venerdì 24 febbraio 2012

Scritti di Angela Jacobellis

Io ho offerto a Gesù tutte le sofferenze e
prego sempre la Madonna e recito ogni giorno con la mamma e le zie il Santo Rosario…..



L'amore di Gesù è meraviglioso
Tutto muta, tutto si trasforma
ma Egli è sempre lo stesso
come al tempo del Vangelo,
quando sanava gli uomini
da tutte le infermità
quando ridava la vista ai ciechi
l'udito ai sordi
il passo agli storpi.
Tutti quelli che avevano fede
erano sanati nell'anima e nel corpo.
e perché i miracoli Egli non dovrebbe
rifarli anche nel nostro tempo?
Fede ci vuol - fede!
Siate più buoni e tutto vi andrà meglio!….


"Ognuno esamini la propria coscienza e
troverà la risposta che merita"








"la scritta che segue, è pochissimo precedente
alla sua scomparsa"

Ho compiuto in tutto la volontà di DIO.
Ho vissuto la mia infanzia felice, perché DIO mi
teneva per mano e mi ha assistita continuamente.
Non ho fatto nulla per meritarla, tutto ho ricevuto
per sua bontà Tutto mi è stato tramutato in grazia:
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BUONA PASQUA 1958

Cari genitori,
le campane squillano a festa per annunciare che è risorto Gesù e tutti i cuori in questo giorno felice sono pieni di gioia.
Pregherò il Signore affinché vi renda salute per cento anni; ed anche per me, pregherò, affinché diventi più buona, studiosa e obbediente.
Vi prometto di aiutarvi anche nelle cose più impossibili e spero che facendo questo diventerò il vostro Angelo.
La vostra cara
Angela Iacobellis







NATALE 1959

Cari genitori,
ho atteso con ansia questo giorno Santo per dirvi tutta la mia riconoscenza per tutto quello che avete fatto per me. Prometto di essere più studiosa e ubbidiente, e cercherò di farvi felice.
Il Bambino Gesù vi aiuterà in tutte le cose, anche in quelle che voi ritenete impossibili da raggiungere.
Vi bacio di tutto cuore.
La vostra affezionata figlia
Angela

Lettera alla Madre Imelda, clarissa nel Protomonastero di S. Chiara in Assisi

Carissima Madre Imelda
Come avrà appreso dalla mia precedente cartolina, io stavo alla clinica perché avevo una forte anemia e perciò dovevo farmi le trasfusioni.
Il primo giorno piansi, perché non pensavo di ricoverarmi, ma poi mi consolai, perché c'era mamma che rimase con me.
La sera stessa vollero farmi le analisi al midollo osseo; fu dolorosa, ma non piansi e non mi lamentai; l'offrì a Gesù….
Preghi molto Gesù e S. Chiara fino a quando non sarò completamente guarita.
La bacio affettuosamente.
La sua piccola cicerona
Angela






Lettera alla Suora Fondatrice Madre Speranza

Rev.ma e cara Madre Speranza,
la prego molto di pregare per me, affinché mi rimetta molto bene.
Io ho offerto a Gesù tutte le sofferenze e
prego sempre la Madonna e recito ogni giorno con la mamma e le zie il Santo Rosario…
La bacio aff.te le mani.
La piccola Angela



A nostra Signora di Loùrdes.
(Questa preghiera è stata trovata tra le carte che Angela teneva a portata di mano)

O cara Vergine di Lourdes, come un povero pellegrino mi getto dinanzi a Te;
nascondo per il dolore il mio viso e piango;
ricevi le mie lacrime e le mie preghiere. Ave Maria
Nostra Signora di Lourdes, prega per noi.
O cara Vergine di Lourdes, l'anima mia è desolata;
si trova in grandi angustie…Aiuta, sorreggi, consola chi ti ama e prega. Ave Maria
Nostra Signora di Lourdes, prega per noi.
O cara Vergine di Lourdes, nel mio cuore nasce la speranza che Tu mi esaudirai davvero.
Aspetto dunque la grazia. Sono tua figlia;
ti amerò sempre. Ave Maria.
Nostra Signora di Lourdes, prega per noi.






Lettera a Padre Pio da Pietralcina

Caro Padre Pio,
insieme a questa lettera troverà mille lire, che sono i miei risparmi e che offro al Santuario della Madonna delle Grazie.
Non si dimentichi di me, Padre, ho tanto bisogno delle sue preghiere. Ciò che ha detto a mio zio, mi dà tanta speranza di ottenere dal Signore per mezzo delle sue sante preghiere la tanto attesa grazia.
La bacio la mano.
La piccola Angioletta


Colloquio di Angela col Padre Pio
San Giovanni Rotondo (Foggia) Martedì 19 - 9 - 1960

Padre, lei deve strappare ala madonnina questa grazia che aspetto con tanta ansia e fiducia.
Io dico ogni giorno il Santo Rosario dedicandolo alla Madonnina delle Grazie.
Io non mi sento più di vedere mia madre soffrire così tanto per me.
"Se la Madonnina mi dà la vocazione mi farò anche suora"
(Risposta di Padre Pio) "Brava, Brava!"
Io ho mandato ogni giorno il mio angelo custode da lei, Padre.
E' venuto? Lei lo ascolta?
(Risposta) "E come l'ascolto!"
"Padre questa è una piccola offerta, per far celebrare delle Messe alla madonnina delle Grazie"






Lettera alla Madre Imelda, clarissa nel Protomonastero di S. Chiara in Assisi

Cara Madre Imelda
Mi dispiace tanto che si trovi indisposta a letto.
Io sto bene e sono partita sabato, 17-9-60, alle ore 11 di sera, per San Giovanni Rotondo da P.Pio, in compagnia di mamma, di due zie, e di due zii.
A Foggia siamo arrivati alle ore 3,30 di notte, e lì abbiamo preso una macchina per andare sul monte dove c'è il monastero.
Arrivati, la chiesa era già aperta e la folla era molta e ci siamo ascoltati la messa di P.Pio alle 5.
Un'ora è durata, e noi l'abbiamo seguita in piedi, schiacciati dalla folla.
Dopo siamo stati ancora per molto in Chiesa, per recitare il S.Rosario e per avere la benedizione di P.Pio.
Il giorno dopo è stata una cosa tremenda: ci siam oalzati alle 4 di notte e siamo andati a sentirci la Messa, schiacciati come il primo giorno dalla folla; ma non importa: per Gesù si fa questo e altro, ma io devo parlare con P.Pio, ma ciò fu impossibile; figurarsi, per avere una benedizione più da vicino, mi stavo slogando due dita, però gli ho toccato il saio.
Le nostre speranze erano finite, perché le donne non potevano parlare, confessarmi non potevo, perché dovevo prima prenotarmi e poi avere la chiamata fra due mesi. Per questo, quel giorno pregammo davanti alla Madonna delle Grazie con fervore e speranza.
Martedì invece, uno degli zii, mentre parlava con un frate - che lui non poteva andarsene se io non avessi parlato con P.Pio - ecco che viene una signora con due biglietti per confessarsi. Allora mio zio le duisse perché ne aveva due; e lei rispose che uno era per lei, e l'altro era per sua figlia: una bambina di 5 o 6 anni. Allora mio zio si avvicino verso la bambina e le disse se voleva fare un fioretto al Signore: di dare quel biglietto a una bambina più grande di lei, ma che aveva più bisogno di lei. La bambina guardò la madre e le levò il biglietto e lo diede allo zio. Mio zio ringraziò con tutto il cuore la bambina e la signora del grande favore che avevano fatto, e che il Signore le avrebbe ricompensate.
Allora mi zio corse di qua e di la per trovarmi, e finalmente mi trovò e mi portò in chiesa per confessarmi.
P.Pio mi confessò e mi disse delle parole così belle e piene di speranza:
"Non bisogna scoraggiarsi, bisogna avere fiducia nel signore e bisogna fare la sua volontà. Preghiamo, preghiamo".
Poi Padre Pio ha detto a mio zio che mi tiene nel suo cuore, e che prega tanto per me.
La prego di continuare a pregare lì per la mia completa guarigione.
Ecco le notizie particolari che la Rev. Madre Abbadessa attendeva con ansia.
Le auguro pronta guarigione, la sua piccola cicerona
Angioletta

Biglietto lasciato davanti a una immagine della Madonna, posta quasi di fronte alla scuola.

Caro Madonnina,
Ti ringrazio della grazia fattami.
E ti offro con tutto il cuore questa catenina con la crocettina.
Guarda sempre con occhio benigno me ed tutta mia famiglia e le zie.
La tua aff.ma
Angela

Biglietto a una delle zie, mentre si recitava il Rosario.

Alla gentile e carissima signora Streghetta
Il Rosario non mi piace come lo dite.
Troppo una cantilena, fioco, fioco, come steste dicendo un ufficio funebre.
Male, male.
Fede ci vuole"! Angela

Biglietto a una delle zie, mentre attorno al letto i parenti pregano in latino.

Fanno tanto latinorum,
preghiere in latino,
e poi non sanno,
le litanie.







Lettera alla Madre Abbadessa, del Protomonastero di S. Chiara in Assisi

Cara Rev. Madre Agnese,
la ringrazio tanto delle gentile letterina inviatami, sono contenta che preghiate anche Voi la cara Madonnina del S. Rosario per la mia perfetta guarigione.
Io sto bene e ho ripreso la scuola.
Dopo essere andati da P.Pio mi sono fatta visitare da un certo Professore figlio spirituale di P. Pio, il quale ha riscontrato una "disfunzione glandolare malattia molto più semplice e guaribile
Per questo Vi prego di continuare a pregare e con più lena, perché la grazia sta avvenendo…
La bacio la mano.
La piccola cicerona di s. Chiara

Angioletta
(Un bacione a Madre Imelda)








Lettera al Superiore del Convento di S. Giovanni Rotondo

Rev.mo e caro Padre Superiore,
gli ho scritto pochi giorni fa, e siccome non ho ricevuto risposta, mando mio padre per sollecitare la bontà e l'umanità di P.Pio, affinchè perori la mia causa presso la dolce Madonnina delle Grazie, e riceva al più presto la tanta sospirata grazia della mia guarigione.
Dica a P.Pio, chese si mette con ardore a implorare la mia guarigione, come se fossi una sua cara nipotina, sono sicura che la madonnina non potrà dirgli di no.
La prego per carità di dare a mio padre una risposta, altrimenti è capace di tornare a casa senza il conforto di una parola di P.Pio, essendo molto timido.
Riconoscentissima, Le bacio la mano la piccola
Angioletta

Lettera a padre Pio

Caro Padre Pio
Non so come ringraziarti delle tue sante preghiere.
Però devi ancora persistere in esse, perché io ottenga la tanto attesa grazia, che devi assolutamente strappare alla dolce madonnina delle Grazie e al suo dilettissimo figlio Gesù.
Io mi sento molto meglio, ed anche i dottori hanno trovato un miglioramento, ma tu devi far di tutto per ottenere la grazia completa, cioè il miracolo.
Io ti prometto di diventar più buona.
Siimi sempre vicino caro Cappuccino.
La tua piccola figlia spirituale




Preghiera per la beatificazione di Angela



“Io ho offerto a Gesù le mie sofferenze”

“Se hai degli impicci dillo a me,
io saprò sbrigarmela con Gesù…”


(sono le parole che Angela diceva)



ETERNO PADRE
Che dirigi il mondo con volontà d'amore
ETERNO FIGLIO
Che ti offri al mondo come oggetto d'amore
ETERNO SPIRITO
che trasformi il mondo con forza d'amore
consenti che anche le invocazioni ad Angela,
accompagnate da benefici e da grazie utili
all'anima e al corpo, servano
a quel grande disegno d'amore.
Amen.


Tre Gloria per ottenere la glorificazione di Angela.
- con approvazione Ecclesiastica della Curia Arcivescovile di Fermo -


Biografia di Angela Iacobellis dal libro “Volo di un angelo”


Cari amici vi faccio conoscere la storia di una ragazzina morta prematuramente che ho conosciuto su Facebook,è una serva di Dio ed è in corso la causa di beatificazione,io me ne sono innamorata.
L'ho anche sognata e sento la sua vicinanza,la sua preghiera la sua guida,ho trovato la sua vita in rete e ho pensato a voi,vi voglio bene e conoscendola imparerete ad amarla anche voi,ciao


Angela ad un anno




Scritto dalla zia di Angela Ada Musco

CENNI STORICI

La sua, è una storia di quotidiani piccoli sacrifici e soprattutto di straordinaria rassegnazione alla sofferenza e sottomissione al volere di Dio.
Dopo aver sperato e lottato contro la malattia comprende che il disegno di Dio è diverso da quel che lei credeva ed allora semplicemente si abbandona alla volontà del Padre.

Angela Iacobellis, nasce il 16 ottobre 1948 a Roma, dove viene battezzata nella basilica di S.Pietro con i nomi di Angela, Maria, Teresa, Ida.
Questo particolare alimenterà in lei una grande devozione verso il Papa.
A causa del difficile dopoguerra, la situazione economica della famiglia non è tra le migliori tanto da impedire ai suoi una stabile sistemazione. La nascita della bambina viene, comunque accolta con gioia e porta con se un senso di tranquillità.
Sebbene nasca a Roma, la piccola trascorre gran parte della sua vita a Napoli.
La sofferenza appare ben presto sul suo cammino. Ma anche se tenerissima in età, la bambina supera miracolosamente il male che l’ha colpita.
Con il passare degli anni, ella si arricchisce sempre di più di quella grazia divina che l’aiuterà a santificare tutta la sua, seppur breve esistenza.
Oltre ad un amore immenso per Gesù e Maria, Angela rimarrà devota per tutta la vita, a San Michele Arcangelo.
Sin da tenera età Angela manifesta la sua bontà e il suo altruismo, sostenuti da un incrollabile fede. Lei sostiene ed incoraggia con dolcezza la madre che, molte volte, presa dalle difficoltà, si lascia andare allo sconforto.
Angela non ama vedere soffrire gli altri e dona a tutti una parola di conforto e di gioia; regala molti dei suoi giocattoli ai bambini poveri e prega tutti i giorni con infinita devozione.
Si prepara alla sua prima Comunione e alla Cresima con serietà e impegno. La sua casa diventa una scuola di catechismo Desidera che tutti i familiari imprimano bene in mente il testo e il significato delle formule che lei così bene ha assimilato e trasformato in un immenso amore il SS. Sacramento.
Si prepara a ricevere Gesù compiendo piccoli “fioretti”.
E’ davvero felice di ricevere DIO e si preoccupa solo di preparare la sua anima per renderla dimora di Gesù e dello Spirito Santo.
Da quel giorno, e per tutta la sua breve esistenza , la santa Comunione viene per lei prima di ogni altra cosa.
Anche a costo di sacrificio partecipa alla santa Messa Domenicale e festiva. Col passare degli anni aumenta il suo amore verso l’Eucarestia fino al punto di identificare, nelle persone che ricevono la Comunione, Gesù.
Se passa davanti ad una chiesa si sofferma sempre per raccogliersi in preghiera ad adorare Gesù Sacramentato.
Lei anima le preghiere serali e nessuno può andare a riposare prima di aver recitato il “Rosario” e “Visita a Gesù Sacramentato”.
Angela è circondata da molto affetto e, dovunque vada, porta con se gioia e amore.
Ogni estate è solita recarsi con la famiglia ad Assisi, in un convento delle Clarisse, dove spesso fa da Cicerone ai pellegrini nella Basilica di Santa Chiara e aiuta le suore nell’arduo compito di far coprire le donne prima di entrare nei luoghi sacri.
La bambina si sente fortemente attratta dalla spiritualità francescana, Da qui l’idea di tumulare le sue spoglie mortali nella chiesa di Santa Chiara in Napoli.
Ben presto Angela manifesta spiccate tendenze artistiche: ama la musica, la danza e soprattutto il disegno. Infatti si diverte a fare caricature di persone a lei care. La sua intelligenza è notata da tutti, specialmente da un professore, amico di famiglia, che a volte insegna latino al fratello.
A scuola è sempre molto brava. Addirittura un insegnante, che la prepara per l’esame di ammissione alla scuola media, non crede che i temi della bambina siano realmente svolti da lei.
Quando inizia la prima media, l’insegnante d’italiano il qual è solita dividere la classe per gruppi, affida a lei e ad altri il compito di aiutare i ragazzi meno bravi. Angela avvolse quest’impegno con molta serietà. Infatti, spesso rinuncia alla sua solita passeggiata con la madre per andare a casa dei compagni più bisognosi d’aiuto.
Angela non sa proprio nascondere il suo amore verso Gesù e Maria SS. Sarebbe stato per lei un grande dolore non sentirsi amata da DIO. Teme il peccato e quando sente bestemmiare recita in riparazione la “Salve Regina”.
Si mostra sempre più misericordiosa con gli altri e continua a crescere in bellezza fisica e spirituale, ignara che presto giungerà la sera a porre termine alla sua vita terrena.





- STORIA DELLA MALATTIA

Angela continua a crescere bene e a studiare fino al secondo trimestre quando la madre, preoccupata a causa del suo pallore e del suo poco appetito, la porta dal pediatra di famiglia il quale le prescrive una cura ricostituente. La cura data dal medico non porta alcun beneficio alla bambina. La madre allora, accompagnata da alcune zie della piccola, la riporta dal pediatra che questa volta però si comporta in tutt’altro modo: è seriamente preoccupato e prescrive alcune analisi tra le quali la puntura sternale, molto dolorosa, che Angela fa con grande rassegnazione.
Il risultato delle analisi non è buono e il medico, dopo aver detto la verità ad una zia, scompare, forse per nascondere il dolore.
La madre ed Angela vengono tenute all’oscuro di tutto; si parla solo di una malattia senza specificare quale.
La famiglia, consapevole del fatto che solo un miracolo la può salvare, fa pellegrinaggi, recita novene a vari santi e ognuno compie dei piccoli fioretti; anche Angela e la mamma partecipano a queste preghiere. Purtroppo, in partenza per un pellegrinaggio a Lourdes, la bambina viene a sapere di essere affetta da leucemia.
Lo stato di salute di Angela spesso migliora, grazie alle sue capacità di recupero, ma quando i aggrava, non è facile a dirsi, quante parentesi più o meno brevi di sofferenza e di turbamento procurasse ad Angela anche il sistema burocratico sanitario.
Angela in questo periodo aumenta le sue preghiere e addirittura, nonostante le sue condizioni fisiche, rimprovera i parenti che, a volte stanchi dei tanti pellegrinaggi e delle veglie di preghiera, si addormentano o sbadigliano le parole di una preghiera.
La bambina sa che solo un miracolo può salvarla e dice ai parenti, che si lasciano andare allo sconforto, che come DIO dà la vista ai ciechi e l’udito ai sordi, così la farà guarire.
Angela ormai spera di guarire solo per la mamma cui un giorno dice di non preoccuparsi perché ha chiesto la grazia alla Madonna del Rosario di Pompei.
Angela compie un viaggio a Roma per sottoporsi a visite di altri medici e, durante la permanenza in città, la piccola accarezza tutte le statue delle fontane come se fosse consapevole che questo è il suo ultimo viaggio nella sua città. Durante il viaggio di ritorno dà dal treno l’addio alla città.
Nonostante tutto, la sua voglia di vivere la porta a ottobre a sedere di nuovo nei banchi di scuola con la convinzione di essere guarita…,ma l’illusione dura appena dieci giorni: una fuoriuscita di sangue dal naso per lei segna il ritorno alle cure di cortisone che alterano il suo aspetto fisico.
A volte, durante le passeggiate con la madre, Angela sente su di se gli occhi indiscreti della gente e allora preferisce tornare a casa.
Giunge il 16 ottobre 1960, giorno in cui festeggia il suo dodicesimo compleanno. Angela ha preparato da sola la sua torta. L’annuncio di una visita inaspettata, però, viene a turbare la sua serenità. Fortunatamente una zia la sottrae agli sguardi indiscreti dei visitatori portandola a casa sua.
Verso la fine di novembre la bambina viene portata da un altro medico.
La zia, che l’accompagna, nota nella piccola una smorfia di dolore quando sale sul lettino per essere visitata. Tornando a casa, Angela rivela che le fa molto male la schiena. Ricominciano le trasfusioni. Una volta il sangue le viene dato dal fratello ed un cugino che, però, si spaventano molto, divertendo così Angela che nota e sottolinea la loro disabitudine al dolore.
Anche il Natale di quest’anno non è molto felice. Infatti Angela non può indossare gli abiti comprati perché costretta a letto dalla malattia.
Dopo il Natale la salute della bambina peggiora rapidamente. Non può più muoversi: riesce solo a disegnare. Fa molti disegni per i familiari che a volte parlano dei loro sacrifici per la piccola ferendo inconsapevolmente la sua profonda sensibilità.
Angela continua a sperare di poter guarire, ma poi pian piano si distacca da tutte le cose terrene. Non guarda più “Topo Gigio” che lei tanto ama. Non disegna più e quando riceve regali, dopo aver gentilmente ringraziato, li fa mettere a posto: ormai è consapevole della sua sorte e l’accetta confidando in DIO; suo unico compagno inseparabile, in questo periodo, diventa il rosario che custodisce gelosamente sotto il cuscino.
Un giorno Angela chiede ad una zia di rimanere con lei durante la notte. La zia però non acconsente, ignara che l’indomani la piccola sarebbe morta. Lo stesso giorno Angela, nel salutare il padre che va a lavoro, gli dice addio.
La notte è terribile per la bambina. Soffre con lo stomaco e chiede che le si appoggino sul petto le reliquie di S.Teresa e di S.Pio X. Verso l’alba il peggio sembra essere passato.
E’ la mattina del 27 marzo 1961. Giunge il professore a visitarla. Prescrive i medicinali e consiglia l’ossigeno per aiutarla nella respirazione, ma non parla di fine imminente.
Quando il medico va via, Angela ha una crisi respiratoria, non ce la fa più. Chiede aiuto ai parenti e a Gesù, poi il suo volto diventa sereno e disteso. Nessuno dei parenti si rende conto del rapido trapasso della piccola….La famiglia ha pregato i santi per tutto il tempo della malattia della bimba, ma nessuno si è reso conto che, forse, si è in presenza di una piccola santa.

Purtroppo Angela non è stata né la prima né l’ultima bambina a soffrire tanto, ma con il suo comportamento ci ha insegnato a rispettare il volere di DIO anche se a volte per noi è doloroso e incomprensibile. Se Egli permette certe cose ci deve essere una ragione che a noi sfugge. Angela, con il suo esempio, ci ha insegnato che le vie per raggiungere la santità sono tutte in salita e difficili da percorrere.

Forse hanno ragione i vecchi sapienti cinesi quando danno tanta stima ai fanciulli.
Noi a volte trascuriamo i piccoli. Eppure Gesù ha detto che se non diventiamo come loro non entriamo nel Regno dei Cieli; vale a dire che dobbiamo prenderli per guida e lasciarci portare da loro verso il cielo.
Cosa curiosa! I genitori spesso trascinano per mano i figli ; ma a volte sono i figli che trascinano i genitori.
Ed Angela ha trascinato non solo i genitori ma anche tanti amici.
Ancora oggi, dopo molti anni dalla sua dipartita terrena, continua a trascinare alla fede tanta, tanta gente che si affida con amore alla sua intercessione di piccola serva di DIO.





- APPENDICE

In seguito a numerose segnalazioni di persone che asserivano di aver ricevuto favori, per l’intercessione della piccola Angela, la fama della sua vita si è diffusa ben presto in tutta Italia.
Dopo i necessari accertamenti il giorno 1 febbraio 1991 veniva presentato al Card. Michele Giordano, Arcivescovo di Napoli, il supplice libello per l’introduzione della causa di beatificazione.
L’11 giugno 1991 è stato concesso il “nulla osta” della Santa Sede.
Il 28 settembre 1991 l’Arcivescovo di Napoli decreta l’inizio della causa, dichiara di aver sentito il parere dei Vescovi della regione e nomina il DELEGATO EPISCOPALE, il PROMOTORE di GIUSTIZIA, il NOTAIO, e il NOTAIO AGGIUNTO.
Dal 14 ottobre 1991 all’11 ottobre 1993 presso la Curia Arcivescovile di Napoli, con 31 sessioni, sono stati escussi 25 testi indotti dal POSTULATORE e 2 chiamati a deporre “ex officio” (20 “de visu” e 7 “ex auditu”). Dei 27 testi, 4 sono parenti della Serva di DIO.
L’11 giugno 1993 è stata pubblicata la dichiarazione di “non cultu”
Dal 21 novembre 1997 le spoglie di Angela sono state traslate dalla cappella cimiteriale di Napoli nella chiesa di San Giovanni Battista dei fiorentini, piazza degli Artisti (prima cappella a destra entrando dall’ingresso principale).
La salma di Angela doveva essere tumulata inizialmente in santa Chiara a Napoli.
Il Signore ha voluto invece che ella riposasse per sempre nella zona in cui aveva vissuto. Dalla sua morte ad oggi, si sono verificati moltissimi eventi prodigiosi la cui verità è provata dalle tante testimonianze scritte e documentate, tutte in possesso della Autorità Ecclesiastica che ne cura la causa di beatificazione attualmente pendente presso la Congregazione per le cause dei santi.

In caso di errori di scrittura, prego volermi scusare e magari avvisarmi degli errori. Anticipatamente ringrazio.
Davide.



Il corpo incorrotto di Angela



(se le foto sono coperte da copryng avvertitemi e saranno rimosse)

martedì 14 febbraio 2012

PREGHIERE DI S.TERESA DI LISIEUX






1. LA MIA VOCAZIONE E’ L’AMORE
"Gesù, Amore mio,
la mia vocazione l'ho finalmente trovata: la mia vocazione è l'amore!
Sì, ho trovato il mio posto nella Chiesa,
e questo posto, Dio mio, me l'hai dato tu! Nel cuore della Chiesa mia Madre,
io sarò l'amore. Così, sarò tutto... e il mio sogno sarà attuato"!




2. ATTO DI OFFERTA ALL’AMORE MISERICORDIOSO DI DIO
Mio Dio, Trinità beata,
Padre, Figlio e Spirito Santo,
io desidero amarti e farti amare.
Desidero, mio Dio, lavorare incessantemente per la glorificazione della santa Chiesa, salvando le anime che sono sulla terra
e liberando quelle che sono nel purgatorio. Signore, io desidero
compiere perfettamente la tua volontà e arrivare al grado di gloria
che per me hai preparato nel tuo regno. Desidero essere santa,
ma sento la mia impotenza. Ti domando, o mio Dio,
di essere tu stesso la mia santità. Tu mi hai amata, o Padre,
fino a darmi il tuo unico Figlio perché fosse il mio Salvatore.
I tesori infiniti dei suoi meriti, dunque, appartengono a me. lo te li offro con gioia. Ti supplico di non guardare a me
se non attraverso il volto di Gesù
e del suo cuore bruciante di amore.
Egli, nei giorni della sua vita mortale ci ha detto: «Tutto ciò che chiederete al Padre in nome mio, ve lo darà». Sono certa che esaudirai i miei desideri. Lo so, mio Dio,
più vuoi dare, più fai desiderare: sento nel mio cuore desideri immensi e ti chiedo con tanta fiducia di venire a prendere possesso della mia anima. - Ti ringrazio, mio Dio,
di tutte le grazie che mi hai concesso, soprattutto di avermi fatto 'passare’ attraverso il crogiolo della sofferenza. Dopo l'esilio della terra,
spero di venire a goderti nella patria.
Ma non voglio ammassare meriti per il cielo. Voglio lavorare solo per tuo amore,
con l'unico scopo di salvare le anime che ti ameranno in eterno
Alla sera di questa vita, mio Dio, comparirò davanti a te a mani vuote. Non ti chiedo, Signore,
di contare le mie opere. Tutte le nostre giustizie hanno macchie ai tuoi occhi.
Voglio rivestirmi della tua giustizia e ricevere dal tuo amore
il possesso eterno di te stesso.
Non voglio altro trono e altra corona che te, Signore!
Ai tuoi occhi il tempo è nulla.
Un giorno solo è come mille anni. Perciò tu puoi prepararmi in un istante a comparire davanti a te.
Per vivere in un atto perfetto di amore, mi offro vittima di olocausto
al tuo amore misericordioso.
Ti supplico di consumarmi senza posa lasciando traboccare nella mia anima i flutti di infinita tenerezza
che sono racchiusi in te. E così possa divenire martire del tuo amore, o mio Dio. Voglio, o mio Signore,
a ogni battito del cuore rinnovare questa offerta un numero infinito di volte, fino a che, svanite le ombre, possa ridirti il mio amore
in un «a faccia a faccia» eterno.




3. GESU’ SOLO
L'ardente mio cuore vuol sempre donarsi, ha bisogno di mostrare la sua tenerezza. Chi potrà ricevere il mio amore?
Chi ricambiarmi amore per amore?
Tu solo, Gesù, puoi saziare l'anima mia. Nulla quaggiù pur rendermi felice.
Non è di qui la vera gioia.
Sola mia pace, sola mia felicità, solo mio amore, Signore, sei tu.
In te, che sapesti creare il cuore delle madri, io trovo ogni paterna tenerezza.
Verbo eterno, Gesù, solo mio amore, il tuo cuore è più che materno per me. Sempre mi segui e mi custodisci,
e quando ti chiamo, subito accorri.
E se qualche volta sembri nasconderti, eccoti presto che mi aiuti a cercarti. A te solo mi attacco, Signore Gesù, corro tra le tue braccia, mi ci nascondo. Voglio amarti con tenerezza infantile
e combattere per te da valoroso soldato.
Il tuo cuore, o Gesù,
che custodisce e rende l'innocenza, non deluderà la mia fiducia.
In te, Signore, la mia speranza ha pace. Ti vedrò in cielo dopo l'esilio.
Quando si leva in me la tempesta, alzo gli occhi verso di te, Gesù,
e nel tuo sguardo misericordioso leggo: creatura ... io ho fatto i cieli per te. So bene che al tuo cospetto,
le mie invocazioni e le mie lacrime sono tutte raggi di grazia.
Ma so anche, o mio Signore, che, nonostante la lode continua che gli angeli ti cantano in cielo, tu cerchi il mio amore.
Tu vuoi il mio cuore, Gesù... eccotelo! A te abbandono ogni mio desiderio. Mio signore e mio re,
io voglio amare soltanto per te quello che amo.








4. HO SETE DI AMORE
Signore Gesù,
tu hai dato la vita per me: io voglio donare la mia a te. Signore Gesù,
tu hai detto: «Amore più grande
non c'è che dare la vita per gli amici». Il mio supremo amore sei tu.
È sera.
Il giorno ormai declina. Resta con me Signore.
Voglio seguirti portando la mia croce. Signore, vieni in mio aiuto
e guidami nel cammino. La tua voce, Signore,
ha un'eco profonda nel mio cuore. Gesù, mio Signore e mio Dio, voglio diventare in tutto simile a te, voglio soffrire e morire con te,
per raggiungere con te
la gioia della risurrezione. Tu, quel gran Dio
che l'universo adora, vivi in me giorno e notte.
E sempre la tua voce mi implora e mi ripete: «Ho sete, ho sete di amore»! Anch'io voglio ripetere
la tua divina preghiera: ho sete d'amore.
Io ho sete d'amore! Sazia la mia speranza, accresci in me, o Signore, il tuo ardore divino.
Ho sete d'amore!
Quale sofferenza, mio Dio, e come grande!
Come vorrei volare da te! Il tuo amore, o Gesù,
è il mio solo martirio; perché più brucia d'amore, più desidera amarti l'anima mia. Gesù, fa' che io
muoia d'amore per te!





5. VIVERE D’AMORE
Signore Gesù, tu hai detto: «Se uno mi ama,
metterà in pratica la mia parola, e il Padre mio lo amerà.
Io verrò da lui con il Padre mio e abiteremo con lui...
Come il Padre ha amato me, così io ho amato voi: rimanete nel mio amore». Vivere d'amore è custodirti, Verbo increato, Parola del mio Dio. Io ti amo e tu lo sai, o Gesù.
Lo Spirito di amore
mi incendia col suo fuoco. Amando te, Gesù, attiro il Padre nel mio debole cuore,
come tu hai detto. O Trinità, tu sei prigioniera del mio amore. Vivere d'amore
non è piantare la tenda sulla cima del Tabor,
ma salire con te sul Calvario, o Gesù, e desiderare il tesoro della croce.
Vivrò in cielo esultante, quando ogni prova
sarà passata per sempre.
Ma quaggiù voglio vivere d'amore, costi quel che costi,
pagando il prezzo della sofferenza. Vivere d'amore
quaggiù è un darsi smisurato, senza chiedere nessuna ricompensa. Senza far conti io mi dono,
sicura come sono che quando si ama non si fanno calcoli.
lo ho dato tutto al Cuore divino che trabocca di tenerezza!
Non ho più nulla.
La mia sola ricchezza è vivere d'amore.
Leggera è la fatica del cammino, ma se cado, o Gesù,
a ogni passo tu mi raggiungi. Di volta in volta mi sollevi, mi avvolgi nel tuo abbraccio, e mi dai la tua grazia.
lo vivo di amore.
Vivere d'amore
è un navigare incessante,
seminando nei cuori la gioia e la pace. Mi incita la carità, o mio Gesù,
perché ti vedo in tutte le anime sorelle. La carità, ecco la mia sola stella.
Alla sua luce, vogo diritta.
E sulla vela è scritto il mio motto: Vivere d'amore.
Vivere d'amore, che strana pazzia!
Il mondo mi dice: smettila di cantare e bada a non sprecare la tua vita.
I talenti che hai, impiegali utilmente! Ma amarti, Gesù, che perdita feconda! Tutto ciò che sono e che ho è tuo, Gesù. Io voglio cantare lasciando il mondo.
Io muoio di amore.
Morire d'amore, ecco la mia speranza: quando vedrò spezzati i miei lacci, Dio sarà la mia ricompensa:
non voglio altri beni.
Sono tutta presa dal suo amore,
e venga dunque a stringermi a sé per sempre. Ecco il mio cielo, il mio destino:
vivere d'amore.






6. PERCHE’ TI AMO MARIA
Voglio cantare perché ti amo.
Maria, il tuo dolce nome riempie il mio cuore di gioia.
Quando contemplo la tua vita nel Vangelo, non ho più paura di avvicinarmi a te, Vergine piena di grazia.
Tu a Nazaret sei vissuta povera tra i poveri. Tu sei la madre dei poveri,
degli umili, dei piccoli.
Essi possono, senza timore, alzare gli occhi a te.
Tu sei l'incomparabile Madre
che va con loro per la strada comune, per guidarli al cielo.
O Maria, voglio vivere con te, voglio vivere come te,
voglio seguirti ogni giorno.
Mi immergo nella tua contemplazione
e scopro gli abissi d'amore del tuo cuore. Tutti i miei timori svaniscono
nel tuo sguardo materno
che mi insegna a piangere e a gioire.






7. PREGHIERA PER OTTENERE L’UMILTA’
Gesù, tu hai detto:
Imparate da me
che sono mite e umile di cuore
e troverete riposo alle anime vostre». Sì, Signore mio e Dio mio,
l'anima mia riposa nel vederti rivestito della forma
e della natura di schiavo, abbassarti fino
a lavare i piedi dei tuoi apostoli. Ricordo ancora le tue parole: «Vi ho dato l'esempio,
perché anche voi
facciate come ho fatto io.
Il discepolo non è più del Maestro... Se voi comprendete ciò,
sarete beati mettendolo in pratica». Le comprendo, Signore,
queste parole uscite dal tuo cuore mansueto e umile.
Le voglio mettere in pratica con l'aiuto della tua grazia...
Tu però, o Signore, conosci la mia debolezza: ogni mattino prendo l'impegno di praticare l'umiltà
e alla sera riconosco
che ho commesso ancora ripetuti atti di orgoglio. A tale vista
sono tentata di scoraggiamento, ma capisco
che anche lo scoraggiamento è effetto di orgoglio. Voglio, mio Dio,
fondare la mia speranza soltanto su di te. Poiché tutto puoi,
fa' nascere nel mio cuore la virtù che desidero.
Per ottenere questa grazia dalla infinita tua misericordia ti ripeterò spesso:
«Gesù, mite e umile di cuore, rendi il mio cuore simile al tuo».






8. DAVANTI A GESU’ NELLA EUCARESTIA
Con gioia, o Gesù,
vengo ogni sera davanti a te
per ringraziarti dei doni che mi hai fatto e per chiederti perdono delle mancanze che ho commesso.
Vengo a te con fiducia. Ricordo la tua parola: «Non sono quelli che stanno bene
che hanno bisogno del medico, ma i malati». Gesù, guariscimi e perdonami.
E io, Signore, ricorderò che l'anima alla quale tu hai perdonato di più deve amarti di più.
Ti offro tutti i battiti del cuore
come altrettanti atti di amore e di riparazione e li unisco ai tuoi meriti infiniti.
Ti supplico di agire in me
senza tener conto delle mie resistenze. Non voglio avere altra volontà
che la tua, Signore.
Con la tua grazia, Gesù,
voglio cominciare una vita nuova
nella quale ogni istante sia un atto di amore.






9. ALLA TAVOLA DEI PECCATORI
Signore, lo splendore della tua luce ha illuminato il mio cuore.
Ti chiedo perdono
per i miei fratelli peccatori.
Accetto di mangiare del pane della sofferenza fino a quando tu vorrai. Non voglio alzarmi da questa tavola colma di amarezza,
alla quale siedono i peccatori,
prima del giorno che tu hai stabilito... A nome mio e dei miei fratelli, ti ripeto: «Abbi pietà di noi, Signore,
perché siamo peccatori».
Signore, ti prego, liberaci dal peccato e rendici giusti e santi davanti a te. Gesù, se' è necessario
che la tavola che i peccatori hanno sporcato sia purificata da un'anima che ti ama, accetto di mangiare sola il pane della prova fino a quando ti piacerà di introdurmi
nel tuo regno luminoso.
La sola grazia che ti chiedo
è di non offenderti mai... Signore, tu lo sai, non ho altri tesori se non le anime
che a te è piaciuto unire alla mia.






10. IL MIO CANTO DI OGGI
La mia vita è un istante, un'ora che passa,
un momento che mi sfugge e se ne va. Tu lo sai, mio Dio,
che per amarti sulla terra, non ho altro che l'oggi. Ti amo Gesù.
Tende a te la mia anima... Sii tu il mio dolce sostegno. Regna nel mio cuore. Donami il tuo sorriso,
per un giorno solo. Per oggi, per oggi. Che importa, Signore, se l'avvenire è oscuro... No, io non posso pregarti per il domani...
Mantieni puro il mio cuore, coprimi con la tua ombra. E non sia che per l'oggi.
Temo la mia incostanza, se penso al domani.
E sento nascermi in cuore, noia e tristezza.
Ciò che voglio, mio Dio, è la prova, la sofferenza. E che sia per l'oggi.
Dovrò ben vederti, tra poco, sulla riva eterna, o Pilota divino, mano che mi conduci!
Guida la mia navicella in pace fra le onde in tempesta.
E che sia per oggi. Lascia, o Signore,
che mi nasconda nel tuo Volto. Lì il chiasso del mondo
sarà spento per me. Dammi il tuo amore, conservami la tua grazia. E sia per oggi.
Presso il divino tuo cuore, nell'oblio di ciò che passa, non temo più il nemico.
Gesù, donami un posto nel tuo cuore.
Per oggi, per oggi. Pane di vita e del cielo, divina Eucaristia,
o mistero insondabile, frutto dell'amore, vieni, scendi nel mio cuore, Gesù. E sia per oggi.
Santa, sacratissima Vite, degnati di unirti a me. E il mio debole tralcio ti darà i suoi frutti. Potrò offrirti, Signore, un grappolo dorato. Fino da oggi,
lo non ho
che quest'oggi mio fuggitivo per darti in frutto d'amore, questo grappolo di cui ogni chicco è un'anima. Donami tu, Gesù,
il fuoco di un apostolo. E sia per oggi.
Vergine Immacolata,
dolce stella che irraggi Gesù e che mi unisci a lui,
Madre, lascia che io mi nasconda sotto il tuo velo.
E sia per oggi. Angelo Custode, coprimi con le tue ali, rischiarami con la tua luce. Dolce amico, guida dei miei passi, vieni, ti chiama, aiutami.
E sia per oggi. Voglio vedere Gesù,
fuori di ogni nube e di ogni velo. Eppure quaggiù,
gli sono tanto vicina... Il suo amabile volto non mi sarà nascosto che per oggi.
Ben presto volerò a dir le sue lodi. Un giorno senza tramonto splenderà sulla mia anima. Allora canterò
sulla cetra degli Angeli. Canterò l'oggi eterno.







11. «MIA BUONA E SANTA VERGINE»
Mia buona Santa Vergine, fate che la vostra piccola Teresa non si tormenti mai più.


12. [BIGLIETTO DI PROFESSIONE]
O Gesù, mio sposo divino! Che io non perda mai la mia se¬conda veste battesimale, prendimi prima che io commetta la più lieve colpa volontaria. Che io non cerchi e non trovi mai altri che te solo, che le creature siano nulla per me e che io sia nul¬la per loro ma tu Gesù sia tutto! ... Che le cose della terra non possano mai turbare la mia anima, che nulla turbi la mia pace, Gesù io non ti domando che la pace, e pure l'amore, l'amore infinito senza altro limite oltre che te, l'amore in cui non sia
più io ma tu mio Gesù. Gesù che io per te muoia martire, il martirio del cuore o del corpo, o piuttosto entrambi ... Conce¬dimi di adempiere ai miei voti in tutta la loro perfezione e fam¬mi comprendere ciò che deve essere una sposa per te. Fai che io non sia mai a carico della comunità e che nessuno si occu¬pi di me, che io sia considerata calpestata dimenticata come un piccolo granello di sabbia per te, Gesù.
Che la tua volontà sia fatta in me perfettamente, che io arri¬vi al posto che tu hai preparato davanti a me...
Gesù fa che io salvi molte anime, che oggi non ci sia un so¬lo dannato e che tutte le anime del purgatorio siano salvate ... Gesù perdonami se dico cose che non bisognerebbe dire, non voglio che rallegrarti e consolarti.






13. SGUARDI D'AMORE PER GESÙ
Gesù, le vostre piccole spose prendono la decisione di tenere gli occhi bassi in refettorio per onorare ed imitare l'esempio che Voi avete loro dato da Erode. Quando questo empio principe si beffeggiava di Voi, o Bellezza infinita, neppure un lamento
uscì dalle vostre labbra divine, Voi neppure degnaste di fissare su di lui i vostri occhi adorabili. Oh! Senza dubbio, divino Ge¬sù, Erode non meritava di essere guardato da Voi, ma noi che siamo le vostre spose, vogliamo attirare su di noi stesse il vo¬stro sguardo divino; Vi chiediamo di ricompensarci con uno "sguardo d'amore” ogni volta che ci priveremo di alzare gli oc¬chi, e pure Vi preghiamo di non rifiutarci questo dolce sguardo quando avremo mancato poiché noi conteremo sulle nostre de¬bolezze. Faremo un mazzolino che voi non rifiuterete, lo cre¬diamo fiduciosamente. Voi vedrete in questi fiori il nostro de¬siderio di amarVi di rassomigliarVí e Voi benedirete le vo¬stre povere figlie.
O Gesù! Guardateci con amore e donateci il vostro dolce bacio.
Così sia.





14. OMAGGIO ALLA SANTISSIMA TRINITA’
O mio Dio, eccoci prostrate davanti a Voi. Stiamo imploran¬do la grazia di lavorare per la Vostra gloria.
Le bestemmie dei peccatori sono risuonate dolorosamente alle nostre orecchie; per consolarVi e per riparare le ingiurie che Vi fanno soffrire le anime da Voi riscattate, o Trinità adorabile, noi vogliamo formare un concerto di tutti i piccoli sacrifici che faremo per amore vostro. Per 15 giorni offriremo il canto degli uccellini del Cielo che non smettono di lodarvi e di rimprove¬rare agli uomini la loro ingratitudine. Vi offriamo pure, o mio Dio, le melodie degli strumenti di musica e speriamo che la no¬stra anima meriterà di essere una lira armoniosa che Voi farete vibrare per consolarVi dell'indifferenza di tante anime che non pensano a Voi. Vogliamo per 8 giorni ammassare dei diamanti e delle pietre preziose che ripareranno la sollecitudine dei po¬veri mortali i quali affannosamente ricercano le ricchezze transitorie senza riflettere su quelle eterne. O mio Dio! Conce¬deteci la grazia di essere più vigilanti nella ricerca dei sacrifici, di quanto le anime che non vi amano lo sono nell'inseguire i beni della terra.
Infine per 8 giorni il profumo dei fiori sarà raccolto dalle vostre figlie che vogliono con ciò riparare tutte le indelicatezze che vi fanno soffrire le anime sacerdotali e religiose. O beata Trinità, accordateci di essere fedeli e concedeteci la grazia di possedervi dopo l'esilio di questa vita ...
Così sia.






15. «FIORI MISTICI»
Maddalena! Mio Sposo Diletto!
Io sono tutta tua e tu sei tutto mio per sempre. Pagina del titolo
Fiori mistici destinati a formare un cesto di Nozze. Una voce si è fatta udire: «Ecco lo Sposo che viene, anda¬tegli incontro ... » (vangelo)
Aspirazioni
Rose Bianche.
O Gesù! Purificate la mia anima perché divenga degna di essere vostra sposa!
Pratoline.
O Gesù! Concedetemi la grazia di compiere tutte le mie azioni per piacere a Voi solo.
Violette Bianche.
Gesù, dolce e umile di Cuore, rendete il mio cuore simile al vostro! ...
Mughetto.
Santa Teresa, Madre mia, insegnatemi a salvare le anime perché divenga una autentica carmelitana.
Rose Canine.
O Gesù! Servendo le mie Madri e Sorelle io servo solo Voi.
Rose Tee.
Gesù, Maria, Giuseppe concedetemi la grazia di fare un buon ritiro e preparate la mia anima per il bel giorno della mia professione.
Campanule Bianche.
O Santa Maddalena! Ottenete che la mia vita non sia che un atto d'amore.
Caprifoglio.
O Gesù! Insegnatemi a rinunciare sempre per far piacere alle mie sorelle.
Pervinche Bianche.
Mio Dio, io vi amo con tutto il mio cuore.
Peonie Bianche.
O Mio Dio, guardate il Volto di Gesù, e dei poveri pecca¬tori fate degli altrettanti eletti.
Gelsomino.
O Gesù, io non voglio gustare gioia che in voi solo!
Myosotis Bianchi.
O Mio santo Angelo custode! Copritemi sempre con le vo¬stre ali perché non abbia mai la disgrazia di offendere Gesù.
Regina dei Campi.
O Maria! Mia buona Madre concedetemi la grazia di non macchiare mai la veste d'innocenza che mi donaste il gior¬no della mia professione.
Verbene Bianche.
Mio Dio, io credo in voi, spero in voi, vi amo con tutto il mio cuore.
Iris Bianchi.
Mio Dio, vi ringrazio per tutte le grazie che mi avete con¬cesso nel corso del mio ritiro.
Grande Giorno è Arrivato.
Gigli.
Gesù, mio Diletto, ora voi siete tutto mio e io sono, per sempre, la vostra piccola Sposa!!!...






16. [PREGHIERA A GESÙ NEL TABERNACOLO]
O Dio nascosto nella prigione del tabernacolo! È con letizia che ritorno a voi ogni sera per ringraziarvi delle grazie che mi avete accordato e per implorare da voi il perdono per le man¬canze che ho commesso nella giornata che sta scorrendo come un sogno ...
O Gesù! Come sarei felice se fossi stata proprio fedele, ma ahimé! spesso alla sera sono triste perché sento che avrei potu¬to rispondere meglio alla vostra grazia ... Se fossi stata più uni¬ta a Voi, più caritatevole con le sorelle, più umile e più mortifi¬cata, proverei meno pena nell'intrattenermi con voi nell'ora¬zione. Tuttavia, o mio Dio, ben lungi dallo scoraggiarmi alla vista della mia miseria, vengo a voi con fiducia, rammentando¬mi che: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati». Vi supplico quindi di guarirmi e di perdonarmi, e io mi ricorderò Signore «che l'anima cui più avete perdonato, vi deve amare più delle altre! ...» Vi offro tutti i battiti del mio cuore come tanti altri atti d'amore e di riparazione e li unisco ai vostri meriti infiniti. Vi supplico, o mio Divino Sposo, di essere voi stesso il Riparatore della mia anima, di agire in me senza tenere conto della mia resistenza, perché io non voglio
avere più altra volontà che la vostra; e domani, con l'aiuto del¬la vostra grazia, ricomincerò una vita nuova di cui ogni istante sarà un atto d'amore e di rinuncia.
Dopo essere venuta quindi ogni sera ai piedi del vostro Alta¬re, arriverò infine all'ultima sera della mia vita, allora inizierà per me il giorno senza tramonto dell'eternità dove mi riposerò sul vostro Divino Cuore dalle lotte dell'esilio ...
Così sia.






17. [PREGHIERA PER IL SEMINARISTA BELLIÈRE]
O mio Gesù! Vi ringrazio per aver esaudito uno dei miei de¬sideri più grandi: avere un fratello, prete e apostolo ...
Mi sento molto indegna di questo favore tuttavia poiché vi siete degnato di accordare alla vostra povera piccola sposa la grazia di lavorare in modo speciale alla santificazione di un'a¬nima destinata al sacerdozio, io vi offro per lei con letizia, tutte le preghiere e i sacrifici di cui posso disporre; vi chiedo, o mio Dio di non guardare a quella che sono, ma a quella che dovrei o vorrei essere, cioè una religiosa infiammata totalmente dal vo¬stro amore.
Voi lo sapete, Signore, la mia unica ambizione è di farvi conoscere e amare, ora il mio desiderio sarà realizzato; non posso che pregare e soffrire, ma l'anima a cui vi degnate di unirmi con i dolci legami della carità andrà a combattere nella pianura per guadagnarvi dei cuori, ed io, sulla montagna del Car¬melo, vi supplicherò di donarle la vittoria.
Divino Gesù, ascoltate la preghiera che vi rivolgo per co¬lui che vuole essere vostro Missionario, proteggetelo in mezzo ai pericoli del mondo, fategli sentire sempre più il nulla e la va¬nità delle cose passeggere, e la letizia di saperle disprezzare per vostro amore. Fin d'ora il suo apostolato sublime si eserciti su coloro che gli stanno vicino, che sia un apostolo, degno del vostro Sacro Cuore ...
O Maria! Dolce Regina del Carmelo, è a voi che affido l'ani¬ma del futuro prete di cui sono l'indegna sorella. Degnatevi, fin da ora, di istruirlo con lo stesso amore con cui toccaste il Divino Bambino Gesù e lo avvolgeste nelle fasce, perché egli possa un giorno salire al Santo Altare e avere fra le sue mani il Re del Cielo.
Vi chiedo ancora di proteggerlo sempre all'ombra del vostro manto verginale, sino al felice momento in cui lasciando questa valle di lacrime, potrà contemplare il vostro splendore e gioire per tutta l'eternità dei frutti del suo glorioso aposto¬lato ...
Teresa di Gesù Bambino rel. carm. ind.






18. PREGHIERA DI CELINA E DI TERESA
Io vi dico, se due fra di voi si accordano sulla terra, qualsiasi cosa chiedano, l'otterranno da mio Padre che è nei Cieli. Poi¬ché là dove due sono riuniti nel mio nome, io sono sin mezzo a loro.
(San Matteo, cap. XVIII vv. 19-20).
O mio Dio! Noi vi chiediamo che mai i vostri due gigli siano separati sulla terra. Essi consolarvi insieme per il po¬co amore che trovate in questa valle di lacrime, e nell'eternità le loro corolle brillino dello stesso splendore ed espandano lo stesso profumo quando si inclineranno verso di voi! ...
Celina e Teresa
Ricordo della notte di Natale 1895.






19. [OFFERTA DELLA GIORNATA]
Mio Dio, vi offro tutte le azioni che compirò quest'oggi con le intenzioni e per la gloria del Sacro Cuore di Gesù; voglio san¬tificare i battiti del mio cuore, i miei pensieri e le mie opere, anche le più semplici, unendole ai suoi meriti infiniti, e ripara¬re le mie mancanze gettandole nella fornace del suo amore misericordioso.
O mio Dio! Voglio domandarvi per me e per quelli che mi sono cari, la grazia di adempiere perfettamente la vostra santa volontà, di accettare per vostro amore le gioie e le pene di questa vita passeggera perché noi siamo un giorno riunite nei Cieli per tutta l'eternità. Così sia.







20. FA CHE IO TI ASSOMIGLI
Fa che io t A.

21. CONSACRAZIONE AL VOLTO SANTO
Le parole in corsivo sono scritte da Teresa con l'inchiostro rosso.
«Signore, nascondeteci nel segreto del vostro Volto...!» suor C. Genoveffa di Santa Teresa - Maria del Volto Santo suor L.J. Maria della Trinità e 'del Volto Santo
suor Maria F. Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo.
Il più piccolo movimento di puro Amore è più utile alla Chie¬sa di tutte le altre opere riunite ... È dunque della massima importanza che le nostre anime si esercitino molto nell'Amore, perché consumandosi rapidamente non si arrestino troppo qui in terra e arrivino rapidamente a vedere Gesù, Faccia a Faccia ... Consacrazione al Volto Santo
O Volto Adorabile di Gesù! Poiché vi siete degnato di sce¬gliere in modo particolare le nostre anime per donare loro voi stesso, noi ve le consacriamo ... Ci sembra, O Gesù, di udirvi dire a noi stesse: «Apritemi mie sorelle, mie spose dilette, per¬ché il mio Volto è coperto di rugiada e i miei capelli di gocce notturne». Le nostre anime comprendono il vostro linguaggio d'amore, noi vogliamo detergere il vostro dolce Volto e conso¬larvi dell'oblío dei cattivi, ai loro occhi voi siete come nasco¬sto, vi considerano come un oggetto di disprezzo ...
Volto più bello dei gigli e delle rose di primavera! Voi non siete nascosto ai nostri occhi ... Le Lacrime che velano il vostro sguardo divino ci appaiono come dei diamanti preziosi che vogliamo raccogliere per acquistare con il loro valore infinito le anime dei nostri fratelli.
Dalla vostra Bocca Adorata noi abbiamo inteso il lamento d'a¬more; comprendendo che la sete che vi consuma è una sete d'Amore, noi vorremmo, per dissetarvi, possedere un Amore in¬finito ... Sposo Diletto delle nostre anime, se noi avessimo l'a¬more di tutti i cuori, tutto quest'amore sarebbe vostro ... E via! Donateci questo amore e venite a dissetarvi nelle vostre piccole spose ...
Anime Signore, abbiamo bisogno di anime ... soprattutto di anime d'apostoli e di martiri, perché attraverso loro noi incen¬diamo del Vostro Amore la moltitudine dei poveri peccatori.
Volto Adorabile, noi sapremo ottenere da voi questa grazia! ... Dimenticando il nostro esilio sulle rive dei fiumi di Babilonia, canteremo ai vostri Orecchi la più dolce delle melodie; poiché voi siete la vera, l'unica Patria dei nostri cuori, i nostri cantici non saranno cantati in terra straniera.
O caro Volto di Gesù! Attendendo il giorno eterno in cui con¬templeremo la vostra gloria infinita, il nostro unico desiderio è di rapire i vostri Occhi Divini nascondendo anche il nostro volto perché qui in terra, nessuno possa riconoscerci ... il vo¬stro Sguardo Velato, ecco il nostro Cielo, o Gesù!
Firmato:
Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo - M. della Trinità e del Volto Santo - G. di Santa Teresa Maria del Volto Santo.







22. «PADRE ETERNO, IL VOSTRO UNICO FIGLIO»
Tutto ciò che domanderete a mio Padre, in Nome mio, Egli ve lo darà ...
Padre Eterno, il vostro unico Figlio, il dolce Bambino Ge¬sù è mio poiché me lo avete donato.
Io vi offro i meriti infiniti della sua divina Infanzia e vi domando in suo Nome di chiamare alle gioie del Cielo innu¬merevoli falangi di piccoli bambini che seguiranno eterna¬mente il Divino Agnello.

23. [A GESÙ BAMBINO]
Io sono il Gesù di Teresa
O Piccolo Bambino! Mio unico Tesoro, io mi abbandono ai tuoi Divini Capricci, io non voglio altra gioia che quella di farti sorridere. Imprimi in me la tua grazia e le tue virtù infantili, perché nel giorno della nascita al Cielo, gli angeli e i santi rico¬noscano nella tua piccola sposa
Teresa di Gesù Bambino.









24. «PADRE ETERNO, POICHÉ MI AVETE DATO»
«Proprio come in un regno ci si procura tutto ciò che si vuole con l'effigie del principe, così con il pezzo prezioso della mia Santa Umanità, che è il mio Adorabile Volto, voi otterrete tut¬to ciò che vorrete».
(Nostro Signore a suor Maria di San Pietro).
Padre Eterno, poiché mi avete dato in eredità il Volto Adorabile del vostro Divin Figlio, io ve lo offro e vi chiedo in cambio di questo Pezzo infinitamente prezioso di dimen¬ticare le ingratitudini delle anime che vi sono consacrate e di perdonare i poveri peccatori.






25. [AL VOLTO SANTO]
Io sono il Gesù di Teresa
O Volto Adorabile di Gesù, sola Bellezza che fa gioire il mio cuore, degnati di imprimere in me la tua Divina Rassomiglian¬za, perché tu non possa guardare l'anima della Tua piccola sposa senza contemplare Te stesso.
O mio Diletto, per tuo amore, io accetto di non vedere qui in terra la dolcezza del tuo Sguardo, di non sentire l'inesprimi¬bile bacio della tua Bocca, ma ti supplico di infiammarmi del tuo amore perché mi consumi rapidamente e compaia presto davanti a te.
Teresa del Volto Santo.






26. «SIGNORE, DIO DEGLI ESERCITI»
Preghiera ispirata da un'immagine rappresentante la Venerabile Giovanna d'Arco.
Signore, Dio degli eserciti, che ci avete detto nel vostro Van¬gelo: «Non sono venuto a portare la pace ma la spada» armate¬mi per la lotta, io ardo di combattere per la vostra gloria, ma vi supplico, fortificate il mio Scoraggio ... Allora con il Santo re David io potrò gridare: «Voi solo siete il mio scudo, e voi, Signore, preparate le mie mani alla guerra ... ».
O mio Diletto! Io comprendo a quale combattimento voi mi destinate, non è sui campi di battaglia che io lotterò ...
Io sono prigioniera del vostro Amore, ho liberamente ribadi¬to la catena che mi unisce a Voi e mi separa per sempre dal mondo che voi avete maledetto ... La mia spada non è altro che l'Amo¬re, con esso io scaccerò lo straniero dal regno. Vi farò procla¬mare Re nelle anime che rifiutano di sottomettersi alla vostra Potenza Divina.
Senza dubbio, Signore, uno strumento debole come me stes¬sa non vi è necessario, ma Giovanna vostra vergine e valorosa sposa ha detto: «Bisogna combattere perché Dio doni la vit¬toria». O mio Gesù, io combatterò quindi per vostro Amore fino alla sera della mia vita. Poiché non avete voluto gustare riposo sulla terra, io voglio seguire il vostro esempio e spero così che questa promessa uscita dalle vostre labbra Divine si realizzerà per me: «se qualcuno mi segue, in qualsiasi luogo io sia egli pure vi sarà, e il Padre mio l'onorerà».
Essere con voi, essere in voi, ecco il mio unico desiderio ... la certezza che voi mi date della sua realizzazione mi fa sop¬portare l'esilio in attesa del giorno radioso del Faccia a Faccia eterno! ...






27. «O SANTI INNOCENTI ... O SAN SEBASTIANO»
O Santi Innocenti! Che la mia Palma e la mia Corona asso¬miglino alle vostre!
O San Sebastiano! Ottenetemi il vostro amore e la vostra va¬lentia perché io possa combattere come voi per la gloria di Dio! ...
O Glorioso Soldato di Cristo! Voi che per l'onore del Dio degli eserciti avete vittoriosamente combattuto e riportata la palma e la corona del Martirio, ascoltate il mio segreto: «Co¬me l'angelico Tarcisio io porto il Signore». Non sono che una fanciulla e tuttavia devo lottare ogni giorno per conservare l'inistimabile tesoro che si cela nella mia anima ... Spesso de¬vo far diventare rossa con il sangue del mio cuore l'arena del combattimento ...
O Potente Guerriero! Siate il mio protettore, sostenetemi con le vostre braccia vittoriose e io non paventerò le potenze nemiche. Con il vostro aiuto combatterò fino alla sera della vi¬ta, allora voi mi presenterete a Gesù e dalla sua mano io ri¬ceverò la palma che mi avete aiutato a cogliere! ...






28. [ATTO DI FEDE]
Mio Dio, con l'aiuto della vostra grazia sono pronta a versa¬re tutto il mio sangue per affermare la mia fede.
(altra lettura: per ognuno degli articoli del Simbolo).






29. PREGHIERA PER OTTENERE L'UMILTA
O Gesù! Quando voi foste viatore sulla terra, avete detto: «Imparate da me che sono mite e umile di cuore e troverete ri¬poso per le vostre anime». O Potente Monarca dei Cieli, sì la mia anima trova riposo vedendovi rivestito della forma e della natura di schiavo, abbassarvi fino a lavare i piedi dei vostri apostoli. Mi rammento allora le parole che avete pronunciato per farmi imparare a praticare l'umiltà: «Vi ho dato l'esempio perché voi pure facciate quanto io ho fatto, il discepolo non è più grande del Maestro ... Se voi lo comprendete, sarete beati nel praticarlo». Io comprendo, Signore, queste parole uscite dal vostro Cuore, dolce e umile, voglio praticarle con l'aiuto della vostra grazia.
Mi voglio abbassare umilmente e sottomettere la mia volon¬tà a quella delle mie sorelle, non contraddicendole in nulla e senza indagare se hanno o meno il diritto di comandarmi. Nes¬suno, o mio Diletto, aveva questo diritto verso di voi, e tut¬tavia voi avete obbedito non soltanto alla S. Vergine e a S. Giuseppe, ma anche ai vostri carnefici. Ora è nell'Ostia che io ve¬do il vertice dei vostri annientamenti. Quale umiltà, o divino Re di Gloria, nel sottomettervi a tutti i vostri preti senza fare alcuna distinzione fra quelli che vi amano e quelli che, ahimé, sono tiepidi e freddi al vostro servizio ... Al loro richiamo voi discendete dal cielo, possono anticipare, ritardare l'ora del S. Sacrificio, voi siete sempre pronto ...
O mio Diletto, sotto il velo della Ostia bianca Voi mi ap¬parite dolce e umile di cuore! Per insegnarmi l'umiltà voi non potete abbassarvi di più, così anch'io per rispondere al vostro amore, desidero che le mie sorelle mi mettano sempre all'ulti¬mo posto e bene mi persuada che questo è il mio.
Vi supplico, mio Divino Gesù, di inviarmi un'umiliazione ogni volta che tenterò di innalzarmi sopra le altre.
Lo so, mio Dio, voi abbassate l'anima orgogliosa ma a quella che si umilia donate un'eternità di gloria, io voglio quindi mettermi all'ultimo posto, condividere le vostre umiliazioni per «avere parte con voi» nel regno dei Cieli.
Ma Signore, la mia debolezza vi è conosciuta; ogni mattino decido di praticare l'umiltà e alla sera riconosco che ho com¬messo ancora molte colpe d'orgoglio, a questa constatazione sono tentata di scoraggiarmi ma, lo so, lo scoraggiamento è anche or¬goglio, io voglio, dunque, o mio Dio, fondare su Voi solo la mia speranza; poiché voi potete tutto, degnatevi di far nascere nel¬la mia anima la virtù che io desidero. Per ottenere questa gra¬zia dalla vostra infinita misericordia io vi ripeterò molto spes¬so: «O Gesù, dolce e umile di cuore, rendete il mio cuore simile al vostro!».






30. «SE FOSSI LA REGINA DEL CIELO»
O Maria, se fossi la Regina del Cielo e voi foste Teresa, vor¬rei essere Teresa perché voi foste la Regina del Cielo!!! ...
8 settembre 1897



domenica 12 febbraio 2012

BEATA EUSTOCHIO VITA DELLA VERGINE PADOVANA






MONACA PROFESSA DELL'ORDINE BENEDETTINO CHIESA DI S. PIETRO - PADOVA

Beata Eustochio (B. Lucrezia Bellini) Monaca Benedettina - Padova 1444-1469



Con l'autorevolissima consulenza di C. Gasparotto, P. Sambin, C. Bellinati e L. Maschietto, nel 1965 un gruppo di alunni del «Tito Livio» di Padova (Giuliana Anselmii, Pier Franco Bea­trite, Francesco Iori, Isabella Mazzucco, Anna Pagnotta, Mariarosa Salmazzo, Roberta Spagna) compi un'importante ricerca riguardante la padovana Beata Eustochio. Il lavoro venne poi affi­dato alle Suore Dorotee. Sia pure a distanza di anni, riteniamo che il lavoro meriti la pubblicazione.



PREGHIERA ALLA BEATA EUSTOCHIO

O potente nostra avvocata Beata Eustochio, tu fosti suscitata fra noi da Dio, per essere un luminoso modello di virtù, soprattutto di straordinaria pazienza.

La tua vita, segnata dalla Croce, ne è prova evidente. Prega ora per noi. Ottienici, ti preghiamo, la grazia di cam­minare sulla scia dei tuoi esempi e di consi­derare le tribolazioni e le sofferenze di que­sta vita, come un dono che ci viene dalla mano paterna di Dio, per il nostro vero bene.

Fa' che abbracciamo, a tua imitazione, con pace e fiducia, le sofferenze della nostra vita, certi di essere un giorno premiati dal Dio della pazienza e della consolazione.

Sia Egli stesso l'abbondante ricompensa, per quanti si sottomettono volentieri alle sue amabilissime disposizioni. Così sia. Padre - Ave - Gloria

(Imprimatur Padova, 29-3-2000, Mons. Dr. Mario Morellato. Vic. Gen.)



Nel 1405, a Padova, cadde la Signoria dei Car­raresi, e ad essa, per la spontanea dedizione del popolo padovano, subentrò la dominazione vene­ziana. Questa si dimostrò subito intelligente e fe­conda dopo i due secoli di tirannide dei Da Ro­mano e dei Da Carrara, sia per quel che riguarda l'organizzazione politica e amministrativa sia per l'incremento economico e culturale.

Il territorio padovano fu suddiviso in sette podesterie e sei vicarie. Il governo di Padova fu così organizzato: ogni sedici mesi il Senato Vene­ziano vi mandava due senatori a sostenervi, uno la carica di podestà con potere giudiziario, l'altro la carica di capitano con poteri militari. Inoltre venivano inviati due nobili come camerlenghi con il compito di amministrare il denaro pubblico, di­pendenti dal podestà, e altri due nobili in qualità di castellani a capo del presidio militare e dipen­denti dal capitano. Un Consiglio Maggiore rap­presentava il governo civico di Padova che eleggeva le magistrature subalterne e i sei vicari. Esso ave­va i suoi Statuti, una specie di codici legislativi, che nel 1420 furono migliorati dal Senato Vene­ziano ed assunsero il nome di «Codice riformato».

Quello che però c'interessa più da vicino è la situazione religiosa della Padova quattrocentesca. Innanzi tutto il dominio veneziano portò una no­vità anche nel campo dell'amministrazione eccle­siastica di Padova: infatti i Vescovi di questa cit­tà che erano sempre stati eletti direttamente dal Pontefice Romano, da allora vennero eletti dal Senato della Repubblica e scelti quasi sempre fra i patrizi delle più cospicue famiglie veneziane.

È opportuno ricordare che i Patriarchi di Ve­nezia non s'intitolarono mai alla maniera delle al­tre chiese «Per la grazia di Dio e della Sede Apo­stolica», ma sempre «Per la divina clemenza» ov­vero « Miseratione divina»: il che sta ad indicare quel continuo atteggiamento d'insofferenza, carat­teristica della Repubblica di Venezia, verso qual­siasi forma d'imposizione esterna.

Nel 1469 a Padova fu istituito il primo Monte di Pietà per opera del frate Michele di Milano, esimio predicatore, con il benefico scopo di evitare ai poveri i prestiti ad usura dei ricchi commer­cianti ebrei. Inoltre, sotto il dominio veneziano, nel XV sec., la città fu abbellita di notevoli costru­zioni sacre come la chiesa di S. Francesco del 1420; la cupola centrale della Basilica di S. An­tonio del 1424; la chiesa di S. Giovanni di Verdara del 1450, e di utili costruzioni profane come l'ospe­dale civico del 1420 e il palazzo del Capitano del 1428.

Poche città avevano, come Padova, un nume­ro così grande di chiese, parrocchie, conventi, mo­nasteri, confraternite. Si pensi che su una popo­lazione che ancora non raggiungeva i 30.000 abí­tanti, v'erano oltre 20 conventi di frati e quasi 30 di monache, senza contare le altre chiese minori e le parrocchie che complessivamente superavano la trentina.

Nonostante questo cospicuo numero di chiese che avrebbe fatto bene sperare per la vita religio­sa della città, grande era la corruzione negli am­bienti ecclesiastici, come del resto in gran parte d'Europa, tant'è che da ogni dove si levavano voci di protesta che chiedevano una pronta ed efficace riforma dei costumi.

Non si dimentichi che siamo al tempo dei gran­di Concilii di Costanza e di Basilea, dove già si comincia a parlare, non più sporadicamente, di riforma, e che d'altra parte, nel XV sec., si conclu­de il secondo grande ciclo della storia della Chie­sa in una profonda crisi morale, religiosa, teologica che prelude alla crisi d'unità e d'autorità del '500. A Padova, in particolare, la rilassatezza dei co­stumi trovò un momento favorevole nei mesi del­la vacanza della Sede Vescovile, dopo la morte di Fantino Dandolo nel 1459, e della controversia che ne seguì tra il Papa Pio II Piccolomini e il Senato Veneziano per l'elezione del successore, che fu poi, di comune accordo, eletto nella persona di Iacopo II Zeno, uomo letterato e di illibati co­stumi. Egli, come vedremo, attuò nella sua diocesi una riforma dei costumi con polso fermo e deciso. È in questa cornice storica che si svolge la vita della Beata Eustachio cui è dedicata questa ricerca.

I

Ad occidente di Padova, presso le ultime mu­ra, sorgeva nel XV secolo il monastero di S. Pro­sdocimo dell'ordine benedettino, dove la discipli­na era molto rilassata. Non esistendo ancora il salutare freno della clausura, istituita dal Concilio di Trento, potevano entrarvi giorno e notte laici e secolari. Le educande e soprattutto le monache avevano un comportamento tutt'altro che religioso; tra queste ultime la vecchia Maiorina, che in gio­ventù aveva amato indulgere ai piaceri, ora era di­venuta maestra di malcostume alle altre. Il Baroz­zi, uno dei biografi della Beata, senza molti eufe­mismi definiva quel monastero un «Lupanar». Maiorina, dunque, nel 1442 si recò sulla collina di Gemola, a tre miglia da Este (Padova), dove sor­geva la chiesa di S. Giovanni, con annesso mona­stero delle Vergini Benedettine che era stato edi­ficato nel 1221 sotto il patrocinio della Beata Bea­trice, figlia di Azzone VIII, marchese d'Este, e di Leonora, figlia di Tommaso III, conte di Savoia. Maiorina indusse una di queste monache, Madda­lena Cavalcabò, a seguirla nel monastero di S. Pro­sdocimo, col pretesto di farle cambiare aria, mentre in cuor suo già l'aveva destinata al peccato.

A Padova, nell'orto del monastero di S. Pro­sdocimo, c'era in quel tempo la casa di un certo Bartolomeo Bellini, un giovane già ammogliato, tanto affascinante quanto corrotto. Per macchina­zione di Maiorina, Maddalena incontrò costui nel chiostro: dapprima stupita, poi compiacente, la giovane monaca cedette alle sue lusinghe. Quando la sciagurata Maddalena si accorse che stava per diventare madre, terrorizzata e smarrita, per con­siglio di Maiorina si finse malata onde evitare uno scandalo nel monastero di Gemola e rimase a S. Prosdocimo finché diede alla luce una bambina. Poi tornò a Gemola dove, pentita, cercò di redi­mersi e morì in grazia di Dio.

Così nel 1444, mentre era Vescovo di Padova Pietro VII Donato e podestà Ser Luca Tron l'Avo­gador de Comun, nacque Lucrezia Bellini, così bat­tezzata per volere del padre che l'affidò ad una nu­trice fino all'età di quattro anni. Poi la prese con sé, ma la matrigna la odiava, in quanto vedeva in lei la prova del peccato del marito. Il padre, isti­gato dalla moglie, finì anch'egli per maltrattarla tanto da bastonarla in pubblico.

Fin da piccina Lucrezia fu molto devota a S. Gerolamo e alla Vergine. Quando aveva quattro anni, si cominciò a supporre che fosse posseduta dal demonio; ma non era indemoniata, bensì ossessa; conservava cioè sempre lucida la mente. Spesso si mostrava sgarbata ed arrogante verso i familiari; ma ciò non era frutto della sua volontà, bensì delle vessazioni del demonio; comunque an­che in quei momenti la sua mente si manteneva sempre raccolta in Dio.

Fu sottoposta agli esorcismi rituali e sembrò che il demonio se ne fosse andato. Pur non aven­do crisi violente continuò ad essere intollerante col padre e con la matrigna e per questo veniva spesso picchiata.

II

Il padre, quando la bambina aveva sette anni, si mise in mente che ella lo volesse avvelenare e per prevenirla pensò di ucciderla lui. Secondo il parere di alcuni biografi (Cordara, Salìo, Barozzi, Salicario) era il demonio ad ispirargli tali pensie­ri. Ma poi, non volendo che ella morisse, il demo­nio gli suggerì di affidarla alle monache dello stes­so monastero dov'era nata, affinché in mezzo a tanta corruzione anch'ella si perdesse.

Nel 1451, mentre era Vescovo di Padova Fan­tino Dandolo (1448-1459) e podestà Ser Mattio Vitturi l'Avogador de Comun, il padre affidò la bambina alle monache di S. Prosdocimo, non tan­to perché le venisse data un'educazione religiosa, che certo in quel monastero non si impartiva, ma solo perché imparasse i soliti lavori femminili, avendo intenzione di farla fidanzare e poi sposare.

Tra le educande ella era la più giovane e l'uni­ca che conducesse una vita illibata nella generale corruzione. In quell'anno la comunità si compone­va di sette monache più la Badessa: le monache conducevano una vita oltremodo fatua, uscendo di frequente dal monastero, mischiandosi ai seco­lari e ricevendone nei chiostri; tutto ciò a grave danno del loro buon nome e con disonore del loro istituto. Ma la perfidia di quelle monache arrivò al punto, tra gli altri delitti, di accelerare col ve­leno la morte della Badessa, una donna di sani co­stumi, che proibiva loro di uscire dal monastero e di conversare, cercando di ricondurle ad una vi­ta più religiosa e suscitando così il loro risenti­mento.

III

Alla morte della Badessa, il Vescovo di Pado­va Iacopo II Zeno (1460-1481) proibì loro di eleggerne una nuova secondo il costume dell'epo­ca: infatti esse avrebbero certamente eletto una di loro e la vita del monastero sarebbe continuata in quella maniera disgustosa, mentre il Vescovo vo­leva por fine a quello scandalo.

Monache ed educande, temendo una riforma, fuggirono presso parenti ed amici; nel monastero rimase soltanto Lucrezia. Fu aperto un processo nel 1460 col Vicario Pavini e Marco Negri, Ve­scovo di Cataro, e si trovò più di quanto si pen­sasse. Negli atti del processo si legge anche l'esa­me di Lucrezia, da cui risulta che certamente fu il braccio divino a sottrarla al cattivo esempio delle educatrici.

Il Vescovo allora pensò di fondare una nuova comunità a S. Prosdocimo e trasse dal monastero della Misericordia Giustina de Lazara, nobile pa­dovana e pia monaca, ed altre suore con educande di migliori costumi, per trasferirle a S. Prosdoci­mo, creando Badessa la de Lazara.

Lucrezia chiese allora di vestire l'abito mo­nacale; le altre monache però non la vedevano di buon occhio, essendo a conoscenza delle sue origi­ni e credendo che anche lei fosse corrotta come le religiose che vivevano prima nel monastero. Il Vescovo tuttavia accettò la richiesta di Lucrezia e così il 15 gennaio 1461, dal confessore del monastero Niccolò ella fu accolta nella comunità col nome di Eustochio, in ricordo della dama romana discepola di San Girolamo. Circa l'etimologia del nome troviamo nel Salìo: «Eustochio che per al­cuni così latinamente come volgarmente, non sen­za errore, Eustochia s'appella, è nome greco di­minutivo, perciò neutro, che suonerebbe come Eustochietta», da EYCTOXAZOMAI, che signi­fica «miro bene, faccio centro, sono buon indo­vino».

Durante le cerimonie, il sacerdote, dopo aver comunicato un'altra conversa, Paola, si accinse a comunicare anche Eustochio: in quel momento la Sacra Ostia cadde a terra e le monache, già preve­nute, cominciarono a fare mille supposizioni sul­l'insignificante episodio.

IV

Da quando Eustochio aveva quattro anni fino al 30 agosto 1461, cioè ad un mese dalla festa di S. Girolamo, il demonio non si era più manife­stato in maniera visibile. Per alcuni biografi inve­ce esso rimase nascosto solo per otto mesi e do­dici giorni, cioè dalla data in cui fu accettata nella comunità fino alla fine di agosto del 1461. In questo periodo ella cominciò a moltiplicare le pic­cole mancanze che commetteva di solito ed appa­riva molto agitata; il confessore del monastero, Gerolamo Salicario, che la confortava sempre, pen­sò bene di svelare alla Badessa e alle altre mona­che che Eustochio era posseduta dal demonio. Tra le monache la cosa suscitò una specie di ribellione, e nessuna le rivolgeva più la parola. Il primo ottobre 1461 (il giorno seguente la festa di S. Gi­rolamo), nel chiostro accadde un incidente: Eu­stochio, spinta dal demonio, minacciava con un coltello le altre monache; il Salicario, accorso, co­strinse, con degli esorcismi, lo spirito a parlare, e questo disse, per bocca di Eustochio, di essere sta­to inchiodato a un banco da S. Girolamo, pro­tettore della monaca. Effettivamente, sembrava che ella non potesse muoversi di li e poiché continua­va ad agitarsi pericolosamente, la legarono ad una colonna per qualche giorno. Poi si calmò; ma na­turalmente era troppo peggiorata l'opinione che di lei avevano le compagne. Di lì a poco la Bades­sa s'ammalò e i medici non riuscivano a capire la natura del male, mentre essa continuava a peg­giorare.

Inoltre si trovarono nel monastero strane «co­se superstíziose», come le definisce il Cordara, e si pensò che fossero oggetti magici usati da Eu­stochio per avvelenare la Badessa seguendo gli in­segnamenti delle sciagurate monache di prima.

V

Per mandato episcopale, in seguito a questi fatti, Eustochio venne incarcerata come fattucchie­ra, in attesa di essere processata e messa a morte.

Con lei venne imprigionata anche Paola, un'altra conversa, sospettata della stessa colpa solo perché era stata vista rivolgerle la parola. Paola fu poi liberata, mentre Eustochio rimase nel carcere. Le passavano soltanto pane e acqua ed ogni tre giorni veniva lasciata completamente a digiuno: i suoi carcerieri pensavano così di indurla a confessare. Intanto il popolo, tanto facile a lasciarsi influen­zare dall'opinione di pochi, tumultuava fuori del monastero volendo bruciarla viva senza processo.

Ella passava tutto il suo tempo pregando per resistere alle tentazioni del demonio che le pro­metteva di rompere i catenacci e aprire le porte della prigione se avesse negato Cristo. Erano state scelte appositamente come sue carceriere due mo­nache che l'avevano particolarmente in odio. A queste un giorno ella chiese il Breviario come con­forto, ma le fu rifiutato. Intanto il demonio con­tinuava a tormentarla: mentre pregava la pungeva un vespone dal quale poteva schermirsi soltanto recitando «sub tuum praesidium» e inoltre si sen­tivano nella cella rumori insoliti che la distraeva­no dalla meditazione.

VI

Il Salicario, convinto della sua innocenza, cer­cava di intercedere per lei presso la Badessa e gli fu infine permesso di avere un abboccamento con Eustochio. Alle domande del Confessore, però, la monaca affermò davanti a tutti di essere lei la col­pevole del veneficio; ciò convinse tutti tranne il Salicario il quale, supponendo che ella fosse stata costretta dal demonio a dire simili cose, volle tor­nare il giorno seguente a interrogarla: questa vol­ta Eustochio negò.

Un giorno fu scoperta mentre faceva cenni a una monaca dalla finestrella della prigione: vo­lendo che ella restasse in completa solitudine si ordinò che fosse chiuso anche quell'unico spira­glio. Il Salicario sperando ormai soltanto nell'aiu­to divino per far liberare Eustochio, implorò le preghiere delle monache del monastero di S. Ge­rolamo, divenuto poi di S. Teresa. La difficoltà maggiore stava nel riuscire a convincere dell'inno­cenza di Eustochio le alte personalità patavine: tutta la città infatti si interessava della questione, e per la monaca il sapersi ritenuta capace da tutti di aver avvelenato la sua Superiora era molto de­moralizzante.

VII

Dopo tre mesi di prigionia un Angelo apparve alla Badessa ordinandole di liberare Eustochio sen­za processo, mandandola via dal monastero; esso altri non era che il demonio, il quale sperava così finalmente che Eustochio, su ingiunzione della Su­periora stessa, sarebbe caduta nella tentazione di abbandonare il monastero per ritornare nel mon­do. La Badessa allora chiamò il suo fratello mag­giore Francesco de Lazara, affinché facesse da in­termediario.

Egli, recatosi da Eustochio, le promise uno sposo ed una buona dote qualora avesse abbando­nato il monastero: infatti ella non aveva ancora pronunciato i voti e quindi poteva ancora libera­mente uscire dalla comunità. Le ricordò inoltre che suo padre l'amava e poteva darle un'ottima sistemazione. Non riuscendo a convincerla, il de Lazara le propose almeno di cambiare monastero dato che qui non era ben vista dalle compagne; ma ella rifiutò decisamente e di fronte a tanta fer­mezza di proposito anche il de Lazara si convinse della sua innocenza e cercò insieme al Confessore di persuadere la sorella e le altre monache a scarcerarla. Queste adducevano come pretesto per non liberarla il fatto che essendo stata incarcerata per mandato episcopale, anche per liberarla era neces­sario un ordine del Vescovo; ma poiché questi era da tre mesi in una villa fuori città, per evitare il contagio della peste che v'infuriava, ciò non era possibile.

Tuttavia il Salicario garantì per lei ed Eusto­chio fu egualmente liberata.

VIII

Fu rinchiusa però in infermeria, una prigione più luminosa e vicina alle celle delle malate.

Un giorno il demonio, che quando parlava per sua bocca diceva di chiamarsi Mamon, toltale la benda e lo scapolare, cercò di strozzarla: le mona­che, richiamate dal chiasso che si sentiva nella in­fermeria e non ricevendo risposta alle loro invoca­zioni, sfondata la porta, la trovarono a terra sve­nuta e subito si prodigarono per rianimarla. In seguito una conversa di nome Dalmatina si ammalò di peste, o almeno così si credette sulle prime; venne affidata ad Eustochio nella speranza che an­ch'ella venisse contagiata.

Eustochio spesso sveniva quando serviva Dal­matina che naturalmente si spaventava; allora un'al­tra conversa di nome Eufrasia le offrì amicizia sino alla morte: quando la vedeva agitata, le gettava addosso la stola per cacciare il demonio e l'aiuta­va nella sua opera di assistenza. Dalmatina, intan­to, poco a poco guarì e allora si comprese che non era stata malata di peste.

Così Eustochio fu finalmente messa in libertà ma con numerose proibizioni: non poteva recarsi nel coro nè in chiesa per i sacri offici; non poteva andare in parlatorio nè conversare con alcuno, nem­meno con i suoi parenti. Le altre monache aveva­ no l'ordine di schivarla, pena la «scomunica», vo­cabolo che però in questo caso indica soltanto l'espulsione dalla comunità di S. Prosdocimo. Inol­tre si diceva che Eustochio fingesse di essere tor­mentata dal demonio per suscitare pietà.

IX

Ella ricambiava quest'odio con altrettanto amo­re e recitava spesso le preghiere della solennità di S. Stefano, in cui appunto è invocato l'aiuto del Santo per poter amare i propri nemici.

Per quattro anni consecutivi il demonio con­tinuò a tormentarla con incredibile crudeltà e nei modi più impensati: la batteva con un flagello di funicelle armato di punte di rame molto aguzze, la sfregiava e le incideva profondamente le carni con un coltello, specialmente al collo, sì che gron­dava sangue; la trascinava per terra, la gettava violentemente al suolo, la bastonava, la legava con funi così strettamente da toglierle ogni possibilità di movimento. Il demonio non le concedeva re­quie: le incideva le vene, la stringeva con un ir­suto cilicio, le comprimeva la testa, gliela immer­geva nell'acqua gelida, la costringeva a bere gran­di recipienti colmi d'acqua mista a calcina e ver­nice. Una volta le fece persino mangiare una spu­gna fritta con olio puzzolentissimo, cosa che, se­condo il parere dei medici, sarebbe bastata da sola ad avvelenare una persona. E non è tutto: spesso la povera Eustochio si sentiva come bru­ciare tra le fiamme di un rogo; altre volte le sem­brava che tante lame di rasoio le straziassero le carni.

Un giorno il demonio la portò addirittura su di un'altissima trave e, tra lo sgomento generale, minacciava di gettarla a terra se non avesse rin­negato Cristo, quando sopraggiunse il Salicario e la salvò scacciando il demone con gli esorcismi di rito. Un'altra volta la trascinò e la rinchiuse nella sala del Capitolo dove, pronunciando orribili be­stemmie, la ferì a sangue; per quest'ennesima ves­sazione, però, il demonio fu punito da S. Gerola­mo e da S. Luca, dai quali diceva di essere battuto e trattenuto. In seguito infisse ad Eustochio un coltello nel petto minacciando di colpirla al cuore, ma ella, incrollabile nella sua fede, gli rispose di inciderle sul petto dalla parte del cuore il nome IESU, ed effettivamente quando dopo la sua morte le sorelle la spogliarono per lavarla, trovarono que­sta parola incisa sul suo corpo.

X

Le monache, vedendola tanto soffrire, comin­ciarono finalmente ad averne compassione e la por­tarono nella Basilica di S. Giustina a visitare la tomba di S. Luca, protettore degli indemoniati: da questa visita ella trasse molto beneficio e il de­mone sciolse la corda che la cingeva strettamente ai fianchi e da allora non gliela rimise più.

Eustochio si confessava spesso e ogni sette giorni si comunicava.

Finalmente, all'inizio del 1465 fu ammessa al coro e il 25 marzo alla professione; già quattro mesi prima, il giorno di S. Martino (11 novembre 1464) si era votata a Dío alla presenza del con­fessore, in ginocchio davanti alla Badessa e alle altre religiose, a porte chiuse. Il Salio afferma che ai suoi tempi si conservava ancora il manoscritto della patente che ella teneva in mano quando pro­fessò i voti. Essendo molto debole per le vessa­zioni del demonio e per le penitenze che s'impo­neva, non poté nemmeno alzarsi dal letto per an­dare in Chiesa a ricevere il velo nero. Pertanto il 14 settembre 1467, festa dell'Esaltazione della S. Croce lo ricevette, invece che dal Vescovo, dal confessore che glielo portò a letto. Sei giorni dopo, rimessasi in forze, tanto che alle sorelle parve un miracolo, il giorno di S. Matteo (21 settembre) poté recarsi in Chiesa a ricevere ufficialmente il velo; ma senza pompe, da un semplice sacerdote, perché nella sua umiltà non volle scomodare il Vescovo.

XI

Eustochio conduceva sempre una vita esem­plare, rinunciava ai più piccoli piaceri come a ri­camare, attività in cui era bravissima e ad andare in parlatorio. Stava sempre sola meditando sui li­bri spirituali ed aveva frequenti, edificanti colloqui col confessore intorno ai problemi dell'anima. Leggeva spesso la S. Scrittura, soprattutto le Epistole di S. Paolo, le Confessioni di S. Agostino, le lettere di S. Gerolamo e di S. Bernardo e i dia­loghi di S. Gregorio. Giudicando di non dover possedere nulla per sè diede alla Badessa la chiave della cassettina dove teneva le sue povere cose e quasi tutte le altre monache seguirono il suo mi­rabile esempio.

Nel coro scelse il posto più nascosto perché i suoi occhi non si posassero sui fedeli o sul cele­brante. Serviva e obbediva a tutte le monache, pregava per loro e per i suoi genitori, e con le sue preghiere riuscì a fare in modo che suo padre morisse piamente.

In tutte le vessazioni non si lamentava mai, anzi sorrideva sempre e ringraziava il Signore. Per dimostrare quanto ella fosse virtuosa, i suoi bio­grafi riportano un episodio significativo: le nozze di Caterína Cornaro con Giacomo re di Cipro av­vennero con tanto sfarzo che se ne parlava ovun­que in città e anche nel monastero; ma Eustochio a questo proposito ebbe a dire che non avrebbe cambiato i suoi tormenti con tutte quelle gioie e quei piaceri. Intendeva così dire che preferiva sof­frire nel corpo in questa vita per Cristo, piuttosto che avere gioie momentanee e passeggere.

La sua grande fede era animata dalla profonda convinzione che la vita terrena è soltanto una pro­va cui Dio sottopone ciascun uomo in vista del premio o del castigo eterno. Appunto per questo riteneva di essere particolarmente fortunata per quelle terribili vessazione che mettevano a dura prova la sua costanza in Cristo e che certamente avrebbero portato altri a rinnegarlo.

Non paga di quei tormenti che le procurava il demonio, s'imponeva altre penitenze da sè: ad esempio mangiava pochissimo, una sola volta al giorno, verso sera, e lo faceva quasi con schifo, perché le sembrava di cedere ai sensi nel gustare il cibo.

Non volle mai nutrirsi di carne, nemmeno quando era ammalata e debolissima. Inoltre di­giunava molto spesso anche per due o tre giorni di seguito. Era tanto schiva di ogni vanità che si contentava di possedere una sola veste. Pur sof­frendo d'insonnia si alzava sempre la mattina pre­sto per recarsi in Chiesa ad ascoltare la S. Messa. Sempre per non indulgere alla benché minima gioia dei sensi, non si concedeva mai la vista di un og­getto curioso, né una vivanda gustosa o una ame­na passeggiata. Pur essendo tanto debole da do­versi reggere col bastone a soli ventitré anni, con­tinuava a digiunare due giorni la settimana. A causa di queste privazioni la sua bellezza era com­pletamente sfiorita, il suo fisico debilitato, ma la sua mente restava sempre ferma in Cristo.

XII

Non si limitava però alle sole mortificazioni corporali, ma pregava anche molto. La sua devo­zione si rivolgeva in particolare alla Vergine Ma­ria. Fin dai tempi in cui era stata incarcerata sole­va recitare ogni giorno una corona di Salmi le cui iniziali componevano il nome di «MARIA»: «Ma­gnificat», «Ad Dominum cum tribularer», «Retri­bue servo tuo», «Iudica me Deus», «Ad te levavi oculos meos», premettendovi il Salmo «Domine labia mea aperies»; oppure recitava un'altra coro­na di preghiere le cui iniziali formavano pure il nome della Vergine: « Missus est», «Assumpta est», «Rubrum quem viderat Mojses», «In odorem», «Ave Maria».

Altre sue preghiere preferite erano: «Ego ma­ter pulchrae dilectationis», «Memento salutis Auc­tor», «Qui Rabitat», «Sub tuum praesidium», «Kjrie elejson», «Pater nostrr», «Interveniat pro no­bis quaesumus Domine».

Era particolarmente devota di S. Gerolamo, S. Luca, S. Giuseppe, S. Anna, S. Gioacchino, S. Eli­sabetta, S. Giovanni Battista, S. Paolo, cioè di quei santi che più erano stati vicini alla Madonna e a Gesù, oltre S. Gerolamo e S. Luca protettori degli indemoniati e S. Paolo che onora tanto il nome di Gesù, ripetendolo spesso nelle sue Epistole.

Teneva .sempre con sé un Crocifisso: pregava dinanzi alle semplici, divote immagini della Pas­sione, appese alle pareti della sua modestissima cella. Ad esempio, davanti all'immagine di Gesù legato alla colonna di Ponzio Pilato recitava molti «Pater» ed «Ave» con le mani legate dietro la schiena.

XIII

Nonostante ella fosse debolissima, il demonio continuava a tormentarla: ad esempio, una volta el­la consegnò al confessore un flagello intriso di sangue, con cui disse di essere stata battuta. E tale flagello secondo il Salicario aveva un grande ef­fetto sui sensuali.

Comunque Eustochio continuava nella sua vita esemplare cercando sempre di raggiungere una mag­giore perfezione. Eseguiva gli ordini della bades­sa e del confessore senza chiedersi se fossero più o meno giusti, dato che la regola di S. Benedetto prescrive la più assoluta obbedienza; consultava i suoi superiori anche per cose di poca importanza. Ella sentiva venir meno in sé la forza vitale e com­prendeva di essere ormai vicina a morire. La mor­te però non la spaventava, perché avrebbe potuto così riunirsi a Gesù e per prepararsi bene a que­sto passo decisivo, negli ultimi due anni della sua vita pregava continuamente.

Volendo restar sola nella sua meditazione, chiese ad Eufrasia di dire alle compagne, le quali per pratica pietosa volevano visitarla, che non la di­straessero, ringraziandole comunque del loro buon cuore. Per vincere anche quel minimo timore che il pensiero della morte suscita in ogni uomo, ella volle essere presente nel momento del trapasso delle cinque consorelle che resero l'anima a Dio nell'ultimo anno della sua vita.

Il suo unico conforto spirituale in ore così dure in cui il demonio cercava di vincere quel fi­sico ormai tanto provato, era il poter conversare con il suo confessore. I biografi affermano che il demonio, per toglierle anche quell'ultima consola­zione, fece sì che il Salicario provasse noia di quei colloqui e abbandonasse Eustochio ai suoi tormen­ti. Ma ecco che quando ella invocava l'intercessio­ne della Vergine recitando cento «Ave», egli ve­niva, dicendosi spinto da una forza occulta.

Si comunicava e si confessava sempre più spes­so perché la presenza di Cristo in lei rafforzasse il suo spirito. Il demonio faceva i suoi ultimi più tremendi tentativi: cercava invano di tagliarle le arterie e la squarciava. Ormai quello che usciva dalle ferite non era più sangue ma acqua sanguigna. Aumentarono anche di più le vessazioni dall'inizio dell'Avvento 1468 fino al giorno precedente la Pu­rificazione di Maria (2 febbraio 1469), cioè fino ad undici giorni prima della morte. Poi cessò il demonio di tormentarla nel corpo, travagliando in­vece il suo spirito: le procurava visioni di diver­timenti sfrenati, di orge e bagordi; la terrorizzava dicendole che certamente sarebbe andata all'infer­no. Sperava in questo modo di perderla, suscitan­dole qualche cattivo pensiero. Ma Eustochio, pren­dendo spunto da ciò, ammoniva Eufrasia che nep­pure in punto di morte possiamo essere certi della nostra salvezza, poiché basta un unico cattivo pen­siero per rendere vana la fatica di tutta una vita condotta santamente.

XIV

Ormai la sua vita volgeva al termine: tuttavia sette giorni prima della morte, raccogliendo le sue ultime forze, per grazia del Signore poté andare in Chiesa per prendere il Viatico e fu quella l'ul­tima volta che vi si recò. La domenica preceden­te la morte chiese di confessarsi sentendo che sa­rebbe stata l'ultima volta.

Pregò poi Eufrasia di non lasciarla sola quella notte, e quella sorella che, sola fra tutte, l'aveva assistita e confortata nelle sue atroci sofferenze, in quel momento supremo non l'abbandonò.

Nel silenzio della celletta quella vita si spe­gneva. Eufrasia vegliava accanto a lei nell'oscuri­tà. Quand'ecco, verso mezzanotte, si udì un cupo rumore. La sorella trasalì e le parve che quel ru­more fosse prodotto da qualcuno che cercava di arrampicarsi lungo il muro della cella per uscirne. Poi la celletta ripíombò nel silenzio e il chiarore argenteo dei raggi della luna che filtravano dalla finestrella fece apparire agli occhi di Eufrasia la serena bellezza di quel volto non più turbato dalla presenza del demonio.

Il nuovo giorno la trovò ancora viva, compo­sta nella sua serenità. Eustochio volle chiamare a sè la badessa e le altre monache per dar loro l'ul­timo saluto. Chiese loro perdono del male esempio e del disturbo che aveva arrecato con i suoi trava­gli. Poi chiuse gli occhi e senza che nessuno se ne accorgesse; come se si fosse dolcemente addormen­tata, spirò. Era il lunedì 13 febbraio del 1469.

XV

Immediatamente dopo la sua morte numerosi furono i prodigi che confermarono la sua santità. Nel momento in cui ella spirava il confessore s'ad­dormentò e gli apparve in sogno la Beata rilucente di gloria che gli disse: «O quanta dolcezza, o quan­ta allegrezza, o quanta beatitudine!». Poi scom­parve ed egli si destò con una soave dolcezza nel cuore. In quell'ora ad alcuni cittadini parve di vedere l'immagine di Eustochio che ascendeva al cielo e così, prima ancora che la notizia della sua morte fosse data ufficialmente dalle monache, l'ac­caduto si venne a sapere in città. Coloro che, men­tre era viva, l'avevano calunniata, la piansero pen­titi. Le sorelle meste si accinsero a compiere le pietose pratiche funebri: com'era d'uso ne lava­rono il corpo e trovarono inciso sopra il cuore il nome IESU, segno evidente dell'amore ch'ella por­tava a Cristo anche nei tormenti più atroci. Dal suo corpo emanava un soave odore che non tro­vava riscontro in alcuno dei profumi esistenti nel­la terra e che venne perciò definito dai biografi «odor di Paradiso». Tale profumo perdurò per anni e anni nei pressi del sepolcro; era però perce­pibile non da chi vi si accostasse per curiosità, ma solo da chi vi si recasse a pregare. Dopo averla la­vata, dunque, le sorelle la vestirono dell'abito mo­nacale e la seppellirono in terra nel chiostro del monastero. Intanto si sparse dentro e fuori città la fama della santità di Eustochio, accresciuta da nu­merosi prodigi e si composero inni e preghiere in suo onore, sebbene il culto non fosse ancora auto­rizzato. Grande era l'afflusso dei fedeli al suo sepolcro soprattutto degli indemoniati che riceve­vano molto beneficio e spesso guarivano grazie a queste visite. Il vescovo Iacopo Zeno volle allora sincerarsi della veridicità di questi miracoli e fece portare sul suo sepolcro una donna riconosciu­ta ossessa: questa, più si avvicinava alla tomba, più smaniava, tanto che nell'ultimo tratto dovette esservi trascinata a viva forza. Giuntavi urlando, vi restò come inchiodata sopra, e tentò di stran­golarsi con una di quelle funicelle che servivano a quel tempo a tener strette le maniche degli abiti femminili. Ma la corda si spezzò, evidentemente per un miracolo, perché il Salicario, che si trovava presente, avendo provato poi a spezzare la parte rimanente della funicella, per quanta forza vi met­tesse, non vi riuscì. Fu questa un'ennesima prova della santità di Eustochio.

Tre anni e nove mesi dopo la sua morte, mol­tiplicandosi i miracoli e perdurando il profumo, il vescovo accordò il permesso di riesumare i resti per porli in più degna sepoltura. La traslazione av­venne il 16 novembre 1472, alla presenza di un certo Giovanni dottore e vicario del vescovo, di Taddeo Lucrini, gentiluomo veneziano, del Sali­cario, di tutte le monache e di altre personalità patavine. Benché Eustochio fosse stata inumata senza cassa si ritrovarono corpo e vesti intatti. La salma fu coperta di nuove vesti e le vecchie venne­ro usate per farne reliquie; quindi venne deposta in una cassa di cipresso nel Capitolo del monastero. Tre anni dopo, il 14 novembre 1475 la cassa fu trasportata in chiesa e posta alla sinistra dell'altar maggiore, cioè dalla stessa parte in cui si legge il Vangelo durante la S. Messa, in un monumento di marmo, sulla cui lastra fu inciso «Beata Eusto­chio Paduana».

Ogni anno, il 13 febbraio, giorno in cui si ce­lebrava l'anniversario della sua morte, il corpo ve­niva trasportato dietro una grata da cui lo si po­teva scorgere stando in chiesa, come se fosse stato in una cappella; intorno venivano collocati dei ce­ri e per tutta la giornata il popolo poteva recarsi a venerarlo. Nel 1676 fu costruito un apposito al­tare, ove però il corpo non era sempre visibile. Poiché il popolo voleva invece poterlo sempre ve­dere, nel 1721, secondo quanto dice il Salìo, o nel 1720, per il Cordara, le monache fecero erigere un altare di marmo sopra il piano del quale, tra le colonne, fu posta una tela con l'efige del transito della Beata. Posto in un'arca di cristallo, il corpo era visibile dietro una grata d'oro, lunga quanto l'arca, posta tra il piano dell'altare e il dipinto.

Con decreto della Sacra Congregazione dei Riti del 22 marzo 1760, fu concessa al culto della Beata la messa «de Communi Virginum».

XVI

Dato che sin dalla sua morte moltissimi: erano stati i prodigi, la sua prima sepoltura non era stata richiusa, ma soltanto coperta con tavole. Dopo il giorno dell'Epifania del 1473 cominciò a sgorgare da tale fossa un'acqua limpidissima che venne de­finita non di natura terrena: dato che aveva effetti prodigiosi sugli ammalati, veniva attinta molto spesso, ma ciò nonostante saliva sempre allo stes­so livello. In alcuni periodi cessava di sgorgare, ma poi tornava anche per un mese o più,. in quanti­tà maggiore nei periodi di siccità, quasi a conferma­re la sua natura miracolosa. Nel vecchio monastero di S. Prosdocimo, in un chiostro terreno, vicino alla porta c'era un buco nel pavimento, circonda­to da una ringhiera di ferro, attraverso il quale si scendeva nella fossa, rivestita di mura come un camerino sotterraneo. Incassata nel terreno c'era una conca di marmo con cinque fori, uno per cia­scun lato e uno sul fondo, da cui penetrava l'acqua, salendo fin quasi all'orlo della conca.

L'acqua miracolosa continuò a sgorgare fino al 26 aprile 1797, data in cui scomparve per riap­parire il 20 gennaio 1798, quando, col sopraggiun­gere delle armate austriache, in Padova tornò la pace. Poi nel 1805 cessò per sempre di sgorgare. In esecuzione del decreto napoleonico del 5 aprile 1806 la chiesa di S. Prosdocimo con l'annes­so monastero e quindi anche la fonte furono di­ strutti, e le monache si trasferirono nel monastero di San Pietro Apostolo.

Il 12 settembre 1806, alle due del mattino, il corpo della Beata fu traslato di nascosto nella Chie­sa di S. Pietro; durante il tragitto scomparvero, forse rubate, due dita e una parte della mano de­stra della Beata. Non ostanti le precauzioni perché il trasportò rimanesse segreto, vi accorse una gran folla che segui il corteo finché il corpo fu collocato nella cappella che guardava il Capitolo delle mo­nache di S. Pietro, allora chiamata «del Rosario».

Nel chiostro adiacente fu installata la vasca dell'acqua miracolosa, sperando, ma invano, che ritornasse a sgorgare. Ma ecco che con il decreto napoleonico dell'undici maggio 1810 venne sop­presso anche il monastero di S. Pietro, che divenne proprietà privata e la vasca venne riposta in uno stanzino, dietro la tomba.

Più tardi, sia il monastero che la Chiesa furo­no adibiti a deposito militare, e una mano ignota incise presso la tomba «12 settembre 1806, Beata Eustochio Patavina».

Nel 1834 Monsignor Scarpa fece abbellire con marmi l'altare che fungeva da sepolcro, e il Gugliel­mi dipinse una tela raffigurante la Beata che vince il demonio. Il 13 febbraio 1835 il corpo rimase per tutto il giorno esposto alla venerazione del pubblico in una ricca bara attorniata da molti ceri offerti dai fedeli. La sera si fece gran processione con intervento di fanciulli capitati negli orfana­trofi, di componenti le confraternite, di padri con­ventuali, cappuccini e di molti altri ordini. Gran­de fu in quell'occasione il tributo di pietà che il popolo offrì alla Beata.



E' la Beata invocata

Contro ogni sorta di diaboliche tentazioni, contro le possessioni, le infestazioni, le calunnie, le ingiustizie e le prepotenze, per ottenere lume per ben conoscere e riconoscere il diavolo, e forza per superarlo.



Recita ogni giorno la seguente orazione:

Prega per noi Beata Eustochio

Affinchè siamo degni delle promesse di Cristo



Preghiamo

Onnipotente Eterno Dio, che rafforzasti la Beata Vergine Eustochio contro le potenze delle tenebre con una ammirevole virtù e una invincibile pazienza, per i suoi meriti e le sue preghiere, concedici, una volta liberati da ogni demoniaca influenza, di servirti con l'animo riposto in Te.

Per Cristo Nostro Signore, AMEN (Decreto della Sacra Congregazione dei Riti - il 22 marzo 1760) Cinque Pater, Cinque Ave, in onore elle cinque Piaghe dei Redentore



Chi ricevesse grazie per intercessione della Beata Eustochio è pregato di ciò il Rettore della Chiesa di S. Pietro a Padova (Via S. Pietro, 127 - 35139 Padova).



Estratto dalla Rivista «Padova e la sua provincia» Stampato dalle Grafiche Erredicì Padova
Novembre 1982


NON SCENDO DALLA CROCE Di Fulton j Sheen,vescovo

Ero uscito di casa per saziarmi di sole.Trovai un uomo che

si dibatteva nel dolore della crocifissione.Mi fermai

e gli dissi:"Permetti che ti aiuti"?Lui rispose:

Lasciami dove sono.

Non scendo dalla croce fino a quando sopra vi

spasimano i miei fratelli.

fino a quando per staccarmi

non si uniranno tutti gli uomini.

Gli dissi"Che vuoi che io faccia?"

Mi rispose:

Và per il mondo e di a coloro

che incontrerai che c è un uomo

che aspetta inchiodato alla croce.