martedì 15 febbraio 2011

Che cos'è l'Eucarestia



Dell’Arcivescovo Angelo Comastri
L’Eucaristia è il gesto dell'amore eccessivo di Cristo reso presente nel segno sacramentale, affinché diventi il nostro quotidiano nutrimento, cioè diventi la nostra vita, personale e ecclesiale in­sieme. In ogni Eucaristia, infatti, si compiono que­ste parole di Gesù: "Pa­dre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi sanno che tu mi hai man­dato. E io ho fatto cono­scere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro" (Gv 17,25-26). In ogni Eucaristia noi entriamo in comunione con il gesto salvifico della Croce, che è gesto di amore supre­mo, per diventare sempre di più un popolo che ama con lo stesso amore di Cristo e, di conseguenza, per essere il suo corpo ecclesiale.
I racconti dell'istituzione dell'Eucaristia, nei quali già si riflette una Chiesa che viveva di Eucaristia, non lascia­no ombra di dubbio: Gesù nell'ultima cena ha offerto da mangiare il suo ‘Corpo dato’ e il suo ‘Sangue versato’. Cioè: nei segni sacramentali del pane e del vino, Egli ha consegnato - perché sia assunta, perché sia fatta propria, perché diventi ispirazione e sorgente di vita - la Sua pas­sione, il Suo atto di offerta, la Sua vita nella condizione della suprema carità.
L'autore della Lettera agli Ebrei osserva: "Se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsi su quelli che sono contaminati li santificano purifican­doli nella carne, quanto più il sangue di Cristo, che con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte, per servire il Dio vivente?" (Eb 9,13-14).
Gesù Crocifisso e Risorto è, davanti al Padre, nel gesto eterno dell'offerta d'Amore per la salvezza dell'umanità. Questo gesto si rende presente nella Santa Eucaristia come pane che ci nutre e come vino che ci dis­seta, affinché anche noi diventiamo un popolo incendiato dall'amore di Dio. Nella seconda epiclesi (= invocazione) della secon­da Preghiera Eucaristica diciamo: "Ti preghiamo umilmente: per la comunione al Corpo e al Sangue di Cristo, lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo". L'Eucaristia ha questo scopo: renderci un solo popolo nelle cui vene spirituali circola l'amore di Dio. Noi non dobbiamo difenderci dall'Eucaristia (come spesso acca­de!), ma dobbiamo aprirci al suo dinamismo e lasciarlo operare pienamente in noi. Così diventeremo roveti ar­denti nel buio e nel freddo del mondo!
Malcom Mudgeridge, giornalista della BBC, nel 1969 venne inviato a Calcutta per realizzare un docu­mentario sulla eroica vita di Madre Teresa di Calcutta e delle sue suore.
Il giornalista, appena giunto a Calcutta, andò a visita­re la prima Casa di Madre Teresa: erano due enormi stanze, nelle quali venivano raccolti e amorevolmente assistiti i moribondi trovati abbandonati lungo le strade dell'enorme città indiana. Lo spettacolo era impressio­nante e... anche ripugnante: però l'amore delle suore riscattava il luogo e lo rendeva un abbraccio di calda misericordia. Molti poveretti morivano, ma sorridevano; gli ammalati erano denutriti, ma avevano gli occhi illu­minati dall'amore incontrato in quella casa; e Madre Teresa, con le sue suore, appariva come una lampada splendida nella notte buia dell'egoismo del mondo.
Il giornalista, a bruciapelo, chiese a Madre Teresa: "Dove trovate la forza per vivere qui, in mezzo a tanto dolore e a tanta miseria?". Madre Teresa prontamente soggiunse: "La nostra forza è l'Eucaristia!".
Il giornalista inglese, che non era credente, rimase col­pito. Ritornò a Londra, ma continuò periodicamente a frequentare la Casa dei Moribondi, nella quale aveva percepito l'esistenza di un'altra Vita.
Dopo alcuni anni, chiese il Battesimo e divenne cattolico. E dichiarò: "Ho chiesto il Battesimo e desidero diventare cattolico per ricevere quella Eucaristia che in quelle suore produce il miracolo dell'amore: voglio viverlo anch'io!".
E, prima di morire, confidò: "Questo è il cuore del cristianesimo: l'Amore vale più di tutta la cultura!".
Malcom Mudgeridge è un uomo convertito dal fuoco di amore acceso dall'Eucaristia nel cuore credente di alcune suore.
Prendiamo una decisione: dopo la Messa andiamo anche noi a portare l'Amore di Cristo a qualche povero o a qualche sofferente che vive accanto a noi!

Il comandamento dell'amore
Ora ben comprendiamo che il comandamento dell'amore è strettamente legato al sacramento dell'amore, che è l'Eucaristia. Cerchiamo di capi­re il ‘perché’, andando a visitare i vari racconti dell'istituzione dell'Eucaristia. In tali racconti noi troviamo un particolare illuminante: tutti gli evan­gelisti sottolineano che Gesù, nel momento in cui ha istituito l'Eucaristia e l'ha donata alla Chiesa, ha fatto riferimento al sacrificio dell'alleanza (Lc 22,20: "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, quello versato per voi").
Ma noi sappiamo, esattamente dal racconto del primo sacrificio dell'alleanza riportato in Esodo 24, che non può esistere alleanza senza una "legge di alleanza" e senza l'impegno di osservare questa legge. Mosè, infat­ti, nel momento culminante dell'alleanza del Sinai, asperge con il sangue l'altare, che rappresenta Dio, e poi, prima di aspergere il popolo con lo stesso sangue, pro­clama la legge dell'alleanza e tutto il popolo esclama: "Tutto quanto Jahvè ha detto, noi lo faremo e obbediremo" (Es 24,7).
Soltanto dopo questo impegno formale, Mosè pronun­cia le parole, che poi verranno riprese da Gesù, e dice: "Ecco il sangue dell'alleanza, che Jahvè ha stretto con voi mediante tutte queste parole" (Es 24,8).
Il popolo di Israele conosceva bene tutto questo e chiaramente non poteva concepire un sacrificio di alleanza senza una legge di alleanza. Se Gesù, allora, ha compiuto il sacrificio della nuova alleanza donando il suo Corpo e il suo Sangue per la nostra salvezza e se ha voluto regalarci il sacramento del sacrificio della nuova alleanza, che è l'Eucaristia, non poteva non donarci anche la legge della nuova alleanza.
Tale legge è il comandamento nuovo, riferito da Gio­vanni nel suo racconto della cena: "Quand'egli fu uscito, Gesù disse: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri (Gv 13, 34)”.
I Sinottici (Matteo, Marco e Luca), nei loro racconti dell'istituzione dell'Eucaristia, non riferiscono questo particolare perché apparteneva alla quotidiana esperien­za della comunità cristiana (basta leggere Atti 2,42-48 e Atti 4,32-35) e, pertanto, era una ovvietà. Giovanni, in­vece, scrive per ultimo e lo Spirito Santo gli suggerisce di fermare per iscritto il racconto del dono del comanda­mento nuovo, affinché nutra continuamente la memoria dei discepoli. E ce n'è bisogno!
In ogni Eucaristia, pertanto, mentre celebriamo il sacrificio della Nuova Alleanza, noi dobbiamo sentire la voce di Gesù che ci ricon­segna il comandamento della Nuova Alleanza, cioè il comandamento che ci permette di farci rico­noscere come autentici di­scepoli di Gesù: il coman­damento dell'amore!
Sant'Ignazio di Antio­chia, che scrive agli albori del secondo secolo cristia­no, usa una terminologia, che profuma di Eucaristia vissuta. Egli, scrivendo ai cristiani di Smirne, conse­gna loro il saluto della comunità cristiana di Tro­ade e dice: "Vi saluta la carità di Troade". La co­munità cristiana viene chiamata carità! È im­pressionante! Si capisce, allora, anche il senso pre­gnante delle parole usate da sant'Ignazio per saluta­re la Chiesa di Roma. Egli dice: "Ignazio, chiamato anche Teoforo, alla Chie­sa che è oggetto della mi­sericordia e della munifi­cenza del Padre altissimo e di Gesù Cristo, suo uni­co Figlio; amata e illumi­nata per volontà di Colui che ha voluto tutte le cose che sono, secondo la carità di Gesù Cristo, nostro Dio; che in Roma presiede santa, venerabile, degna d'essere chiamata beata, meritevole di lode e di felice successo; adorna di candore, che presie­de la carità, depositaria della legge di Cristo e insignita del nome del Padre. Questa Chiesa io saluto nel nome di Gesù Cristo, figlio del Padre". Presiede la carità vuol dire: presiede la comunità. Che grande messaggio!
Questa freschezza evangelica vinca le incrostazioni dell'abitudine e della smemoratezza e ci riporti alla novi­tà sorgiva del Cenacolo: ciò può accadere in ogni cele­brazione dell'Eucaristia. E questo è il miracolo che deve accadere ogni domenica... quando partecipiamo vera­mente alla Santa Messa.

Un fatto impressionante

Nel 1939, subito dopo l'inizio della seconda guerra mon­diale, a tutti i tedeschi fu distribuita una tessera annonaria: e il razionamento del cibo durò in Germania fino al 1948! In quei nove anni, un solo cittadino - anzi una cit­tadina - non ebbe il diritto a quella tessera: le era stata ritirata subito con la moti­vazione ufficiale che non ne aveva bisogno, visto che non mangiava e non beveva nulla. Così anche la pesante burocrazia del Terzo Reich nazista rendeva testimo­nianza, suo malgrado, della verità di uno dei casi più clamorosi della storia: il caso di Teresa Neumann di Konnersreuth (Germania), che per trentasei anni inin­terrotti si è nutrita soltanto di Eucaristia: e ogni setti­mana, dalla notte del giove­dì sino al mattino della do­menica, riviveva nella sua carne tutto il mistero della passione-morte-risurrezio­ne di Gesù.
Teresa Neumann è mor­ta nel 1962, a sessanta­quattro anni. Era nata nel 1898 e, all'età di vent'an­ni, si procurò una lesione alla spina dorsale mentre correva in soccorso dei vicini ai quali si era incendiata la cascina. Ne ricavò prima una paralisi alle gambe e poi, per un'altra rovino­sa caduta, anche la cecità totale.
Il padre, tornato dal fronte nel 1919, le portò dalla Francia una immaginetta di una giovane carmelitana non ancora conosciuta in Germania: si chiamava suor Teresa di Lisieux!
Teresa Neumann cominciò a pregarla e il 29 aprile del 1923, giorno della beatificazione della piccola carmelitana francese, ella riacquistò di colpo la vista. Due anni dopo, il 17 maggio 1925, mentre Pio XI a Roma dichia­rava Santa la carmelitana di Lisieux, Teresa Neumann ritrovò l'uso perfetto delle gambe.
Un anno dopo, nel periodo pasquale, la giovane conta­dina tedesca scopriva che nelle sue mani, nei piedi, nel costato e anche sul capo le erano apparsi i segni della Passione di Gesù: da allora, per trentasei anni, nella notte di ogni giovedì entrava letteralmente nei racconti evan­gelici a partire dall'Ultima Cena; e, come in tempo reale, accompagnava Gesù sino alla morte nel primo pomerig­gio del venerdì, mentre le ferite si aprivano nel suo corpo e sanguinavano copiosamente; alle ore 15.00 del venerdì cadeva in un sonno profondo dal quale si risvegliava gioiosa, con le ferite richiuse, il mattino della domenica. Da quando cominciarono questi fenomeni, Teresa Neumann per trentasei anni non mangiò né bevve nulla, assumendo soltanto ogni mattina la Santa Comunione. I medici invitati per controllarla, giorno e notte, partivano dallo scetticismo per approdare a clamorose conversioni di fronte alla stupefacente e inimmaginabile verità: Tere­sa si nutriva soltanto di Eucaristia!
La sua vita è stata un messaggio rivolto a noi cristiani scandalosamente indifferenti di fronte al dono dell'Eu­caristia: prenderemo finalmente sul serio il grande dono di Gesù? È l'anno dell'Eucaristia: approfittiamone!

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NON SCENDO DALLA CROCE Di Fulton j Sheen,vescovo

Ero uscito di casa per saziarmi di sole.Trovai un uomo che

si dibatteva nel dolore della crocifissione.Mi fermai

e gli dissi:"Permetti che ti aiuti"?Lui rispose:

Lasciami dove sono.

Non scendo dalla croce fino a quando sopra vi

spasimano i miei fratelli.

fino a quando per staccarmi

non si uniranno tutti gli uomini.

Gli dissi"Che vuoi che io faccia?"

Mi rispose:

Và per il mondo e di a coloro

che incontrerai che c è un uomo

che aspetta inchiodato alla croce.