martedì 17 aprile 2012

PARLAMI DI DIO








Dissi al mandorlo: "Parlami di Dio!"
E il mandorlo fiorì.
Dissi al povero: "Parlami di Dio!"
E il povero mi offrì il suo mantello.
Dissi alla casa:
"Parlami di Dio!"
E la casa mi aprì la sua porta.
Dissi a un bambino:
"Parlami di Dio!"
E il piccino mi sorrise.
Dissi a un soldato:
"Parlami di Dio!"
Ed egli lasciò cadere le armi.
Dissi ad un infermo:
"Parlami di Dio!"
Ed egli accettò con fede le sue infermità.
Dissi a mia madre:
"Parlami di Dio!"
E mia madre mi baciò in fronte.
Dissi alla mano:
"Parlami di Dio!"
E la mano si mise a servire.
Dissi a un nemico:
"Parlami di Dio!"
Ed egli mi tese la mano.
Dissi alla Bibbia:
"Parlami di Dio!"
E la Bibbia non cessò di parlare.
Dissi al cielo:
"Parlami di Dio!"
E il cielo mi indicò la terra e il creato.
Dissi a Maria:
"Parlami di Dio!"
E Maria rispose:
"Fa ciò che Lui dice".
Dissi a Gesù:
"Parlami di Dio!"
E Gesù prego:
"Padre, Padre Nostro!".

M.G. Estrade'

sabato 14 aprile 2012

Gesù io confido in te



Gesù, io confido in Te!
Perchè confido? Perchè ti credo?

Perchè sei morto per me
sulla croce.

Perchè hai vinto la morte
e il peccato.

Perchè mi hai preparato
il posto nella casa del Padre.

Perchè mi hai fatto figlio di Dio.
Perchè mi offri Te stesso.

Perchè ti curi della mia salvezza.
Perchè mi cerchi mentre sto errando.

Perchè non ti scoraggi delle mie cadute.
Perchè non vuoi che io sia perduto.
Perchè ti rallegri quando ritorno a Te.
Perchè Tu mi ami così come sono.

Perchè Tu mai condanni.
Perchè Tu perdoni.
Perchè Tu mai rinunzi a me.
Perchè Tu asciughi le lacrime.
Perchè Tu porti la pace.
Perchè in Te è la felicità.

Io confido in Te, perchè Tu
sei il mio Signore, il mio Salvatore.

Gesù, io confido in Te,
perchè Tu sei il Signore
della mia famiglia e dei miei amici,
del mio presente e del mio futuro,
della mia educazione e del mio lavoro,

della mia buona salute
e della mia malattia,

della mia carne e della mia anima,
della mia povertà e della mia ricchezza,

delle mie speranze
e delle mie preoccupazioni,
del mio denaro e delle mie spese,
della mia intelligenza e della mia volontà,
dei miei occhi, orecchi, mani e piedi,
del mio modo di divertirmi, di riposarmi,
di vestirmi, di mangiare, parlare e pensare.

Gesù, io confido in Te!
Questo significa:
Che Tu sei per me Colui
che decide di tutta la mia vita
Che Tu guidi tutta la mia esistenza
Che Tutto quello che faccio,
lo faccio perchè piaccia a Te
Che Tu sei sempre al primo posto

Che io voglio essere come lo specchio
in cui gli altri vedano Te

Disponi di me secondo
i tuoi divini intendimenti

Qualunque cosa mi porgerà
la tua mano paterna,
l'accetterò con sottomissione,
con serenità e con gioia.

Guidami, o Dio,
sulle strade che Tu vuoi,
ho piena fiducia nella tua volontà,
che è per me l'amore e la
misericordia stessa.

Gesù, io confido in Te,
sempre, ovunque ed in tutto.
Amen!❤

(Roman Marcinkowski, vescovo di Polonia)

venerdì 6 aprile 2012

Agonia di Gesù nell'orto, ( di Padre Pio da Pietralcina )




Divinissimo Spirito, illuminami nella meditazione della Passione di Gesù, di questo Dio che soffre, agonizza e muore per amore della creatura.

L'uomo gioisce nella colpa ed il suo Dio per il peccato s'attrista, pena, suda Sangue, fra terribili agonie di spirito.

Che io possa penetrare nell'intimo dei Cuore di Gesù per leggervi l'essenza delle sue amarezze, che io possa confortarlo con il mio amore. Addolorata Mamma Maria, uniscimi con Te, per seguire Gesù.

Gesù entrato nell'orto degli Olivi dice ai discepoli: «Vegliate e pregate per non cadere in tentazione», state all'erta, par che dica loro, perché il nemico non dorme, premunitevi contro di lui con l'arma della preghiera. Questa è l'ora delle tenebre, la notte più orrenda della storia. Gesù è estremamente triste.
Egli priva la sua sacrosanta umanità della forza che le conferiva la Divinità, sottomettendola a tristezza indefinibile, a debolezza estrema, a mestizia ed abbandoni, a mortale angoscia. Tutto, tutto è schierato contro di Lui per tormentarlo e Gesù si atterrisce. Egli trema come preso da febbre altissima, lo spavento si impossessa ancora di Lui ed il Suo Spirito languisce in mortale tristezza. Egli, il Verbo eterno di Dio, ridotto alla favola dei suoi nemici. Gesù si ritrae? No, sin dal principio tutto generosamente abbraccia senza riserva.

Quella Divina Faccia, che tiene estasiati in eterna ammirazione della Sua bellezza gli Angeli ed i Santi del Cielo, è sulla terra tutta sfigurata! E' per riparare ed espiare la mia alterigia che Gesù è stato ridotto così, dinanzi al Padre Suo.

E per l'umiliazione del Suo Figlio diletto, il Padre perdona alla creatura superba. Gesù prega con tutta la fiducia di un Figlio. Riconosce di essere il solo per tutti, l'oltraggiatore della divina Maestà.

Riconosce di essere il solo che con il sacrificio della sua Vita può soddisfare la Divina Giustizia e riconciliare la creatura con il Creatore. Si sente abbattuto ma lotta accanitamente.

Mio Gesù, tutte le nostre debolezze le hai prese per te. Per conferire a noi la tua Forza, ti abbatti così.

«Se è possibile, passi da Me questo calice!» E' il grido fiducioso che invoca l'aiuto del cielo. Mio Gesù, perché tu chiedi quello che non vuoi ti sia concesso? il dolore e l'amore. Ecco il grande segreto. Il dolore che ti opprime ti porta a chiedere aiuto e conforto, ma l'amore per soddisfare la giustizia divina ti porta a gridare: «Non la mia ma la tua volontà sia fatta!» O Gesù, quante anime generosamente ferite da questo tuo lamento, ti hanno fatto compagnia nell'Orto del Getsemani, partecipando alle tue amarezze ed alle tue angosce mortali. Fa che anch'io entri nel numero di costoro per poterti prestare un qualche sollievo e cooperare con te alla propria ed altrui salvezza eterna.

Gesù vede tutta la malvagità e la malizia delle creature. Vede tutte le nefandezze, le immodestie, le bestemmie. Vede tutti i sacrifici. Come un mare fluttuante, questo ammasso lo inonda, lo investe, l'opprime. Egli, l'essenza della purezza, la santità per natura, a contatto col peccato! Anzi, come divenuto peccato Lui stesso. Chi può comprendere l'orrore che ne sente? La natura sua ne prova infinita nausea.

E' schiacciato, oppresso, abbattuto, prostrato. Vorrebbe scuotere da Sé questa immensa mole che lo schiaccia. Vorrebbe scaricarsi di questo peso orrendo che lo fa rabbrividire. Ma quale figura Egli deve rappresentare? Di uomo lordo di tutte le brutture dell'umanità. Gesù ritorna ancora sul suo luogo di preghiera afflitto, accasciato, e cade a terra; un'angoscia mortale lo strazia. Egli versa in mortale agonia, l'amore lo dilania e lo martoria. Il timore lo scuote, lo fa tremare. La nausea del puzzo, una noia intensa invade l'anima sua. Il volto e la Persona sono tutti bagnati di Sangue, il volto ne è tutto intriso. E questo Sangue scende a purificare la terra, perché è il Sangue dell'Uomo-Dio che ascende a placare la Giustizia di Dio irritata per le nostre colpe. Se l'infinita Giustizia del Padre misura l'infinito valore del Suo preziosissimo Sangue ed è soddisfatta, l'uomo invece deve toccare con mano che il suo Amore non è sazio di patire per lui e si arresta, ma prosegue fino all'estrema agonia sulla Croce, fino alla morte ignominiosa su di essa.

Gesù ha pregato, per insegnarci ancora che, quando l'anima nostra si trova in desolazione, come la Sua, solo con la preghiera cerchiamo conforto dal cielo. O Gesù, che niente valga a staccarmi da Te, né la vita, né la morte. Seguendoti in vita, legato a Te appassionato, mi sia dato spirare con Te sul Calvario, per ascendere con Te nella gloria. Seguire Te nelle tribolazioni e nelle persecuzioni, per essere fatto degno un giorno di venirti ad amare in Paradiso, per cantarti l'inno del ringraziamento per tanto tuo patire.

Ma ecco che Gesù si leva da terra, asciuga il suo Volto bagnato di Sangue e forte e deciso si avvia verso l'uscita dell'Orto. Dove vai, o Gesù? Dove vai così pronto, risoluto, pieno di coraggio? A che ti esponi? «Oh! Lo sento! L'arma della preghiera mi ha fatto vincere e lo spirito ha soggiogato a sé la debolezza della natura; nella preghiera ho attinto forza ed ora posso tutto affrontare. Segui il mio esempio e tratta col cielo con la medesima fiducia nel dolore come io ho fatto».

Gesù dall’alto della croce ci parla… sette volte.


Gesù dall’alto della croce ci parla… sette volte.
Sono le Sue ultime parole.
All’avvicinarsi della morte, Egli ci fa conoscere quello che si agita nel Suo cuore. Sentimenti e volontà di perdono, di abbandono e di infinita fiducia nel Padre. Il testamento che ci lascia in questo modo ci è estremamente caro. Facciamo nostre queste parole e con lo stesso abbandono e la stessa fiducia di Gesù nel Padre.

“Padre perdona loro perché non sanno quel che fanno”
Signore, fa che riconoscendo nel perdono dei peccati il segno dell’amore di Dio, impariamo ad amare e a perdonare i nostri fratelli.

Oggi sarai con me nel Paradiso”
Questa promessa è per tutti; Signore aiutaci ad essere luce per gli altri, per quelli che si sono allontanati dalla fede, per quelli che non credono. Il nostro esempio e la nostra preghiera li riporti a te.

Donna ecco tuo figlio” e al discepolo che amava :”Ecco tua Madre”
Possano Signore i malati e i sofferenti trovare in Maria il conforto della loro fede, la certezza per la loro speranza.

“Ho sete”
In una delle beatitudini, gesù dice: beati quelli che hanno fame e sete della giustizia perché saranno saziati: Tu solo sei giusto, Signore. Fa che viviamo sempre seguendo Te, seguendo la Tua parola, attingendo da te che sei sorgente d’acqua viva.

“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”
Quante persone vivono in questa situazione di sconforto: donaci Signore di saper vedere la sofferenza e le difficoltà degli latri. Rendici capaci di far rifiorire la speranza in coloro che l’hanno perduta.

“Padre, nelle Tue mani consegno il mio Spirito”
Sostieni Signore coloro che sono nella prova e i moribondi perché colmi di fiducia e allontanando da sé ogni timore, si affidino totalmente a te.

"Tutto è compiuto”
In un altro passo, Gesù dice: mio cibo è fare la volontà del Padre. Dicendo "tutto è compiuto", Gesù fa capire che la sua missione l’ha realizzata. Ti affidiamo Signore i sacerdoti e i religiosi, fa che non si scoraggino di fronte alle difficoltà, aiutati anke dal nostro aiuto morale e materiale.
dal web

Sono stato invitato per Venerdì, sul Golgota


(Giuseppe Impastato S.I.)

C'ero anch'io. Una giornata indimenticabile.
Mi sono sgolato e ho perso la voce gridando:
"Viva Gesù! Osanna! E' il figlio di Davide!".
Ho raccolto un ramoscello di ulivo
e l'ho portato in casa
come ricordo della festa
e l'ho messo bene in vista.
Io voglio bene a Gesù.
Io sono un suo discepolo!

Ho ricevuto un invito.
Gesù mi vuole accanto a lui, Venerdì.
Mi ha scritto: "Non mancare.
Ci tengo. Fammi compagnia.
Sarà una festa imprevedibile!".

Se vai Venerdì, se ti rechi sul Golgota,
guarda che tornerai col vestito macchiato.
Di sangue.
Un vestito macchiato di sangue
- meglio se c'è una ferita sulla tua carne -
sarà domenica il luminoso biglietto d'ingresso
per la festa di Pasqua.
Sarai veramente un suo discepolo!


Lungo il Calvario






(A. Rita Mazzocco, Cantico di Tommaso)

C'ero anch'io quella mattina
sulla via della croce.
Eri a poca distanza da me
mentre fra sputi ed insulti
arrancavi verso il posto
dove avevamo decretato
che Tu morissi.
Attorno a me la folla.
C'era chi voleva solo curiosare
e chi era capitato lì per caso
ma c'era anche chi voleva partecipare
per vendicarsi di Te
almeno solo con lo sguardo.
L'ennesima profanazione di quel corpo
già ridotto ad un'unica piaga:
la miseria umana.

Non so dirti perché accorsi anch'io
a quella sagra dell'ingiustizia
ma, come Zaccheo, mi feci largo tra la folla
per vedere.
Ed ero in prima fila.
Tutto ciò di cui potrei essere capace era lì
davanti ai miei occhi
sprofondati tra quelle piaghe
che invocavano la morte.

Stavi per passarmi davanti
ma io non volevo più vedere oltre.
Avrei voluto essere lontano
il più lontano possibile da quello scempio
ma ormai non potevo più scappare.
Ero imbottigliato tra la folla
che i soldati romani spingevano indietro
per lasciar passare la giustizia dell'uomo.

Ora non eri più una macchia di sangue
sulla via del Calvario.
Ora si riconosceva un volto.
Ed eri ancora umano.
Dicono che tu fossi il più bello fra gli uomini
ma io non ti avevo mai visto prima.
Quella mattina però lo eri davvero
talmente bello da non aver il coraggio di guardarti.
E abbassai lo sguardo
per non correre il rischio d' incontrare il tuo.
Come uno struzzo sperai
d'aver scampato il pericolo di quell'incontro.

E mi passasti davanti
ma io non sollevai gli occhi da terra.
Vidi soltanto i tuoi piedi piagati
che sostarono alcuni secondi davanti a me.
Sicuramente dovevi riprendere fiato.
Ma uno schiocco di frusta
ti richiamò al tuo dovere di vittima...
E così riprendesti sulle spalle il mio peccato
avanzando ancora con fatica.
Ma sui sassi mi lasciasti il tuo ricordo.

Dicono che moristi alle tre
ma io non venni a vedere.
Ero rimasto lungo la via del Calvario
seduto a terra
davanti a quell'impronta di sangue
che mi schiantava il cuore.

lunedì 2 aprile 2012

Il salice piangente





Gesù saliva verso il Calvario, portando sulle spalle piagate la croce pesante. Sangue e sudore scendevano a rigare il volto santo coronato di spine. Vicino a Lui camminava la Madre, insieme ad altre pie donne. Gli uccellini, al passaggio della triste processione, si rifugiavano, impauriti, tra i rami degli alberi. Ad un tratto Gesù stramazzò al suolo. Due soldatacci, armati di frusta, si precipitarono su di Lui, allontanando la Madre, che tentava di rialzarlo. “Su, muoviti! E tu, donna, stàttene da parte”. Gesù tentò di rialzarsi, ma la croce troppo pesante glielo impedì. Era caduto ai piedi di un salice. Cercò inutilmente di aggrapparsi al tronco. Allora l’albero pietoso chinò fino a terra i suoi rami lunghi e sottili perché potesse, afferrandosi ad essi, rialzarsi con minor fatica. Quando Gesù riprese il faticoso cammino, l’albero rimase coi rami pendenti verso terra, perciò fu chiamato “salice piangente”.
dal web


La leggenda del pettirosso






C’era una volta un uccellino tutto grigio; non aveva proprio niente che attirasse l’attenzione, era davvero piccolo e bruttino. Nessuno voleva giocare con lui: “Chi ti credi di essere?”. “Vai via, sei proprio brutto, non voglio giocare con te!”. “Mi vergogno di averti vicino, sta’ lontano!”. Questo gli dicevano amici e conoscenti. L’uccellino allora volava e volava tutto solo, con il cuore pesante di solitudine e di tristezza. Nei suoi lunghi voli, un giorno arrivò appena fuori le mura di una grande città. Lui non sapeva che si trattava di Gerusalemme. Su una collinetta vide tre uomini crocifissi, e uno aveva per giunta una corona di spine conficcata nella testa. Il suo piccolo cuore si indignò: non basta forare mani e piedi con i chiodi? Non basta lasciarlo lì a morire di dolore e di sete, come gli altri due? Era proprio molto arrabbiato e pieno di compassione per quel Crocifisso. Lui non sapeva che era Gesù. Ad un tratto si illuminò: “Eppure posso fare qualcosa per lui!”. Spiegò le alette, prese la rincorsa, con un volo deciso si avvicinò e con tutta la forza del suo beccuccio strappò una spina, e poi un’altra e un’altra ancora con il cuore che gli batteva fortissimo. All’ultima spina però una goccia di sangue del Crocifisso schizzò sul suo petto grigio, mentre Lui gli sorrideva, come per ringraziarlo. L’uccellino corse a lavarsi alla fontana, ma più si lavava, più la macchia di sangue sul suo petto diventava luminosa. “Oh come sei bello!”, gli disse un’uccellina che passava di lì. “Nessuno ha una chiazza di un colore così bella sul petto!”. “Vieni a giocare con noi! Ti chiameremo Pettirosso”, gli dissero gli altri uccelli. Pettirosso non se lo fece dire due volte, li perdonò e giocò, volando, cantando, in una frenesia di felicità. Un pensiero nero però gli attraversò il cuore: “E i miei bambini saranno tutti grigi o avranno un bellissimo petto rosso come il mio?”. L’uccellina che per prima lo aveva visto si era tanto innamorata di lui e insieme costruirono il nido. Quando l’uccellina vi depose tre fragili uova, lui stette lì tutto il tempo a guardarle, per custodire il momento in cui si schiudevano. Sì, i nuovi nati avevano il petto rosso proprio come lui. E allora fu completamente felice. Non sapeva che quando il Crocifisso fa i suoi doni, non li fa mai a metà.

da “Dio fa bene ai bambini. La trasmissione della fede alle nuove generazioni”, Zattoni-Gillini, Queriniana, 2008

Il bambino che tolse i chiodi a Gesù



C’era una volta un bambino di nome Lorenzo, piccolo mulatto, birichino, occhi pieni di curiosità, denti bianchissimi nella bocca sorridente, voglia continua di correre e giocare, fantasioso, spericolato, sempre protetto dal vigile Angelo Custode. E non c’era solo quel bambino, c’era anche un castello, dove il bimbo andava a giocare e dove l’aspettavano tante zie che se lo contendevano per appagare tutti i suoi desideri e raccontarsi poi le sue prodezze. Nel castello c’era una piccola chiesa, perché le zie che lo custodivano erano delle suore secolari che sapevano coniugare la consacrazione al Signore l’amore materno ad ogni piccola creatura. Ed ecco che un giorno, nel mezzo del gioco, mentre il bimbo corre calciando il pallone, nel corridoio accanto alla piccola chiesa la voce della zia “Annamaria”, la madrina di Battesimo, chiama: “Lorenzo, vieni a conoscere Gesù”. Così Lorenzo scende per la prima volta i gradini della chiesetta ed entra nel vano sacro, dove gli viene mostrato Gesù nel grande Crocifisso appeso alla parete sopra l’altare.
Il bimbo alza gli occhi e vede i piedi forati dal chiodo, sovrapposti e sanguinanti. Ecco quello è Gesù e lui gli manda bacetti con la mano, rammaricandosi di non poterlo raggiungere, impotente a togliergli quei chiodi che forano i piedi e le mani fino a farli sanguinare. Cominciò così il suo amore per Gesù, un misto di ammirazione e compassione che si rinnovava ad ogni nuova visita. Per Lorenzo era un grosso sacrificio lasciare il gioco per andare a rivedere Gesù, ma ne valeva la pena... specialmente dopo che aveva assaggiato il “Pane di Gesù”, che zia Annamaria aveva preso da un armadietto della sacrestia, e dopo aver saputo che la casa di Gesù era nel Tabernacolo di marmo, proprio sotto la grande croce da cui Gesù non poteva discendere. In braccio alla madrina lui però poteva baciare la porticina di quella “casa” e stabilire con Gesù una grande amicizia, più importante di quella che aveva con i suoi compagni della Scuola Materna. Ma il cuoricino di Lorenzo soffriva per quei grossi chiodi che non sapeva come fare a togliere perché Gesù potesse guarire e scendere dalla croce. Una volta che zia Roberta si ferì un piede e mostrò al bambino la ferita, egli si slanciò a baciarlo per farlo guarire come avrebbe voluto fare con Gesù. Passò il tempo e venne il grande momento: una scala era rimasta abbandonata in chiesa con qualche attrezzo, come quelli che usava papà Mario per i lavori di casa. Lorenzo non aspettava altro! Ormai era abbastanza alto e forte per sollevare la scala, avvicinarla al grande Crocifisso, prendere gli attrezzi e salire fino in alto. Ora finalmente poteva “lavorare” per togliere quei chiodi ai piedi e alle mani di Gesù. Lavora, smuovi, tira... e uno! Poi due, ma il terzo che fatica! Non si arrese: tirò finché anche quello fu divelto, ma intanto la scala oscillò e si piegò all’indietro. Un grido: “Gesù!”. Una risposta: “Lorenzo!”.
E mentre il bimbo stava perdendo l’equilibrio, stava cadendo indietro, le mani libere di Gesù lo afferrarono e lo portarono in posizione sicura. Lorenzo, ignaro del pericolo corso, esultava di gioia: Gesù finalmente aveva parlato! Le zie intanto cercavano il bambino e lo trovarono sulla scala sorridente. “Lorenzo che hai fatto?”. “Non ha più i chiodi! E Gesù mi ha risposto!”. Zia Ilva sale subito sulla scala e va a prendere il bambino, lo riconduce a terra illeso, fra la grande gioia di tutte le zie dal cuore materno che per lui hanno trepidato e stentano a capire che cosa è successo.
In realtà nessuno mai capì bene la cosa, solo Lorenzo sapeva che Gesù non aveva più i chiodi perché lui glieli aveva tolti e poi era felice perché Gesù gli aveva parlato come ad un vero amico.
dal web

domenica 1 aprile 2012

L'asinello che portò Gesù






(Mariolina Puddu)
In un campo pascolavano un'asina con il suo puledro. Era stato svezzato da poco e talvolta, quando si metteva nei guai, cercava ancora il conforto della sua mamma.
Il suo nome era Lollo e aveva grandi orecchie appuntite e occhioni scuri, intelligenti e furbi. Come tutti i cuccioli era birbaccione, chiassoso, prepotente. Appena poteva si allontanava verso i confini del campo cercando di sconfinare e, quando il padrone andava a riprenderlo, puntava le zampe sul terreno e non c'era modo di smuoverlo. Bisognava trascinarlo e quanto erano acuti i suoi ragli di protesta! Il padrone ancora non si decideva a metterlo al lavoro: era talmente giovane e testone!
Una bella mattina di primavera giungono nel campo degli uomini, parlottano un po' col padrone e poi cominciano a guardare verso Lollo. Erano venuti infatti a fare una richiesta curiosa che riguardava proprio lui. Questi uomini erano servi di un tale, un certo Nazareno e, mandati da questo, volevano in prestito proprio Lollo. Serviva al loro Maestro per entrare in Gerusalemme.
Il padrone era perplesso: "Macché Lollo! Per il vostro Maestro ci vuole un cavallo. Io non ce l'ho, ma il mio vicino è un soldato e certamente sarà contento di prestarvi il suo bel cavallo bianco".
Ma quelli insistevano, si erano proprio fissati! Volevano un asino che fosse giovane che non avesse mai lavorato. "E' il Maestro che lo chiede - dicevano - ma non temere te lo restituiremo".
Il padrone alzava gli occhi al cielo: "Ma allora proprio non capite, quest'asino non è adatto! E' prepotente, testone e farà fare a me e al vostro Maestro una brutta figura. E' capace di fermarsi in mezzo alla strada e di non voler più camminare, se gli gira, incomincia a ragliare così forte e non la finisce più, e poi, morde!".
E i servi a lui: "Così come è, lo vuole il Maestro, e Lui non sbaglia! Se ha chiesto quest'asino avrà i suoi buoni motivi!". Il padrone allora, avvilito, prende un pezzo di corda, lo butta intorno al collo di Lollo e lo consegna ai servi. Lollo è troppo interessato alla faccenda per pensare a fare i capricci, e docile si lascia legare e condurre fuori del campo.
Fatta poca strada arrivano a un bivio, poco fuori Gerusalemme. Ci sono uomini, donne e anche bambini che attorniano un giovane uomo. I servi dirigono proprio verso di Lui: "Ecco, Maestro, questo è l'asino che avevi chiesto". Il Maestro si volta, si avvicina a Lollo, allunga una mano, lo accarezza sulla testa e lo guarda. Anche Lollo alza gli occhi verso questo bizzarro Maestro che ha voluto a tutti i costi averlo come cavalcatura, e i suoi occhi si immergono nello sguardo del Maestro: "Mai nessuno mi aveva guardato così" - dirà poi Lollo - "neanche la mia mamma". E' come se con un solo sguardo il Maestro mi dicesse: "Non temere, va bene così. Sì sei un po' un brigante, ma ce la puoi fare. Io mi fido di te e ti voglio bene! Coraggio! Cominciamo questo viaggio, sarai tu a portarmi a Gerusalemme".
Lollo sente come un fuoco dentro il suo cuore, è contento e un po' ha voglia di piangere, senza motivo... Mansueto si lascia mettere un mantello rosso sulla groppa, si lascia montare dal Maestro e, lentamente, incominciano il loro viaggio verso Gerusalemme. Via via che si avvicinano alla città la gente diventa più numerosa. Stendono per terra dei mantelli rossi, hanno in mano dei rami di palma e di ulivo, li agitano e gridano: "Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nell'alto dei cieli!".
Lollo si sente davvero un asinello importante... Tutti fanno festa alla persona che lui sta portando in groppa, bardato con quel bel manto rosso! Anche i bambini fanno festa e alcune bambine portano dei fiori.
Ad un tratto una voce si leva dalla folla e chiede: "Chi è quest'uomo?".
Qualcuno risponde: "E' Gesù, da Nazareth di Galilea!".
"Che cosa ha fatto?".
"Io sono vedova, Gesù ha risuscitato il mio unico figlio. Eccolo!".
"Io ero muto per colpa di un demonio e Gesù mi ha liberato".
"Io avevo questa mano come morta e lui mi ha detto: Stendila! E la mia mano è tornata come nuova! Ha fatto bene ogni cosa!".
Lollo ascolta tutto quello che la gente dice sull'uomo che sta accompagnando a Gerusalemme. "Ora capisco perché alcuni chiamano Gesù il Signore!". La folla è al colmo della gioia e della festa. Gesù è pronto per entrare nel tempio. Prima di allontanarsi, con la mano sfiora lentamente il muso dell'asinello. Gesù e Lollo si guardano per un lungo istante.
Gesù capisce ciò che l'asinello gli vuol dire:
"Grazie Signore di avermi cercato.
Tu hai avuto bisogno di me e hai avuto fiducia in me!
D'ora in poi, anche se non credo che riuscirò ad essere sempre bravo, voglio provare ad essere come tu mi vedi.
Forse scalcerò ancora e certamente raglierò ogni tanto ma non potrò mai dimenticare che hai avuto fiducia in me.
Grazie Gesù, anche io ti voglio bene".

NON SCENDO DALLA CROCE Di Fulton j Sheen,vescovo

Ero uscito di casa per saziarmi di sole.Trovai un uomo che

si dibatteva nel dolore della crocifissione.Mi fermai

e gli dissi:"Permetti che ti aiuti"?Lui rispose:

Lasciami dove sono.

Non scendo dalla croce fino a quando sopra vi

spasimano i miei fratelli.

fino a quando per staccarmi

non si uniranno tutti gli uomini.

Gli dissi"Che vuoi che io faccia?"

Mi rispose:

Và per il mondo e di a coloro

che incontrerai che c è un uomo

che aspetta inchiodato alla croce.