martedì 29 dicembre 2015

“CHI NON MI HA VISTO PICCOLO, NON PUO’ VEDERMI NEANCHE GRANDE”

“IL TRIONFO DEL CUORE”
PRO DEO FRATRIBUS (nov-dic 2014)

LA VENERAZIONE DEL BAMBINO GESU’
Cari lettori, la festa della nascita del nostro Signore Gesù Cristo e alle porte. Per il Natale a ciascuno di voi auguriamo la pace e un incontro spirituale con il Bambino Gesù. Forse tra voi c'è qualcuno che, pur avendo un sincero amore per il Signore, ha difficoltà a venerare il Bambino Gesù e pensa: "E' più per i bambini che per me". Questo pensiero però è infondato perché Dio stesso si è manifestato a tanti mistici come Bimbo e ha mostrato loro quanto sia necessario onorarLo non solo da Crocifisso e da Risorto, ma anche da Bambino.

Fra questi mistici c'è S. Angela da Foligno (1248­-1309), la quale, per via delle sue profonde conoscenze spirituali, è stata definita: "Maestra dei teologi ". Angela nacque in una nobile famiglia nelle vicinanze di Assisi appena 22 anni dopo la morte di S. Francesco. Era molto bella e aveva dei bei modi, tanto che fu cor­teggiata fin da giovanissima e presto si ritrovò sposata con un uomo benestante. Ebbe diversi figli, ma non fu certo un modello come madre di famiglia. Investiva tutto il tempo e molti soldi nella sua immagine, nei vestiti, nel­le manifestazioni di società e nella smania di divertirsi.
Dio intervenne nella sua vita all'improvviso e in modo inaspettato, suscitando in lei un forte disgusto per il suo stile di vita che le causò grandi rimorsi. Nella sua autobiografia confes­sò: "Iniziai a vergognarmi dei miei peccati, ma la vergogna mi impedì di fare una confessione completa. Perciò mi capitò di accostarmi alla S. Comunione senza esser­mi confessata e di ricevere il Corpo del Signore in stato di grave peccato. Ma per questo fui turbata giorno e notte da tormenti di coscienza ".
Un confessore d'esperienza, il francescano P. Amaldo da Foligno, comprese il suo stato d'animo, l'aiutò a prepararsi ad una buona confessione generale e di­venne il suo padre spirituale. Poco tempo dopo la grazia della conversione, sia il marito che tutti i suoi figli morirono e Angela soffrì molto per queste perdite. Il suo amore verso Dio e il pentimento per la sua vita passata la portarono ad opere di penitenza e a rinunce come riparazione. Non c'è da meravigliarsi se, con tutte le sue ricchezze, ella decise di dedicarsi ai poveri e ai malati, particolarmente attirata dall'Uomo crocifisso. Meditando la Croce poté sopportare le sue sofferenze. Dio le fece dono di molte esperienze mistiche, anche riguardo l'amore per l'infanzia di Gesù. Un avvenimento in particolare potrebbe essere un dono per tutti noi in questo Natale.

"Chi non mi ha visto piccolo... "
Era la festa della Candelora. Angela, ormai terziaria francescana, stava per partecipare alla S. Messa presso il convento dei frati minori a Foligno. Ella scrisse: "Dopo che furono di­stribuite le candele, sentii le parole: `E' l'o­ra in cui la Madonna viene nel tempio con il suo Bambino'. Le percepii con una tale gioia che non riesco a descriverla. La mia anima fu trasportata in uno stato mistico e vidi la Madonna mentre entrava nel tempio. Le andai incontro con grande riverenza e forte commozione interiore. Lei riempì la mia anima di grande coraggio e certezza. Poi mi passò il suo Bimbo e disse: `Prendi­Lo tu che sei tanto innamorata del Figlio mio!'. Quindi stese le braccia e mi diede il suo Bimbo; Egli aveva gli occhi chiusi come se dormisse ed era ancora in fasce, avvolto da panni. La Madonna poi si sedet­te come se stanca da un lungo viaggio. Ogni suo movimento era talmente tenero e grazioso, che era piacevole vederLa. Al­l'improvviso mi accorsi che il Bimbo nelle mie mani era nudo. Aprì gli occhi e mi guardò. Ammirando quegli occhi provai un grande amore per il Bambino Gesù da ri­manerne sopraffatta. Mi chinai sul Bambino fin quando la mia guancia toccò la Sua. Fui penetrata da un fuoco e da una beatitu­dine indescrivibile. Mi si mostrò la maestà infinita di questo Bimbo che mi disse: `Chi non mi ha visto piccolo, non può vedermi neanche grande. Sono venuto a donarmi a te, donati anche tu a Me!'.
Allora mi donai a Lui in modo indescrivibile, meraviglioso e totale. Gli donai anche tutti i miei figli spirituali, chiamandoli per nome senza escludere nessuno. La mia anima vide che Dio aveva accettato la mia consa­crazione con grande gioia. Mi permeava una gioia talmente grande che non riesco a descriverla ".

Il frutto dell'essere piccoli è l'unione
Poco prima di morire Angela scrisse ai suoi figli spirituali, come in un testamento, alcune parole che possiamo sentire rivolte anche a noi per questo S. Natale: "Desidero da voi che siate sempre unanimi e che non ci sia fra voi litigio. Auguro alle vostre anime ciò che unisce tutti: cioè l'es­sere piccoli. Perché se uno è molto piccolo non fa caso alla propria cultura, né al suo talento, ma guarda i propri difetti e man­canze e si sforza di migliorare. Chi è molto piccolo non è una minaccia per gli altri, non è un peso per gli altri, non parla in modo presuntuoso, sebbene il suo esempio provochi coloro che non vogliono essere piccoli.
Questo è ciò che io desidero da voi, sorelle, che la vostra vita umile - anche senza pa­role - crei armonia ed unione. Quanto sarei confortata dal sentire che voi, per via di questa piccolezza, siete un cuore e un'ani­ma e perciò vivete come piace a Dio ".
Fonte: Ferdinand Holbdck, "Warum ist Gott ein Kind geworden?", Salzburg 1977

UN “SI” GUADAGNATO DURAMENTE
Il 10 maggio 2014, nella Basilica della Santa Casa di Loreto, Christoph Alfonso Maria Herre, di Weissenau presso Ravensburg (Germania), è stato ordinato sacerdote da S. E. il Cardinale Mauro Piacenza. P. Herre deve la sua vocazione soprattutto alla Madre di Dio. E' stata perciò per lui una gioia particolare poter ricevere il dono del sacerdozio nel luogo in cui Maria pronunciò il suo importante `sì' per la redenzione dell'umanità. P. Alfonso Maria racconta parte della storia della sua vocazione.

E’ stato lungo il cammino che mi ha con­dotto a pronunciare il mio `sì' alla vocazione al sacerdozio. La mia famiglia è profondamente cattolica ed io ero anche orgoglioso di avere molti amici preti, ma diventarlo io era l'ultima cosa che avrei desiderato. In fondo non ne conoscevo neanche il motivo. Ricordo che a undici anni ho sentito per la prima volta la vocazione, una sera mentre stavo andando a letto. Spontaneamente e interiormente ho risposto: "Diventare sacerdote? Non accadrà mai finché vivo!". Io stesso sono rimasto spaven­tato di questa mia reazione e ho avuto paura di morire in quella notte. Ho chiesto fervidamente perdono a Gesù, ma ho evitato di parlare con qualcuno di questo argomento.
Sono passati gli anni e ho iniziato un apprendi­stato come meccanico industriale. Durante una visita in un reparto di uno stabilimento, con alcuni amici abbiamo visto degli operai che facevano un lavoro molto noioso. Uno dei miei compagni mi ha detto: "Questo è il peggior lavoro che ti puoi immaginare". Più veloce­mente del mio pensiero, ho risposto: "Diventare sacerdote è anche peggio!". Il mio amico è rimasto molto sorpreso della mia risposta, ma lo ero anch'io.
Ancora alcuni anni dopo, durante il servizio civile, ho vissuto di nuovo una lotta interiore, incomprensibile a me stesso. Da un amico del­l'Ordine Cistercense sono stato invitato a vedere un documentario sul monachesimo. Era un film molto noioso eppure il mio cuore ha ricomin­ciato a battere e sono rimasto completamente turbato. Da allora ho rifiutato ogni ulteriore invito a vedere film simili con la scusa di tro­varli troppo noiosi.
Poco tempo dopo un confessore mi ha chiesto se non avessi mai pensato a diventare sacerdote, aggiungendo che non sempre ci si converte nel modo di San Paolo. Ciò mi ha irritato molto. Come si era permesso di farmi una tale domanda senza conoscermi? Nel mio cuore ho detto allora a Gesù: "Se mi vuoi sacerdote ho bisogno di una conferma al cento per cento, un vero avvenimento paolino ".
Con i miei genitori, durante gli esercizi con Padre Buob, ho conosciuto la consacrazione mariana secondo Grignion de Montfort e mi sono consacrato alla Madonna in questo modo. Appassionatamente ho pregato ogni giorno per incontrare la mia futura moglie e ho sognato una famiglia con tanti bambini.

Nel dicembre del 2003 ho partecipato a degli esercizi sul tema dell' `Annunciazione'. Durante un'adorazione ho sentito fortemente la chiama­ta di Gesù al sacerdozio. Allora Gli ho fatto una promessa: "Se tu vuoi davvero che io di­venti sacerdote, dovrai mostrarmelo molto chiaramente, al cento per cento. Finirò i miei studi di ingegneria e ti prometto che cercherò di non avere una ragazza per essere libero nella mia decisione. Ma se non dovessi ricevere una risposta chiara da Te, subito dopo gli studi sceglierò una ragazza e mi sposerò ". Era la prima volta nella mia vita che in qualche modo mi aprivo alla vocazione. Oggi lo vedo come una grazia della Madonna dopo la mia consacrazione a Lei.
A Pentecoste 2004, il parroco Sauter mi ha invitato ad andare con lui ad Amsterdam per la Giornata di preghiera. Sono tornato tal­mente felice da quella giornata, colmo di un tale amore per la Madonna, che da allora ho recitato ogni giorno l'intero rosario con la preghiera di Amsterdam. Dopo un po' di tempo, ho accettato una possibilità di sei mesi di lavoro in Sud Africa.
Lì ho trovato tante novità, molte favorevoli occasioni di divertimento, party, disco, bar, spiaggia, escursioni. C'era da godersi la vita e non restava molto tempo per la preghiera, così allora l'ho considerato un segno che non dovevo diventare sacerdote, altrimenti Dio non mi avrebbe dato la possibilità di andare in quel posto.
Poi tornato in Germania, nel maggio del 2005, mi sono re­so conto di quanto ne avesse sofferto la mia vi­ta di fede. Per riprendermi mi sono iscritto a degli esercizi per giovani durante i quali, in una S. Messa, ho vissuto una forte esperienza spiri­tuale in cui Gesù mi ha dato conferma della mia vocazione.
Tutte le mie obiezioni si sono sciolte nel nulla. Le doti, che io ritenevo di non possedere, Egli me le avrebbe donate, se io avessi avuto fiducia in Lui. Egli è Dio, vero? "Mi ami tu? ", così chiede il Signore a Pietro prima di affidargli il Suo gregge. Mi scorrevano le lacrime e mi rendevo conto che Gli dovevo una risposta. Sentivo che la mia risposta trattava una cosa molto seria e conteneva l'offerta di tutta la mia vita e dei miei progetti. "Sì, Signore, tu sai che ti amo". Avevo fatto un patto con Dio: Egli mi aveva dato la chiarezza, allora anch'io dovevo mantenere la mia promessa. Non sentivo gioia perché il mio sogno di una famiglia numerosa era fallito. Sono tornato turbato da quegli esercizi. Ma non ho parlato con nessuno di ciò che era avvenuto nel mio inti­mo, solo al parroco Sauter ho confidato: "Non vorrei vivere da sacerdote diocesa­no, ho bisogno di una comunità, una fami­glia'." Il parroco Sauter, spiritualmente molto legato alla Famiglia di Maria, ha organizzato per me un incontro con P. Paul Maria, il fonda­tore della Comunità, alla quale appartengo og­gi. P. Paul mi ha dato conferma della certezza della mia vocazione. Ma mi ha anche mostrato come Dio, nel Suo amore, mi lasciava completa­mente libero di scegliere. Poi mi ha invitato a programmare una visita alla Famiglia di Maria a Roma e, prima di congedarsi, mi ha donato una piccola immagine laminata della "Madre della Misericordia", la Regina della Lituania, dicendomi: "Porta sempre con te questa icona. Ti guiderà sulla via giusta ".

Cosa che ho fatto fino ad oggi e la Madonna ha realizzato quanto promes­so da P. Paul. Dapprima ho raccontato i miei progetti solo a mia ma­dre, che ne è stata molto felice e mi ha confessato che nel suo cuo­re sapeva già della mia vocazione. Il suo affetto sensibile e benevolente mi è stato di grande aiuto in quei mesi, fino a quando ho detto tutto anche al resto della famiglia e agli amici. Sono rimasti tutti stupiti, soprat­tutto i miei colleghi di studio. Mi mancava poco per concludere gli studi, ho preso il mio diploma di laurea e nella Settimana Santa del 2006 in aereo ho raggiunto Roma. Arrivato in seminario, sono stato salutato con tanto affetto e mi sono sentito subito a casa. La Settimana Santa e i giorni di Pasqua sono stati molto belli per me. Ininterrotta­mente ho ringraziato Dio che mi aveva por­tato in quel posto e chiamato al sacerdozio.
Per essere sicuro di non essere vittima di un momento di euforia, ma di trovarmi davve­ro nel posto che Dio aveva previsto per me, ho chiesto un segno alla Madonna perché sapevo di poter contare su di Lei. Da parte mia ho deciso di fare la preparazione di 33 giorni alla consacrazione secondo Grignion de Montfort e poi affidare a Lei il mio cam­mino verso il sacerdozio.
Non avevo fatto caso alla data, ma il 33mo giorno capitava pro­prio il 31 maggio, giorno che, nei messaggi di Amsterdam, la Signora di tutti i popoli indica come quello del dogma. Tutta la Comunità era stata preparata per un pellegrinaggio a Loreto, per rinnovare la consacrazione al Cuore Immacolato della Madre di Dio nella Casa di Nazareth. La Madonna non avrebbe potuto darmi una risposta più chiara. Non trovo le parole per descrive­re la gioia che mi ha colmato. Sì, a Loreto ha avuto inizio la mia vita verso il sacerdozio e proprio a Loreto sono stato ordinato sa­cerdote.
Oggi posso solo ringraziare Dio per la grande pazienza che ha avuto con me e per il Suo amore, che non mi ha mai obbli­gato, ma che mi ha proposto in continuazione. In questo mondo per me non c'è niente di più bel­lo che vivere per Lui e poter es­sere il Suo apostolo.

L’ORA 25
Se durante l'Avvento Dio ci donasse ogni giorno un'ora in più, ci sarebbe meno agitazione? Forse è stata questa la domanda che ha indotto il vescovo Andreas Laun di Salisburgo (Austria) a scrivere il seguente bel racconto, che può far riflettere anche noi.

Un giorno gli Angeli co­municarono al Creatore che gli uomini avevano quasi del tutto smesso di pregare. Il Concilio celeste decise di far esaminare il fatto da una commissione di Angeli, la quale poi stabilì: gli uomini sono consapevoli della loro mancanza di preghiera e ne sono dispiaciuti. Ma purtroppo, nonostante la buona volontà, non hanno il tempo per pregare. In Cielo rimasero sbalorditi e tirarono un sospiro di sollievo: al posto della temuta apostasia, si trattava solo di un problema di tempo! I consiglieri celesti rifletterono sul da farsi. Alcuni pensavano che bisognava aboli­re la vita febbrile con precise disposizioni. Altri proponevano addirittura un castigo per la specie umana: "Avrà il suo ef­fetto ", dicevano ricordando il diluvio universale. Finché un giovane Angelo scoprì l'uovo di Colombo. Dio avrebbe dovu­to allungare la durata di un giorno! Sorprendentemente si trovarono tutti d'accordo. Così Dio creò la 25ma ora. C'era gioia nel Cielo. "Così è Dio ", dicevano: "Egli comprende le Sue creature ".
Quando sulla terra si accorsero che la giornata si era allungata di un'ora, l'umanità rimase stu-
pita e, quando se ne seppe il motivo, erano tut­ti colmi di gratitudine. Le prime reazioni furo­no promettenti. Ma durerà poco tempo, così si diceva negli ambienti informati, cioè fino a quando sarà una novità; poi diventerà un'abi­tudine. Per un certo periodo i vescovi non si pronunciarono, ma infine dichiararono la 25ma ora "l'ora di Dio".
In Cielo però la gioia iniziale fece posto a un disincanto. Contro ogni aspettativa non erano arrivate più preghiere di prima, per cui vennero mandati di nuovo messaggeri sulla terra. Un Angelo seppe dai commercianti che essi - pur grati della 25ma ora - dovevano ora affrontare maggiori spese per il cambio dell'organizzazio­ne e quindi erano costretti a lavorare di più per guadagnare di più. Si chiedeva comprensione per tali difficoltà.
Un altro Angelo era andato dai sindacati. Lo ascoltarono sorpresi, ma con gentilezza. Poi gli fu spiegato che la 25ma ora corrispondeva ad una richiesta del sindacato da molto tempo nell'interesse dei lavoratori e doveva essere libera per il riposo. Nell'ambiente degli intel­lettuali se ne discusse in lungo e in largo. In una trasmissione televisiva, molto seguita, si stabilì soprattutto che nessuno doveva obbliga­re il libero cittadino su cosa fare di questa ora in più. L'idea dei vescovi di proclamarla "ora di Dio", nella coscienza degli uomini, doveva essere rifiutata come un ordine arbitrario.
Inoltre la ricerca su come fosse nata questa nuova unità di tempo non era ancora conclusa.
In nessun caso interpretazioni troppo semplici­stiche dovevano essere accettate dalla gente. All'Angelo inviato negli ambienti reli­giosi fu fatto capire che lì si pregava già. L'in­tervento del Cielo era da accogliere solo come offerta, come occasione per la quale ogni co­scienza avrebbe potuto liberamente decidere. Altri ancora andavano dicendo che dal punto di vista ecclesiale tutta la faccenda era da valutare con cautela.
L'esistenza della 25ma ora a favore della pre­ghiera era severa e in nessun caso poteva essere prescritta dall' "alto", cioè senza un sondaggio dell'opinione pubblica. Alcuni parroci invece sottolinearono la loro gratitudine per il tempo supplementare, di cui avevano urgentemente bisogno per il lavoro pastorale.


Così tutti avevano un motivo per non approfit­tare dell'ora in più per la preghiera. Alcuni An­geli però raccontarono di persone che avevano accolto con gratitudine il tempo donato dalle mani di Dio: per i loro compiti, per il servizio al prossimo, per la partecipazione alla S. Messa e per la preghiera, per la quale trovavano tem­po ancora più facilmente.
Così il Concilio celeste capì che la preghiera è una domanda di amore. Il tempo da solo non crea persone di preghiera. A guardare bene, il tempo lo trova solo chi ama. Di conseguenza fu deciso di chiedere a Dio l'abolizione della 25ma ora e di cancellarne anche il ricordo dalla testa della gente. E così fu.

UNA INDIMENTICABILE VIGILIA DI NATALE
di P. Anton Trauner, missionario in Corea
Nel 1959 diventai parroco della parrocchia più povera della grande città portuale di Pusan nella Corea del sud. Gli orrori della guerra era­no ancora presenti e la città piena di profughi. Molti fedeli della mia parrocchia erano riusciti a fuggire dalla Corea del nord, ma tutti i loro beni erano rimasti lì. Così la maggioranza di loro qui a Pusan aveva trovato per casa solo una povera capanna.
Proprio per questo motivo mi proposi di usare tutti i mezzi possibili per rendere la festa di Natale una festa del cuore particolarmente bel­la. Dalla Germania, la mia patria, ricevetti una statua del Bambino Gesù, quasi a grandezza naturale. L'ingresso della Madonna con il Bambino in braccio avrebbe dovuto rendere viva la notte di Natale. Questo era il mio piano.
In mezzo ai preparativi per la festa, nel pomeriggio, poche ore prima della Messa di Mezzanotte, fui chiamato dal confessionale. Due chierichetti stavano fuori e, sentendosi in colpa, piangevano tenendo fra le mani la statua rotta del Bambino Gesù. Uno dei due ragazzi era inciampato ed era caduto sulle scale mentre la stava portando in Chiesa. Egli non si era fat­to male, ma il Bambinello era gravemente "infortunato". Mi scappò un: "Oh, Signore, aiutami!". Come avrei fatto più tardi con la processione solenne?


Poi mi venne in mente che, solo pochi giorni prima, vicino a noi, era nato un bambino. Subi­to mandai qualcuno a chiedere alla madre se fosse disposta ad interpretare il ruolo della Madonna con il suo neonato. La giovane coreana non solo acconsentì, ma lo considerò un onore. Allora, questo era andato bene! Ora però avevo bisogno di una donna più anziana, la quale, im­personando Eva, avrebbe dovuto portare il Bambinello rotto. Così la Messa di mezzanotte iniziò con una processione insolita. Dapprima Eva, come madre della famiglia umana, con il Bambinello rotto, poi la Madonna con il vivo piccolo "Gesù coreano". Arrivata all'altare, Eva mi consegnò il Bambino rotto, che mostrai alla comunità sorpresa. Mentre facevo questo, con il mio coreano ancora imperfetto, da giovane missionario, cercai di spiegare come il nostro Padre del Cielo avrebbe voluto condividere con noi uomini la sua vita e per questo scopo aves­se creato Adamo ed Eva a sua immagine. Che bella la prima coppia umana simile a Dio! Ma il tentatore astuto aveva spinto al peccato i nostri progenitori. Essi tradirono il Creatore con superbia e disubbidienza. Perciò ruppero l'unione con Dio e non poterono più restare nel Paradiso.
Ma Dio rimase fedele al suo piano, continuavo nel mio racconto. Egli si impietosì dell'umanità e mandò il suo Figlio unigenito. Per il sì di Ma­ria, Dio divenne un piccolo Bimbo bisognoso d'aiuto. Sì, proprio così: Egli volle diventare il nostro Salvatore e Redentore. Per sottolineare le mie parole, indicai accanto a me la giovane madre coreana con il suo bimbo in braccio. Presi il piccolo con cautela e alzai questa fragi­le creatura piena di vita mostrandola a tutti.
Davanti all'immagine del "piccolo Gesù corea­no" i parrocchiani espressero con giubilo la loro gioia. Tutti applaudirono con entusiasmo e, un po' sorpreso di tanta risonanza, anch'io mi rallegrai di cuore. Oltre tutte le aspettative e nonostante il "Bambinello infortunato", Gesù era nato anche nella mia povera parrocchia coreana.


UNA STORIA DI NATALE DEI NOSTRI TEMPI
In fondo non è proprio una "storia" quella che nel settembre del 2013, nella canonica di Póttmes, il sacerdote tedesco, Thomas Rein (44 anni), della diocesi di Augusta, ha raccontato a due sue parrocchiane, alla nostra Sr Anna e alla sua sorella Sr Maria Bernadette.
Il parroco Rein ha piuttosto ricordato un'esperienza personale da lui vissuta cinque anni prima, una di quelle drammatiche realtà che la vita presenta qualchë volta.

"Tutto accadde il 2 dicembre del 2008, un martedì della prima settimana d'Avvento. Dopo il pranzo avevo pensato: `In Chiesa fa troppo freddo, oggi una parte del breviario la recito in casa'. Ma grazie a Dio, come di solito, andai lo stesso nella nostra Chiesa parrocchiale dei SS. Pietro e Paolo per finire la preghiera. Questo però non mi fu possibile, perché subito fin dall'ingres­so notai che sulla mangiatoia in fondo si trovava un piccolo tappeto rosso.
Come sempre in Avvento, il nostro semplice pre­sepe di legno era disposto davanti all'altare con accanto un cestino di paglia. Appena due giorni prima, durante la S. Messa, avevo incoraggiato i bambini: D'ora in poi ad ogni visita in Chie­sa potete portare con voi alcuni fili di paglia per il `letto' del Bambinello e metterli nella mangiatoia'. Ma ora cosa ci faceva sopra un tap­peto rosso? Questi tappeti di feltro erano usati dai chierichetti per inginocchiarsi sui gradini dell'al­tare. Incuriosito andai avanti.
Non so dire se prima vidi il bambino nella man­giatoia o prima sentii il suo lieve vagire, perché la forza per gridare non l'aveva più. Con tutta la buona volontà non posso dirlo. Non credevo ai miei oc­chi. `No, non è possibile!': pensavo. Nella nostra vuota mangiatoia in legno giaceva un vero neona­to proprio come il vero Bambinello Gesù!
Ma questo fatto indimenticabile non costituì una gioia natalizia! In Chiesa vi erano appena 11 gra­di, come la polizia rilevò più tardi. Davanti a me c'era un povero neonato avvolto solo da una t-shirt. Era un maschietto nato forse una o due ore prima, con il pannolino da cambiare.
Mai prima avevo visto un bambino così piccolo, paonazzo per il freddo. Pensai: `Non posso immaginare cosa sarebbe successo se fossi venuto in Chiesa solo per la Messa della sera!'. Un neonato, semplicemente abbandonato, messo da parte, senza calore e vicinanza umana. Non potevo distogliere lo sguardo da lui e pen­savo sospirando profondamente: `Bimbo, caro bambino, piangi pure! Così saprò che sei vivo'. Più tardi alcuni mi domandarono: `Cosa ha fatto poi?'. Non c'era molto da pensare.
Feci quello che tutti avrebbero fatto al posto mio! Non un granchè! Con cautela presi in braccio il bambino che piangeva, lo portai nella canonica, chiamai il pronto soccorso e poco dopo in ambulanza il piccolo fu portato in una clinica pediatrica.

Dolore e miseria di una madre
Solo dopo mi chiesi: `Chi può aver fatto una cosa simile? Quali grandi difficoltà deve vivere una donna per fare un simile gesto?'. Questo ti spezza il cuore. Partite le in­dagini, la madre fu trovata subito. Per la polizia fu facile rintracciarla. Si pensò che si trattasse di una persona religiosa perché non aveva vo­luto abortire, forse una donna proveniente dai Paesi dell'Est; quali aziende avevano alle loro dipendenze donne provenienti da tali paesi? Chi quel giorno era stata in malattia e non si era presentata al lavoro?
E subito rintracciarono la madre: una lavoratrice stagionale per il raccolto (38 anni), già madre di tre bambini, che vivevano in Romania presso i nonni, mentre la giovane donna veniva in Germania per guadagnare soldi. Aveva lavora­to fino all'ultimo giorno prima del parto. Poi iniziate le doglie aveva partorito tutta sola sul pavimento della sua camera. Immediatamente dopo il parto aveva messo il neonato in una borsa e percorso poco più di un chilometro fino alla nostra Chiesa. Lì aveva lasciato il bambino nel presepe, lo aveva coperto con il tappetino ed era tornata a casa. Circa 20 minuti dopo io avevo trovato il "bambinello".
Quello che alla fine avesse spinto questa madre alla decisione di non tenere il bambino e per­ché non si fosse rivolta a qualcuno che avrebbe potuto aiutarla, non lo so. Evidentemente come credente rumeno-ortodossa non aveva voluto abortire, ma dare alla luce il bambino e affidarlo a Dio, portandolo in Chiesa, con la speranza che venisse trovato e aiutato. Anche dal punto di vista penale la donna non fu accusata.

Questo fatto commosse molti cuori
La notizia si diffuse velocemente. Era il tempo di Avvento e la gente fu toccata profondamente dalla vicenda del neonato salvato, che ora viveva felice. Durante la S. Messa serale vi fu anche qualcuno che disse: `Nella nostra parrocchia è già Nata­le!'. Si presentarono anche dei giornalisti, questa volta non a caccia di una storia particolare per la prima pagina. Un reporter del `Bild-Zeitung' citò, cosa che capita rare volte, il Vangelo di San Luca: `Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia'. La notizia si diffondeva sempre più, tanto che, perfino dall'Inghilterra, arrivarono due pacchi con abi­tini da neonato.
Quel martedì pomeriggio un'infermiera pediatrica che si trovava in gio, sentì alla radio la notizia. Come mi raccontò più tardi, dentro di sé avvertì subito: `Questo bimbo è per me!'.
Arrívata a casa, nella segreteria telefonica, trovò la richiesta dei servizi sociali, se fosse disposta a prendersi cura del neonato. La donna accettò con tanto amore il piccolo nella sua famiglia e questo nonostante i medici gli avessero diagnosticato gravi handicap, non derivanti però dall'abbandono al freddo.
Mi levai un peso dallo stomaco, certo che il piccolo sarebbe stato ben custodito dalla sua mamma adottiva. Ho conosciuto personalmente questa donna stimandola per il fatto che fin da subito ha mostrato tanta pazienza e amore. Il bimbo si è presto affezionato a lei.
Nell'estate del 2009 sono andato in Romania a visitare la famiglia di origine del bambino abbandonato e con i miei occhi ho potuto constatare in quali misere condizioni vive questa gente, in un paesino sperduto di campagna. Lì non ci sarebbero state le cure mediche necessarie al grave handicap del bambino. E perciò oso dire: `Per il nostro bambinello è stato meglio, anzi un fatto provviden­ziale, che tutto sia andato come è andato'. Sono tanto felice e grato che la famiglia adottiva si prenda tanta cura di Cristian e che lui si senta sicuro con loro".

"Il mio trovatello"
"Certamente anch'io ho un rapporto parti­colare con il nostro `bimbo del presepe'. In un certo senso è rimasto il `mio trovatello', anche se non posso occuparmi di lui. Nella preghiera non lo dimentico mai e, se dovesse succedergli qualcosa, sarei subito presente, perché mi sento responsabile del fatto che Cristian stia bene e cresca nel miglior modo possibile. Bado a tutto! Anche la madre naturale, che ogni tanto lavora ancora in Germania per gli altri figli ormai già grandi, non ha dimenticato il suo più piccolo. Sebbene non sia in grado di occuparsi di lui, chiama spesso la mamma adottiva per avere notizie e per ringraziarla perché sa che a Cristian non manca nulla".

Betlemme presente in modo nuovo
"Devo ammettere che durante quell'Avvento del 2008, dopo questo particolare 'ritrova­mento' nella nostra Chiesa, ho recitato il terzo mistero gaudioso del rosario: `Gesù nasce a Betlemme nella povertà' in modo diverso. La povertà del nostro Cristian nella mangiatoia, cinque anni fa, è diventata viva particolarmente nel periodo natalizio e re­sterà legata a quello.
Nulla contro la vigilia di Natale come festa suggestiva e con i regali. Ma penso anche che non solo per me, ma per molti altri, Cristian sia diventato in un certo senso un `bambino portatore di grazia'. Il suo desti­no, insieme a quello della sua mamma, ha toccato le persone, le ha fatte meditare e ha smosso qualcosa in loro. Betlemme e il suo segreto di Natale, che spesso si perde nella confusione, sono tornati con il bimbo nella mangiatoia a Póttmes: quanto è scioccante pensare che Dio sia diventato un piccolo, povero bambino, nato da Maria, in una stalla, `perché non c'era posto per loro nell'albergo', che Egli sia venuto al mondo nella povertà e che ancora oggi venga nei bisogni del prossimo, anche nel nostro pae­se ricco. Da questo punto di vista Cristian è diventato un dono per la nostra parrocchia, che ha scosso tutti tanto quanto io non sarei mai riuscito a fare con le mie omelie natalizie".

SAN NICOLA IN RUSSIA
Come S. Martino e S. Francesco qui da noi in occidente, così San Nicola, vescovo di Myra, in Russia è tra i santi più amati, e la sua venerazione viene subito dopo quella della Madonna. Certamente lo si deve ai tanti miracoli avvenuti per sua intercessione durante i secoli.

Intorno al 1515, in una cittadina chiamata Kolomna, a sud-est di Mosca, Koslok, un commerciante d'argento, spinto dall'avidità, decise di rubare nella locale Chiesa di San Nicola.
Vi andò di notte e prese la cornice d'argento che racchiudeva l'icona taumaturgica del Santo lì venerata. Quando il vescovo Mitrophan e la popolazione scoprirono il furto, ne furono rattristati e stentavano a cre­derlo: "Quale delinquente ha osato allungare la mano sull'icona mira­colosa?", si chiedevano tutti.
Passate cinque settimane, la cornice fu ritenuta perduta. Poi però il grande taumaturgo S. Nicola appar­ve ad un uomo pio, di nome Sosont, che da otto anni, non potendo più muovere né le gambe, né le mani, era paralizzato a letto. Il Santo gli ordinò: “Vai dal vescovo Mitrophan e informalo che Koslok ha rubato la cornice. La sua casa si trova dall'altro lato del fiume Kolomna presso uno stagno e lì ha nascosto la cornice in un vaso nella terra”. Il paralizzato obiettò contro questo ordine: "Uomo di Dio, mi ordini di andare dal vescovo? Per la mia malattia non posso muovere né le mani, ne i piedi! '. Come ri­sposta San Nicola lo prese per mano e lo tirò giù dal letto immediatamente guarito.
L'uomo corse subito dal vescovo a raccontare per filo e per segno quanto San Nicola gli aveva ordinato di dire. Il ve­scovo Mitrophan capì che era accaduto un grande miracolo, fece suonare a lungo le campane tanto che tutto il popolo si radunò davanti alla Chiesa. Entrati tutti in Chiesa, visto l'uomo miracolato in piedi davanti all'icona miracolosa, si meravigliarono e lodarono Dio e il suo santo taumaturgo Nicola. Il vescovo e i sacerdoti indossarono le vesti liturgi­che, il vescovo prese l'icona miracolosa di San Nicola e con tutti i fedeli si incamminò ol­tre il fiume verso la casa dell'argentiere Koslok. Nessuno sapeva perché e quale meta avesse in mente il vescovo portando l'icona taumaturgica, a parte egli stesso e l'uomo miracolato. Così arrivarono alla casa del commerciante. Lì, il ladro alla porta vide la processione che arrivava e si pentì del suo peccato. Senza che il vescovo gli chiedesse nulla, confessò tutto e restituì la cornice d'argento. Tutti furono pieni di gioia per questo miracolo di conversione.

Il clero e il popolo con l'icona taumaturgica fecero ritorno e giunsero all'ingresso della città. Lì era seduto un mendicante di nome Kliment. Era sordo e muto fin dalla nascita e chiedeva l'elemosina a gesti. Alzò lo sguardo verso l'icona, pregò San Nicola e nello stesso istante poté sentire e parlare. Il vescovo e il popolo rimasero sbalorditi per questa seconda guarigione e ringraziarono Dio e il santo taumaturgo. Il vescovo fece sapere quan­to accaduto al Principe Wasilij Iwanowitsch a Mosca informandolo dei miracoli avvenuti per intercessione di San Nicola: la guarigione del paralitico Sosont, il ritrovamento della cornice d'argento, il mendicante sor­domuto guarito. Il Granduca rallegratosi lodò Dio, la Sua purissima Madre e il grande taumaturgo San Nicola. Poi or­dinò che tre volte all'anno gli venisse portata a Mosca un po' di quell'acqua santa che trasu­dava dall'icona taumaturgica.


martedì 15 dicembre 2015

Il corredino di Gesù Bambino


atti di devozione per la Novena di Natale

primo giorno: la culla

Preparerò una comoda culla al Dio Bambino con atti di profonda umiltà: mai una parola in mia lode; mai
un pensiero assecondato di compiacimento; non mi scuserò; non mi ostinerò nel mio parere, non
inventerò pretesti per salvare il mio amor proprio; ripeterò spesso quella frase che ha formato i santi:
“Dallo zero in su, tutto è di Dio - dallo zero in giù son proprio io”. Il mio cuore diventerà così, soffice
culla in cui il Santo Bambino si adagerà felice.
Come sei vago, dolce Bambinello Pure giacente tra il bue e l’asinello! Ma io voglio più bello e più
grazioso Se in me verrai a prenderti riposo.

secondo giorno: la camicina

Il candore della mente, la purezza del cuore, la modestia degli atti esteriori intesseranno al Bambino Gesù
una morbida, candidissima camicina; per questo oggi eviterò ogni peccato veniale.
Brutto peccato, non ti voglio più, perché fai piangere il mio Gesù!

terzo giorno: il materassino

L’amabilità del volto, della parola, dello sguardo e del sorriso, la calma serena negli incontri e scontri
della vita, la cura di vedere in tutto il lato bello e buono e di infondere in ogni cuore gioia e pace,
formeranno al Pargoletto di Betlemme un materassino di celeste morbidezza; oggi sopporterò in pace
ogni aspra e dura vicenda.
Oggi voglio proprio stare attento per far la Madre Tua di me contento ed allora son certo che anche Tu
mi vorrai bene, o piccolo Gesù.

quarto giorno: la cuffietta

Per coprire la testina adorata di Gesù Bambino non serberò nella mia mente che pensieri celesti;
allontanerò prontamente ogni inutile fantasma e vigilerò la purezza di ogni intenzione, sforzandomi di
dare ad ogni atto, anche il più piccolo, un fine soprannaturale e santo. Nel coprire il capo a Gesù gli
chiederò uno sguardo di misericordia per i poveri peccatori e gli regalerò tutto il mio cuore.
Dammi, o Maria, nell’Ostia dell’amore il Divin Pargoletto del mio cuore.

quinto giorno: il guancialino di piuma

Oggi volerò leggero come piuma al primo cenno dell’obbedienza e compirò con accurata precisione i
miei doveri, fossero pure ripugnanti alle mie tendenze ed ai miei desideri; nessuna esitazione o
discussione sui comandi: sorriderò generosamente al sacrificio, perché il santo Bambino dorma sonni indisturbati e placidi sulla soffice piuma del mio dono d’amore.
O dolce Pargolo, mia speranza, dal cuore scacciami la noncuranza
sesto giorno: le fasce

Per preparare all’Infante Divino belle fasce, farò un continuo sforzo per vigilare la mia lingua, evitando
parole oziose, motti acerbi e profani e quella frivola loquacità che è la tomba della vita interiore; tacerò
soprattutto nei momenti difficili, nei rimproveri non meritati, immolando le mie ragioni all’amabile mio
Gesù, fattosi silenzioso per amore.
Il caro, santo silenzio d’oro voglio serbare come tesoro.

settimo giorno: le lenzuola

Coprirò affettuosamente il Santo Bambino con le morbide lenzuola della devozione; guarderò sempre a
Lui, studierò, lavorerò, mi divertirò sotto lo sguardo di Gesù, mi mortificherò per Gesù, a Lui innalzerò
perennemente il cantico della pietà, con frequenti giaculatorie e Comunioni Spirituali. Ad ogni ora il mio
pensiero andrà da Gesù a Maria e viceversa, affinché tutta la mia vita si conformi alle loro virtù
Con i miei fioretti e le mie erboline voglio profumarti le fredde lenzuoline, o caro Bambinello dellanima
mia, suprema mia dolcezza e poesia!

 ottavo giorno: il coltroncino

Generosa mortificazione della mente, del cuore e del corpo trapunterà la copertina al Pargoletto Gesù: il
ricordo di Lui innocente ed immolato alla giustizia divina per i miei peccati, mi renderà vigile e disinvolto
nel sacrificare la natura alle esigenze della riparazione; dirò sempre “si” a Gesù e “no” a me stesso e
trasformerò ogni spina della vita in una rosa d’amore, che sfoglierò ai piedi della santa collina per far
sorridere Gesù.
Quaggiù sono spine tutte le cose. Solo con Dio spuntano le rose!

nono giorno: il fazzolettino

Completerò il corredo di Gesù con un fazzolettino ben ricamato che servirà ad asciugare le Sue prime
lacrime. Gesù piange perché non è amato: starò attento a compiere ogni cosa per amore, non per calcoli
umani o per vantaggio personale, ma solo per consolarlo e dare gioia al Suo Cuore. Imparerò a soffrire
interiormente in silenzio senza smettere di sorridere.
Il mondo intero a Te condurre vorrei, o sole splendido degli occhi miei, vorrei che tutti quanti in
Paradiso gustassero un bel dì del tuo sorriso.
Offerta del Corredino a Gesù attraverso le mani di Maria:
Santissima Vergine, il piccolo fardello che desidero presentare al Pargoletto Gesù è compiuto nella
povera cella del mio cuore, ma è tanto imperfetto che non ho coraggio di offrirglielo. Tu che con le tue
delicatissime mani materne preparasti a Gesù un candido corredino fragrante di Paradiso, piegati sul mio
povero lavoro, purificalo col tuo sguardo, infiammalo coi palpiti del Tuo Cuore Immacolato, affinché
possa essere accolto dal piccolo Gesù ed Egli nasca nel mio cuore, dove desidero custodirlo ed amarlo
come unico tesoro. Per le tue mani, dolcissima Maria, avrò Gesù delizia e vita mia. Amen.




Offerta del Corredino a Gesù attraverso le mani di Maria

Santissima Vergine, il piccolo fardello che desidero 
presentare al Pargoletto Gesù è compiuto nella
povera cella del mio cuore, ma è tanto imperfetto
che non ho coraggio di offrirglielo. Tu che con le tue
delicatissime mani materne preparasti a Gesù un candido
corredino fragrante di Paradiso, piegati sul mio povero lavoro,
purificalo col tuo sguardo, infiammalo coi palpiti del tuo cuore
immacolato, affinche possa essere accetto al piccolo Gesù
ed Egli venga a nascere nel mio cuore, ove propongo
di custodirlo ed amarlo come unico tesoro.
Per le tue mani, dolcissima Maria,
Avrò Gesù delizia e vita mia


Cinque baci d’amore al Santo Bambino da farsi alla mezzanotte del s. Natale e nei momenti difficili della vita
Baciando la manina destra:
O mio Gesù, quel che vuoi tu voglio pur io, voglio perchè lo vuoi, o Gesù mio.
Baciando la manina sinistra:
Gesù, quel che vuoi tu voglio pure io, lo voglio come lo vuoi, o Gesù mio.
Baciando il piedino destro:
Gesù quel che vuoi tu, voglio pur io, lo voglio quando lo vuoi, o Gesù mio
Baciando il piedino sinistro:
Gesù quel che vuoi tu, voglio pur io, lo voglio finchè lo vuoi, o Gesù mio
Baciando il cuore del S. Bambino:
Gesù quel che vuoi tu, lo voglio pure io, lo voglio perchè tutto da te viene
e tutto è per tua gloria e per mio bene
Sia pur qualunque cosa, Gesù mio.
O mio Gesù, o dolce mio Signore,
Dammi quello che vedo nel tuo cuore,
Dolore perchè non manchi in me l’amore
Amor perchè non manchi nel dolore
Dolore a sostenere ogni dolore,
Amore a disprezzar ogni altro amore.

martedì 1 dicembre 2015

Cammino di Avvento con Maria e Giuseppe



1. Incamminarsi come Maria e Giuseppe: aspettare vuol dire alzarsi dal sonno, dalla comodità ed andare incontro al Messia: oggi comincio a muovermi... (per esempio: alzarmi cinque minuti prima, dicendo una preghiera; non lamentarmi quando c’è qualcosa che non mi piace; eseguire un compito subito invece di rimandarlo…)

2. Il posto più sicuro per Gesù Bambino era il grembo di sua madre Maria, con questa piccola preghiera alla Madonna voglio rifugiarmi anch’io in Lei: Sotto la tua protezione troviamo rifugio, santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta. Dico questa preghiera più volte al giorno

3. San Giuseppe raccoglie la legna lungo il cammino per accendere fuoco per la Madonna e il bambino. Oggi mi impegno ad aiutare qualcuno, a dargli calore attraverso un atto concreto.
4. In questo viaggio la Madonna e S. Giuseppe avevano molto silenzio e trovavano solitudine.  Oggi mi sforzo di non chiacchierare e voglio cercare momenti di silenzio per poter ascoltare la voce di Dio
5. Maria e Giuseppe trovavano nel viaggio molte porte chiuse e persone che reagivano con freddezza, malgrado tutto loro due  volevano bene a tutti.  Oggi cerco di abbattere il muro che mi impedisce di andare oltre, per esempio se ho subito un affronto e reagisco malgrado con bontà come se non fosse stato niente. Con un passo d’umiltà faccio crollare il muro tra me e qualcun altro.

6. L’intima certezza di S. Giuseppe è che sta per arrivare la luce del mattino e che potrà vedere e incontrare il Messia. Oggi credo vivamente che Gesù è la luce che illumina il mio cuore. Voglio aspettarlo con tutta la capacità della mia anima. Pensando alla venuta di Gesù Bambino accendo una candela o in chiesa o a casa. Li esprimo la mia gioia.

7. Giuseppe e Maria avevano bisogno di tutto durante il viaggio faticoso. Incontrando le persone sul cammino mostravano grande pazienza, ascoltandole, aiutando, pregando e malgrado tutto non hanno ricevuto nemmeno quello di qui avevano bisogno.  Oggi prendo il proposito d’essere paziente verso gli altri.    

8. La felicità di San Giuseppe era fare gioia alla Madonna. Lungo la strada lui raccoglieva un mazzo di fiori per Lei.  Santa Teresa di Lisieux ci consiglia: “Sentivo entrare nel mio cuore l’amore e il desiderio di dimenticare me stessa, per fare gioia agli altri. Da quel momento sono stata felice”.
Oggi mi impegno a fare gioia a qualcuno che mi sta accanto, in famiglia, in scuola, ai vicini…
  
9. San Giuseppe sapeva che aveva bisogno in tutto del aiuto di Dio. Si sentiva responsabile per Maria, faceva umanamente tutto il possibile, malgrado tutto si rendeva dipendente da Dio. Oggi voglio mantenere un cuore povero e vuoto di me stesso, imitando San Giuseppe.

10. Amare Dio sopra ogni cosa era l’atteggiamento di Giuseppe e Maria. Oggi voglio amare Dio più che mai e glielo esprimerò spesso durante la giornata.

11. San Giuseppe era un uomo giusto e obbediente a Dio. Lui ha obbedito anche al richiamo di Cesare Augusto (con il decreto di fare il censimento di tutti gli abitanti del regno) di andare ognuno nella città nativa. Giuseppe partiva da Nazareth in Galilea per andare a Betlemme in Giudea. Così si poteva adempire la profezia che il Messia nascerebbe a Betlemme.   Oggi mi impegno ad essere obbediente nelle situazioni della giornata, verso il maestro, i genitori, i nonni, l’autista del pullman, il parroco, il capo di lavoro…

12. Lasciaci aspettare la venuta del Divino Figlio con gioia e renderci più disponibili nel suo servizio - la festa della sua nascita è vicina. Oggi mi impegno dal primo istante della giornata a vivere la gioia, quella vera! Lavorando e imparando con fervore.

13. Leggere la Sacra Scrittura era la gioia di Giuseppe e Maria. Oggi leggo un brano nella Bibbia: Dal profeta Isaia, capitolo 9, vers. 1-6 (Is 9, 1-6) Prenditi qualche minuto di silenzio per approfondire il testo letto. Se vuoi leggilo in famiglia e parlatene insieme.

14. Con rispetto e stima San Giuseppe, uomo silenzioso e saggio, osserva il mistero della donna a lui affidata - Maria. Questa giornata prendo la mano della Madonna, la mia mamma. Prego spesso un Ave Maria e mi rallegro del grande mistero a Lei affidato.

15. Il buio copre il mondo – poi viene la luce: Gesù, Salvatore e Messia tanto aspettato. Ma Lui viene in modo diverso da come noi abbiamo pensato. Il suo castello è una grotta dove viene con umiltà, povertà e amore. Dio scende dal suo trono e viene a vivere come noi. Oggi mi sforzo a ringraziare Dio, per questo ci provo di imitarLo nel suo atteggiamento di umiltà, voglio servire invece di lasciarmi servire… cerco l’ultimo posto (come ha fatto Lui), porto luce in questo mondo, imitando Gesù.

16. La Madonna, essendo tutta pura, sentiva molto il peccato degli uomini e soffriva per questo. La Madonna ci aiuta a purificarci, a pentirci delle cose sbagliate. Non voglio dimenticare di purificarmi con il sacramento della confessione nel tempo d’avvento per poter aspettare Gesù con cuore limpido. Vado volontariamente se possibile oggi o nei prossimi giorni alla confessione, mi preparo già adesso.
17. Giuseppe e Maria nella loro povertà e semplicità avevano il compito più grande di portare al mondo il Salvatore del mondo, Gesù Bambino. Dice un eremita: “Dobbiamo salvare il mondo e salvarci dal mondo”.  Gesù dice: “Io non sono di questo mondo…”. Il suo regno è diverso, Lui regna con la potenza dell’umiltà, con il servizio, nella piccolezza. Ci richiama alla santità: “Siate santi come sono santo Io”. Oggi rinuncio alla televisione e invece con il tempo guadagnato pregerò un mistero del rosario per il mondo: 1 Padre nostro, 10 Ave Maria, 1 Gloria al Padre o anche un rosario intero.

18. Non c’è un luogo dove il dono della pace si stato più vissuto che nella Santa Famiglia. In tutto il viaggio e in mezzo le fatiche e rumori della strada c’ era sempre una grande pace fra Giuseppe e Maria. Perché? Perché Gesù era sempre al centro dell’attenzione. Oggi voglio impegnarmi per la pace, cominciando nella mia famiglia: nelle parole, nelle opere, nella preghiera. Mi decido a pregare almeno 5 minuti per questo.

19. Giuseppe doveva trovare le strade giuste. Doveva uscire da quelle abituali. Doveva cercare nuove strade.  Oggi mi rendo conto dove ho scelto delle strade sbagliate, per esempio nei vizi o abitudini cattivi. Cerco di eliminare oggi una cosa, cerco una nuova strada per il futuro.

20. Giuseppe doveva bussare alle porte per trovare alloggio la notte, per mangiare, per riscaldarsi, soprattutto per Maria incinta, doveva disturbare la gente lungo la strada e chi gli accoglieva, forse si accorgeva del grande dono. Oggi voglio vedere in ogni disturbo dei miei piani propri il bussare di San Giuseppe, e voglio “accogliere la Sacra Famiglia” facendo quello che mi chiede l’altro.
 
21. San Giuseppe e Maria erano accompagnati degli angeli. Oggi mi voglio accorgere di questa realtà che anch’io sono accompagnato da un angelo custode. Voglio parlare con lui come con un amico che mi vuole aiutare. Faccio una preghiera al angelo.

22. Giuseppe e Maria si sentivano molto amati da Dio, questa era la loro forza e gioia. Oggi mi lascio amare da Dio, questo sarà la motivazione di tutta la giornata, quando mi incontra qualcosa difficile dico: “sono amato dal mio Signore”. “Signore tu mi ami – ti ringrazio per questo!”.

23. San Giuseppe camminava e la Madonna viaggiava seduta su un asino, guidato da Giuseppe.  Oggi voglio essere questo “asino di Giuseppe e Maria”, voglio portare interiormente o esteriormente qualcosa che mi costa tanto e la voglio offrire a Gesù affinché tutto si trasformi in benedizione.
      
24 dicembre 2011: Gesù Bambino nasce questa notte: La più grande gioia di Giuseppe e Maria e di tutti noi! Questo anno Natale non deve passare senza Voglio incontrarlo proprio con tutto il cuore. Vado alla Messa di Natale e quando ricevo la S. Comunione voglio pensare soltanto in Gesù, chiudere i miei occhi e parlare teneramente con Lui, non mi lascio distrarre da nessuno.

Tanti auguri, Buon Natale!
dal web


NON SCENDO DALLA CROCE Di Fulton j Sheen,vescovo

Ero uscito di casa per saziarmi di sole.Trovai un uomo che

si dibatteva nel dolore della crocifissione.Mi fermai

e gli dissi:"Permetti che ti aiuti"?Lui rispose:

Lasciami dove sono.

Non scendo dalla croce fino a quando sopra vi

spasimano i miei fratelli.

fino a quando per staccarmi

non si uniranno tutti gli uomini.

Gli dissi"Che vuoi che io faccia?"

Mi rispose:

Và per il mondo e di a coloro

che incontrerai che c è un uomo

che aspetta inchiodato alla croce.