con la bestemmia. La super­bia... il non accettare la superiorità di Dio... la stessa motivazione che ha por­tato Satana a ribellarsi al Signore.
La superficialità - È l'atteggiamento di chi bestemmia senza rabbia e senza ri­morsi. Lo fa così, disinvoltamente, senza perché. Se richiamato, si difende sorri­dendo e minimizzando, come se la be­stemmia fosse la cosa più normale di que­sto mondo, come se non fosse un'offesa a Dio per il solo fatto che non ha l'intenzione di offenderlo. In quasi tutte le scelte che fa, l'uomo superficiale e "leggero" si rifiuta di riflettere sulla gravità delle sue azioni e sulle conseguenze che possono derivarne, per sé e per gli altri.
L'odio contro Dio - È raro che uno be­stemmi per odio, ma tra i molti esemplari di cui è composta la fauna umana c'è anche questo. Ce ne ha dato conferma lo scrittore Cesare Pavese, morto suicida; nel suo dia­rio ha scritto: "Provo invidia per chi crede... egli almeno può bestemmiare!"
Per Pavese il non credere era motivo di tristezza non tanto perché, mancandogli la Fede, gli mancava anche la speranza nella vita eterna, e oltre la morte non vedeva che il buio o il nulla, ma perché non credendo in Dio non poteva avere la gioia perversa di odiarlo e di bestemmiarlo.
L'odio contro Dio porta non solo a bestemmiare il Signore, ma a provare gioia nel farlo bestemmiare.
È illuminante a questo proposito un episodio riportato dallo scrittore Giovanni Papini negli anni del suo ateismo giova­nile: "Andavo con un amico... in un viale deserto di novembre. Ad un albero, un vec­chio illividito dal freddo allungò verso di noi una mano sudicia; chiedeva la carità, povero vecchio. L'amico trasse una lira d'argento: Questa è per te se dici due o tre bestemmie. Il viale era deserto... il vecchio ci guardò un istante con occhi velati e san­guigni, che non scorderò mai, gli ricadde giù la mano e, senza dir nulla, a spalle cur­ve si allontanò ".
Qualche anno fa un amico mi ha confi­dato: "Un giorno ho visto mio figlio (un bambino di sette anni) rientrare in casa con delle monete in mano. Gli ho chiesto chi gli avesse dato quei soldi. La risposta è stata agghiacciante: Me li ha dati Paolo (un amico di diciotto anni) perché dicessi delle bestemmie". Si commenta da sé.
L'ira - È la principale responsabile delle bestemmie. C'è chi, non solo in con­dizioni normali non bestemmia mai, ma prova un senso di fastidio e un forte disa­gio quando sente bestemmiare. Basta però che perda le staffe e ... giù una bestemmia.
Se nella pazienza l'uomo possiede se stesso, nell'ira è posseduto dalla violenza dell'istinto, è come accecato, non ha più in mano le redini della sua vita, perde per col­pa propria la libertà di scelta. C'è chi vede nell'ira un'attenuante, quasi che la bestem­mia che si dice sotto la spinta dell'ira non sia un peccato, ma un mezzo peccato! È ve­ro invece che l’ira già di per sé è un pecca­to, per cui chi bestemmia sotto la spinta dell'ira pecca due volte.
L'abitudine di dire il Nome di Dio in­vano - Quasi nessuno diventa bestemmia­tore perché vuole diventarlo, ma quasi tutti si ritrovano su questa spiaggia con loro a­mara sorpresa. Per i più, la prima bestem­mia è un fatto inaspettato e non voluto, non sanno spiegarsi come sia potuto succede­re. Ma la cosa diventa spiegabilissima se si pensa all'abitudine che avevano (e che di solito mantengono), di nominare il Nome di Dio senza motivo.
Nominare il Nome di Dio invano, co­me insegna il secondo Comandamento, è già un peccato, anche se non mortale, ma è anche qualcos'altro: è il miglior trampolino di lancio per approdare al linguaggio blasfemo.
Il passaggio da questa pericolosa abitu­dine alla bestemmia è facilissimo.
So di un papà che vive intensamente la sua Fede di cristiano: partecipa alla cate­chesi, prega, pratica generosamente la ca­rità, vive nel rispetto della legge di Dio e tutto questo alla luce del sole. Con questo spirito ha cercato di modellare la vita dei suoi figli, ma un cattivo esempio lo ha sempre dato sia in casa che fuori, forse l'unico e forse a sua insaputa: quel papà pronuncia il Nome di Dio invano abitual­mente. Sono quasi certo che non ha mai detto una bestemmia in tutta la sua vita, perché ne prova orrore, ma i suoi figli, che hanno imparato da lui a nominare il Nome di Dio invano, sono andati ben oltre e spes­so bestemmiano. Ovviamente il padre non lo sa e ne resterebbe profondamente ferito se lo sapesse. Un giorno, a chi il Signore chiederà conto di quelle bestemmie? Solo ai suoi figli, o non anche a lui?
Il Nome di Dio e della Madonna, pro­nunciati senza alcun motivo, sono oggi sulla bocca di troppa gente. E sono ben po­chi quelli che cercano di correggere questa brutta abitudine; c'è addirittura chi si dà da fare per incentivarla! Le Edizioni Paoline hanno pubblicato un romanzo, intitola­to "Tutta colpa di Dio"! in cui il vizietto di nominare il Nome di Dio e della Ma­donna senza motivo e banalmente trova larga ospitalità. Non va trascurato un particolare: l'autrice, tale Laura De Lu­ca, è una giornalista de "L'Osservatore Romano"; il giornale del Papa. Un segno dei tempi anche questo? Purtroppo sì!
La rassegnazione - Tanto è facile en­trare nella bestemmia, altrettanto è diffici­le uscirne. Difficile, ma non impossibile, come pensano invece molti bestemmiatori che vorrebbero liberarsi da questo difetto. C'è in quasi tutti un senso di fatalismo, una rassegnazione sbagliata, un senso di impo­tenza, quasi che una volta caduti in questo difetto sia impossibile venirne fuori.
La rassegnazione, che in altre situazio­ni difficili della vita può essere una virtù, qui è invece una colpa, un nuovo peccato che si aggiunge alla bestemmia. La rasse­gnazione davanti al male è il peggiore dei mali. Non c'è alcun peccato che sia inevitabile; è solo questione di volontà: basta volere sinceramente e fermamente e cercare l'aiuto del Signore! Come dice San Paolo: "Tutto posso in Colui che mi dà la forza " (Fil 4,13).
Tratto dalla rivista: Grande Opera Mariana GESU’ E MARIA nr1 2007. 

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NON SCENDO DALLA CROCE Di Fulton j Sheen,vescovo

Ero uscito di casa per saziarmi di sole.Trovai un uomo che

si dibatteva nel dolore della crocifissione.Mi fermai

e gli dissi:"Permetti che ti aiuti"?Lui rispose:

Lasciami dove sono.

Non scendo dalla croce fino a quando sopra vi

spasimano i miei fratelli.

fino a quando per staccarmi

non si uniranno tutti gli uomini.

Gli dissi"Che vuoi che io faccia?"

Mi rispose:

Và per il mondo e di a coloro

che incontrerai che c è un uomo

che aspetta inchiodato alla croce.