La famiglia
Teresa Dush nasce dopo la mezzanotte del 10 settembre 1845, a Porzus degli Slavi, e lo stesso giorno viene portata in chiesa per ricevere il sacramento del battesimo. I genitori, Giuseppe e Caterina Grimaz sposati già da 18 anni (4 aprile 1827), accolgono come un dono di Dio quella creatura che per tanto tempo hanno atteso.
La famiglia Dush vive poveramente, come del resto tutti gli abitanti di Porzus, piccolo paese abbarbicato sulle Prealpi Giulie sopra Attimis, in Provincia di Udine. La terra erta e sassosa dà qualche po’ di raccolto, il resto è prato e pascolo. La piccola Teresa conosce presto la durezza della vita. E’ una bambina buona e docile, condivide volentieri la fatica e il lavoro dei genitori, ma è gracile e cagionevole di salute. Frequenta la chiesa parrocchiale, ed è molto attenta alle lezioni di catechismo del parroco, don Giuseppe Costaperaria, da cui impara le verità fondamentali della fede. La bambina deside
E’ un giorno di sabato, quell’8 settembre 1855, festa della natività della Beata Vergine Maria. E’ festa di precetto, ma forse non ci sarà la Messa a Porzus. Il colera ha incominciato a mietere vittime nel paese, e il cappellano, don Giuseppe, che si è prodigato nell’assistenza ai colerosi di Clap e di Porzus, è stato colpito dal male. Per lui e per altri non c’è più speranza. Proprio in questo giorno avviene il fatto straordinario che segnerà profondamente tutto il paese di Porzus e Teresa Dush in particolare. La bambina non ha ancora compiuto dieci anni.
Due filoni di testimonianze, indipendenti fra di loro, hanno conservato e tramandato la memoria dell’avvenimento: il primo è passato oralmente da padre in figlio a Porzus e nei paesi limitrofi, il secondo è stato fissato in alcuni manoscritti delle Suore della Provvidenza. Le testimonianze concordano sostanzialmente tra di loro, e narrano quanto segue. Caterina Grimaz, non si è accorta delle due feste di precetto che si succedono: il sabato 8 settembre e la domenica seguente; non ha perciò provveduto erba sufficiente per sfamare le bestie. Chiama Teresa e le ordina di scendere nella dolina a segarne un po’. La bambina, osserva timidamente che non si deve lavorare di festa: così ha detto il sacerdote a catechismo.
“Mangiamo noi, devono mangiare anche le bestie” è la risposta perentoria della madre.
Teresa s’incammina. E’ combattuta dentro di sé: obbedire al cappellano o obbedire alla mamma? Chiede aiuto alla Vergine che ama tanto. Arrivata al prato si accinge al lavoro, ma qualcuno le toglie il falcetto di mano. Alza gli occhi e vede una bella Signora col suo falcetto in mano che le sorride e dolcemente le dice:
“Non si deve lavorare di festa!”.
Teresa confida il suo piccolo dramma. La signora si china, taglia una manata di erba e la porge alla bambina dicendo: “Prendi, questa basterà”. Poi aggiunge:
“Di’ a tutti di santificare il nome del Signore e di non bestemmiare, perché così facendo offendono Mio Figlio e addolorano il Mio Cuore materno. Inoltre desidero che si osservino i digiuni e le vigilie”.
Al ritorno, Teresa racconta il fatto straordinario alla madre che la guarda incredula, benché noti sul volto di lei una espressione di intensa gioia; ma quando constata che quella manata di erba è sufficiente per quel giorno, per il giorno successivo, e anche per il lunedì mattino, rimane profondamente colpita. La notizia del fatto si diffonde. Non tutti credono. “Di’ alla Madonna che ti dia un segno”, suggeriscono alla bambina, e c’è chi ha un sorriso motteggiatore. E’ un’altra domenica, forse la successiva. Teresa è in chiesa, e la Signora ritorna. E’ accanto all’altare con un vestito ricoperto di rose, e la chiama. Teresa è presa da timore. Si rivolge alle compagne, e queste la sospingono e l’accompagnano, ma non vedono nulla. Le sussurrano: “Chiedi il segno”. Teresa parla a lungo con la Madonna, poi esce di chiesa come trasognata e s’incammina verso casa. Dirà, più tardi, che la Madonna l’accompagnava.
Ha ricevuto "il segno". E’ una crocetta lunga tre centimetri che brilla come oro. La Madonna gliel'ha impressa sul dorso della mano sinistra. Tutti la possono vedere e, per quanto si cerchi di cancellarla, sfregandola e lavandola nell’acqua, rimane intatta, anzi diventa ancora più lucente. Don Giuseppe è morto. Da Cividale sale un sacerdote per amministrare i Sacramenti. Anche mons. Nicolò Tiossi, decano del Capitolo di Cividale, arriva lassù. A lui la bambina si confida e il sacerdote le crede.
L’apparizione del 1864
Teresa è consapevole della sua povertà, della sua ignoranza e della sua malferma salute, vorrebbe donarsi completamente al Signore, ma potrà padre Luigi che pure è tanto buono, accettare una come lei? Non sa leggere l’Ufficio della Madonna in latino, sa appena sillabare l’italiano! Nella preghiera apre il suo cuore alla Madre di Dio, e ancora una volta la Vergine viene a consolarla e rassicurarla. “ Va’ pure in convento, le dice, e quando dovrai leggere in latino lo saprai fare come le altre suore. Teresa si consiglia anche con mons. Tiossi che l’incoraggia. Ritorna a Udine all’inizio del 1864, per rimanervi definitivamente,
Il 7 Agosto 1864, festa di san Gaetano è ammessa in postulandato. La sua salute è precaria. Padre Luigi la invia in campagna ad Orzano, perché riprenda forza, ma non giova molto. Sarebbe ragionevole non ammetterla in noviziato, ma la Madonna l’ha inviata lì, perché lui, padre Luigi, gliela custodisca, e l’accompagni nel cammino della santità: no, non può rifiutarsi. Il 19 marzo 1867, festa di S. Giuseppe, Teresa inizia il noviziato. Lo trascorre, per alcun tempo, nella comunità di Cormons, accanto al Santuario della Madonna venerata sotto il nome di Rosa Mistica.
Ritornata a Udine, il 14 settembre 1868, festa dell’esaltazione della santa Croce, veste l’abito religioso ricevendo il nome di suor Maria Osanna. La sua malattia (tubercolosi polmonare) si va lentamente, ma inesorabilmente aggravando. Viene trasportata in infermeria, dove riceve le cure più assidue ed amorose da parte delle suore e di padre Luigi. Egli, personalmente, le porta la merenda a mezza mattina. Prende tra le sue, la mano diafana, segnata dalla Madonna, per tastarne il polso, e anche perché chi l’accompagna possa vedere quel segno misterioso. La croce, durante la malattia, non è più lucente come oro, ma è rossa. Dopo la morte diventerà bianca, e tutta la grande comunità del Collegio passerà a baciarla. Il 17 agosto 1870, suor Maria Osanna termina il suo Calvario quaggiù. Non ha ancora compiuto 25 anni.
“Era creatura più del cielo che della terra, se ne stava sempre con la mente e con il cuore assorti in Dio”, lasciano scritto le suore, .“ e così questo delicato fiorellino della Madonna, Maria Osanna, venne presto colto e trapiantato dalla SS.ma Vergine nelle aiuole del santo Paradiso”.
Il prato sempre fiorito e la “Iancona”
A Porzus, intanto, la gente, dopo l’apparizione della Madonna, comincia ad osservare un fenomeno insolito sul luogo dell’apparizione: il prato è sempre fiorito e la neve lì si scioglie prima che all’intorno, mentre dovrebbe avvenire il contrario, essendo la dolina un abbassamento di terreno simile ad una conca! Lì gli abitanti di Porzus vanno a pregare il Santo Rosario tutte le domeniche, e tutto il mese di maggio.
Nel 1885 decidono di costruire una piccola cappella, una Iancona come la chiamano ancor oggi. La Madonna non ha chiesto di costruirle un edificio sacro, come invece ha fatto in altre apparizioni, ma la gente lo vuole costruire “per non dimenticare” “per non lasciare cadere a vuoto” un fatto che ormai sta cambiando la vita in Parrocchia. Nel 1886 all’interno, su una parete laterale, pongono, un dipinto che rappresenta la scena dell’apparizione. La veggente è presentata non come una fanciulla di dieci anni, ma come una giovane di venticinque anni: l’età di Teresa quando morì. Sulla mano sinistra della veggente c’è il segno della croce. Il messaggio è scritto in alto, in forma lapidaria: sulla sinistra: “Santificate le feste – Non bestemmiate” sulla destra: “Osservate i digiuni e le vigilie”.
Gli abitanti di Porzus scolpiscono quelle parole anche nei loro cuori. Le relazioni delle visite pastorali compiute da vari Arcivescovi a Porzus fino alla seconda guerra mondiale testimoniano la viva devozione del paese alla Madonna, e la fedeltà al comandamento di santificare le feste. Negli anni in cui mancò il sacerdote, “tutti, giovani e anziani, scesero lungo i non facili sentieri del monte per partecipare alla santa Messa nella Chiesa di Faedis o in quella di Forame.
|
Nessun commento:
Posta un commento