mercoledì 9 marzo 2011

Ora Santa nel Getsemani



Divínissimo Spirito, illuminami ed infiammami nella meditazione della Pas­sione di Gesù, aiutami a penetrare questo mistero di infinito amore e do­lore di un Dio, che, rivestito della no­stra umanità, soffre, agonizza e muore per amore della creatura!... L'Eterno, l'Immortale che si abbassa, si umilia fino a subire il più immenso martirio, l'ignominiosa morte di Croce fra insul­ti, disprezzi ed obbrobri per salvare la creatura che l'offese e si ravvolse nel fango della colpa. L'uomo gioisce nella colpa ed il suo Dio per il peccato s'at­trista, pena, suda Sangue, fra terribili agonie di spirito. No, non potrò io ad­dentrarmi in questo pelago sconfinato d'amore e di dolore se con la Tua gra­zia non mi sostieni. Ch'io possa pene­trare nell'intimo del Cuore di Gesù per leggervi l'essenza delle Sue ama­rezze che Lo ridusse a morte lì nell'Or­to; ch'io possa confortarlo col mio amore nell'abbandono del Padre e dei suoi. Ch'io possa unirmi a Lui per espiare con Lui.
Addolorata Mamma Maria, uniscimi con Te, per seguire Gesù e condividere le Sue pene ed i Tuoi dolori...
Angelo mio Custode, custodisci le mie facoltà e tienile raccolte in Gesù Penante, affinché non vaghino lontano da Lui. Così sia.

I

Giunto al termine della sua vita ter­rena il Divin Redentore, dopo averci lasciato tutto Se stesso in cibo e be­vanda nel Sacramento d'Amore e nu­triti i Suoi Apostoli delle Sue Carni Immacolate, si avvia con i Suoi all'Or­to degli Ulivi, luogo noto ai discepoli ed allo stesso Giuda. Lungo il tragit­to, che mena dal Cenacolo all'Orto, Gesù ammaestra i Suoi discepoli; li prepara alla prossima separazione, al­l'imminente Sua Passione e li prepara a subire per amor suo calunnie, perse­cuzioni e la stessa morte; a ricopiare in loro Lui, Modello Divino.
« Io sarò con voi ». E voi non vi tur­bate, o discepoli, perché la Divina pro­messa non verrà meno; la prova l'avre­te nella presente ora solenne.
Egli è là per dare inizio alla Sua do­lorosa Passione; più che pensare a Se, è tutto premura per voi.
O quale immensità d'amore racchiude quel Cuore!... Il Suo Volto è soffuso di mestizia e di amore insieme; le Sue parole partono dall'intimo del Suo Cuore. Egli parla con profusione di affetti, incoraggia, conforta e promette confortando, spiega i più profondi mi­steri della Sua Passione.
Sempre, o Gesù, mi ha toccato il cuore questo Tuo viaggio dal Cenacolo all'Orto, per l'espansione di un amore che si profonde e si fonde con gli amanti suoi per l'espansione di un amore che si avvia ad immolarsi per gli altri, per riscattarli dalla schiavitù. Tu l'hai insegnato che non vi è mag­gior prova d'amore che dare la propria vita per gli amici, e Tu sei ora per suggellare questa prova d'amore con l'immolazione della Tua vita.
Chi non rimane compreso da sì ge­nerosa oblazione?
Appressatosi il Divino Maestro al­l'Orto licenzia i discepoli, prendendone solo tre, Pietro, Giacomo e Giovanni, per renderli testimoni delle Sue pene. Proprio quei tre che Lo videro tra­sfigurato sul Tabor tra Mosè ed Elia e Lo confessarono Dio, avrebbero ora la forza di riconoscerlo Uomo-Dio tra pene e tristezze mortali? Entrato nell'Orto dice loro: « restate qui, ve­gliate e pregate affinché non entriate in tentazione »; state all'erta, par che dica loro, perché il nemico non dorme: premunitevi contro di lui con l'arma della preghiera, affinché non possiate essere coinvolti ed indotti nel pec­cato. E' l'ora delle tenebre. Ciò rac­comandato, si allontana da loro quanto un tiro di pietra, e si prostra a terra.
Egli è estremamente triste: l'anima Sua è in preda ad indescrivibile ama­rezze. La notte è alta e limpida, la lu­na splende nel cielo, lasciando nella penombra l'Orto, sembra che proietti sulla terra sinistri bagliori, precursori di cose gravi e sinistri avvenimenti, che fanno rabbrividire e gelare il san­gue nelle vene, sembra come tinta di sangue; un vento, come foriero di prossima tempesta, agita gli ulivi, uni­to a quel fruscio di foglie penetra nel­le ossa come annunzio di morte, scen­dendo fino nell'anima, riempiendola di mortale mestizia.
Notte la più orrenda che non ne sor­gerà mai più una eguale! ...
Che contrasto, o Gesù! Come fu bel­la la notte del Tuo Natale quando gli Angeli tripudianti annunziarono la pa­ce, cantando gloria; ed ora parmi che mesti Ti fanno corona tenendosi a rispettosa distanza, come rispettando la suprema angoscia del Tuo spirito.
E' questo il luogo ove giunse Gesù per pregare. Egli priva l'umanità sa­crosanta della forza che le conferiva la Divinità, sottomettendola a tristez­za indefinibile, a debolezza estrema, a mestizia ed abbandoni, a mortale an­goscia. Lo Spirito Suo nuota in esse come in mare sconfinato, che par che ad ogni istante è per sommergersi. Rappresenta al Suo imminente tutto il martirio della Sua imminente Passio­ne, che come un torrente straripante si riversa nel Suo Cuore e lo martoria, l'opprime e lo dilania. Vede Egli per prima Giuda, discepolo suo, tanto da Lui amato, che Lo vende per sole po­che monete, ch'é per appressarsi al­l'Orto per tradirlo e, consegnarlo in mano dei nemici. Lui!.. L'amico, discepolo che poc'anzi aveva satollato delle Sue Carni... prostrato dinanzi a lui gli aveva lavati i piedi e stretti al Suo Cuore, li aveva con fraterna tene­rezza baciati, come se a forza di amo­re volesse distoglierlo dall'empio e sa­crilego proposito o almeno, che com­messo l'insano delitto, rientrato in sè, rammentandosi delle tante prove d'a­more, si fosse pentito e salvato. Ma no, egli si perde e Gesù piange la sua vo­lontaria perdita. Si vede legato, tra­scinato dai suoi nemici per le vie di Gerusalemme, per quelle stesse vie ove pochi giorni innanzi era passato trion­falmente acclamato quale Messia... Si vede dinanzi ai Pontefici percosso, di­chiarato da essi reo di morte. Lui, l'au­tore della vita, si vede ancora condot­to da un tribunale all'altro in presen­za di giudici che Lo condannano: vede il popolo Suo, da Lui tanto amato e beneficato, che L'insulta, Lo maltratta e con urli infernali, con fischi, con schiamazzi ne chiede la morte e la morte di Croce. Ne ascolta le ingiuste accuse, vedesi condannato ai flagelli più spietati: si vede coronato di spine, deriso, salutato qual re da burla, schiaf­feggiato...
Si vede infine condannato alla igno­miniosa morte di Croce e salire il Cal­vario: sfinito sotto il peso di essa, ca­dere più volte a terra esangue... Si ve­de, giunto al Calvario, denudato, di­steso sulla Croce; crocefisso spietata­mente, elevato su di essa, a vista di tutti; appeso a tre chiodi che Gli squarciano e Gli dislogano e vene ed ossa e carne... Oh! Dio, che lunga ago­nia di tre ore che dovrà straziarlo fra gli insulti di tutto un popolo folle e spietato.
Vede la Sua gola e le Sue viscere bruciarsi dall'ardente sete e vede a questo straziante martirio aggiungersi l’abbeveramento di aceto e fiele.
Vede l'abbandono del Padre, la desolazione della Madre appié della Croce.
In ultimo la morte ignominiosa, fra due ladri, uno che Lo riconosce e Lo confessa quale Dio: e si salva, l'altro che Lo bestemmia e l'insulta e muore disperato.
Vede Longino che si appressa e per sommo insulto e disprezzo, Gli squar­cia il costato e... come tutti i mortali an­cora subisce l'umiliazione del Sepolcro. Tutto, tutto è schierato innanzi a Lui a tormentarlo e Gesù si atterri­sce; e questo terrore si impossessa del Suo Cuore Divino e Lo attanaglia di­niandolo. Egli trema come preso da febbre altissima, lo spaventa si impos­sessa ancora di Lui ed il Suo Spirito languisce in mortale tristezza. Egli l'Agnello innocente, solo, abbandonato in mano dei lupi, senza alcuna difesa... Egli, il Figlio di Dio... L'Agnello vota­tosi spontaneamente al sacrificio per la gloria di quello stesso Padre che L'abbandona al furore delle potestà infernali, per la Redenzione del genere umano; di quelli stessi suoi discepoli, che vilmente Lo abbandonano e fug­gono da Lui come l'essere più perico­loso. Egli, il Verbo eterno di Dio, ri­dotto alla favola dei suoi nemici...
Ma Egli si ritrae?... No, sin dal prin­cipio tutto generosamente abbraccia senza riserva.
Com'è, e da che questo terrore?... Questo mortale spavento?... Ah! Egli ha esposto l'umanità Sua come bersa­glio a ricevere su di Sé tutti i colpi della divina giustizia lesa per il pec­cato. Egli sente al vivo nel nudo spirito tutto ciò che deve soffrire, ogni singola colpa che deve espiare con sin­gola pena e si abbatte perché ha la­sciata l'umanità Sua in preda a debo­lezza, a terrori, a spaventi.
Sembra agli estremi... Egli è pro­strato col volto sulla terra dinanzi al­la Maestà del Padre Suo. Quella divi­na Faccia, che tiene estasiati in eterna ammirazione di Sua Bellezza gli An­geli ed i Santi del cielo, è sulla terra tutta sfigurata. Mio Dio! Mio Gesù! Non sei Tu il Dio del cielo e della ter­ra, eguale in tutto al Padre Tuo, che Ti umilii sino al punto di perder quasi le sembianze dell'uomo?...!
Ah... sì, lo comprendo, è per insegna­re a me superbo che, per trattare col Cielo, devo inabissarmí nel centro del­la terra. E' per riparare ed espiare la mia alterigia, che Tu Ti profondi così, dinanzi al Padre Tuo; è per piegare il Suo pietoso sguardo sulla umanità, ritrattolo per la sua ribellione a Lui. E per la Tua umiliazione Egli perdona alla creatura superba. E' per pacifica­re la terra col Cielo, che Tu ti abbas­si su di essa, come per darle il bacio di pace. O Gesù, che sii sempre e da tutti benedetto e ringraziato per tanti Tuoi abbassamenti ed umiliazioni con cui ci hai donato Dio ed a Lui ci hai unito in un amplesso di santo amre.

II

Gesù si alza e volge al Cielo lo sguardo supplichevole e mesto; eleva le Sue braccia e prega. Mio Dio, di quale pallore mortale è soffuso quel volto!... Egli prega quel Padre che pa­re volgere altrove lo sguardo e pronto soltanto a colpirlo colla sua vindice spada ed in tutto il suo furore qual Dio offeso. Egli prega con tutta la fi­ducia di Figlio, ma conosce appieno l'ufficio che Egli sostiene. Riconosce essere, il solo per tutti, l'oltraggiatore della Divina Maestà. Riconosce essere il solo che con il sacrificio della sua vita può soddisfare la Divina Giusti­zia e riconciliare la creatura con il Creatore. Egli lo vuole ed efficacemen­te lo vuole. Ma la natura è atterrita in vista della sua amara Passione. Tutto vuol respingere, ma lo Spirito è pronto alla immolazione e ne sostie­ne la lotta con tutte le sue forze. Si sente abbattuto, ma Egli lotta accani­tamente.
Mio Gesù, come pótremo noi attingere forza da Te, se Ti vediamo così sfinito ed abbattuto?
Comprendo sì: tutte le nostre debo­lezze che hai prese per Te. E' per conferire a noi la Tua forza che Ti abbatti così. E' per insegnare a noi che dob­biamo solo in Te la nostra fiducia nel­le lotte della vita, anche quando ci sembra che il Cielo sia chiuso per noi.
Gesù estremamente oppresso grida al Padre: « Se è possibile passi da Me questo Calice ». E’ il grido della natura che, oppressa, fiduciosa ricorre all'aiuto del Cielo. Pur sapendo che non sarà esaudito in ciò che domanda, perché Egli così vuole, Egli prega. Mio Gesù, qual ne è la ragione perché Tu chiedi quello che non vuoi Ti sia concesso? Il dolore e l'amore.
Ecco il grande segreto. Il dolore che Ti opprime Ti porta a chiedere aiuto e conforto, ma l'amore per soddisfare la giustizia divina e ridarci a Dio, Ti porta a gridare; « Non la Mia, ma la Tua volontà sia fatta ». A questa pre­ghiera il Cielo si mantiene duro come di bronzo.
Il Suo Cuore esulcerato ha bisogno di conforto: l'abbandono in cui versa, la lotta che da solo sostiene pare che Lo facciano andare in cerca di chi Lo conforti. Lentamente dunque si alza da terra e, quasi barcollante, muove il passo. Si avvia verso i discepoli in cerca di conforto. Essi, vissuti per tanto tempo con Lui, essi, i suoi confi­denti, potranno comprendere il Suo in­terno affanno ed a quale cimento va in­contro per condurlo a fine. Essi sapran­no trovare per Lui un po' di conforto.
Ma! O delusione!... Li trova immersi in profondo sonno, sentesi di più di essere solo in quella sconfinata solitu­dine del Suo Spirito. Si avvicina loro, li chiama e, dolcemente volto a Pietro, dice: « Simone, tu dormi?.... ». Tu che protestavi volermi seguire fino alla morte e dare la vita per Me, tu dormi? E rivolto agli altri aggiunge: « Così dunque non avete potuto vegliare un’ora sola con Me!... ». Lamento d'Agnel­lo votato all'immolazione, di un cuore che soffre ferito intensamente... solo, senza conforto...
Ma si ridesta come da un abbatti­mento e, come dimentico di Se e di ciò che soffre, tutto premura e carità per essi, soggiunge: « Vegliate e pregate af­finché non entriate nella tentazione ». Par che voglia dire: Se così presto vi siete dimenticati di Me, che lotto e sof­fro, vegliate e pregate almeno per voi. Ma essi aggravati dal sonno, appena percepiscono la voce di Gesù, appena Lo distinguono come un'ombra, tanto che non rilevano il Suo Volto sfigurato dall'interna ambascia che Lo marto­ria... O Gesù, quante anime generose ferite da questo Tuo lamento Ti han­no fatto compagnia lì nell'Orte, partecipando alle Tue amarezze ed alle Tue angosce mortali... Quanti cuori nel volgere dei secoli, hanno risposto generosamente al Tuo invito... Ti sia di conforto dunque, in questa ora su­prema, questa schiera di anime che meglio dei discepoli condividendo con Te l'ambascia del Tuo Cuore coopere­ranno con Te alla propria ed altrui salute. E fa che anch'io entri nel numero di costoro per poterti prestare anch'io un qualche sollievo.

III

Gesù è tornato al Suo luogo di preghiera ed un altro quadro più orrenda del primo Gli si presenta. Tutti i no­stri peccati con tutte le loro brutture si schierano, dinanzi a Lui in tutti i loro particolari. Vede tutta la malva­gità e la malizia delle creature nel commetterli. Conosce Egli fino a qual punto questi peccati ledono ed oltrag­giano la Maestà di Dio. Vede tutte le nefandezze, le immodestie, le bestem­mie che si elevano dalle labbra delle creature accompagnate dalla malizia dei loro cuori, di quei cuori e di quelle labbra create per sciogliere al Creatore soltanto inni di lode e di benedizione. Vede i sacrilegi di cui si imbrattano, e sacerdoti e fedeli, noncuranti di quei Sacramenti istituiti per la nostra salvezza e come mezzi necessari di comunicazione di grazie divine, fatti mezzi invece di peccati e di condanna per le anime. E di tutto questo im­mondo ammasso di corruttela umana Egli deve rivestirsi e presentarsi di­nanzi alla Santità del Padre Suo, per espiarli tutti con singole pene, per ren­dergli tutta quella gloria che Gli hanno tolta, per mondare quella cloaca umana in cui con indifferenza sprezzante si ravvolge.
E tutto questo non Lo fa indietreg­giare. Come un mare fluttuante que­sto ammasso Lo inonda, Lo investe, L'opprime. Eccolo, dinanzi al Padre Suo affrontare tutto lo sdegno della Sua divina giustizia. Egli l'essenza della purezza, la santità, per natura a contatto col peccato!... Anzi come divenuto peccatore Lui stesso. Chi può comprendere il disgusto che ne prova nell'intimo del Suo Spirito? L'orrore che ne sente? La nausea, il disprezzo che ne risente? Ed avendoli presi tutti sul Suo dorso, nessuno eccettuato, questa immensa mole Lo schiaccia, L'opprime, Lo abbatte, Lo prostra: ed Egli sfinito geme sotto il peso della giustizia divina, dinanzi al Padre Suo che volge la faccia pronto a colpirLo, quale maledetto, in tutto il suo furore. Vorrebbe scuotere da Sè questa immensa mole che Lo schiaccia. Vorreb­be scaricarsi di questo peso orrendo che lo fa rabbrividire... La sua purezza stessa Lo respinge... Lo sguardo mede­simo irritato del Padre, che Lo abban­dona in queste acque limacciose e pu­trefatte di colpe onde Lo vede rivesti­to: tutto concorre nel Suo Spirito a sospingerlo, a ritirarsi dall'amara pas­sione. La natura lotta con se stessa. Tutto consiglia a scaricarsi di queste ne­fandezze, declinandone la mediazione. Ma il riflesso della giustizia non suf­fragata, il peccatore non riconciliato, predomina nel Suo Cuore pieno d'a­more.
Queste due forze, questi due amori, l'uno più santo dell'altro se ne dispu­tano nel Cuore del Salvatore la vit­toria. Chi prevarrà? Non v'è dubbio che Egli vuol dare la vittoria alla giu­stizia offesa. Questa primeggia su tutto e questa vuole che trionfi. Ma quale figura Egli deve rappresentare? Di uo­mo lordo di tutte le brutture dell'uma­nità. Lui, la santità sostanziale, vedersi bruttato, sia pure in semplice appa­renza, di peccato? Questo no. Questo Lo terrorizza, questo Lo spaventa, questo Lo atterrisce.
E come per trovare la soluzione del duro compito, ricorre alla preghiera. Prostrato dinanzi alla Maestà del Pa­dre Suo: « Padre, Gli dice, passi da Me questo calice ». Come se avesse voluto dire: Padre mio, voglio la Tua gloria; voglio che la Tua giustizia sia piena­mente soddisfatta. Voglio che l'uma­na famiglia sia con Te riconciliata. Io che sono la stessa Tua santità, ve­dermi bruttato di peccato, ah! questo no. Passi dunque, passi da Me questo calice, e Tu, cui tutto è possibile, tro­va nei Tuoi infiniti tesori della Tua Sapienza altro mezzo. Ma se questo non lo vuoi: « Non la Mia, ma la Tua Volontà sia fatta! ».

IV

La preghiera del Salvatore anche questa volta rimane senza il suo effet­to. Egli si sente morire: a stento si le­va dalla preghiera per andare in cerca di conforto, si sente debilitato di forze e barcollante ed ansante muove i Suoi passi verso i suoi discepoli. Li trova di nuovo addormentati. Per questo Egli si rattrista più intensamente e si contenta soltanto di svegliarli. Quale confusione dovette assalirli! Gesù pe­rò nulla dice loro questa volta, solo parmi vederlo immensamente più tri­ste. Egli tiene tutta per Sé l'amarezza ed il dolore di quell'abbandono, di quella indifferenza e pare che col Suo si­lenzio compatisca la debolezza dei suoi.
O Gesù, quanta pena io leggo nel Tuo Cuore già pieno ed esuberante di ambascia. Ti veggo ritrarti dai tuoi discepoli sì accorato. Ah! se io potes­si sollevarti e darti un po' di confor­to... Ma io non sapendo far altro pian­go accanto a Te... Le lagrime del mio amore per Te e del mio dolore per i miei peccati, consce di tanto Tuo pe­nare, si uniscano con le Tue e possano esse salire al trono del Padre e piegarlo a misericordia verso di Te e di tante anime che dormono ancora il sonno del peccato e della morte.
Gesù ritorna ancora al suo luogo di preghiera afflitto, accasciato, e cade a terra, più che prostrarsi; un'angoscia mortale Lo strazia ed Egli più intensa­mente prega. Il Padre tiene volto al­trove lo sguardo, come se fosse l'uomo il più abbietto.
Parmi di sentire tutti i lamenti del Salvatore. Oh! almeno l'uomo, per il quale Io agonizzo e per il quale Io sono pronto a tutto abbracciare, mi fosse grato, mi ricompensasse con a­more tanto mio penare per lui. Valu­tasse la preziosità del prezzo col quale Io mi accingo a ricomprarlo dalla morte del peccato per dargli la vera vita dei Figli di Dio! Ah... L'amore che dilania il mio Cuore, più che i carne­fici dilanieranno le mie Carni!... Oh! no, Egli vede l'uomo, che non sa, per­ché non vuole, trarne profitto. Bestemmierà ancora questo Sangue, di­vino e più irreparabile ed inescusabile ne diverrà la sua perdita. Solo pochi ne trarranno profitto ed i più corrono egualmente la via della perdizione! E sotto l'estrema ambascia del Suo Cuore lacerato va ripetendo: « Quae utili­tas in Sanguine Meo? »... E ricade af­franto.
Ma ancora questi pochi spingono il Suo Cuore a restare sul luogo del com­battimento, ad affrontare tutte le pe­ne ed i dolori della Sua passione e morte, per conquistare loro la palma della vittoria!... Egli non ha più dove rivolgersi per trovar conforto, il Cielo è chiuso per Lui!... L'uomo che pur giace morente, sotto il cumulo delle sue colpe, indifferente, ingrato, disco­nosce l'amore Suo per lui!... Egli versa in mortale agonia, l'amore Lo dilania e Lo martoria!... Il Suo Volto è tinto di mortale pallore, i suoi occhi lan­guidi, una tristezza indefinibile Lo in­vade tutto. « La mia anima è triste fino a morirne ».
Con quali accenti di smisurato do­lore pare che io ascolti dal Tuo labbro, o Gesù, queste Tue parole!... Esse sve­lano una tristezza profonda, che parte dall'intimo del Tuo spirito!
Il timore Lo scuote, Lo fa tremare tutto, un'ambascia di morte L'oppri­me!... La nausea del puzzo di tante colpe Lo rivolta tutto; una noia In­tensa invade l'anima Sua!... « L'anima mia è triste a morirne ». O Gesù, mio mallevadore generoso, come mi scen­dono direttamente nel cuore queste Tue parole! Oh, se potessi io sollevarti e sostenerti! O Gesù, la contemplazione di tanti Tuoi martirii mi fa piangere accanto a Te.
Gesù, Gesù! Oh,... Egli più non ascolta il mio grido! L'amore lo rende carnefice di se stesso. Egli è svenuto a terra, dal Suo Volto, dalla Sua Per­sona tutta, scorre sangue fino a ba­gnare la terra. Dapprima io Lo vedo a grandi gocce emettere dai Suoi pori, poi riunendosi scorrere dalla Sua per­sona come rivoletti a terra. Non più col Volto a terra Egli è, ma con le mani giunte distese, le braccia rilasciate lunghe a terra, gettato sul fianco si­nistro, tutto disteso, in mortale abban­dono, col Volto e la persona nel Suo Sangue, il Volto ne è tutto intriso, gli occhi semichiusi e quasi spenti, la bocca semiaperta, il petto, prima an­sante, ora affievolito, or quasi del tutto cessato di battere.
Gesù, adorato Gesù, ch'io muoia ac­canto a Te! Gesù, il mio silenzio con­templativo, accanto a Te morente, è più eloquente.... Gesù, le Tue pene pe­netrano nel mio cuore ed io mi abban­dono accanto a Te, le lagrime si dis­seccano sul mio ciglio ed io gemo con Te, per la causa che a tale agonia Ti ridusse e per l'intenso infinito Tuo amore, che a tanto Ti sottopose!
Sangue divino, spontaneamente Tu stilli dal Cuore amante del mio Gesù, la piena del dolore, l'amarezza estre­ma, la lotta accanita, ch'Egli sostiene, Ti sospinge da quel Cuore trasudando dai Suoi pori, scorri a lavare la ter­ra!... lascia che io Ti raccolga, San­gue Divino, specie questo primo; io Ti voglio custodire nel calice del mio cuore. E' la prova più convincente che solo unicamente l'amore Ti ha tratto dalle vene del mio Gesù, voglio con Te purificarmi e purificare tutti i luoghi contaminati dal peccato, voglio offrirti al Padre.
E' il Sangue del Suo Figliuolo pre­diletto, ch'è sceso a purificare la terra, è il sangue del Suo Figlio Uomo-Dio che ascende al Suo Trono a placare la Sua giustizia irritata per le nostre colpe. Egli è sovrabbondantemente soddisfatto...
Che dico?... Se la giustizia del Padre è soddisfatta, non è sazio Gesù di soffrire; no, Gesù non vuole ferma­re così la profusione della Sua ca­rità per essi..
L'uomo deve avere la prova infinita dell'amore Suo, deve vedere fino a quale ignominia Lo farà giungere... Deve ri­conoscere che la Sua Redenzione è sta­ta abbondante. Se l'infinita giustizia del Padre misura l'infinito valore del Suo Preziosissimo Sangue ed è soddi­sfatta, l'uomo invece deve toccare con mano che il Suo amore non è sazio di patire per lui e non si arresta, ma prosegue fino all'estrema agonia sulla Croce, fino alla morte ignominiosa su di essa...
L'uomo, forse tutto spirituale, può valutare, almeno in parte, l'amore che spontaneamente Lo riduce all'agonia qui nell'Orto, ma chi vive dedito agli affari materiali, aspirando più al mon­do che al Cielo, deve vederlo ancora nell'esterno agonizzare e morire sve­nato per lui, su di una Croce, per scuo­tersi alla vista di quel Sangue, di quelle agonie strazianti.
No, non è soddisfatto il Suo Cuore amante!... Egli ritorna in Sé, prega an­cora una volta: « Padre, se Tu non vuoi ­che questo calice passi senza che Io lo beva, non la Mia, ma la Tua volontà sia fatta ».
Ormai Gesù risponde al grido amo­roso del Suo Cuore, al grido dell'uma­nità che per essere redenta Gli grida morte. Alla sentenza di morte, che pronuncia il Padre contro di Lui, il Cielo e la terra Lo vogliono morto... e Gesù china la testa adorabile rasse­gnato. «Padre, se Tu non vuoi che, que­sto calice passi senza che Io lo beva, sia fatto la Tua volontà... ».
Ecco che il Padre invia un Angelo, un. Angelo messaggero per confortare Gesù. Quali motivi di conforto, di sol­lievo presenta l'Angelo al Dio forte, padrone dell'universo, invincibile, on­nipotente!... Ma Egli s'è fatto passi­bile, le nostre debolezze ha preso sopra di Sé, è l'uomo che soffre e che agoniz­za, è il miracolo del Suo amore infinito che Lo fa sudar Sangue e Lo riduce all'agonia.
La sua preghiera al Padre ha due motivi: uno per Sé, l'altro per noi. Il Padre non Lo esaudisce per Sé, ma Lo vuole morto per noi. Credo io che l'Angelo s'inchini riverente dinanzi a Gesù, a questa Eterna Bellezza ora ricoperta di sangue e di polvere e con deferente onore Gli appresti quel con­forto di rassegnazione ai Divini Volerí, supplicandolo per la gloria del Padre ed in nome dei peccatori tutti di bere quel calice che ab aeterno s'era offerto di bere per la loro salvezza. Egli ha pregato, per insegnarci ancora che quando l'anima nostra si trova in de­solazione, come la Sua, solo con la pre­ghiera cerchiamo conforto dal Cielo.
Egli, nostra forza, sarà pronto a soccorrerci perché ha voluto portare sopra di Sé le nostre miserie.
Si, o Gesù, Ti tocca bere il Calice sino alla feccia, ormai sei votato alla morte più straziante!... Gesù, che nien­te valga a staccarmi da Te, ne la vita, né la morte. Seguendoti in vita, lega­to a Te appassionato, mi sia dato spi­rare con Te sul Calvario, per ascende­re con Te nella gloria; seguire Te nelle tribolazioni e persecuzioni, per essere fatto degno un giorno, di ve­nirti ad amare alla svelata gloria nel Cielo, per cantarti l'inno del ringra­ziamento per tanto Tuo patire.
Ma ecco che Gesù si leva da terra, forte ed invincibile, quale leone in battaglia, ecco ora quel Gesù, che ane­lante desiderava questo banchetto di Sangue « desiderio desideravi », si rav­via le chiome scarmigliate, rasciuga il Suo Volto bagnato di sangue e forte e deciso si avvia verso l'uscita del­l'Orto.
Dove vai, o Gesù?... non sei Tu quel Gesù, ch'io vidi languire nell'anima in preda a terrore, tedio, paura, abbat­timento, desolazione, spavento?
Ch'io vidi tremare schiacciato sotto l'immensa mole dei mali, che erano per sopraggiungerti?...
Dove vai ora così pronto, risoluto, pieno di coraggio?... A che Ti esponi?... Oh! lo sento! L'arma della preghie­ra Mi ha fatto vincere e lo spirito ha soggiogato a sé la debolezza della na­tura; nella preghiera ho attinto forza ed ora posso tutto affrontare. Segui il Mio esempio e tratta col Cielo con la medesima fiducia nel dolore come lo ho fatto.
Gesù si avvicina ai tre Apostoli; essi dormono ancora: l'emozione, l'ora tar­da della notte, quel presentimento di qualche cosa di angoscioso, di irrepa­rabile che par si avvicini, la stanchez­za li ha versati nel sonno, quel sonno che opprime e che par impossibile po­tersene scuotere e ché, scuotendosene, ci si ricade senza saper come, tanto che Gesù li compatisce dicendo: « Lo spirito è pronto, ma la carne è inferma».
Intanto Gesù ha sentito così al vi­vo questo abbandono dei Suoi che esclama: « Dormite e riposatevi ades­so » e si sofferma. A stento, al rumore dei passi di Gesù con uno sforzo essi hanno aperti gli occhi. Indi Gesù pro­segue:
« Basta così; l'ora è venuta; il Fi­gliuolo dell'Uomo sarà dato nelle mani dei peccatori: alzatevi, andiamo. Colui che deve tradirmi è vicino ».
Gesù tutto vede col Suo sguardo on­niveggente, par che dica: Voi che siete miei amici e discepoli dormite, ma i miei nemici vegliano e si danno da fare per prendermi. Tu, Pietro, che ti sentivi forte di seguirmi fino alla morte, dormi! Sin da principio mi dai prova di debolezza; ma stai tranquillo, della tua debolezza Io mi rivestii ed ho pregato per te, ravvedutoti sarò la tua forza e pascerai i miei agnelli... Tu, Giovanni, tu pure dormi!... Tu che po­che ore fa, nell'estasi del mio amore per te; contasti i palpiti di questo Cuore, Tu pure dormi?... Alzatevi; an­diamo, non è più ora di dormire, il ne­mico è alle porte, è l'ora della potestà delle tenebre, si, andiamo. Io sponta­neamente vò incontro alla morte. Giu­da si appressa per tradirmi ed Io mi avanzo con passo fermo e sicuro, nes­sun ostacolo frapporrò al compimento delle profezie. E' giunta l'ora mia, l'ora di grande misericordia per l'umanità...
Ed infatti si odono alcuni rumori di passi, una luce rossastra di torce accese penetra attraverso le piante del­l'Orto e Gesù, seguito dai tre discepoli, si avanza intrepido e tranquillo.
O Gesù, comunica ancora a me la stessa forza, quando, nella previsione dei mali futuri, la mia debole na­tura vorrà ribellarsi, ch'io affronti co­me Te e con serena pace e tranquil­lità tutte le pene e travagli, che possa incontrare su questa terra di esilio; unisco tutto ai meriti Tuoi, alle Tue pene, alle Tue espiazioni, alle Tue la­crime affinché cooperi con Te alla mia salvezza e fugga il peccato, che fu 1'unica causa che Ti fece sudare sangue e Ti ridusse a morte.
Distruggi in me tutto ciò che non sia di Tuo gusto, e col fuoco santo della Tua Carità scrivi nel mio cuore i Tuoi dolori e stringimi sì fortemente a Te, con un nodo sì stretto e sì soave, ch'io non Ti abbandoni mai più nei Tuoi dolori; ch'io possa riposare sul Tuo cuore nei dolori della vita, per at­tingere da esso forza e ristoro. Che lo spirito mio non abbia altra brama che vivere al Tuo fianco nell'Orto e saziarsi nelle pene del Tuo Cuore; l'anima mia s'inebria del Tuo Sangue e si cibi con Te col pane dei Tuoi dolori.:. Così sia.

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NON SCENDO DALLA CROCE Di Fulton j Sheen,vescovo

Ero uscito di casa per saziarmi di sole.Trovai un uomo che

si dibatteva nel dolore della crocifissione.Mi fermai

e gli dissi:"Permetti che ti aiuti"?Lui rispose:

Lasciami dove sono.

Non scendo dalla croce fino a quando sopra vi

spasimano i miei fratelli.

fino a quando per staccarmi

non si uniranno tutti gli uomini.

Gli dissi"Che vuoi che io faccia?"

Mi rispose:

Và per il mondo e di a coloro

che incontrerai che c è un uomo

che aspetta inchiodato alla croce.