martedì 29 marzo 2011

Devozione delle ultime sette parole di Gesù Cristo sulla croce



PRIMA PAROLA
"PADRE, PERDONA LORO, PERCHÉ NON SANNO QUELLO CHE FANNO" (Lc 23,34)
La prima parola che Gesù pro­nuncia è un'invocazione di per­dono che egli rivolge al Padre per i suoi crocifissori. Il perdo­no di Dio significa che osiamo affrontare ciò che abbiamo fat­to. Osiamo ricordare tutto della nostra vita, con i fallimenti e le sconfitte, con le nostre debolez­ze e la mancanza d'amore. Osia­mo rammentare tutte le volte in cui siamo stati meschini e inge­nerosi, la bassezza morale delle nostre azioni.

SECONDA PAROLA

"IN VERITA IO TI DICO: OGGI SARAI CON ME NEL PARADISO" (Lc 23,43)
La tradizione è stata saggia a chiamarne uno "buon ladrone". È una definizione appropriata, poiché lui sa come impossessar­si di ciò che non è suo: "Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno" (Lc 23,42). Mette a segno il più strabiliante colpo della storia: ottiene il Paradiso, la felicità senza misura, e lo ot­tiene senza pagare per entrarvi. Come possiamo fare noi tutti. Dobbiamo solo apprendere ad osare i doni di Dio.

TERZA PAROLA

"DONNA, ECCO TUO FIGLIO! ECCO TUA MADRE!" (Gv 19,26-27)
Nel Venerdì Santo vi è stata la dissoluzione della comunità di Gesù. Giuda lo ha venduto, Pie­tro lo ha rinnegato. Sembra che tutte le fatiche di Gesù per edifi­care una comunità siano fallite. E nel momento più buio, vedia­mo questa comunità nascere ai piedi della croce. Gesù dà alla madre un figlio e al discepolo prediletto una madre. Non è una comunità qualunque, è la nostra comunità. Questa è la nascita della Chiesa.

QUARTA PAROLA

"DIO MIO, DIO MIO, PERCHÉ MI HAI ABBANDONATO?" (Mc 15,34)
Improvvisamente per la perdita di una persona cara la nostra vita ci appare distrutta e senza sco­po. "Perché? Perché? Dov'è Dio ora?". E noi osiamo essere ter­rorizzati nel renderci conto che non abbiamo nulla da dire. Ma se le parole che affiorano sono di assoluta angoscia, allora ricordia­mo che sulla croce Gesù le fece sue. E quando, nella desolazio­ne, non sappiamo trovare nessu­na parola, nemmeno per gridare, allora possiamo prendere le sue parole: "Dio mio, Dio mio, per­ché mi hai abbandonato?".

QUINTA PAROLA

"HO SETE" (Gv 19,28)
Nel Vangelo di Giovanni, Gesù incontra la donna samaritana a un pozzo del patriarca Giacobbe e le dice: "Dammi da bere". Al principio e alla fine del raccon­to della sua vita pubblica, Gesù ci chiede con insistenza di sod­disfare la sua sete. Ecco come Dio viene a noi, sotto le spoglie di una persona assetata che ci chiede di aiutarlo a dissetarsi al pozzo del nostro amore, qualun­que sia la qualità e la quantità di tale amore.

SESTA PAROLA

"TUTTO È COMPIUTO" (Gv 19,30)
"È compiuto!". Il grido di Ge­sù non significa solo che tutto è finito e che ora lui morirà. È un grido di trionfo. Significa: "È completato!". Ciò che lui di­ce letteralmente è: “E’ reso perfetto” All'inizio dell'Ultima Cena l'evangelista Giovanni ci dice che "avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine", cioè all'estremo delle sue possibilità. Sulla croce vediamo tale estremo, la perfe­zione dell'amore.

SETTIMA PAROLA

"PADRE, NELLE TUE MANI CONSEGNO IL MIO SPIRITO" (Lc 23,46)
Gesù ha pronunciato le sue ulti­me sette parole che invocano il perdono e che conducono alla nuova creazione della "Dorne­nica di Pasqua". E poi riposa in attesa che finisca questo lungo sabato della storia e giunga fi­nalmente la domenica senza tra­monto, quando l'umanità intera entrerà nel suo riposo. "Allora Dio nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fat­to e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro" (Gen 2,2).

La devozione alle "Sette parole di Gesù Cristo sulla croce" risale al XII secolo. In essa vengono riunite quelle parole che secondo la tradi­zione dei quattro Vangeli sono state pronunciate da Gesù sulla croce all­o scopo di trovarne motivi di me­ditazione e di preghiera. Attraverso i francescani essa attraversò tutto il Medioevo e furono collegate alla meditazione sulle "Sette ferite di Cristo" e reputate rimedio contro i "Sette vizi capitali".
Le ultime parole di una persona sono particolarmente affascinanti. Per noi essere vivi significa stare in comunicazione con gli altri. In questo senso, la morte non è solo la fine della vita, è silenzio per sempre. Pertanto ciò che diciamo davanti al silenzio imminente della morte è particolarmente rivelatore. Leggeremo con questa attenzione le ultime parole di Gesù, come quelle annunciate dal Verbo di Dio prima del silenzio della sua morte. Sono le sue ultime parole sul Padre suo, su di sé e su di noi, che proprio perché ultime hanno una singolare capacità di rivelare chi è il Padre, chi è lui e chi siamo noi. Queste ultime sette parale la tomba non le inghiotti. Esse vivono ancora. La nostra fede nella Risurrezione significa che la morte non riuscì a far tacere il Verbo di Dio, che egli ha infranto per sempre il silenzio della tomba, di qualun­que tomba, e che per questo le sue sono parole di vita per chiunque le accoglie. All'inizio della Settimana Santa, davanti all'Eucaristia, le ria­scoltiamo nella preghiera adorante, affinché ci preparino ad accogliere con fede il dono della Pasqua.

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NON SCENDO DALLA CROCE Di Fulton j Sheen,vescovo

Ero uscito di casa per saziarmi di sole.Trovai un uomo che

si dibatteva nel dolore della crocifissione.Mi fermai

e gli dissi:"Permetti che ti aiuti"?Lui rispose:

Lasciami dove sono.

Non scendo dalla croce fino a quando sopra vi

spasimano i miei fratelli.

fino a quando per staccarmi

non si uniranno tutti gli uomini.

Gli dissi"Che vuoi che io faccia?"

Mi rispose:

Và per il mondo e di a coloro

che incontrerai che c è un uomo

che aspetta inchiodato alla croce.