lunedì 31 agosto 2015

MESE IN ONORE DI SAN MICHELE ARCANGELO


(Onoriamo anche l’Angelo Custode con una preghiera al giorno)


1 settembre

GRANDEZZA DI S. MICHELE NELLA NATURA

I. Considera come S. Michele Arcangelo è il più nobile e il più bello fra tutti quei nobilissimi Spiriti che compongono la milizia celeste; Egli è il primo tra i primi Principi; poiché creati che furono gli Angeli vennero divisi in tre Gerarchie, ciascu­na Gerarchia in tre Cori; ogni Coro risultò d'innu­merevoli Spiriti, e ciascuno Spirito fu abbellito di quelle doti e perfezioni, che convenivano al grado ed uffizio, cui Dio l'aveva destinato. Il Coro supe­riore perciò contiene le perfezioni del Coro infe­riore, il Coro più sublime le perfezioni e le bel­lezze di tutti i Cori inferiori. Così insegna S. Tom­maso.
L'Arcangelo Michele è nel primo Ordine di quelle schiere Angeliche e per la dignità e per gli onori superiore a tutti i beati Angeli, come scrive S. Ba­silio. Chi potrà comprendere quale sia la bel­lezza di sua natura, che primeggia su tutti gli An­geli? Egli è veramente il più perfetto, il più bello, il più grande di tutti i beati Spiriti!
II. Considera come il Profeta Giobbe guardan­do la nobiltà di natura degli Angeli, li chiamava figli di Dio per eccellenza, e li paragonava alle stelle del mattino; certamente dobbiamo tenere con S. Pantaleone che S. Michele Arcangelo è la pri­ma, la più grande e la più bella Stella Angelica, la più luminosa nel Cielo del Paradiso, Colui che tiene il primo luogo tra quello sterminato nu­mero di Angeli. Poichè egli sta al sommo grado di tutto l'essere creato, la sua spirituale natura è la più nobile e pura di quante furono create da Dio. Per questo S. Gelasio lo chiama sommo Mininistro del Trono della Santissima Trinità. Men­tre gli altri Angeli si velano il volto, S. Michele canta, con gran confidenza e senza stupore, il tri­sagio dei Serafini, è a Dio il più vicino, è degli Angeli il più nobile, il più sublime; perciò si chia­ma Arcangelo, non perchè sia del Coro degli Ar­cangeli, ma perchè di tutti gli Angeli è il Capo, il Duce, il più grande per natura. O eccellenza veramente ammirabile! O principe veramente grande!
III. Considera poi, o cristiano, qual'è la tua gran­dezza nell'ordine della natura. L'uomo è fra gli es­seri della terra il più nobile, contiene in sé le per­fezioni delle altre specie, cioè l'esistenza dei fossili, la vita degli alberi, i sensi degli animali, l'intelli­genza degli Angeli. Il corpo è il mondo in piccolo: l'anima porta scolpita l'immagine di Dio sostanza spirituale, dotata di mente capace di co­noscere Dio, e di volontà idonea ad amarlo; sostan­za tanto nobile, che poco differisce dagli Angeli.
Qual uso hai fatto della tua eccellente natura e dei doni naturali di cui Dio ti arricchì? L'Arcangelo Michele creato da Dio sì nobile, e di tanti doni ar­ricchito, tutto rivolse a glorificare Dio Creatore, tu, invece, forse ti sei servito dei tuoi doni naturali, del tuo corpo e dell'anima non per lodare, ma per disonorare Dio, non per venerarlo, ma per insultarlo, non per glorificarlo, ma per offenderlo maggiormen­te! A che ha servito sinora il tuo corpo? Alla ini­quità ed alla immondezza! Di che si è occupata l'anima tua? Di conoscere le vanità di questo mon­do, non le grandezze di Dio. La tua volontà, invece d'amare il sommo ed unico bene, ha amato i beni fallaci di questo mondo. Cerca di umiliarti, rientra in te stesso, impara ad apprezzare la tua eccellenza e dignità,
apprendi dall'Arcangelo Michele a conformare la vita alla eccellenza della natura, e pregarlo infine che ti ottenga la grazia di non più disonorare la tua natura,  ma di vivere piuttosto a norma di quel fine, per cui Dio ti creò. 
PRIMA APPARIZIONE DI S. MICHELE SUL GARGANO                    la Grotta
Era l'anno 490 quando il giorno 8 maggio si veri­ficò la prima apparizione di S. Michele sul Gargano. Il fatto avvenne così. Un capitano delle armi Sipon­tine, ricco di poderi e di greggi, ed altrettanto pio e caritatevole, possedeva un monte distante circa sei miglia da Siponto, ora detto Manfredonia che era il pascolo dei suoi armenti. Tra questi si trovava un toro feroce, smisurato e torvo, il quale una volta di primavera si segregò dagli altri. Venuto il ca­pitano a riveder gli armenti mentre accompagnato da servi faceva ricerca del toro, lo rinvenne in una profonda spelonca in un luogo erto e difficile; e siccome non era possibile trarlo fuori vivo di là, pensò riaverlo morto, e scaricò verso di esso il suo arco; ma la freccia invece di ferire il toro, rivolta a mezz'aria la punta, tornò indietro e ferì nel petto il capitano.
L'avvenimento del tutto nuovo riempì di stu­pore gli spettatori, e si diffuse la notizia di esso non solo nelle vicinanze della selva donde molti corsero a vedere il ferito, ma pervenne anche fino al Ve­scovo di Siponto, S. Lorenzo Maloriano, di nazio­nalità greca, cittadino di Costantinopoli, e stretto congiunto dell'Imperatore Zenone. Il santo Prelato, pensando che non senza mistero si era verificato quello strano avvenimento, ricorse a Dio per lume ed intelligenza. Ordinò per tutta la città un triduo di preghiere e di digiuni per impetrar da Dio la grazia di conoscere il mistero di così strano fatto. Ascoltò Dio l'umile ricorso del Vescovo e del po­polo, cosicchè mentre verso l'aurora il piissimo Ve­scovo stava pregando nella cattedrale di Siponto, gli apparve S. Michele e gli disse « Tu hai agito molto saggiamente chiedendo all'altissimo Iddio la rivelazione e la ragione per cui la freccia scoccata contro il giovenco si sia invece rivolta contro l'ar­ciere. Sappi dunque che ciò è avvenuto appunto per opera mia. Io sono l'Arcangelo Michele, che sto davanti al Trono di Dio, ed io ho stabilito di abitar qui, e parimenti di aver preso in custodia questo luogo. Questi segni ho voluto io dare, affinchè cia­scuno sappia, come d'ora innanzi il Gargano sarà in mia tutela ». Così disse S. Michele a S. Lorenzo Vescovo, e disparve.

PREGHIERA

Gloriosissimo S. Michele, mi rallegro con Voi del­la sublimissima natura tanto perfetta e bella, che supera gli Angeli tutti, e ringrazio la Santissima Tri­nità di averVi creato sì grande ed eccellente; mi confonde però innanzi a Voi la mia indegnità, non avendo io saputo conoscere ed apprezzare la mia grandezza. Ricorro fiducioso alla vostra protezione, e Vi prego di ottenermi dalla Divina Maestà lume alla mente per poter apprezzare d'ora innanzi la mia dignità, e fervore alla volontà perchè viva sempre grato al mio Creatore. Amen.

SALUTAZIONE

Io Vi saluto, o S. Michele; Voi che siete la prima e più luminosa stella dell'Angelico splendore, illu­minate l'anima mia.

FIORETTO

Inginocchiato innanzi ad una Immagine di S. Michele reciterai tre Pater, Ave e Gloria in ringraziamento alla Santissima Trinità per aver creato S. Michele sì grande di natura. Reciterai, oggi, ed in ogni dì, la seguente coro­nella al S. Principe, chiedendo nella Offerta questa grazia speciale: che ti faccia conoscere l'obbligo di venerare Dio coi doni di natura. 

INNO

Virtù del Padre e gloria, Gesù, vita ai redenti, Te noi lodiam fra gli angeli Dal labbro tuo pendenti. Di duci schiera innumera Pugna per te fedele; Ma della croce il labaro Invitto erge Michele. Ei caccia all'imo tartaro Il capo del dragone; dall'alto il duce fulmina e insiem lo stuol fellone Contro il superbo demone seguiam noi questo Duce, Onde l'Agnel ci prodighi Serti d'eterna luce. Al Padre e insieme al Fi­lglio, a Te Consolatore Per gli infiniti secoli, Siccome fu, sia onore. Così sia.

I GRAZIA

Vi domandiamo, o Arcangelo Michele, insieme col Principe del primo Coro dei Serafini, che vogliaTe accendere il nostro cuore con le fiamme del Santo amore, e che per mezzo Vostro possiamo disprez­zare i lusinghevoli piaceri del mondo. Pater, tre Ave e un Gloria.

II GRAZIA

Vi chiediamo umilmente, o Principe della cele­ste Gerusalemme insieme col capo dei Cherubini, che vi ricordiate di noi, specialmente quando sare­mo assaliti dalle suggestioni del nemico infernale; onde col vostro aiuto divenuti vincitori di Satana, facciamo di noi stessi un intero olocausto a Dio no­stro Signore. Pater, tre Ave e un Gloria.

III GRAZIA

Devotamente Vi supplichiamo, o invitto Campio­ne del Paradiso insieme col Principe del Terzo Coro, cioè dei Troni, che non permettiate che noi, vostri fedeli, siamo oppressi dagli spiriti infernali. Pater, tre Ave e un Gloria.

IV GRAZIA

Umilmente in terra prostrati Vi preghiamo, o pri­mo Ministro della Croce dell'Empireo insieme col Principe del quarto Coro, cioè delle Dominazioni, che difendiate tutta la Cristianità in ogni sua oc­correnza, ed in particolare quelli che ci governano, dando loro grazie di saggezza e di prudenza. Pater, tre Ave e un Gloria.

V GRAZIA

Vi preghiamo, Santo Arcangelo, che insieme col Principe del quinto Coro, cioè delle Virtù, vogliate liberare noi, vostri servi, dalle mani di tutti i nostri nemici, dai falsi testimoni, dalle lingue cattive, dalle discordie: la nostra patria ed in particolare questa città dalla fame, dalla peste, dalla guerra e da ogni male che il nemico delle anime suole suscitare a nostro danno. Pater, tre Ave e un Gloria.

VI GRAZIA

Vi scongiuriamo, o Condottiero delle Angeliche milizie e Vi preghiamo insieme col Principe che tie­ne il primo luogo fra le Potestà, le quali costitui­scono il sesto Coro, che vogliate provvedere alle necessità di noi, vostri servi, e di tutta questa città, dando alla terra la fecondità desiderata, e pace e concordia ai principi Cristiani.Pater, tre Ave e un Gloria.

VII GRAZIA

Vi preghiamo, o Primicerio degli Arcangeli, Mi­chele, insieme col Principe del massimo Coro, cioè dei Principati, che vogliate liberar noi, vostri servi, ed in particolare questa città dalle infermità cor­porali, e molto più dalle spirituali. Pater, tre Ave e un Gloria.

VIII GRAZIA

Vi supplichiamo, o Santo Arcangelo insieme col capo di questo Ottavo Coro degli Arcangeli, e con tutti i nove Cori, che abbiate cura di noi in vita, e ci assistiate nell'ora della nostra agonia, special­mente quando saremo per esalare l'ultimo respiro, in modo che, rimasti vincitori di Satana, veniamo a godere con Voi nel Santo Paradiso la Divina Bontà. Pater, tre Ave e un Gloria.

IX GRAZIA

Vi preghiamo finalmente, o gloriosissimo Princi­pe, difensore della Chiesa militante e trionfante, che vogliate, in compagnia del capo del nono Coro degli Angeli, custodire e patrocinare i vostri devoti, le nostre famiglie, coloro che si sono raccomandati alle vostre orazioni, affinché menando con il vostro aiuto una vita pura, possiamo poi godere la bella faccia di Dio insieme con Voi e con tutti gli Angeli per tutti i secoli dei secoli. Pater, tre Ave e un Gloria.

OFFERTA

O Arcangelo S. Michele, Principe di tutti i Cori Angelici, umilmente Vi adoro, perché Vi ammiro do­tato di tanta grazia e gloria, che giustamente la San­ta Chiesa Vi riverisce come Vicario dell'Altissimo e primo Ministro del Paradiso. Sia perciò lodata la Santissima Trinità che, in premio della vostra fe­delissima circostanza, V'innalzò a tanta altezza di glo­ria; sia anche benedetta la vostra carità che si com­piace d'essere il nostro più grande Benefattore du­rante la vita, il più gran Difensore nel punto di mor­te, e sollievo nelle stesse fiamme del Purgatorio. Ec­co, o Arcangelo S. Michele, che io mi offro tutto al vostro servizio. Consideratemi nel numero dei vostri devoti, impetratemi grazia che non più cada in peccato. Illuminatemi per mezzo del mio S. An­gelo Custode, perchè possa camminare perseveran­temente nella strada del santo timore ed amore di Dio. Proteggete questa Città che Vi venera per suo Protettore amoroso. Stendete lo scudo del vostro Pa­trocinio sopra la casa e famiglia mia, e per l'amore che portate alla vostra gran Regina Maria, impe­tratemi questa grazia che umilmente Vi cerco... (qui si pensi alla grazia che si desidera)affinché, conso­lato in vita dalla vostra pietà, possa dalla stessa essere accompagnato dinanzi al Tribunale di Dio e divenire cittadino del cielo, dove loderò in eterno la Santissima Trinità, Gesù e Maria, e Voi gran Principe degli Angeli S. Michele. Amen. 
Preghiamo l’Angelo Custode: Angelo di Dio, che sei il mio custode, illu­mina, custodisci, reggi e governa me, che ti fui affidato dalla pietà celeste. Amen.
 preghiereagesùemaria

giovedì 20 agosto 2015

Guidami


Guidami, dolce luce,
nelle tenebre che mi sommergono,
guidami verso l'alto.
La notte è fonda e sono lontano da casa:
guidami verso l'alto!
Dirigi i miei passi, perchè non vedo nulla;
fà che veda a ogni mio passo.
Un tempo non ti avrei pregato per farlo.
Da solo volevo scegliere il cammino,
credendo di poterlo determinare
con la mia luce, malgrado il precipizio.
Con fierezza elaboravo i miei obiettivi.
Ma ora dimentichiamo tutto ciò.
Tu mi proteggi da tanto tempo
e accetterai di guidarmi ancora:
oltre le paludi,
i fiumi e gli scogli che mi attendono al varco,
fino alla fine della notte,
fino all'aurora in cui gli angeli mi faranno segno.
Ah! Io li amo da molto tempo,
solo per un pò li avevo dimenticati


      (Cardinale John Henry Newman)
                                                                                                       

L'apparizione di Porzus



La famiglia

Teresa Dush nasce dopo la mezzanotte del 10 settembre 1845, a Porzus degli Slavi, e lo stesso giorno viene portata in chiesa per ricevere il sacramento del battesimo. I genitori, Giuseppe e Caterina Grimaz sposati già da 18 anni (4 aprile 1827), accolgono come un dono di Dio quella creatura che per tanto tempo hanno atteso.
La famiglia Dush vive poveramente, come del resto tutti gli abitanti di Porzus, piccolo paese abbarbicato sulle Prealpi Giulie sopra Attimis, in Provincia di Udine. La terra erta e sassosa dà qualche po’ di raccolto, il resto è prato e pascolo. La piccola Teresa conosce presto la durezza della vita. E’ una bambina buona e docile, condivide volentieri la fatica e il lavoro dei genitori, ma è gracile e cagionevole di salute. Frequenta la chiesa parrocchiale, ed è molto attenta alle lezioni di catechismo del parroco, don Giuseppe Costaperaria, da cui impara le verità fondamentali della fede. La bambina deside
  8 Settembre 1855 – L’apparizione
E’ un giorno di sabato, quell’8 settembre 1855, festa della natività della Beata Vergine Maria. E’ festa di precetto, ma forse non ci sarà la Messa a Porzus. Il colera ha incominciato a mietere vittime nel paese, e il cappellano, don Giuseppe, che si è prodigato nell’assistenza ai colerosi di Clap e di Porzus, è stato colpito dal male. Per lui e per altri non c’è più speranza. Proprio in questo giorno avviene il fatto straordinario che segnerà profondamente tutto il paese di Porzus e Teresa Dush in particolare. La bambina non ha ancora compiuto dieci anni.  
Due filoni di testimonianze, indipendenti fra di loro, hanno conservato e tramandato la memoria dell’avvenimento: il primo è passato oralmente da padre in figlio a Porzus e nei paesi limitrofi, il secondo è stato fissato in alcuni manoscritti delle Suore della Provvidenza. Le testimonianze concordano sostanzialmente tra di loro, e narrano quanto segue. Caterina Grimaz, non si è accorta delle due feste di precetto che si succedono: il sabato 8 settembre e la domenica seguente; non ha perciò provveduto erba sufficiente per sfamare le bestie. Chiama Teresa e le ordina di scendere nella dolina a segarne un po’. La bambina, osserva timidamente che non si deve lavorare di festa: così ha detto il sacerdote a catechismo.
“Mangiamo noi, devono mangiare anche le bestie” è la risposta perentoria della madre.
Teresa s’incammina. E’ combattuta dentro di sé: obbedire al cappellano o obbedire alla mamma? Chiede aiuto alla Vergine che ama tanto. Arrivata al prato si accinge al lavoro, ma qualcuno le toglie il falcetto di mano. Alza gli occhi e vede una bella Signora col suo falcetto in mano che le sorride e dolcemente le dice:
“Non si deve lavorare di festa!”.
Teresa confida il suo piccolo dramma. La signora si china, taglia una manata di erba e la porge alla bambina dicendo: “Prendi, questa basterà”. Poi aggiunge:
“Di’ a tutti di santificare il nome del Signore e di non bestemmiare, perché così facendo offendono Mio Figlio e addolorano il Mio Cuore materno. Inoltre desidero che si osservino i digiuni e le vigilie”.
Al ritorno, Teresa racconta il fatto straordinario alla madre che la guarda incredula, benché noti sul volto di lei una espressione di intensa gioia; ma quando constata che quella manata di erba è sufficiente per quel giorno, per il giorno successivo, e anche per il lunedì mattino, rimane profondamente colpita. La notizia del fatto si diffonde. Non tutti credono. “Di’ alla Madonna che ti dia un segno”, suggeriscono alla bambina, e c’è chi ha un sorriso motteggiatore. E’ un’altra domenica, forse la successiva. Teresa è in chiesa, e la Signora ritorna. E’ accanto all’altare con un vestito ricoperto di rose, e la chiama. Teresa è presa da timore. Si rivolge alle compagne, e queste la sospingono e l’accompagnano, ma non vedono nulla. Le sussurrano: “Chiedi il segno”. Teresa parla a lungo con la Madonna, poi esce di chiesa come trasognata e s’incammina verso casa. Dirà, più tardi, che la Madonna l’accompagnava.
Ha ricevuto "il segno". E’ una crocetta lunga tre centimetri che brilla come oro. La Madonna gliel'ha impressa sul dorso della mano sinistra. Tutti la possono vedere e, per quanto si cerchi di cancellarla, sfregandola e lavandola nell’acqua, rimane intatta, anzi diventa ancora più lucente. Don Giuseppe è morto. Da Cividale sale un sacerdote per amministrare i Sacramenti. Anche mons. Nicolò Tiossi, decano del Capitolo di Cividale, arriva lassù. A lui la bambina si confida e il sacerdote le crede.
La Madonna le appare ancora due volte, in quel periodo, secondo l’unanime e viva tradizione della gente. In una di queste la Madonna le consegna un segreto, al quale rimarrà sempre fedele: nessuno riuscirà mai a strapparle di bocca un indizio o una parola.
A chi indaga e fa domande, risponde che alla Madonna piace che si preghi il Santo Rosario.

L’apparizione del 1864
Teresa è consapevole della sua povertà, della sua ignoranza e della sua malferma salute, vorrebbe donarsi completamente al Signore, ma potrà padre Luigi che pure è tanto buono, accettare una come lei? Non sa leggere l’Ufficio della Madonna in latino, sa appena sillabare l’italiano! Nella preghiera apre il suo cuore alla Madre di Dio, e ancora una volta la Vergine viene a consolarla e rassicurarla. “ Va’ pure in convento, le dice, e quando dovrai leggere in latino lo saprai fare come le altre suore. Teresa si consiglia anche con mons. Tiossi che l’incoraggia. Ritorna a Udine all’inizio del 1864, per rimanervi definitivamente,
Il 7 Agosto 1864, festa di san Gaetano è ammessa in postulandato. La sua salute è precaria. Padre Luigi la invia in campagna ad Orzano, perché riprenda forza, ma non giova molto. Sarebbe ragionevole non ammetterla in noviziato, ma la Madonna l’ha inviata lì, perché lui, padre Luigi, gliela custodisca, e l’accompagni nel cammino della santità: no, non può rifiutarsi. Il 19 marzo 1867, festa di S. Giuseppe, Teresa inizia il noviziato. Lo trascorre, per alcun tempo, nella comunità di Cormons, accanto al Santuario della Madonna venerata sotto il nome di Rosa Mistica.
Ritornata a Udine, il 14 settembre 1868, festa dell’esaltazione della santa Croce, veste l’abito religioso ricevendo il nome di suor Maria Osanna. La sua malattia (tubercolosi polmonare) si va lentamente, ma inesorabilmente aggravando. Viene trasportata in infermeria, dove riceve le cure più assidue ed amorose da parte delle suore e di padre Luigi. Egli, personalmente, le porta la merenda a mezza mattina. Prende tra le sue, la mano diafana, segnata dalla Madonna, per tastarne il polso, e anche perché chi l’accompagna possa vedere quel segno misterioso. La croce, durante la malattia, non è più lucente come oro, ma è rossa. Dopo la morte diventerà bianca, e tutta la grande comunità del Collegio passerà a baciarla. Il 17 agosto 1870, suor Maria Osanna termina il suo Calvario quaggiù. Non ha ancora compiuto 25 anni.
“Era creatura più del cielo che della terra, se ne stava sempre con la mente e con il cuore assorti in Dio”, lasciano scritto le suore, .“ e così questo delicato fiorellino della Madonna, Maria Osanna, venne presto colto e trapiantato dalla SS.ma Vergine nelle aiuole del santo Paradiso”. 

Il prato sempre fiorito e la “Iancona”
A Porzus, intanto, la gente, dopo l’apparizione della Madonna, comincia ad osservare un fenomeno insolito sul luogo dell’apparizione: il prato è sempre fiorito e la neve lì si scioglie prima che all’intorno, mentre dovrebbe avvenire il contrario, essendo la dolina un abbassamento di terreno simile ad una conca! Lì gli abitanti di Porzus vanno a pregare il Santo Rosario tutte le domeniche, e tutto il mese di maggio.
Nel 1885 decidono di costruire una piccola cappella, una Iancona come la chiamano ancor oggi. La Madonna non ha chiesto di costruirle un edificio sacro, come invece ha fatto in altre apparizioni, ma la gente lo vuole costruire “per non dimenticare” “per non lasciare cadere a vuoto” un fatto che ormai sta cambiando la vita in Parrocchia. Nel 1886 all’interno, su una parete laterale, pongono, un dipinto che rappresenta la scena dell’apparizione. La veggente è presentata non come una fanciulla di dieci anni, ma come una giovane di venticinque anni: l’età di Teresa quando morì. Sulla mano sinistra della veggente c’è il segno della croce. Il messaggio è scritto in alto, in forma lapidaria: sulla sinistra: “Santificate le feste – Non bestemmiate” sulla destra: “Osservate i digiuni e le vigilie”.
Gli abitanti di Porzus scolpiscono quelle parole anche nei loro cuori. Le relazioni delle visite pastorali compiute da vari Arcivescovi a Porzus fino alla seconda guerra mondiale testimoniano la viva devozione del paese alla Madonna, e la fedeltà al comandamento di santificare le feste. Negli anni in cui mancò il sacerdote, “tutti, giovani e anziani, scesero lungo i non facili sentieri del monte per partecipare alla santa Messa nella Chiesa di Faedis o in quella di Forame.
18 agosto 2001
Porzus : Storia della veggente Teresa Dush
Dopo 137 anni di silenzio è venuta recentemente alla luce l'intera vicenda che ebbe come protagonista una fanciulla di nome Teresa Dush, di Porzus (Attimis- in provincia di Udine) e che viene raccontata nei Cenni biografici custoditi nell'Istituto della Provvidenza a Udine, dove era novizia con il nome di suor Osanna.

L'8 settembre 1855 la piccola Teresa Dush, di circa dieci anni, figlia di poveri contadini si sentì rivolgere l'ordine di scendere nella dolina a tagliare un po' d'erba per le mucche. Teresa le fece osservare che era la festa della Madonna e che durante le feste non si doveva lavorare, come sosteneva il parroco durante il catechismo. La mamma non ne volle sapere e insistette perché andasse a tagliare l'erba.

La piccola, vedendo che la madre era irremovibile e che insistendo non avrebbe ottenuto nulla, "chinò il capo e con le lacrime agli occhi" dopo aver preso il falcetto, si avviò per il sentiero che conduceva nella dolina, si raccomandò alla Madonna, pregandola con animo candido e fiducioso.

Giunta sul prato, mentre stava per mettersi al lavoro, ancora tutta piangente, vide una luce straordinaria diffondersi attorno a sé. Alzò gli occhi ed ecco innanzi a lei apparire una Bellissima Signora che la guardava e le sorrideva. La bimba cadde in ginocchio.


La Celeste Signora, sorridendole, la consolò e le chiese il falcetto. Poi si chinò, tagliò un po' d'erba, e, consegnandogliela, la esortò a portarla nella stalla rassicurandola che sarebbe bastata per tutto il giorno; le raccomandò, poi, di riferire a tutti di non lavorare nei giorni di festa, ma di santificare il giorno del Signore, se volevano che l'epidemia di colera finisse. Aggiunse anche la raccomandazione di non bestemmiare, di osservare i digiuni e le vigilie e di pregare con fede e amore il Rosario. Alla fine le riconsegnò il falcetto e, sorridendo, scomparve.

La fanciulla, emozionata, ripercorse il sentiero dirigendosi verso casa. Si ripropose di entrare nella stalla e fare quello che le aveva ordinato la Madonna. La mamma si meravigliò che Teresa avesse già terminato il lavoro e ancor di più che le mucche, mangiata la poca erba, restassero tranquille e sazie. La figlia si fece coraggio e riferì tutto alla mamma.

Una seconda volta la Vergine apparve una domenica pomeriggio in chiesa dopo il Vespero ed il Rosario.
Chiamò la fanciulla da presso all'altare. Teresa, presa da un po' di timore, chiese alle amiche di accompagnarla.

Quando fu vicina all'altare la Vergine le fece prima contemplare il Crocifisso, poi, invitandola a porgere in avanti la mano, le impresse sul dorso una piccola croce dicendole che era il segno di suo figlio , di mostrarlo alla mamma e a tutti coloro che erano deboli nella fede e l'avrebbero creduta.

Davanti ad un simile segno la madre di Teresa rimase molto turbata e si commosse profondamente.
Non credeva ai suoi occhi. Pensò che un tale prodigio non poteva rimanere nascosto e per motivi di prudenza credette opportuno di condurre la figlia dal parroco per sottoporre tutto al suo giudizio.

Una terza volte le apparve in chiesa tra la gente che vide Teresa in estasi . Le confidò un segreto che non rivelò mai e che conservò sino alla tomba.

In seguito alla morte dei genitori,avvenuta pochi mesi dopo, rimase sola con uno zio.
Ma per sottrarla ai pericoli di una indiscreta devozione, si decise di portarla a Udine e affidarla a padre Luigi Scrosoppi. Era il 21 giugno del 1856. Teresa divenne una figlia della Casa delle Derelitte per sempre. Teresa era sempre stata debole di salute e non riusciva per questo a decidersi di farsi suora, per paura di essere più un peso: difatti fino al 1864 fu a servizio presso qualche famiglia .
Una sera, mentre pregava, le apparve di nuovo la Madonna invitandola a seguire la sua vocazione, dicendole di aver fiducia e di contemplare il crocifisso. Le promise di non abbandonarla mai e le donò la facoltà di recitare l'Ufficio, pur essendo analfabeta. Il 7 agosto del 1864 fu ammessa tra le aspiranti della Congregazione.
Tre anni dopo entrò in noviziato.

Il 14 settembre del 1868 abbracciò i voti solenni assumendo il nome di Osanna Maria, impostole dallo stesso Padre Luigi Scrosoppi (da poco proclamato santo) che la seguiva spiritualmente. Durante il periodo della sua vita religiosa fu per un certo tempo a Cormons presso il Santuario dedicato a Maria Rosa Mistica.

Suor Maria Osanna ebbe l'incarico di sorvegliare le fanciulle durante la ricreazione. Qui, per ordine di Padre Luigi, aveva sempre cura di tener ben coperta, con la manica dell'abito, la croce impressa sulla mano. Egli chiedeva alle suore umiltà e carità, e la stessa Suor Maria Osanna non cedette mai alla curiosità delle ragazze con cui aveva a che fare. Ancora oggi le suore della comunità ascoltano dalle più anziane ciò che viene tramandato del suggestivo ricordo della vita di suor Osanna.

In seguito all'aggravarsi delle sue condizioni di salute,Suor Maria Osanna fu mandata ad Orzano, un piccolo paese di campagna a pochi chilometri da Udine. Anche qui ebbe il compito di sorvegliare le fanciulle durante la ricreazione. Il tempo qui, secondo la volontà del Fondatore, veniva riempito dalla preghiera e dal lavoro. Lo stesso Padre Luigi Scrosoppi amava questo luogo e veniva molto spesso a far visita alle sorelle. Anche qui esistono testimonianze dei racconti ascoltati dalle madri più anziane.

Suor Osanna passò gli ultimi mesi della sua vita a Udine, nell'infermeria delle suore.

Dalla relazione fatta dalle suore che l'assistevano, riportata sui cenni biografici, risulta che durante la lunga e dolorosa malattia era immersa nella preghiera. Padre Luigi veniva spesso a confortarla.

Spirò il 17 agosto del 1870. La sua salma riposa attualmente nel cimitero di Udine, insieme alle altre consorelle.


NON SCENDO DALLA CROCE Di Fulton j Sheen,vescovo

Ero uscito di casa per saziarmi di sole.Trovai un uomo che

si dibatteva nel dolore della crocifissione.Mi fermai

e gli dissi:"Permetti che ti aiuti"?Lui rispose:

Lasciami dove sono.

Non scendo dalla croce fino a quando sopra vi

spasimano i miei fratelli.

fino a quando per staccarmi

non si uniranno tutti gli uomini.

Gli dissi"Che vuoi che io faccia?"

Mi rispose:

Và per il mondo e di a coloro

che incontrerai che c è un uomo

che aspetta inchiodato alla croce.