martedì 20 settembre 2011

PENSIERI QUOTIDIANI



La saggezza della vita, valorizza all'istante ogni momento.

Aiutare il prossimo é un privilegio che solo Dio ci dà.

L'insicurezza alimenta l'egoismo, il benessere l'aumenta, la via di mezzo lo modera.

Mostrare la saggezza al prossimo gratifica, non mostrarla gratifica interiormente.

L'impulsività agisce sui secondi, la riflessione sui minuti e... le ore l'equilibrio nel tempo.

La sensibilità e la cultura interiore superano la scienza umana.

La calma nell'agire é fondamentale, la fretta peggiora tutto.

L'insicurezza può spronare al successo, la sicurezza più volte delude.

La musica ti aiuta a superare momenti difficili e stimola la sensibilità d'animo.

Il dolore e le esperienze negative aiutano a maturare e a valorizzare più la vita.

Lo stress logora l'equilibrio psichico, la bellezza della natura lo restituisce.

Il pensiero della morte rattrista ma dà forza e coraggio contro le ingiustizie terrene.

La nostra esistenza è breve, importante sapere valorizzare ogni momento.

La felicità è fatta di piccoli momenti della vita, i grandi momenti sono rari o non esistono.

L'entusiasmo nella vita ti fa sentire sempre giovane.

Le bellezze della natura addolciscono l'animo umano.

Il pessimismo nella vita ti fa invecchiare, l'ottimismo ringiovanisce.

Non c'è musica sublime che supera i luoghi incantevoli della natura.

La cultura è importante nella vita, lo è di più se è dettata dal cuore.

La semplicità e l'umiltà sono il segreto della gioia interiore.

Il rimprovero detto con durezza si trasforma se detto amorevolmente.

E' dono di Dio trasmettere parole confortevoli al prossimo.

Se le cose vanno bene non inorgoglirti, ma ringrazia Iddio con tutto il cuore.

Quando si pensa di essere arrivati nella vita, è il momento importante di chiedere aiuto a Dio.

La cultura è importante, la vita pratica lo è di più.

Spesso la cultura manuale è sottovalutata, ma è l'essenza della vita.

Esistono piccoli e grandi problemi nella vita, i più insidiosi sono i piccoli.

L'errore è umano, ma valorizza le cose giuste.

Saper rinunciare nella vita è un segnale forte come l'amore.

Parlare con saggezza al prossimo ci gratifica... saper ascoltare ci gratifica maggiormente.

La fede in Dio ci "guida" con gioia e amore in ogni momento.

Le malattie debilitano l'uomo ma rafforzano la fede in Dio.

L'orgoglioso è convinto di aver sempre ragione, l'umile prima riflette.

La povertà può alimentare "l'egoismo", la ricchezza lo può aumentare. La via di mezzo lo modera...

Il sogno di tutti è quello di realizzarsi nella vita. Il più grande e quello interiore.

Con "l'amore" anche i difetti diventano pregi.

Il prepotente è convinto di avere tutto. Con la docilità si ottiene di più.

Saggio è colui che riconosce i propri difetti.

Non esser fiero della tua cultura. Non inorgoglirti. Chiedi consiglio alla persona semplice. Otterrai di più.

Squisitezza e gentilezza, supera ogni bellezza.

Soddisfa i tuoi desideri sinchè sei in vita. Non far illanguidire il tuo cuore.

Consapevoli del passato, padroni del presente, prigionieri del futuro.

Le malattie e la morte sono un freno salutare per l'arroganza umana.

Agire con calma è indice di forza; agire con violenza è indice di debolezza.

L'amore non si può simulare: è dettato dal cuore, che dice la verità.



GUARIRE PER MEZZO DELL'AMORE ONESTO




(Tarcisio Mezzetti)
 
Quando abbiamo un messaggio un po’ duro da riferire a qualcuno può essere veramente difficile parlargli onestamente eppure parlargli con amore.
E’ un problema che si evidenzia dovunque: in una comunità religiosa, in famiglia, tra amici, in una comunità, nel gruppo di preghiera. Ovunque vi sia una certa vicinanza ed occorra parlare con onestà ma allo stesso tempo con amore, scopriamo che ci vuole una certa dose di coraggio per mettere insieme le due cose.
Per questo spesso si tace, ci si arrabbia di più e poi occorre perdonare di più.
Spesso gli psicanalisti insegnano che dobbiamo sentirci liberi di dire tutto quello che ci passa per la testa a tutti quelli che ci circondano. Facendo così, però, si finirà per inimicarci tutti costoro e nessuno ci sopporterà più.
Questo modo di comportarci irriterà facilmente tutti quanti, non è corretto da parte nostra comportarci così, e la ragione per cui lo facciamo è che non li amiamo.
Quando ci capita di riuscire ad essere così onesti da dire ciò che pensiamo, ma nell’amore, si verificano due cose:
  1. noi e chi ci sta di fronte, ci vogliamo veramente bene
  2. ciò che ci ha aiutato ad essere così onesti con lui è che sicuramente questa persona ha aiutato noi in qualche nostra difficoltà
Possiamo avere confronti onesti con una persona qualsiasi, quando noi siamo morti a noi stessi; e la chiave per riuscire a morire a noi stessi è di imparare a riconoscere quanto in realtà noi siamo simili all’altra persona che dobbiamo perdonare.
Quindi più odierò il peccato ed amerò il peccatore in me stesso e negli altri, più sarò pronto a fare il confronto.
I cinque stadi del perdono ci aiutano a raggiungere il punto dove noi riconosciamo le nostre debolezze, e siamo quindi pronti a confrontarci con un’altra persona con amore onesto.
I cinque stadi del perdono ci aiutano a confrontarci con amore onesto, a coloro con cui è necessario farlo.
Nella parabola del figliol prodigo il padre attraversa i cinque stadi del perdono, prima di potersi confrontare con il figlio maggiore.
Osservate cosa Gesù ci ha insegnato con questa parabola.
All’inizio della storia il più giovane dei figli va dal padre e gli chiede la propria parte di eredità. Immaginate la ferita del padre: in tutta la tradizione del medio oriente non c’è mai stata una storia in cui un figlio chiede al padre l’eredità mentre il padre è ancora in vita.
Questa richiesta è una ferita profondissima per il padre perché nella cultura del medio oriente
il figlio lo tratta come se il padre fosse già morto, in pratica come se il figlio avesse ucciso il padre.
Questo tipo di richieste si possono fare tuttalpiù al padre su letto di morte, ma non si osa spendere il denaro finché il padre sia morto; la richiesta equivale ad uccidere il padre.
Tuttavia il padre non affronta la situazione, semplicemente consegna il denaro al figlio.
Questo è lo stadio della NEGAZIONE. Non c’è discussione, il padre vuole la pace a qualsiasi costo e agisce come se nulla fosse accaduto.
Davanti ad una ferita così grande il padre fa finta di non aver nemmeno sofferto.
La negazione è la più difficile delle fasi da affrontare perché si dice che non esiste ferita e quindi non ci può essere nemmeno la guarigione.
Non è possibile quindi nemmeno essere onesti con chi ci ferisce.
Ben differente sarà il comportamento del padre alla fine della parabola, quando dovrà affrontare il figlio maggiore.
Alla fine il padre è pronto al confronto, passato quindi dalla NEGAZIONE agli altri quattro stadi del perdono fino a raggiungere l’accettazione.
Nel secondo stadio che il padre attraversa, deve affrontare la RABBIA per la delusione che il figlio amato se ne sia andato.
Affrontare la rabbia per il padre avviene naturalmente in vari modi. Se qualcuno ci lascia noi siamo delusi e arrabbiati insieme.
Possiamo essere arrabbiati soltanto nella misura in cui amiamo: se non amiamo non siamo né delusi né arrabbiati, non ci importa niente.
Ma la rabbia del padre è diversa da quella del figlio maggiore: anche l’altro fratello è arrabbiato, ma la rabbia lo spinge a ripiegarsi su se stesso e a rifiutare di parlare con il fratello più giovane. La rabbia si è cambiata in ostilità. S. Paolo scriva agli Efesini: " arrabbiatevi ma nell’ira non peccate". La rabbia è una reazione normale. La nostra cultura che nega l’uomo ci dice che la rabbia è male. Ci vieta di piangere in pubblico mentre invece ci permette di ridere, anche se sono entrambi sentimenti.
S. Palo ci dice " piangete con chi piange.."
Dobbiamo riscoprire la libertà di essere cristiani cioè di essere uomini interi.
Gesù davanti alla tomba di Lazzaro non si è vergognato di piangere. Idem su Gerusalemme.
Dobbiamo capire che i sentimenti vanno guidati e indirizzati alla luce del vangelo e sotto l’amore di Dio perché questi sentimenti non sono nostri nemici, sono espressioni normali dell’uomo che Dio ha voluto esistessero.
Il padre invece lavora con la sua rabbia e la trasforma in una forza creativa che lo spinge a cambiare, usa l’energia della sua rabbia per sviluppare i doni, la capacità di comunicare di cui ha bisogno per rimediare alla situazione che si è creata.
La rabbia può essere una forza creativa che può aiutarci a cambiare.
per esempio, un ragazzo che si droga, per rabbia può smettere di farlo; come un peccatore, per una santa rabbia, decide di troncare una relazione peccaminosa.
Quando il padre si reca dal figlio maggiore è anche lui arrabbiato per la potenziale perdita di un membro della famiglia ma ha anche visto il bene che è nato quando ha potuto comunicare con il figliol prodigo. E’ così ora disposto ad iniziare l’intero processo di comunicazione con il figlio maggiore.
Quando il padre va da lui ha già superato lo stadio della contrattazione. Non cerca compromessi e dice al figlio: "tutto quello che possiedo è tuo…" aggiunge inoltre: "io starò con te e sarò fedele verso di te sia che tu cambi o che tu non cambi".
Noi possiamo confrontarci con qualcuno se siamo disposti ad amare incondizionatamente, se siamo disposti a dire: "se tu cambi o no, se tu chiedi scusa o no, se dici di essere dispiaciuto o no, io in ogni caso sarò fedele a te". Come fa Dio con noi.
Se noi non siamo fedeli, Lui rimane fedele perché non può rinnegare se stesso.
Se non potete dire così a qualcuno, allora dimenticate di confrontarvi con lui se il vostro confronto non sarà fatto con amore.
Il quarto stadio nel quale si muove il padre è quello della depressione, quando il figlio torna a casa il padre gli va incontro, gli si getta al collo.
In medio oriente questo è un gesto di riconciliazione ed avviene dopo che due persone hanno litigato in pubblico. E’ il gesto che bisogna fare, significa: "abbiamo sbagliato tutti e due, abbiamo tutti e due un problema di comunicazione".
Noi possiamo confrontarci con gli altri con amore onesto solo quando sappiamo che siamo come loro.
Solo quando il padre ha superato i quattro stadi del perdono per entrare nell’accettazione, è pronto a confrontarsi col figlio maggiore.
Il padre compie due cose importanti quando, in questo stadio, si confronta col figlio maggiore:
  1. cerca di capire il figlio maggiore in tutto il suo dolore
  2. gli dice che lo ama incondizionatamente, tutto ciò che è mio è tuo. Nel dire questo gli ricorda che appartiene alla famiglia e gli dimostra di voler fare tutto il possibile perché questo legame sia rafforzato sempre di più. Il figlio maggiore lo affronta senza alcun rispetto. Gli dice: " questo TUO figlio.. tu non mi hai dato.." non dice:" Padre, Abbà" non nomina nemmeno questa parola, è pieno di rabbia e di rancore. Ma il padre è così guarito che non dice: " tu invece hai fatto così…" ma gli dice: "figlio, tu sei sempre con me.." questa è la differenza dovuta alla guarigione del padre e dalla non guarigione del figlio. Quando ci confrontiamo con qualcuno non è la corposità dell’amore che risolve ma la quantità di onestà e la disponibilità a fare tutto il possibile per aiutarlo.
Il padre celebra il ritorno del figliol prodigo con un banchetto e lo fa anche se il figlio maggiore non è presente. Quante volte anche nei nostri gruppi accade che qualcuno non fa il cammino dicendo: " finché non viene anche mio marito non inizio…" Ma Gesù non fa così, chiama qualcuno e dice "seguimi" "lascia che i morti seppelliscano…" " non c’è nessuno che mette mano all’aratro e si volta indietro..".
E’ mancanza di fede in Dio perché se io mi fido di Lui inizio da solo e poi sarà Lui che farà sì che mio marito si avvicini dopo; la chiamata nostra è personale e Gesù sa tutto quello che c’è dietro la mia chiamata.
Il padre quindi si comporta in una maniera esemplare: è tornato il figlio e lui fa il banchetto e non si fa turbare dal figlio maggiore il quale torna a casa che il banchetto è già in atto.
Il padre lo sa che il maggiore si sarebbe arrabbiato per la festa, ma la fa lo stesso. Mica dice: " appena tuo fratello si sarà calmato, quando tutta la famiglia sarà tranquilla, magari fra una settimana faremo festa".
La parte più importante nel confrontarci con gli altri è che noi non siamo dipendenti dal loro cambiamento e che riusciamo a far festa e a ricevere vita di cui abbiamo bisogno sia che loro cambino sia che loro non cambino.
La nostra capacità di fare festa è un atto di fede in Dio sapendo che Lui è il Salvatore, è Lui che cambia i cuori non noi. Tutto ciò che possiamo fare noi per gli altri è di dare loro il nostro amore con onestà e senza condizioni. Può darsi che loro non cambino mai eppure noi siamo chiamati a dare loro il nostro amore senza condizioni, tutto il resto è nelle mani di Dio.
Questo comportamento porta la festa e la gioia nel nostro cuore, quando ci rendiamo conto che Dio è il Salvatore e non noi. Allora noi possiamo amare ed agire con tranquillità ed essere guariti.
Come dobbiamo amare gli altri con amore onesto e senza condizioni così nello stesso modo dobbiamo amare le parti di noi stessi con lo stesso amore onesto.
Spesso noi trattiamo una parte di noi come il fratello maggiore trattava il prodigo, noi diciamo a noi stressi : " vattene rabbia" reprimiamo la rabbia, "vattene via senso perché mi fai sentire sporco e mi hai distrutto la vita". E’ stato creato anche lui da Dio, siamo noi che lo usiamo male.
Noi non accettiamo qualcosa di noi stessi, proprio come il fratello maggiore non accettava il fratello minore; di certe parti della nostra vita noi non ne vogliamo neanche parlare. "Vattene, torna alle tue prostitute e ai tuoi maiali.." così diceva il fratello maggiore al minore .
Noi tendiamo a sostituire quelle parti in noi che sono scomode. Il Signore vuole che accogliamo tutto quello che sentiamo e anche l’energia che sta dietro quel sentire.
Prima di convertirsi S.Paolo era arrabbiato ed usava la sua energia per perseguitare i cristiani.
Dopo la sua conversione Gesù non gli ha tolto la rabbia ma piuttosto lo ha aiutato ad usare l’energia che stava dietro la rabbia per diffondere il vangelo nel mondo.
S.Paolo fremeva per vedere le città piene di idoli e diventava zelante nell’annunciare il vangelo.
In Romani dice: " abbiate zelo..", in Efesini 6 dice " i calzari dello zelo per annunciare la parola del Signore". Qui lo zelo è una rabbia indirizzata a fin di bene, ma è sempre una rabbia.
Il problema non è: non avere la rabbia, ma come usare l’energia che sta dietro la rabbia.
Quando noi condividiamo i nostri sentimenti con Gesù, Lui non ce li toglie ma userà la loro energia per aiutarci ad amare di più Lui e gli altri.
C’è un modo di coesistere con ognuno dei nostri sentimenti e lasciare che il Signore parli attraverso questi. Scopriamo così che qualsiasi sia il mio sentire io posso diventare amico di ciò che sento, condividendolo con il Signore e chiedendogli di regalarmi ciò di cui ha bisogno il mio sentire per dare e ricevere il suo amore incondizionato.
Un bambino che impara a camminare è un’immagine di come, in noi e negli altri, avviene più facilmente un cambiamento attraverso l’amore senza condizioni.
Una madre che ama non prende il suo bambino a calci nel sedere finché questi non comincia a drizzarsi in piedi e camminare ma prima AMA il bambino, indipendentemente da quello che il bambino fa.
Quando poi il bambino sarà cresciuto tanto da tentare di camminare, la prima cosa che fa la mamma è di guardarlo fisso negli occhi mentre lui tenta il primo passo.
E’ la quantità di amore che il bambino sente, che gli dà la sicurezza e il coraggio di fare quella per lui stranissima esperienza di camminare su due piedi.
L’amore onesto deve essere grande come quello di questa madre cosicché chiunque possa fare il primo passo guardando dentro i nostri occhi che lo amano.
Preghiera finale:
"Signore, aiutaci ad amare la persona che noi vogliamo cambiare. Amen"


innamorati della lode

lunedì 19 settembre 2011

NOVENA AGLI ARCANGELI MICHELE, GABRIELE E RAFFAELE



(dal 20 al 28 Settembre)

 
+ Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

- O Dio, vieni a salvarmi. 
- Signore vieni presto in mio aiuto.

- Gloria al Padre...
- Credo in un solo Dio.....
- Invocazione allo Spirito Santo

+++
   
San Michele, assistimi nell'ora della morte, incatena lo spirito maligno, affinchè non possa attaccarmi nè nuocere alla mia anima. 
Padre nostro... Ave Maria... Gloria al Padre... 
 
San Gabriele, ottienimi una fede viva, una speranza ferma, un amore fervente e una grande devozione verso i santissimi sacramenti.   
Padre nostro... Ave Maria... Gloria al Padre... 
 
San Raffaele, guidami sempre sul cammino della virtù e della perfezione. 
Padre nostro... Ave Maria... Gloria al Padre...
   
+++

  
Preghiamo.
Signore Dio, provvidenza infinita, proteggici per mezzo degli Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele e di tutte le virtù celesti e fà che, venerando la loro gloria a lode del tuo Santo Nome, impariamo a servirti fedelmente per partecipare, un giorno, alla gioia dei beati.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
 innamorati della lode

mercoledì 14 settembre 2011

PREGHIERE PER LA DIFFUSIONE DELLA "FIAMMA D'AMORE" DEL CUORE IMMACOLATO DI MARIA


Beata Vergine Maria, nostra cara Madre celeste!
Tu, che ami tanto Dio e noi tuoi figli,
hai offerto il Tuo Divino Unigenito Gesù sulla Croce
per la riconciliazione con il nostro Padre Celeste
e per la nostra reden­zione
affinché chiunque crede in Lui non perisca,
ma abbia vita eterna.
Ti preghiamo
con filiale fiducia che per la "Fiamma d'Amore"
del Tuo Cuore Immacolato,
ravvivata dallo Spirito Santo,
Tu accenda i nostri miseri cuori
con il fuoco della perfetta carità di Dio
verso gli uomini affinché,
insieme con Te, con anima e cuore,
amiamo incessan­temente Dio e il prossimo.
Aiutaci a trasmettere questa Sacra Fiamma a tutti i nostri fratelli,
uomini di buona volontà,
in modo che il fuoco dell'Amore spenga il fuoco dell'odio
su tutta la terra e Gesù, sovrano della pace,
sul trono dei nostri altari, nel Sacramento del Suo Amore,
sia il Re beatificante e cen­tro di tutti i cuori.
Così sia.

Nihil Obstat – Imprimatur: Washington, 31 maggio 1984. – Dr. Irangvi Laszlo, Vescovo titolare incaricato per la cura delle anime di tutti gli Ungheresi che vivono fuori della patria.

PREGHIERA
Benedetta Vergine Maria, nostra divina madre speranzosa, ami cosi tanto Dio e noi, tuoi figli, che ci offri il tuo divino figlio Gesù sulla croce, di perdonarci attraverso il Padre Divino per ottenere la nostra salvezza, cosi tutti quelli che credono in lui non periranno ma otterranno la vita eterna.
Con filiale confidenza, noi ti preghiamo, Vergine Maria, che con la fiamma del tuo cuore immacolato, gentilmente attraverso lo spirito santo, tu infiammi i nostri languidi cuori con il fuoco dell’amore perfetto per Dio e tutti gli uomini, cosi che insieme con te, con un cuore solo, amiamo Dio e i nostri vicini.
Aiutaci a trasmettere questa santa Fiamma a tutte le persone di buona volontà, cosi che la Fiamma d’Amore estingua il fuoco dell’odio dappertutto sulla terra e che Gesù, il principe della pace, sia il re e il centro di tutti i cuori nel sacramento del suo amore sul trono dei nostri altari.
Con l’approvazione personale di sua santita’ Papa Paolo VI  (Novembre 1973

GUARIRE VIVENDO GLI EVENTI DELLA VITA DI GESU’




(Tarcisio Mezzetti)
Avete mai fatto esperienza di pregare su qualcuno che si trova in mezzo ad una lotta, e la lotta interiore non se ne va o addirittura apparentemente diventa peggio?
Quando si prega su qualcuno che sta lottando interiormente, spesso il Signore non toglie la lotta immediatamente. Spesso la lotta interiore è così grande che è difficile per qualcuno scorgere che Gesù è lì insieme a lui; ma in genere si fa esperienza della sensazione che Gesù è lì a condurci attraverso la lotta; ma qualche volta non è così. Quando la lotta in qualcuno sembra essere troppo grande o quando sembra che Gesù non sia lì subito, allora la Bibbia può aiutarci.
Si scelga un brano che descriva Gesù nel mezzo di una simile battaglia, che quindi ci permetta di vedere come Lui si è mosso nel mezzo della sua lotta interiore. Una volta che si riesce a mettere a fuoco Gesù anziché sentire soltanto il proprio dolore, e una volta che si sa come Gesù si è comportato in mezzo alla sua lotta, allora possiamo anche noi muoverci con successo nel mezzo della nostra battaglia.
Padre Matt Linn racconta: due anni fa ho avuto un’esperienza di questo, durante il mio mese di ritiro spirituale, quando mi sentii incapace di pregare. Feci ogni tentativo per cambiare ma, nonostante tutto, la mia preghiera era sterile. Ognuno degli altri partecipanti sembrava che avesse tanto beneficio dalla preghiera e questo aveva su di me l’unico effetto di farmi sentire sempre peggio. All’inizio continuai a chiedere al Signore di venire in me e di far divenire viva la mia preghiera. Tutto ciò che riuscivo a dire era: "Gesù portami fuori da questa situazione". Ma Gesù aspettava invece che io dicessi: "aiutami a superare tutto questo insieme con Te, come Tu hai superato la stessa situazione. Ciò che alla fine mi aiutò, infatti fu di vedere come Gesù aveva superato la stessa situazione. Nell’agonia del Getsemani, quando era solo, Gesù aveva difficoltà a pregare, e la sua battaglia non gli fu tolta, ma dovette subirla passo dopo passo. Gesù non sentiva il Padre, aveva bisogno della compagnia dei suoi amici, e continuava ad andare avanti e indietro; per tre volte andò a svegliare gli apostoli, mentre quelli invece continuavano a dormire. Gesù era così da solo, da arrivare al punto di sudare sangue, e così gridò: "Padre, se è possibile, allontana da Me questo calice". Questo era stato il mio grido durante tutta la prima parte del ritiro.
Poi finalmente venne la seconda parte della preghiera di Gesù: "tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà". Così cominciai a pregare il Padre insieme con Gesù: "io non riesco a pregare, ma lasciami essere in questa situazione, insieme con Te. Fammi sapere che Tu mi ami nello stesso modo in cui Tu amavi Gesù, quando si trovava nella stessa battaglia, anche se non ho amici che stanno con me, anche se mi sento solo e incapace di pregare, fammi sentire che io sono con Te, e che andiamo insieme attraverso questa situazione. A questo punto mi sono sentito di nuovo in pace. Divenni cosciente che non dovevo guadagnarmi l’amore di Dio, per mezzo della preghiera perfetta. Potevo quindi essere nel mezzo di una lotta per riuscire a pregare, e malgrado ciò sapevo, a un livello completamente diverso, che la parte di me che non mi piaceva, che stava lottando e che non riusciva a pregare, era anche essa amata da Dio.
Continua Padre Matt Linn: questo è il tipo di guarigione che posso ottenere quando entro nel luogo stesso dove Gesù sta lottando, e lascio che il suo modo di lottare mi conduca dove anche io possa superare la mia battaglia. Spesso quando entriamo con Gesù in una battaglia quale l’aridità nella preghiera, la lotta non scompare immediatamente, ma si ha il senso che Gesù è lì e ci conduce con Lui attraverso la situazione.
In altre occasioni invece, la lotta scompare. Una donna che era venuta ad uno dei nostri seminari aveva sofferto per anni le conseguenze di una grave disgrazia: suo figlio si era suicidato impiccandosi, ed ella si accusava di quella morte, per non aver amato quel figlio come aveva amato gli altri figli. Lei non era stata amata come il fratello primogenito, anzi era stata odiata da sua madre che non la aveva voluta, così anche lei aveva passato questo odio nel suo secondogenito, e lui si era suicidato.
Durante il Seminario di guarigione guidammo una preghiera di cinque minuti, fatta a gruppetti, e tutta la vita di questa donna era cambiata radicalmente. Più tardi ella scriveva, parlando di quella esperienza: ho visto Gesù tutto coperto di sudore, il suo corpo stava diventando tutto grigio perché gli mancava l’ossigeno. Qualcosa però mi sconcertava: accanto a Gesù pendeva il corpo di mio figlio, non da una croce, ma appeso ad una corda. A questo punto Gesù mi guardò con lo sguardo pieno di angoscia, di compassione e di amore, e poi mi disse: oggi tuo figlio sarà con me in Paradiso, e io veramente credo, Gesù, che quel giorno hai fatto salire mio figlio in Paradiso. Questo è successo quattro anni fa. Ogni tanto riceviamo una telefonata dal marito di questa donna, che è uno psichiatra, e che ci ringrazia e ci racconta del cambiamento totale che è avvenuto nel cuore della moglie e di come lei ora può correlarsi bene con i suoi figli e con tutti.
Lei fu guarita quando poté entrare in una scena della scrittura, unendosi a Gesù ai piedi della croce e lasciando che Gesù facesse con lei quello che aveva fatto con il buon ladrone. Come Gesù donò il Paradiso al buon ladrone, così lo donò a suo figlio.
La tradizione di questa preghiera con la Scrittura si rifà a Gesù stesso che cammina con i suoi Discepoli lungo la strada di Emmaus. I Discepoli parlano a Gesù della loro lotta, come essi sono rimasti confusi dagli avvenimenti degli ultimi giorni. Poi entrano nella Scrittura che Gesù apre per loro. Forse Gesù spiegò loro il Salmo 21, dove così tanto della Passione viene raccontato.
Gesù dice in pratica a loro: datemi il vostro cuore, e fateci entrare ciò che dicono queste Scritture. Quando essi lo fecero, i loro cuori furono cambiati. Così i Discepoli furono in grado di tornare alla comunità con un nuovo vigore e una nuova speranza. La preghiera della scrittura ha effetto quando noi sentiamo che Gesù ha subìto e sofferto una lotta come la nostra, e lasciamo a Lui di spiegarcene il senso, come fece con i Discepoli di Emmaus, quando essi diedero a lui le loro reazioni e presero su di se’ le sue reazioni.
La preghiera della scrittura ci guarisce perché noi condividiamo la nostra lotta con qualcuno che ci ama, con qualcuno che può camminare con noi in mezzo alla nostra battaglia.
La preghiera con la scrittura può quindi essere l’esperienza di ogni giorno, se io mi chiedo: quale momento della sua vita Gesù vive in me in questo momento?
Racconta sempre Padre Matt Linn: un giorno, l’estate scorsa, mi trovavo in una grande tenda da circo, in una gioiosa riunione con altri seicento fratelli gesuiti che non vedevo da alcuni anni. Sentivo il Signore che diceva: questa è la mia gente prediletta in cui mi sono compiaciuto. Mi sentivo come se fossi alla Trasfigurazione e potessi dire con Pietro: piantiamo qui un po’ di tende e rimaniamo qui per sempre. Poco dopo la riunione andai a casa e mi misi a lavorare sul davanti dove avevo piantato un nuovo prato verde; una macchina passò lungo la strada e qualcuno buttò delle bottiglie vuote di birra sul mio prato. In quel momento non mi sentivo più davanti alla Trasfigurazione, ma ero così inferocito che avrei voluto raccogliere le bottiglie e tirarle addosso agli occupanti della macchina. Arrabbiato e disgustato smisi di lavorare e rientrai in casa, vivendo un evento della vita di Gesù, e gli chiesi: quando è successo che Ti sei sentito come mi sento io in questo momento? Pensai subito a Gesù sulla via della croce, quando cadde per la terza volta; vedevo Gesù che si sentiva violato e non rispettato, mentre la gente gli tirava sassi e bastonate. Poi udii il Signore che diceva: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno. Gesù mi chiedeva di crescere e di essere capace di perdonare ogni volta che mi sentivo violato e non rispettato. Così rientrai in me stesso e fui capace di uscire di nuovo, raccogliere le bottiglie sul prato e dire: Padre, perdonali perché non sapevano quello che facevano. Avevo condiviso la mia battaglia con Gesù che mi aveva condotto dove non ero capace di andare da solo.
Ognuno può quindi domandarsi quale evento Gesù sta vivendo in lui, anche adesso, mentre sta facendo questo seminario. Ognuno può sentire il Padre che gli dice: questo è il mio figlio prediletto nel quale mi sono compiaciuto; oppure può darsi che qualcuno dica a se stesso: io l’ho tentato altre volte e sembra che non succeda niente. Se è così, costui può sentirsi come Gesù nel Getsemani, quando si alzò e andò avanti e indietro per tre volte, mentre era incapace di pregare e sentiva nel suo cuore così tanta desolazione.
In ogni situazione noi possiamo sempre chiedere a Gesù: quale evento tu stai vivendo dentro di me in questo momento? Come dice San Paolo: non sono più io che vivo ma Cristo vive in me.
Padre Dennis Linn racconta: ho vissuto l’esperienza della preghiera con la Scrittura, su qualcun altro, quando pregai insieme con uno psichiatra, su una delle sue pazienti che si chiamava Joan. Io non sapevo quasi niente di quella paziente, sapevo soltanto che era agghiacciata dalla paura, che tremava tutta e che non poteva nemmeno dire che cosa temesse, così grande era in lei la paura. Pregammo così, che Gesù ci rivelasse quale era quella paura in modo che si potesse in qualche modo operare su di essa. Ma tutti i tentativi sembravano inutili; e così pregammo: Gesù, conduci qui tua Madre e aiuta Lei a toccare questa paura e a rivelarci qual’ è. A questo punto Joan cominciò a comportarsi come se fosse colpita in tutto il corpo e noi ci fermammo perplessi, non sapendo cosa stava accadendo. Ci sembrava però che Gesù volesse circondare tutto il corpo di quella creatura e proteggerla; e cominciammo allora a chiederle: riesci a vedere Gesù? Come Gesù sta intorno a te? Come le sue braccia ti circondano e ti stringono? Anche se tu non lo puoi vedere, Egli sente tutti i tuoi dolori: Ora Gesù è intorno a te e ti protegge da tutti i colpi con le sue braccia strette intorno a te. A questo punto Joan cominciò a gridare: no, io non voglio, non colpire Gesù! Ella aveva avuto l’impressione che i colpi che venivano dati a lei adesso colpivano Gesù. Potemmo così dire a lei: guarda Gesù, ma guarda la sua flagellazione, guardalo legato alla colonna, proprio come ha le braccia intorno a te adesso, le aveva intorno alla colonna, guarda come subisce quei colpi, Lui ha scelto di essere così, Egli vuole subire quei colpi e perdonare, così ora le sue braccia possono essere intorno a noi e non solo intorno alla colonna. Joan entrò nella scena e poté vedere Gesù che prendeva i colpi e che perdonava e amava proprio coloro che lo stavano flagellando.
Poi poté vedere Gesù che la abbracciava di nuovo, e ora sentiva di ricevere il suo amore e il suo perdono e cominciò a espellere da lei la paura. Gesù non era più solo intorno a lei ma adesso era dentro di lei. Il perdono di Gesù era ora nel suo cuore e cominciò a perdonare tutta la gente che la aveva ferita nella vita. Adesso Joan non reagiva più ai colpi, ma aveva amore, era in pace e sorrideva. Tutto questo pensando a Gesù mentre veniva flagellato. Alla fine chiedemmo che cosa le fosse successo. Joan aveva avuto una orrenda storia: era stata ripetutamente picchiata e sua madre aveva cercato di ucciderla tre volte quando era bambina. Quando la avevamo posta sul grembo di Maria, Joan era entrata in contatto con quel dolore che veniva dalla propria madre, e ciò che aveva bisogno era che Gesù prendesse quei colpi su di sé.
Quando Joan cominciò a perdonare e ad amare con l’amore di Gesù, poté perfino tornare a sedersi sulle ginocchia della madre, in un modo totalmente diverso; fu capace di entrare in contatto con quel dolore, portarlo al Signore, ed essere nello stesso tempo in contatto con il suo amore nel modo in cui Egli perdona ciascuno di noi.
Joan aveva vissuto dentro e fuori dall’Ospedale per anni: quella preghiera l’aveva guarita.
La preghiera della Scrittura avviene quando si chiede a Gesù come Lui si sente, come pensa dentro di noi e quando si condivide con Lui come noi sentiamo e pensiamo. Allora si comincia a vivere una vita di comunicazione insieme con Lui.
Il primo passo nella preghiera della Scrittura, che ci aiuta a camminare nella vita insieme con Gesù, è quello di trovare un evento della vita di Gesù in cui egli attraversava una esperienza simile alla nostra.
Il passo successivo è di leggere i passi che descrivono quell’evento e di leggerlo tre volte; la prima volta per capirlo con la mente, la seconda per entrare in ciò che Gesù ha sperimentato e per amarLo in quella situazione, la terza volta per lasciare che Gesù ci ami e ci mostri come Lui attraverserebbe qualsiasi situazione pur di venire ad incontrarci. Quando il passo è stato letto tre volte, bisogna entrare in qualsiasi parte della scena in qualsiasi modo si voglia; la cosa importante non è quella di avere un’immagine perfetta e a colori della scena stessa, ma di arrendersi a Gesù e di essere con Lui in modo da poter assumere il suo cuore.
La scena così vissuta produrrà tanta guarigione in noi in quanto possiamo essere con Gesù, amandolo ed essendo amati da Lui.
Una scena in cui tutti noi possiamo certamente entrare è quella della nascita di Gesù.
Una Dottoressa psichiatra che lavora con bambini schizofrenici ci ha detto, racconta Padre Matt Linn, che lei prega con questi bambini per condividere con loro la nascita di Gesù e per essere tenuti da Maria e Giuseppe in quella stalla. E mentre i bambini cominciano a sperimentare l’amore perfetto di una Madre e di un Padre che è a loro mancato nei primissimi anni della loro vita, i bambini smettono di avere allucinazioni e la loro condizione psichica migliora.
Questa psichiatra scoprì la preghiera della Scrittura quando alcuni fratelli pregarono su di lei perché lei non sopportava che altri la abbracciassero. Durante la preghiera lei sentì come fosse una bambina di sei mesi tenuta fra le braccia di Maria e circondata dall’amore perfetto di una madre. Durante i mesi che seguirono essa tornò a fare questa preghiera ripetutamente e ogni volta sentì di guarire in qualche parte senza sapere dove. Tutto quello che sapeva era che, in preghiera, essa desiderava rimanere a riposarsi nelle braccia di Maria e ricevere l’amore perfetto di una madre. Mentre lo faceva si accorse che, per la prima volta nella sua vita, poteva permettere ad altre persone di abbracciarla. Così un giorno andò da sua madre e le chiese: io non so perché prego così, che tu sappia è successo qualcosa quando avevo sei mesi? La madre rispose: quando tu avevi sei mesi hai avuto uno sfogo cutaneo e ti sei riempita di vesciche. Per alcune settimane non ti ho potuto tenere in braccio, nessuno poteva toccarti, perché ogni contatto era troppo doloroso per te. Gesù aveva condiviso la sua nascita con questa donna così che anni dopo, da adulta, potesse ricevere da Maria ciò che aveva perduto quando aveva sei mesi, cioè la madre non la teneva più in braccio.
Sia che entriamo nella vita di Gesù alla sua nascita o alla sua morte, Lui vuole condividere con noi quella parte della sua vita e donarci tutto quello di cui abbuiamo bisogno.
Immaginatevi adesso di essere nella stalla di Betlemme dove nacque Gesù. Osservate Maria e Giuseppe che prendono a turno in braccio Gesù e lo amano teneramente.
Adesso immaginate che i vostri genitori sono lì accanto a Giuseppe e Maria e vi tengono tra le braccia come quando eravate bambini e poi lasciatevi prendere in braccio da Maria perché Essa vi colmi di tutto l’amore che vostra madre non ha saputo darvi, fin dal momento che siete venuti alla vita nel suo grembo, fin da quando eravate nell’utero di vostra madre, fino al momento della vostra nascita. Lasciate che l’amore perfetto di Maria riempia la vostra vita e godetevelo, siete dei bambini fortunati. Adesso lasciate che le braccia robuste di Giuseppe vi cullino e vi colmino dell’amore e della sicurezza che vostro padre non ha voluto o non ha saputo darvi. Rimanete lì e lasciatevi guarire dall’amore perfetto.
Fate ora un lungo canto in lingue. Questo è il momento della grazia. Lasciatevi amare come vi ama Gesù e apritevi. Lasciate alla grazia di Dio di agire nei vostri cuori. Condividete con un fratello: voi parlate e lui ascolta in silenzio, poi pregherà su di voi. Non dirà niente. per lasciare parlare Gesù, senza nostri consigli umani.
innamorati della lode

domenica 11 settembre 2011

PERDONARE E RICORDARE



(Tarcisio Mezzetti)
Dentro ognuno di noi c’è sempre (= tutti quanti) un problema: c’è l’insieme della RABBIA, della PAURA e della COLPA. Questi 3 sentimenti controllano TUTTO il nostro sistema psicologico ed emotivo.
O noi ci occuperemo di questo problema o questo problema, a lungo andare si occuperà di noi.
E’ stato fatto uno studio sugli effetti della RABBIA sulla SALUTE FISICA:
Ogni cosa che ci turba noi la teniamo dentro ed alla fine viene fuori la malattia.
La prima reazione di fronte a minaccia o pericolo è la PAURA.
Una volta che so di cosa ho paura il mio sentimento diventerà o RABBIA o COLPA.
Diventerà RABBIA se ciò che temo starà FUORI di ME
Diventerà invece COLPA se dentro me domina la PAURA (es. ho paura di essere troppo debole per difendermi)
Oppure ho paura perché so di essere colpevole di avere fatto qualcosa.
Anche noi facciamo a volte lo stesso quando torniamo cento volte a confessare lo stesso peccato senza renderci conto che Dio l’ha perdonato una volta per tutte.
Dio ci ha fatto dono del suo AMORE e chi siamo noi per NON ACCETTARE questo PERDONO?
La prima reazione in una situazione di minaccia o pericolo spesso è la PAURA.
Una volta che ho messo a fuoco la paura comincerò a sentire o RABBIA o COLPA.
Che posso fare per mettere sotto controllo la rabbia o la colpa?
La RABBIA e la COLPA sono cose buone in sé finché mi aiutano ad ODIARE il MALE
in modo che io possa cambiare ciò che può essere cambiato.
Ma RABBIA e/o COLPA possono farmi diventare MOLTO MALATO se mi spingono ad ODIARE colui che mi fa del MALE anziché a PERDONARLO.
Se mi sento ARRABBIATO devo PERDONARE QUALCUNO.
Se mi sento COLPEVOLE devo PERDONARE ME STESSO.
e’ SOLO QUESTA LA STRADA
Il perdono è la chiave per ottenere sia la salute fisica che la salute emotiva.
Questo è espresso molto bene nella preghiera che ci ha insegnato Gesù.
Quando perdoniamo e quindi controlliamo la rabbia e la colpa, noi prendiamo molto seriamente le parole " rimetti a noi….nostri debitori "
Chiediamo al Padre :" perdonami nella misura in cui io perdono"
Questo perdono è anche la chiave della salute spirituale perché senza il perdono non riusciremo ad APRIRCI pienamente all’amore di Gesù.
Come conseguenza avremo difficoltà con la preghiera.
Attraverso la rabbia ci allontaniamo dal prossimo quindi ci allontaniamo da Gesù stesso.
Se per caso non riusciamo ad intuire lo stato di rabbia e quindi di non perdono, potremo intuire il loro sintomo principale: DIFFICOLTÀ nella PREGHIERA
Non si tratta di DESERTO, 999 volte su 1000 la ragione è perché non abbiamo perdonato, non possiamo pregare, ci siamo allontanati da Dio.
Abbiamo molti meccanismi dentro di noi per non perdonare, uno di questi è far finta che non sia successo niente.
"…io l’ho perdonato ma per me è morto…lui a casa sua ed io a casa mia…"
Marco dice: " quando vi mettete in preghiera se avete qualcosa contro qualcuno…"
Molte delle risposte alle nostre preghiere non hanno seguito perché sono bloccate dal nostro risentimento.
Spesso interpretiamo questo silenzio come una prova a cui ci sottopone Dio per farci più santi.
Per riprendere a riuscire a pregare dobbiamo perdonare in sequenza:
  1. Dio
  2. Gli altri
  3. noi stessi
Il perdono è una forza ATTIVA che può cambiare positivamente non solo noi se lo accettiamo, ma anche coloro che noi perdoniamo.
Perdonando qualcuno io muovo il cuore di quella persona anche se lui non lo sa.
E’ questa la STRAORDINARIETÀ del PERDONO.
Quando noi non perdoniamo gli altri è come se li legassimo.
Quando perdoniamo rilasciamo una POTENZA d’AMORE interamente NUOVA.
A volte è perfino difficile scoprire che dobbiamo perdonare qualcuno.
Come si può fare a scoprirlo: se mi chiedo " ora con chi sono arrabbiato?" non ottengo risposta.
Devo perciò pormi un’altra domanda: "Di che cosa non sono grato a Dio?"
Se abbiamo difficoltà a scoprire chi dobbiamo perdonare, porgiamoci le seguenti domande:
Per chi non provo gratitudine?
Chi vorrei che almeno in parte cambiasse?
Con chi meno desidererei pregare insieme?
Rispondendo a una o più di queste domande ci farà comparire davanti la persone che Gesù vuole che noi perdoniamo.
Cosa si può fare quando si scopre di dover perdonare qualcuno?
Luca 6,27-28 dice che vi sono 3 gradini da fare per perdonare:
  1. Amate (non sentimento dolciastro, ma SERVIZIO)
  2. Fate del bene a coloro che vi odiano
  3. Benedite coloro che vi maledicono e pregate per coloro che vi maltrattano
1° Gradino :
Entrare nel cuore di Gesù scaricando a Lui la nostra rabbia, poi condividendo con Lui il suo Amore e vedendo quanto Lui ama quella persona che noi fatichiamo a perdonare
"ma a voi che ascoltate ( non a tutti) io vi dico amate i vostri nemici…"
Spesso chiediamo al nostro " nemico" di cambiare LUI, perché NOI non vogliamo cambiare.
Essere grati a Dio non per il male ricevuto ma per la crescita che attraverso quel male, Dio ha prodotto in noi che abbiamo perdonato.
Più riusciamo ad essere grati a Dio per una ferita che abbiamo subita più siamo guariti.
2° Gradino:
Entrare in contatto con la persona che Gesù vuole che noi perdoniamo.
Diciamo a Gesù come quella persona ci ha ferito e quali sono i nostri sentimenti, diciamogli tutto, la nostra rabbia, perché vogliamo perdonarla insieme con Lui.
Chiediamo a Dio che AZIONE vuole che facciamo per quella persona ( parlargli, telefonargli, visitarla…) Poi proponiamoci di FARLO.
3° Gradino :
Cosa Gesù chiede al Padre per quella persona? Preghiamo anche noi la stessa preghiera che fa Gesù.
Talvolta facciamo esperienza di ferite che non riusciamo a perdonare subito. Se siamo stati feriti in profondità possiamo decidere di agire subito con AMORE, ma abbiamo bisogno di pregare a lungo cercando di prendere con noi il Cuore di Gesù ed il Perdono di Gesù.
Differenza tra questo insegnamento ed una seduta dallo psichiatra è enorme:
con lo psichiatra si chiede di far venire a galla quello che viene, qui invece diciamo al Signore che sia Lui a farci ricordare ciò che è meglio per noi.
Noi non sappiamo cosa il Signore vuole farci ricordare, a volte è una cosa apparentemente insignificante che viene a galla quando noi chiediamo " Signore, chi vuoi che io perdoni?"
Affiorano allora dei ricordi che a noi sembrano sciocchi ma che sono le chiavi vere per aprire quelle parti di noi che non sono ancora state toccate dalla grazia e quindi dalla guarigione.






LE CINQUE FASI DEL PERDONO
(Tarcisio Mezzetti)

Talvolta quando siamo feriti psicologicamente, in profondità, è necessario che abbia luogo un lungo processo di guarigione. Lungo: se si vorrà troppo presto togliere la crosta dalla ferita, occorrerà ricominciare da capo.
Gli psicologi sono arrivati alla conclusione che per guarire qualsiasi ferita psicologica c’è bisogno di un naturale periodo di tempo.
Per qualsiasi tipo di grossa ferita (anche la morte di un congiunto), occorre passare le cinque fasi del morire.
Se la ferita che abbiamo ricevuta è molto profonda allora dobbiamo attraversare tutte e cinque queste fasi se vogliamo perdonare e raggiungere la accettazione di tutto quello che ci è accaduto.
Lo studio della Dottoressa americana Elisabett Kubler Ross su persone che stavano morendo di cancro ha portato ad identificare 5 diverse fasi.
Nella guarigione dalle ferite della vita, anche di fronte alla morte, sperimentiamo che il Signore ci porta attraverso le 5 fasi del perdono.
Essi sono:
  1. NEGAZIONE – Quando noi pretendiamo che non sia successo niente. "Io ho perdonato tutto, non ho più niente da perdonare. Non ne voglio parlare più.. perché io sto bene così.. perché devo andare ad affrontare questi problemi? Se sto bene perché devo andare a scavare…?"
  2. RABBIA - Quando incolpiamo colui che ha originato la ferita. "Io perdonerei ma la colpa era sua, come faccio a perdonare se sono stato trattato così…"
  3. COMPROMESSO O CONTRATTAZIONE – Quando diciamo: "Io perdonerò se…Io, Signore, perdonerò se lei cambia, se mi viene incontro".
  4. DEPRESSIONE - Quando noi accusiamo noi stessi. "Signore non riesco a perdonare perché sono cattivo".
  5. ACCETTAZIONE – Quando diventiamo grati non per il male che abbiamo ricevuto ma per come questo ci ha portato il dono della grazia di Dio. Si accetta di perdonare perché così il Signore ci ha detto di fare. Siamo ora in grado di raggiungere la persona che ci ha ferito.
Alla fine siamo guariti: più profonda è la ferita più ci vorrà tempo per perdonare ma anche la guarigione sarà più profonda.
La guarigione avviene nella misura in cui noi doniamo noi stessi a Gesù e riceviamo Gesù.
Ogni battaglia che noi incontriamo è una porta aperta sulla nostra guarigione.
Ogni momento forte di sofferenza che noi abbiamo nella vita è un momento grande che, se noi ci entriamo dentro, ci porta alla vita, alla guarigione.
1^ fase della NEGAZIONE:
Si può capire facilmente quando si è nella prima fase della negazione perché quando siamo nella negazione ascoltiamo solo a metà e dentro di noi non vogliamo sentire niente, copriamo i nostri sentimenti feriti e cerchiamo di non stare mai da soli per pregare.
In ognuna delle cinque fasi ci sono tre cose che possiamo fare:
1 decidere di perdonare
agire con amore
pregare per colui che ci ha ferito
Quando siamo nella negazione, decidere di perdonare ha inizio con il riconoscere che dobbiamo perdonare.
La cosa migliore da fare è di sedersi con il Signore e dire: " Di che cosa, Signore, ti sono grato? di che cosa non ti sono grato in questa giornata?"
Non chiedetevi subito: "Chi non ho perdonato?" perché subito direte: "nessuno, ho perdonato tutti"
"Signore fammi vedere ciò che Tu vedi in me, fammi vedere dove Tu oh Dio mi hai amato, oppure dove tu oh Signore hai amato qualcun altro per mezzo mio".
Diamo grazie a Dio per ogni maturazione che ha prodotto in noi.
2^ fase della RABBIA:
Quando si entra nella rabbia, si entra anche nella fretta, passo col giallo, mangio in fretta, perché la rabbia mi si è accumulata nei muscoli e il rilasciare la tensione fisica mi aiuta a rilasciare la tensione emotiva. Entro in competitività con chi mi sta vicino perché sono pieno di una rabbia che galleggia intorno a me e che deve trovare qualche bersaglio su cui sfogarsi, sia che ne parli con un amico sia che preghi con Gesù. Questo però mi aiuta a farne uscire un po’.
La nostra preghiera deve essere :"Signore spazza via la mia ferita"
Verso quale cosa o persona provo meno gratitudine?
Che cosa avrei desiderato che fosse successo in altro modo?
Dove sono stato ferito?
Chi sto rimproverando?
Cosa provo?
Quando mi sono sentito altre volte così male?
Ricreate nella vostra mente tutta la potenza distruttiva della situazione e condividete tutti i vostri sentimenti con Gesù e poi dite: "Signore, spazza via la mia ferita".
3^ fase della CONTRATTAZIONE:
Quando entro nella contrattazione mi rendo conto del perché quella persona ha agito così contro di me, non è a caccia di me, ma è ferito ed ha bisogno di amore.
Contrattazione vuol dire che io perdonerò se quella persona farà quella certa cosa (es: chieda scusa).
"Signore lasciami perdonare come perdoni Tu, senza condizioni. Potrò mai essere guarito sentendo dentro di me in modo differente da Te?"
Devo chiedere a Gesù che mi aiuti a perdonare quella persona non perché lui se lo merita ma perché io ho bisogno di perdonare. Se noi dobbiamo perdonare qualcuno perché lui se lo merita, la nostra ferita ci impedirà sempre di dire che se lo merita. Io ho bisogno di perdonare perché se non perdono non sono in contatto col Padre.
Adesso guardate come guarderebbe Gesù, ai condizionamenti che ha subito colui che vi ha ferito: Gesù guarda di ogni persona il lato positivo. Cercate anche voi di vedere il quadro intero.
Dite anche voi ciò che Gesù disse ai suoi amici più stretti che erano peccatori, fai anche tu ciò che farebbe Gesù per offrire l’amore a colui che ti ha ferito.
Fate questo finché tutte le condizioni necessarie al cambiamento si siano avverate e voi possiate fare e dire con la vostra preghiera, tutto ciò che Gesù farebbe.
"Signore lasciami perdonare come fai Tu, incondizionatamente; io voglio essere guarito pensando e sentendo come senti Tu. Pregare come preghi Tu."
4^ fase della DEPRESSIONE:
La preghiera è: "Signore perdonami"
Chiedi perdono per essere stato proprio come quella persona che non perdoni.
Ognuno chieda perdono per aver contribuito al problema con una reazione esagerata chiudendosi in se stesso, chiudendo la comunicazione e senza essere riuscito a stabilire dei ponti.
Chiedete perdono per le ferite passate, per tutte le ferite che vi portano a chiudervi in voi stessi, un giorno avrete bisogno anche di questo per guarire qualche altra parte di voi.
Ringraziate poi per l’amore e il perdono che Gesù riversa su di voi e sulla persona che vi ha ferito e respirate il perdono di Dio mentre gli dite: "Signore perdonami". 
Perché ho permesso a questa ferita di tormentarmi così a lungo?
In questa fase diciamo sempre: "dovrei…"
Quando siamo in questa fase abbiamo due strade: o scegliere di rimanere in questo stadio di sofferenza o permettere al Signore e agli altri di aiutarmi a perdonare ME STESSO. La gran parte di noi si ferma a questa punto: PERDONARE SE TESSI.
Devo quindi scegliere se vivere per l’opinione che gli altri hanno di me oppure per Gesù che mi ama, che mi perdona e vuole aiutare cambiare IN ME tutto quello che può essere cambiato.
Il DONO dello stadio della DEPRESSIONE è che mi fa capire come io ho veramente bisogno di cambiare.
Lasciamo che il Signore ci ami e ci aiuti a cambiare, sarà così possibile per noi passare alla 5^ fase.
5^ fase dell’ACCETTAZIONE:
La preghiera di questa fase è: "Signore grazie!"
Ringraziate Gesù per la maturazione che è avvenuta dentro di voi e per la eventuale crescita che seguirà la vostra guarigione, una nuova apertura a Dio, agli altri e a voi stessi.
Ricordate che oggi il Signore ha detto per voi: "ecco, le cose vecchie sono passate e ne sono nate di nuove".
Quasi sempre crediamo di essere in questa fase ma in realtà mentiamo a noi stessi ed invece siamo nella fase della NEGAZIONE. Ancora non siamo guariti, neghiamo di stare male. Naturalmente dobbiamo rifare tutto il cammino dall’inizio.
Talvolta è difficile distinguere la NEGAZIONE dalla ACCETTAZIONE
La differenza è che nella NEGAZIONE io non posso aprirmi per raggiungere qualcun altro
o non posso essere grato mentre nella ACCETTAZIONE mi posso aprire verso la stessa persona che mi ha ferito e cresco quindi nella gratitudine per quello che prima consideravo un dolore e una ferita mentre ora diventa oggetto di gratitudine.
Quando chiediamo al Signore di aiutarci a crescere nella gratitudine per quello che quella persona ci ha fatto, allora cominceremo a sentirla nascere in noi per tre ragioni:
  1. abbiamo capito quali sono le motivazioni per cui quella persona è stata spinta ad agire così con noi.
  2. abbiamo capito come e da quanto tempo quella persona vive nel risentimento. Noi a questo punto smetteremo di chiedere che gli altri cambino ed in poco tempo.
  3. la nostra vita di preghiera risulterà cresciuta allorché avremo sperimentato che non saremo mai riusciti a perdonare con le sole nostre forze e che avevamo bisogno di Gesù.
Dobbiamo arrivare a capire che possiamo perdonare incondizionatamente se meditiamo che Gesù, sulla croce, avrebbe accettato di soffrire e di perdonare di più di quello che ha fatto.
PERDONARE SENZA CONDIZIONI
Tutti attraversiamo le cinque fasi descritte sia nell’affrontare la morte che nel perdonare incondizionatamente per una ferita che comporta SEMPRE MORIRE A SE STESSI.
Quando Gesù dice "chi vuole salvare la propria vita la perderà…e chi è disposto a darla si salverà.." pensate a tutte le connessioni che ci sono col perdono.
Quando non accettiamo di perdonare in realtà non accettiamo di far morire una parte di noi stessi; questo è l’orgoglio dell’uomo vecchio. E’ questo che deve morire. Se non muore: non risorge.
Questa è la nobiltà del Cristianesimo che è quella stessa di Dio.
Dobbiamo ringraziare tutte le mattine dicendo :" ti ringrazio Signore di avermi creato, FATTO CRISTIANO…"
La Dottoressa Elisabett Kubler Ross che per prima ha sviluppato questi stadi osservando il processo in cui i pazienti ammalati di tumore nella fase terminale si muovevano verso la morte arrivando alla fine ad accettarla, poté anche osservare che tanti pazienti rimanevano bloccati in queste fasi (ad esempio rimanevano bloccati nella rabbia e morivano così).
Perché alcuni facevano tanti progressi ed altri invece si bloccavano?
La maggior differenza che ella poté osservare, fu che coloro che si muovevano verso l’accettazione avevano una persona per loro importante con cui condividere i loro sentimenti ed essere amati.
Avere una tale persona permetteva loro di passare da uno stadio all’altro
La cosa più importante quindi non è che noi ricordiamo queste fasi, ma che noi le condividiamo con qualcuno che per noi è importante e che ci ama.
Se questa persona non abbiamo la fortuna di averla, c’è sempre Gesù a nostra disposizione.
Se in preghiera noi condividiamo questi stadi con Gesù, permettiamo a Lui di essere una persona IMPORTANTE per noi; automaticamente ci muoveremo attraverso le cinque fasi del perdono e saremo sicuramente guariti.
Gesù non è soltanto un amico ma è Dio, Gesù sa anche le strade giuste, usa la delicatezza giusta e ci possiamo fidare di Lui. Uno psichiatra può sbagliare, Gesù non sbaglierà mai.
Mettetevi davanti al crocefisso e guardando Gesù che sta soffrendo e sta dando la vita per noi chiedete a Lui: " Gesù, chi vuoi che io perdoni?"
La prima persona che vi viene in mente ricevetela come la risposta di Gesù.
Ora dite a Gesù nei particolari quali cambiamenti vorreste che avvenissero in quella persona
prima che siate disposti a concedergli il vostro perdono.
Dite a Gesù cosa vorreste che quella persona smettesse di fare, per che cosa vorreste che si scusasse con voi, cosa potrebbe fare per rendere più facile il perdono.
Inspirate la potenza di Gesù nel perdonare incondizionatamente ed espirate tutte le condizioni che avevate posto per perdonare quella persona.
Guardate Gesù e ditegli tutto.
Ora Gesù sta accanto a voi e voi guardate la persona in faccia e ripetete insieme a Gesù:
"Padre perdona xxxxx, non sapeva ciò che faceva" e continuate finché lo dite con la stessa intensità con cui lo ha detto Gesù sulla croce.
innamorati della lode



NON SCENDO DALLA CROCE Di Fulton j Sheen,vescovo

Ero uscito di casa per saziarmi di sole.Trovai un uomo che

si dibatteva nel dolore della crocifissione.Mi fermai

e gli dissi:"Permetti che ti aiuti"?Lui rispose:

Lasciami dove sono.

Non scendo dalla croce fino a quando sopra vi

spasimano i miei fratelli.

fino a quando per staccarmi

non si uniranno tutti gli uomini.

Gli dissi"Che vuoi che io faccia?"

Mi rispose:

Và per il mondo e di a coloro

che incontrerai che c è un uomo

che aspetta inchiodato alla croce.