giovedì 19 maggio 2011

Don Bosco e il diavolo



59) I demoni chi sono?
I demòni sono angeli ribellatisi a Dio per superbia e precipitati nell'inferno, i quali, per odio contro Dio, ten­tano l'uomo al male.
SCRITTURA: Demoni - II Ptr. II, 4 «Deus angelis peccantibus non pe­percit, sed rudentibus inferni detractos in tartarum tradidit cruciandos» - Js. XIV. 12 - Lc. X, 18 - Jo. VIII, 44 - Judae 6 - Apoc. XX, 9.
Tentano l'uomo I Ptr. V, 8 «Sobrii estote et vigilate, quia adver­sarius vester. diabolus tamquam leo rugiens circuit, quaerens quem devoret» - Gen. III, 4 e 5 - I Par. XXI, I - Sap. 11, 24.
Tentazione di Gesù - Mt. IV, 3 - Mr. I, 12 - Lc. III, I sq. - Mt. XIII, 19 e 39 - Mr. IV, I5 - Lc. VIII, 12 e XXII, 31 - Jo. XIII, 2 - Act. V, 3 - Eph. VI, I1 - Apoc. XII, 17.
127. - Ossessione.
D. Bosco si era mosso per recarsi a celebrare la Messa in casa della marchesa di Comillas, quando gli si menò davanti un'ossessa che, appena lo vide, si gettò a terra e parve svenire, mandando spuma dalla bocca, dibattendosi e scontórcendosi come un serpe. Egli le di­ceva di invocare Maria, essa invece urlava: « No, non voglio uscire! non voglio partire! ». Sicconne la disgraziata aveva nome Maria. D. Bosco la chiamava: « Maria, prendi questa medaglia » ; ma essa non dava segno d'intendere. Finalmente D. Bosco la benedisse. Si alzò allora la giovane, prese la medaglia che D. Bosco le offriva, la baciò, entrò in chiesa e udì la Messa. Sembrava guarita: infatti fece colazione tranquillamente, e tutto questo alla presenza di molte per­sone. Coloro che l'accompagnavano, dicevano di non averla vista da gran tempo così calma e n'erano stupefatti. E se ne tornò conso­lata a casa. (M. B. XVIII, 89).
128. - Il nemico delle Regole.
D. Bosco soffriva gravi suggestioni diaboliche ogni volta che stava per intrapprendere qualche opera importante a maggior gloria di Dio. Un mattino avendogli uno domandato se nella notte avesse ri­posato bene, gli rispose: « Non molto, perchè fui molestato da un brutto animalaccio, sotto forma di orso, il quale mi si pose sul letto, e tentò, opprimendomi, di soffocarmi ». Questo fatto non avvenne una volta sola; e D. Bosco diceva chiaramente come fossero mole­stie infernali.
La notte poi nella quale D. Bosco finì di scrivere le prime Regole della Pia Società Salesiana, frutto di tanta preghiera, meditazione e lavoro, mentre scriveva la frase di conclusione: «Ad maiorem Dei Gloriam», ecco apparirgli l'inimicus holito, il tavolino si mosse, si rovesciò il calamaio, mentre s'udivano grida così strane da incutere profondo terrore; e in fine restò tutto così imbrattato il manoscritto da non essere più leggibile, e dover poi D. Bosco ricominciare il suo lavoro. (M. B. V, 694).
129. - La potestà delle tenebre.
Una vera vessazione diabolica era incominciata coi primi giorni di febbraio del 1862. Si dornandò a D. Bosco qual fosse la causa della sua grande spossatezza, e se non si sentisse bene. Allora egli rispose «Avrei bisogno di dormire! Sono quattro o cinque notti che non chiudo occhio; vi è chi mi fa vegliare contro voglia. Da parecchie notti lo spirito folletto si diverte a spese del povero D. Bosco; appena addormentato, mi sento un vocione all'orecchio che mi stordisce, e anche un soffio che mi scuote come una bufera. Mi rovista e disperde le carte e mi disordina i libri. Correggendo a sera tarda il fascicolo delle Letture Cattoliche intitolato « La potestà delle Tenebre » e la­sciandolo perciò sul tavolino, levandomi all'alba, talora lo trovai per terra, e tal'altra era scomparso e doveva cercarlo or di qua or di là per la stanza. E' curiosa questa storia. Sembra che il demonio ami di starsene coi suoi amici, con quelli che scrivono di lui. Sono tre notti che sento spaccar le legna che stanno presso il mio franklin. Stanotte poi, essendo spenta la stufa, il fuoco si accese di per sè, e una fiamma terribile pareva che volesse incendiare la casa. Altra volta essendomi gettato sul letto, e spento il lume, incominciava a sonnecchiare, quan­d'ecco le coperte tirate come da mano misteriosa, muoversi lentamente verso i piedi, lasciando a poco a poco metà della mia persona sco­perta. Benchè la sponda del letto alle due estremità fosse alta, pure sulle prime volli credere che quel fenomeno venisse prodotto da causa naturale; quindi, preso il lembo della coperta, me la tirava addosso; ma non appena l'aveva aggiustata, di bel nuove sentiva che essa andava scivolando sulla mia persona. Allora, sospettando ciò che poteva es­sere, accesi il lume, scesi dal letto, visitai minutamente ogni angolo della stanza, ma non trovai nessuno e ritornai a coricarmi abbando­nandomi alla divina Bontà. Finche il lume era acceso, nulla accadeva di straordinario, ma, spento il lume, dopo qualche minuto ecco muo­versi le coperte. Preso da misterioso ribrezzo, riaccendeva le candela, e tosto cessava quel fenomeno, per ricominciare quando la stanza ri­tornava al buio. Una volta vidi spegnersi da un potente soffio la lu­cerna. Talora il capezzale incominciava a dondolare sotto il mio capo, proprio nel momento che stava per pigliare sonno. Io mi faceva il segno della santa Croce, e cessava quella molestia. "Recitata qualche preghiera, di nuovo mi componeva sperando di dormire almeno per qualche minuto; ma, appena incominciava ad assopirmi, il letto era scosso da una potenza invisibile. La porta della mia camera gemeva e pareva che cedesse sotto l'urto di un vento impetuoso. Spesso udiva insoliti e spaventevoli rumori sopra la mia camera, come di ruote di molti carri correnti. Talora un acutissimo grido improvviso mi faceva trasalire; e una notte vidi spalancarsi l'uscio della mia camera ed entrare colle fauci aperte un orribile mostro, il quale si avanzava per divorarmi. Fattomi il segno della Croce, il mostro disparve ». (M. B. VII, 68-70).
13. - Scrollatone misterioso.
Il 12 febbraio del 1862 D. Bosco raccontò: « La notte del sei o sette di questo mese ero appena coricato, e già incominciava ad as­sopirmi, quando mi sento prendere per le spalle e darmi un crollo tale che mi spaventò grandemente. « Ma chi sei? » mi posi a gridare, Accesi, tosto il lume e mi vestii, guardai sotto il letto, e in tutti gli angoli della stanza, per vedere se ci fosse nascosto qualcuno, causa di quello scherzo.- ma nulla trovai. Esaminai l'uscio di mia camera ed era chiuso. Esaminai parimenti l'uscio della biblioteca; tutto era chiuso e tranquillo. Ritornai pertanto a coricarmi. Ero appena sopito. quando mi sento dare un altro crollo che mi sconvolge. Voleva suo­nare il campanello e chiamare. «Ma no dissi tra me - non voglio disturbare alcuno » e intanto mi posi a dormire supino; quando mi sento sullo stomaco un peso enorme che mi opprimeva, quasi m'im­pediva il respiro. Non potei tenermi dal gridare: « Che cosa c'è`? » e diedi ad un tempo un forte pugno: ma nulla toccai. Mi posi sul­l'altra parte, e si rinnovò quell'oppressione. In tale miserando stato passai tutta quella notte ». (M. B. VII, 7I).
131 - Tak, tak, tak...
Il 5 febbraio 1862 D. Bosco raccontò: « L'altra sera andai in ca­mera e vidi il tavolino da notte ballare e battere: tak, tak, tak... « Ohi, questa è bella!» dissi fra me, e mi avvicinai e lo interrogai: « E sicchè, che cosa vuoi ? » ed esso continuava: tak, tak, tak. Mi poneva a passeggiare per la camera ed esso taceva; gli andava vicino, ed esso ballava e batteva. Vi assicuro che se io avessi udito raccontare quanto ho veduto, non avrei certamente creduto. E non ci par di sentire i fatti delle streghe che ci raccontava la nonna? ». (M. B. VII, 72).
132. - La coda del diavolo.
Il 17 febbraio 1862: « Ieri sera mi coricai, quand'ecco sento passarmi sulla fronte come un freddo pennello, che leggermente fosse maneggiato. Allora io mi tirai giù la berretta da notte, ma quella mano misteriosa mi faceva passare il pennello sul naso e sulla bocca molestando le narici, cosicchè non mi lasciò dormire e chiuder occhio per un solo istante. Ciò mi accadde alre volte, anzi invece di una penna, mi sembrò che fosse una coda così puzzolente, che mi svegliava di           soprassalto ». (M. B. VII. 73).
133. - In casa del Vescovo,.
Il 26 febbraio D. Bosco si recò a Ivrea presso Mons. Moreno per vedere se poteva essere libero da quella infestazione notturna. Per la prima notte potè riposare con suo mirabile ristoro. Era cessato ogni disturbo. Una sera andò a riposarsi tranquillo, pensando che il de­monio avesse perdute le sue tracce. Allora ecco che, spento il lume il cuscino incomincia a dondolare, e poi gli si preserita ai piedi del letto un mostro spaventoso in atto di avventarsi sopra di lui A tale apparizione egli mandò un grido da svegliare tutti quelli che erano nell'episcopio. Corsero i servi, corse il Segretario del Vescovo, il Vi­cario generale, il Vescovo stesso, temendo che gli fosse accaduta qualche disgrazia. Lo trovarono prostrato di forze, ma tranquillo. Tutti gli chiedevano ansiosamente che cosa fosse stato. D. Bosco sorridendo rispondeva: « E' nulla... E stato un sogno... Non si spaventino... Ri­tornino a riposare ». (Ill. B. VII. 75).
134. - Moriresti dalla paura!
Una sera del 1865 D. Bosco narrava a un gruppo di giovani le terribili notti di quei tempi. « Oh io non ho paura del diavolo! » in­terruppe un giovane. « Taci! Non dir questo - rispose D. Bosco con voce vibilata, che colpì tutti -. Tu non sai quale potenza abbia il demonio, se il Signore gli desse licenza di operare ». - « Sì, sì: ce lo vedessi, lo prenderei per il collo, e avrebbe da fare con me ». - « Ma non dire sciocchezze; moriresti dalla paura al primo vederlo ». - « E lei come faceva a respingerlo? ». - « Oh io l'ho ben trovato il mezzo per farlo fuggire e per un buon pezzo non comparir più ». - « E qual è questo mezzo? Il segno della Croce certamente». - « Sì, rna non bastava, ci vuol altro! Il segno della Croce vale solo per quel momento ». - « Coll'acqua benedetta? ». - « In certi mo­menti anche l'acqua benedetta non basta ». --- « Qual'è dunque questo rimedio che ha trovato? ». - « L'ho trovato; e di quale eficacia esso fu!... ». Quindi tacque, e non volle dire altro. Poscia concluse « Quello che è certo si è che non auguro a nessuno di trovarsi in momenti terribili come mi sono trovato io; e bisogna pregare il Si­gnore che non permetta mai al nostro nemico di farci simili scherzi ». (M. B. VII, 76-77).
135. - Fulmini a ciel sereno.
Era stato inviato da Roma il decreto che concedeva genericamente ai Salesiani, tutti i privilegi dei Redentoristi. Erano le sei po­meridiane del 9 luglio, quando in piena serenità di cielo scoppiarono, a brevissimo intervallo, sull'Oratorio quattro fulmini, accompagnati da tali rombi di tuono, che l'Oratorio intero traballò come se dovesse crollare. Dare in mano a D. Bosco il primo decreto, e scoppiare il primo fulmine, fu un attimo solo. D. Bosco tentò di leggerlo, ma non potè. Le finestre erano aperte, e i primi tre fulmini strisciarono quasi nel vano di esse. D. Bonetti prese D. Bosco per un braccio, e le trasse nell'altra stanza, ma mentre si avviava, ecco scoppiare i1 quarto: la striscia di fuoco parve protendersi fino al tavolino, sul quale era stato posto il decreto. D. Bosco, troppo commosso, non potè rimet­tersi subito a leggerlo.
Questo decreto poteva dirsi una grazia ottenuta a stento, mediante ­l'intervento di Leone XIII, (M. B. XVII, 139-143).
136. - La volta crollata.
All'Oratorio si spingevano i lavori di costruzione con tanta ala­crità, che nel mese di novembre l'opera era compiuta. Si dovette an­cora ordinare il sotterraneo destinato a cantina, quando rovinò una gran parte della larga volta presso lo scalone. Era di pieno giorno, e vi lavoravano quattro muratori a toglier l'armatura. Uno rimase so­speso in aria su di un travicello, sul quale avanzandosi a cavalcione, potè giungere al vano di una finestra. Un altro si trovava in un an­golo, sopra un pezzo di volta che non si staccò. Il terzo fu salvato da una trave che gli cadde quasi sopra, ma che restando appoggiata al muro gli servì di riparo. Il quarto fu preso sotto le rovine e rimase sepolto. Al rombo prodotto da quello sconquasso si accorse da ogni parte. Si temeva che il quarto muratore fosse schiacciato e morto sotto il peso dei rottami. Con grande, trepidazione si cominciò a rimuoverli. Grazia singolare di Maria! Fu estratto senza alcuna ferita grave. D. Bosco pure, saputa la cosa, si era affrettato ad accorrere, ma; incontrandosi con Buzzetti, che già veniva a riferirgli non essere ac­caduta nessuna disgrazia, sorridendo, al suo solito, disse: «Il demo­nio ha voluto ancora metterci la sua coda ma avanti e niente paura!» (M. B. VI, 946-947)
137. - L'indemoniata di Roma.
Il 3 aprile ciel 1880, a Roma, fu condotta a D. Bosco un'indemo­niata perchè la benedicesse. Durante la benedizione il demonio stava per soffocare la povera vittima. Il maligno disse che si chiamava Petrus, e che da due anni abitava in quell'anima. « E che cosa fai qui? » gli chiese D. Bosco. « Faccio il guardiano di Santa » (così si chiamava la giovane). « Dove stavi prima? » . - « Nell'aria. Voi dovete combattere molto contro di me ». - « Perchè non vuoi uscirne? Non vedi che aumenti le tue pene, il tuo male ? ». - « Io, lo voglio il male ! ». Ma tuttavia non si potè cacciarlo perchè c'era bisogno di un esorcismo solenne, il cui permesso non si poteva ottenere, Perchè i1 Cardinal Vicario non era a Roma. Tuttavia portò un po' di bene; perchè un signcre, che non credeva al demonio, vedendo la scena e sentendo le parole dell'indemoniata, si convinse dell'esistenza del dia­volo. (M. B. XIV, 458-459).
138. - Il demonio notturno.
Nel 1875 in una conferenza D. Bosco tra le altre cose disse: «Alla sera prendete questa. bella abitudine. Quando siete per ficcarvi sotto le coltri, pronunciate piano piano qualche preghiera, e vedrete che il demonio non vi tenterà più. Pregate, pregate sempre; perocchè il Signore,. vedendo in voi tanta confidenza e umiltà, vi darà la forza per poter resistere alle tentazioni e vi farà riuscire vincitori. Il pro­fessor Garelli diceva: « Sa lei in che modo io faccio, affinchè quelli. brutta bestia del demonio notturna non mi venga ad assalire? Appena sono in letto, mi metto subito a numerare contando dall'uno al mille. Così facendo, debbo confessare che la cifra massima alla quale arrivo è il cinquanta; anzi, non mi ricordo di esservi mai giunto: prendo subito sonno; e all'indomani mi desto colla fantasia e colla mente tranquilla ». Altri hanno la bella abitudine, prima. di addormentarsi, di ripassare mentalmente qualche canto di Dante, qualche tratto di Virgilio, oppure la lezione scorsa, ovvero quella del domani studiata la stessa sera. E questo uso io approvo, anzi, io dico bravissimo a chi fa ciò, perchè, così facendo, la fantasia si stanca, e la mente stanca e aggravata dal sonno prende ripeso ». (M. B. XII, 22-23).
139. - Il demonio che scrive.
D. Bosco, tornato all'Oratorio dopo la malattia a di Varazze (di­cembre 1871 - gennaio; 1872), narrava una sera ai suoi giovani come in vari sogni, fatti durante l'assenza, avesse visto più volte l'Oratorio e come fosse venuto a conoscere certe cose occulte, forse meglio di coloro stessi che le avevano fatte. « In uno di questi sogni - continua D. Bosco - mi parve di trovarmi all'Oratorio e di vedere in un an­golo del cortile un tale che scriveva con straordinaria prestezza. De­sideroso di sapere chi fosse e che scrivesse, ercai di avvicinarlo, ma quegli sempre mi sfuggiva e si portava in diversi punti del cortile. Finalmente potei avvicinarlo e vidi che aveva un quaderno su cuì scriveva. Mentre egli guardava qua e là, io lui avvicinai di più, voltai qua e là i fogli, e vidi che da una parte v'erano i nomi dei gio­vani, e dall'altra pagina del quaderno di quando in quando v'erano delle figure di bestie. Ad alcuno v'era un maiale con scritta:  Comparatus est iumentis insipientibus et similis factus est illis. - Ad altri v'era dipinta una lingua a due punte, con scritto: Susurrones, detractores… digni sunt morte; sed etiam qui consentiunt facientibus. - Ad altri v'erano due orecchie di asino ben lunghe che significavano i cattivi discorsi con scritto: Corrumpunt bonos mores colloquia prava. – Ad altri era dipinto un gufo, e ad alcun altro qualche altro animale. Io voltava con molta sveltezza i fogli; e potei osservare anche come alcuni nomi si conosceva che erano scritti daî caratteri fatti sulla carta; ma non erano scritti con inchiostro, ed i nomi appena si potevano capire. In questo mentre lo guardai bene quel tale, e vidi che aveva due orecchie lunghe e molto rosse; e gli scintillavano nella fronte due occhi che schizzavano sangue e fuoco ed aveva il volto come se tutto fosse stato di fuoco. - Ah! ti riconosco adesso! - dissi tra me e me. Egli fece due altri giri pel cortile, e mentre, tutto intento al suo ufficio guardava e scriveva, si suonò il campanello per andare in chiesa. Vi entrarono i giovani e per ultimo entrò egli pure e andò a mettersi in mezzo alla chiesa di dove si mise a osservare i giovani. Giunto il momento dell'Elevazione, si sentì un fortissimo rumore: scomparve l'individuo e scomparve, in un fumo con alcuni pezzi di carta inceneriti, anche il quaderno che teneva nelle mani. Ringraziai il Signore, che avesse voluto così vincere e cacciar via dalla. sua chiesa il demonio. Conobbi anche che l'ascoltare la santa Messa dissipa tutto il guadagno del demonio, e che massima­mente gli istanti della Elevazione sono terribili per il demonio. (M. B. 46-47)
140  - I diavoli contro i Salesiani.
In una notte del dicembre 1884 D. Bosco sognò di partecipare a un congresso in cui i diavoli trattavano del modo di sterminare i Salesiani. Tra quelle figure belluine una propose un mezzo: la gola un'altra, l'amore delle ricchezze; un'altra, la libertà. Però fu accettata solo la proposta del quarto diavolo, il quale suggerì che solo lo studio, avrebbe potuto distruggere la Congregazione. Il desiderio della fama per miezzo dello studio farebbe abbandonare gli Oratori, il catechismo, il confessionale e le altre più umili occupazioni. Applaudita la pro­posta, D. Bosco fu scoperto da un diavolo, che gridando lo indicò agli altri. A quel grido tuttti si avventarono contro di lui urlando: « La faremo finita! ». Era una ridda infernale di spettri che urlavano, lo afferravano per le braccia e per la persona, egli gridava: « Lasciatemi! Aiuto ». Svegliatosi, aveva il petto sconquassato dal molto gridare. (M. B. XVII; 385-387).
141. - Per cacciare le tentazioni.
La sera del 2 dicembre del 1859 D. Bosco nella «Buona notte » disse fra l'altro: « Ciò che sovratutto vi raccomando si è che quando il demonio venisse a tentarvi, non vi lasciate scoraggiare. Volete as­sicurarvi la vittoria? Il miglior mezzo è di manifestare subito le ten­tazione al vostro Direttore spirituale. Il demonio è l'amico delle tene­bre, lavora sempre allo scuro. Se viene scoperto, egli è vinto. Un giovane era fortemente tentato, faceva tutto il possibile per resistere, ina era ad un punto che gli sembrava di non poter più andare avanti in quella lotta. Per caso s'incontra col suo Superiore, il quale dalla sua faccia rannuvolata indovinò qual fosse la cagione: di quel suo tra­vaglio. Chiamatolo a parte gli disse: « Perchè sei così melanconico? Certamente hai il demonio che ti fa guerra ». Il giovane guardò stupito il Superiore, gli aprì il suo cuore, e disse: « Sì! ». Detto quel « sì » cessò ogni molestia ». (M. B. VI, 321-322).
(Tratto da: “Catechismo do Pio X illustrato con fatti, detto e sogni di San Giovanni Bosco 1940) 

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NON SCENDO DALLA CROCE Di Fulton j Sheen,vescovo

Ero uscito di casa per saziarmi di sole.Trovai un uomo che

si dibatteva nel dolore della crocifissione.Mi fermai

e gli dissi:"Permetti che ti aiuti"?Lui rispose:

Lasciami dove sono.

Non scendo dalla croce fino a quando sopra vi

spasimano i miei fratelli.

fino a quando per staccarmi

non si uniranno tutti gli uomini.

Gli dissi"Che vuoi che io faccia?"

Mi rispose:

Và per il mondo e di a coloro

che incontrerai che c è un uomo

che aspetta inchiodato alla croce.