Angelo mio custode,collaboratore della mia salvezza,ti saluto e ti ringrazio,ti prego di vegliare su questo cammino.
domenica 5 febbraio 2012
Guarire Scoprendo Il Nostro Peccato
(Tarcisio Mezzetti)
Perché il livello della criminalità continua a crescere e riempie sempre più le prigioni, e il livello delle malattie mentali è aumentato fino al punto che oggi negli Stati Uniti riempie un letto di ospedale su sei?
Il Dottor Psichiatra Karl Menninger, a questa domanda risponde nel suo libro intitolato: "Che cosa è successo al peccato".
Le nostre prigioni e le nostre cliniche mentali scoppiano perché l’uomo moderno non riesce a scoprire il proprio peccato.
Menninger ci scongiura di poter ancora fare la scoperta salutare che siamo peccatori perché un peccatore è uno che dice: io sono responsabile per le mie azioni fatte senza amore, ma io posso cambiare.
Quando noi feriamo noi stessi o feriamo gli altri, abbiamo la possibilità o di ignorare ciò che abbiamo fatto, oppure di lasciare che il processo distruttivo continui, oppure di riconoscere il male e di correggerlo.
Il Dottor Menninger elenca tre vie per arrestare un processo comportamentale distruttivo. La prima via è la prigione. Questa parte dall’assunto che noi siamo responsabili di quello che abbiamo fatto, ma non ci possiamo redimere e quindi bisogna andare in prigione.
La seconda è l’ospedale psichiatrico, nell’assunto che noi siamo mentalmente ammalati e quindi non conosciamo il male che stiamo facendo; bisogna quindi farsi ricoverare.
La terza via, la sola salutare, è che siamo dei peccatori, che siamo sani e che siamo responsabili: quindi persone che possono e che vogliono cambiare.
La forza di cambiare arriva quando, come peccatori sani, noi odiamo il peccato e amiamo il peccatore. Questo vuol dire capovolgere tutta la struttura culturale che noi abbiamo adesso. Facciamo un esempio: per noi il peccato e il peccatore sono la stessa cosa; considerate come ad esempio voi donne vi valutate se avete avuto una vita sbagliata: vi considerate donne cattive. Questo viene dal fatto che quando eravate bambini, quando facevate qualcosa di sbagliato, la vostra madre vi diceva: "cattivo" e magari anche uno schiaffo. Ma non eravate cattivi voi; avevate fatto una cosa sbagliata, ma non eravate cattivi. Noi siamo arrivati a concepire l’idea che se facciamo una cosa cattiva allora siamo cattivi, ma questo è sbagliato perché per Dio esiste sempre il peccato separato dal peccatore; per noi invece le due cose sono sovrapposte. E’ così perché nella società di oggi l’uomo vale per quello che fa; quindi conta se è abile, se ha fatto fortuna e soldi, carriera. Se poi è una persona molto intelligente ma le condizioni della vita non gli hanno permesso di sfruttarlo perché gli altri sono stati disonesti nei suoi confronti: questo non conta niente, quello che conta è quanti soldi ha in banca, quante automobili, ecc.
Se noi non odiamo il nostro peccato, noi diventiamo insensibili e callosi davanti al peccato, e non abbiamo nessuna preoccupazione di correggerci.
Se noi non amiamo il peccatore diventiamo depressi, oppure diventiamo scupolosi, senza alcun potere di correggere la nostra distruttività.
La scoperta, allora, del nostro peccato è una cosa salutare, perché significa che riusciamo a vedere la nostra distruttività. Per questo Gesù dice : lo Spirito Santo, Spirito di Verità, il Consolatore ci apre una dimensione di salvezza, perché ci mostra il peccato; ce lo mostra gentilmente come sa fare Dio, e ci fa capire che possiamo essere salvati. Se abbiamo la capacità di vedere la nostra distruttività, e ci assumiamo la nostra responsabilità per quello che abbiamo fatto, con Dio che ci ama e che ci dà il potere di farlo e facciamo tutti i passi necessari per cambiare il male che può essere cambiato, noi diventiamo più maturi, cresciamo oltre il peccato e guariamo.
Scoprire quindi il nostro peccato è cosa salutare, ma non è una cosa facile.
Padre Dennis Linn dice: uno dei modi più facili per me, per entrare in contatto con il mio peccato, e soprattutto con ciò che non posso perdonare in me, è di vedere quando reagisco troppo verso qualcun altro. Spesso reagisco eccessivamente al male di un altro, perché il male è in me.
Chiamo tale reazione: pagliuzzamento. Infatti dice la Scrittura: perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? Oppure come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell’occhio tuo c’è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio, poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello (Mt 7,3-5).
Un esempio di pagliuzzamento mi successe due anni fa, continua Padre Dennis, mentre facevo i miei trenta giorni di ritiro in un quartiere di una città dove vivono molti "Transients" ossia la feccia della società che vive nel massimo degrado. Transients significa "Vagabondi", sono persone senza radici, senza lavoro e senza famiglia, che vivono di espedienti o di assistenza pubblica. Avevo notato che ogni volta che ne incontravo qualcuno che veniva nella mia direzione, io attraversavo la strada andando sul marciapiede opposto per non incontrarlo.
Con sorpresa mi chiesi cosa significasse quella reazione e un giorno, durante la liturgia, decisi di pregare per loro. Dapprima pensai: qui non c’è nessun pagliuzzamento perché io sono così diverso da questi transients: questi sono senza speranza e io invece
ce l’ho, sono depressi e io no, hanno rinunciato a vivere e io no, non lavorano e bevono io invece lavoro e non bevo: non sono assolutamente come loro.
Ma più facevo esperienza nella mia mente di che cosa fosse la vita per i transients, più capivo che molti di questi erano senza speranza perché la vita aveva chiesto loro troppo e quindi essi avevano smesso di combattere e si erano arresi.
Nello stesso tempo sono riuscito a capire che il motivo per cui attraversavo la strada era il timore che essi chiedessero troppo a me. Temevo che essi mi chiedessero più aiuto di quanto io fossi disposto a concedere e così anche io li evitavo attraversando la strada. Eravamo perciò uguali, ognuno di noi aveva i propri meccanismi per squagliarsela quando le richieste della vita erano troppo alte.
Una delle cose, fonte di maggior guarigione, che feci durante il ritiro, fu di preparare in cucina un po’ di biscotti e di dividerli poi con un gruppo di transients. Mentre una sera mangiavamo biscotti in amicizia, cominciai a perdonare quella parte di me che si arrende e se la svigna.
Quando faccio il pagliuzzamento, di solito la prima reazione è questa: io non sono affatto come quella persona, sono molto diverso dai transients. Ma se guardo attentamente alle mie attitudini e ai miei sentimenti, io scopro invece quanto sono uguale a loro. I miei atteggiamenti e quelli dei transiens erano gli stessi: non volevo avere a che fare con gente che mi chiedeva troppo; i miei atteggiamenti erano gli stessi: paura e isolamento. Ho scoperto che la via più facile per far incontrare il mio pagliuzzamento e il mio peccato, con i miei sentimenti e con i miei atteggiamenti che devono essere cambiati, è quello di farmi una domanda: chi devo evitare?
Quando non sono in contatto con il mio pagliuzzamento, posso incontrare più facilmente il mio peccato, pensando a questo come ingratitudine. Per esempio: sono due cose per cui sono molto grato a Dio: che il Signore ascolta spesso le mie preghiere di guarigione e che ho una relazione molto stretta con mio fratello Dennis, dice padre Matt Linn.
Questi sono i regali che il Signore mi ha fatto, e il peccato è ogni modo in cui non sono grato per questi doni oppure io abuso di loro. Posso abusare del dono di pregare sulle persone quando io lo uso troppo e ne rimango esausto cosicché non riesco poi a pregare più per nessuno; oppure lo posso usare troppo poco, quando passo oltre una persona per cui invece il Signore vuole che io preghi. Poiché anche gli altri sono doni dati a me, io pecco quando uso troppo o troppo poco il loro dono. Per esempio, la mia relazione con Dennis è un dono ed io pecco quando lo chiamo a pregare sugli altri troppo o lo chiamo a pregare troppo poco.
Quando i suoi doni non crescono, la nostra relazione ha meno vita e non cresce.
Così. se voglio andare a prendere contatto con il mio peccato, devo solo cercare e trovare i miei doni, chiedendomi: di che cosa sono grato? Vedete qui due persone che si fanno due domande differenti: Padre Dennis dice: chi devo evitare? per scoprire il mio peccato. Padre Matt dice: di che cosa sono grato a Dio? Posso scoprire il mio peccato se divento cosciente dei miei doni. Un dono mi è stato dato per amore, e peccato è ogni modo in cui non amo, usando troppo o non usandolo abbastanza. Quindi vedete che il nostro peccato sta proprio accanto al nostro carisma.
Se uno dice: ma io non ho carismi! meno male, allora vuol dire che non hai peccati e che sei santo! Se invece noi abbiamo qualche dono, sappiamo che lì vicino ci sta anche il peccato; è sempre così nella storia di Dio.
Ma come posso trovare il mio peccato guardando ai miei doni, così posso trovare i miei doni guardando i miei peccati, perché sia i doni che i peccati vengono dalla stessa spinta. Una spinta che abbiamo dentro di noi, diventa un dono quando la sua energia viene usata per amare, e diventa un peccato quando non viene usata per amare.
Per esempio, San Pietro aveva una spinta impetuosa per primeggiare. Fu il primo ad avere il coraggio e a trovarsi in difficoltà per camminare sulle acque verso Gesù, gli altri non lo hanno fatto. Pensate alla grande fede che ha avuto mettendo il primo piede fuori dalla barca senza sapere se quella figura bianca era veramente Gesù o un fantasma.
San Pietro proclamò che non avrebbe mai abbandonato Gesù, anche se gli altri lo avessero fatto, e lo difese tirando fuori la spada e tagliando un orecchio a Malco nell’orto del Getsemani.
Questa spinta ad essere il primo era l’origine del suo orgoglio peccaminoso che lo spinse a fare tanto affidamento sulla propria iniziativa e troppo poco in Dio, finché abbandonato soltanto alle sue forze, rinnegò Gesù davanti ad una serva.
Ma quando Gesù risorto incontra Pietro sulla riva del lago (Gv 21) non gli chiede di schiacciare il suo desiderio di primeggiare, ma solo di incanalarlo in modo da guidare gli altri, pieno d’amore per pascolare il suo gregge. La prima tremenda domanda che Gesù gli fa è: Simone figlio di Giona, mi ami tu più di tutti costoro? Questa prima domanda di Gesù è una sfida incredibile che soltanto al primo poteva fare.
Allo stesso modo Gesù ci chiede di prendere la spinta contorta che sta dietro il nostro peccato e permetterle di diventare il dono pensato da Dio che ci era stato dato per amare come Gesù stesso.
Forse la ragione principale per cui il Signore vuole che noi guardiamo ai nostri peccati è che così noi scopriamo quali sono i nostri doni.
Padre Dennis Linn racconta: il tempo in cui ho peccato di più fu quando andai in Sud America a vivere in una comunità e a insegnare in una scuola. I membri della comunità non avevano molta speranza e così non comunicavano più tra di loro. Per i primi due mesi cercai di mettere insieme tutti, ma alla fine diventai arrabbiato e disgustato. Abbandonai perciò la scuola e la comunità e impiegai altri otto mesi a viaggiare per il Sud America.
In questo periodo sperimentai la maggior parte dei peccati capitali. Ero pieno di orgoglio mettendomi sempre in prima fila e dicendomi: non mi importa niente degli altri; subii le più forti tentazioni sessuali della mia vita. Ero sempre arrabbiato ed estremamente pigro; ma la stessa spinta che mi portava ai miei peccati, mi portava anche ai miei doni.
La maggior parte dei miei doni che oggi tengo maggiormente in considerazione sono sviluppati da quel tempo peccaminoso in Sud America quando combattei contro la mia spinta verso l’intimità, nel mezzo della mia solitudine e del mio scoraggiamento.
Per esempio, uno dei doni che più apprezzo è quello di costruire comunità. Varie volte i Gesuiti mi hanno chiesto di essere il superiore di una comunità. Il Superiore è il responsabile della costruzione della comunità e della riunione dei suoi membri.
Io posso farlo perché quando tornai dal Sud America cominciai a sviluppare il dono di costruire comunità molto affiatate, cosicché pochi dovessero poi attraversare e subire ciò che io avevo dovuto subire.
Un altro dono molto importante è la mia vita di preghiera, ma fu il Sud America a farmi diventare serio nella preghiera. Vivendo una vita così isolata, mi resi conto che se non avessi instaurato una stabile relazione con Gesù, sarebbe stato meglio che avessi lasciato i Gesuiti e mi fossi sposato. Così molti dei doni che oggi ho sono nati dal periodo più peccaminoso della mia vita.
Questa cosa che ci viene detta ora, è veramente una cosa preziosa; per esempio, chi può essere la persona che aiuta di più un drogato ad uscire dalla droga e a ricostruire se stesso, a ritrovare Gesù, a ricostruire il suo equilibrio nella vita? Chi può essere? Chi è stato un drogato! Da chi può essere aiutata una donna che fà una vita dissipata o fà la prostituta? Da una donna che ha conosciuto anch’essa quel tipo di vita; conosce le angosce e le sofferenze per parlare a cuore aperto. Quale persona può aiutare di più un padre o una madre che hanno perduto il proprio figlio? Una persona che ha fatto quella esperienza.
Ma chi può aiutare meglio una madre che ha il figlio che non crede in Dio e che si ribella e magari diventa un delinquente? Un’altra madre che ha avuto la stessa sofferenza e che ha imparato a portarla avanti con Gesù, e ha vinto.
Vedete come l’esperienza fatta nel male, a qualsiasi livello, nostro e di chi sta vicino a noi, diventa, sotto l’azione della grazia, una spinta potente per aiutare i nostri fratelli.
Un’idea che mette insieme l’idea del pagliuzzare, del peccato e del dono, è la pietà di Michelangelo. Alcuni anni fa uno squilibrato prese un martello e rovinò il viso di Maria. Quell’uomo aveva dentro di sé così tante tenebre che poteva guardare un’opera d’arte bellissima, e scorgere in essa qualcosa da distruggere.
Pagliuzzare è quando l’oscurità che è dentro di noi balza fuori verso un’altra persona e ci dice: lì c’è il male. Noi vogliamo che gli altri cambino o perfino che siano distrutti, mentre in verità il male è dentro di noi, e siamo proprio come quello che vediamo negli altri.
Il danno alla Pietà ci illustra anche l’idea del peccato e del dono, perché ciò che lo rese così drammatico per il mondo è che la Pietà è un’opera così bella che anche il più piccolo segno fatto su di essa era una tragedia.
Più conosceremo la nostra bellezza e più conosceremo i nostri doni, più conosceremo il nostro peccato che sta rovinando, davanti agli occhi di Dio, la nostra bellezza.
Se non vedremo i nostri peccati però, non ci renderemo conto che anche il più piccolo segno sulla nostra coscienza, è una tragedia agli occhi di Dio.
Il Signore vuole che ci consideriamo per quello che ciascuno di noi vale; e quanto è questo valore? A caro prezzo siamo stati comprati! Tutto il Sangue di Gesù, non come pensa il mondo il quale pensa: tutto il sangue per tutti gli uomini di tutti i tempi, quindi per me: un solo globulo rosso…Se in tutto il mondo ci fossi stato solo te, Gesù sarebbe morto lo stesso solo per te perché per Dio anche una sola persona è così preziosa (ricorda la pecorella smarrita).
In Marco 5, quando Gesù attraversa tutto il lago di Genezaret, incontra l’indemoniato geraseno, lo libera da migliaia di demoni, e poi, dopo aver fatto tutto questo, arriva la gente del posto e lo caccia via: è andato avanti e indietro sul lago per salvare una persona sola (è un esempio).
La cosa più interessante che ci viene dall’esempio della pietà è che ci mostra quello che Dio fa anche con il peccato: lo ripara e ci rende perfino maggiore bellezza di quanta ce ne era stata prima. Molti maestri d’arte hanno lavorato per riparare la Pietà, così che adesso non si vede più che è stata danneggiata, anzi, nella Pietà oggi c’è perfino una nuova bellezza. Questo è ciò che il peccato fa in noi: può darci una nuova bellezza se noi lasciamo che il Signore ci ami. Mentre molti artisti hanno guardato la Pietà e hanno scelto di considerarla un’opera preziosa come un dono, uno squilibrato ha guardato la stessa Pietà ed ha scelto di distruggerla.
Ogni volta che ricordiamo un evento peccaminoso nella nostra vita, ci viene offerta la stessa scelta: di considerarla un dono, o di distruggerla.
Nella parabola del Figliol prodigo, due persone guardano allo stesso avvenimento e reagiscono in modo differente: per il fratello maggiore è una disgrazia, per il padre è il più grande dei doni. Il padre può dire: io odio la distruzione che è avvenuta per mezzo del peccato, ma adesso ne stanno nascendo dei doni, ne nascono delle grazie. Il padre dice: adesso io e mio figlio possiamo essere più vicini che mai.
La sfida vera è di guardare al nostro peccato e vedere il dono che vede il Signore e che Lui promette di cavare fuori dal male.
Del resto ha detto San Paolo: tutto concorre al bene di coloro che amano Dio e che sono chiamati secondo il suo disegno (Rm 8, 28).
Adesso rilassatevi e mettetevi in preghiera respirando profondamente. State con Maria ai piedi della croce e prendete il Corpo freddo e straziato di Gesù, coperto di sangue; quel Corpo così bello ma anche così rovinato.
Guardate le sue innumerevoli ferite e sentite il dolore che viene in voi, partecipando alla profondissima angoscia di Maria: Gesù ha dato fino all’ultima sua goccia di Sangue e tuttavia coloro che Egli ha guarito, ancora lo respingono e rifiutano il suo perdono.
Dite a Maria che volete che la morte di Gesù provochi in voi un cambiamento; poi tenete Gesù fra le braccia e pronunciando le parole: Signore Gesù, pietà di me, inspirate il perdono di Gesù, su dai piedi, attraverso le gambe, su dentro di voi fino a che il perdono di Gesù ha riempito tutto il vostro corpo.
Con una pena ed un dolore che cresce ad ogni respiro, anelate alla misericordia di Gesù, come cercate l’aria. Fate che il vostro respiro colmo del perdono di Gesù si riversi e purifichi ogni parte del vostro corpo di cui Gesù vi ha fatto dono e di cui voi avete abusato per peccare.
Chiedete a Gesù di rivelarvi il peccato di ogni parte del vostro corpo: ad esempio quando avete adoperato le vostre orecchie, la vostra bocca, le vostre mani ecc., per udire, parlare, toccare troppo o troppo poco. Fate che il vostro respiro purifichi, mediante la Misericordia, le vostre orecchie, la vostra bocca, le vostre mani. il vostro cuore; ogni organo, ogni parte in cui Gesù vi rivela il peccato.
Inspirate in ogni parte del vostro corpo, il perdono di Gesù. Consacrate quella parte dei suoi doni, al Padre, e mentre questo avviene, guardate Maria e assorbite il suo sorriso mentre Ella vede Gesù vivere in voi.
Fate il canto in lingue.
Dobbiamo ringraziare il Signore di averci fatto scoprire questa sera, che siamo preziosi ai suoi occhi, che siamo amati, e che il nostro corpo è pure amato da Lui perché ci ha creati.
Ci ha fatto capire che ci ama anche se siamo peccatori, anche se odia il nostro peccato, ci ama ed è morto per noi.
Molti avranno sentito questa sera l’effetto di tenere fra le braccia Gesù che è morto per noi; potevamo osservare le sue orribili ferite. Ma anche dire in qualche modo: questo Gesù è mio perché mi si è regalato Lui; mi ha fatto il regalo di sé.
innamorati della lode
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NON SCENDO DALLA CROCE Di Fulton j Sheen,vescovo
Ero uscito di casa per saziarmi di sole.Trovai un uomo che
si dibatteva nel dolore della crocifissione.Mi fermai
e gli dissi:"Permetti che ti aiuti"?Lui rispose:
Lasciami dove sono.
Non scendo dalla croce fino a quando sopra vi
spasimano i miei fratelli.
fino a quando per staccarmi
non si uniranno tutti gli uomini.
Gli dissi"Che vuoi che io faccia?"
Mi rispose:
Và per il mondo e di a coloro
che incontrerai che c è un uomo
che aspetta inchiodato alla croce.
si dibatteva nel dolore della crocifissione.Mi fermai
e gli dissi:"Permetti che ti aiuti"?Lui rispose:
Lasciami dove sono.
Non scendo dalla croce fino a quando sopra vi
spasimano i miei fratelli.
fino a quando per staccarmi
non si uniranno tutti gli uomini.
Gli dissi"Che vuoi che io faccia?"
Mi rispose:
Và per il mondo e di a coloro
che incontrerai che c è un uomo
che aspetta inchiodato alla croce.
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